1.
Certe volte la vita ti cambia all’improvviso. E Francesco a 27 anni non aveva ancora vissuto esperienze tanto traumatiche. Ma perdere all’improvviso tuo padre, stroncato da una crisi cardiaca, ti fa smarrire d’un tratto la bussola, le coordinate.
Per la verità e per fortuna, il vuoto che si era aperto nella testa era per l’occorrenza riempito dalla necessità di tener d’occhio sua madre Giovanna, che sembrava aver subito più di lui un colpo mortale. Si era chiusa in un silenzio impenetrabile, con gli occhi sbarrati, insensibile alle premure dei parenti, assorbita in pensieri imperscrutabili.
Non parlava, non piangeva, non mangiava, non dormiva da tre giorni. Si muoveva come un automa, o come una sonnambula, rifiutandosi di tornare alla realtà cruda dei fatti. Da tre giorni la sua vita era stata amputata e non si dava ragione che, senza preavviso e senza lasciare messaggi, il suo Carlo se n’era andato all’aldilà. Persino il gran trambusto dei funerali le era passato sopra senza lasciare tracce. Sembrava aver perso ogni capacità di reagire verso l’esterno.
Francesco non aveva potuto abbandonarsi a nessun cordoglio proprio perché lo stato della madre gli destava grande preoccupazione. Non si staccava da lei, la circondava di affetto in ogni maniera ma con grande delicatezza, senza forzare la sua fragilità nervosa. Ma, dopo tre giorni passati come in apnea, era tempo di ridestarsi, di cominciare a tornare alla vita normale, ai battiti della giornata comune, alle incombenze piccole e grandi di una vita familiare da riavviare.
Doveva scuotere la madre, accompagnarla a recuperare i ritmi e i pensieri della vita quotidiana: rientrare al lavoro, fare la spesa, tornare a respirare. Per farla uscire da quella spirale dell’assenza pensò di provocarle una preoccupazione improvvisa e finse di sentirsi male, finse che gli era scoppiato un gran mal di testa e le disse che aveva bisogno di mettersi a letto.
Vide giusto, perché in Giovanna si ridestò immediatamente il cuore di mamma e, come d’incanto, la nube nella quale era avvolta si dissolse: Francesco, il suo figlio adorato, stava male ed aveva bisogno di lei. Gli disse spaventata:
‘Oh, tesoro mio, come ho potuto trascurarti tanto in questi giorni! Dài, non preoccuparti, c’è qui la tua mamma. Dài, mettiti a letto, mettiti nel mio letto, al posto del tuo caro papà, e vedrai che ti sentirai meglio’.
Prese il figlio sorreggendolo dalle braccia e lo adagiò sul lettone. Cominciò a slacciargli le scarpe, a sfilargli la camicia, i pantaloni e le calze; lo sistemò nel letto e gli rimboccò le lenzuola. Poi girò dall’alto lato e, togliendosi in fretta i vestiti di dosso, si accovacciò vicino al figlio. Gli teneva la mano sulla fronte e gli dava bacetti sulla testa, sussurrandogli parole piene di calore materno. Come quando, da bambino, lo confortava nei periodi di malattia.
Francesco fingeva ed emetteva qualche rantolo, ma col passare dei minuti non poteva fare a meno di sentire il corpo della madre ed il suo calore. Del resto Giovanna era una donna ancora fiorente. Aveva 53 anni, ma il suo corpo era ancora sodo e ben tornito. Aveva due mammelle rigogliose, una bocca carnosa che incoraggiava le tentazioni iù peccaminose, due cosce piene e abbastanza slanciate, soprattutto un culo maestoso.
Francesco non scopriva ora la bellezza della madre, anche perché era infastidito dalle attenzioni e dai mugugni degli uomini al suo passaggio. La madre non aveva avuto debolezze né avventure, era rimasta sempre fedele al suo Carlo. Ma certo non le dispiacevano quegli sguardi vogliosi e lascivi dei colleghi di ufficio: era per quello che si beava di evidenziare i suoi fianchi ed il suo culone con jeans alquanto attillati. Quegli sguardi e relativi commenti erano per lei una specie di controprova della sua perdurante avvenenza.
Più i minuti passavano, più Francesco sentiva la tenerezza del seno materno che premeva sulla sua faccia e il calore crescente del ventre di sua madre avvinghiata al suo corpo. E, soprattutto, sentiva il suo cazzo ingrossarsi dentro gli slip. Quando poi la madre cominciò a carezzarlo teneramente anche sul petto già pieno di peli, cominciò a temere che addirittura potesse scoppiargli.
Perciò si spostò lievemente girandosi verso la madre e, fingendo di parlare come intontito, le disse:
‘Oh, grazie mamma, mi sento già un po’ meglio. Ma anche tu stenditi un po’ e riposati vicino a me, non puoi andare avanti così. Su, riposa un poco’.
Giovanna si sentì subito sollevata e si lasciò cadere di fianco al figlio, che stavolta si premurò con grande delicatezza di liberarla degli indumenti intimi e di darle un bacio sulla tempia.
‘Su, mamma, riposa. Ti sto vicino io. Non ti preoccupare; più tardi ci diamo da fare insieme e ci prepariamo la cena’.
Ma l’eccitazione non gli era passata. Anzi, a vedersi a fianco quel corpo maturo di donna, Francesco sentiva un’attrazione mai avvertita prima; sentiva un vuoto improvviso nello stomaco, si sentiva mancare il respiro.
Ma, mentre Francesco si sforzava di trattenersi e di distrarre il pensiero, Giovanna allargò le braccia e disse al figlio:
‘Vieni, tesoro, stringiti alla tua mamma. Mi sei rimasto solo tu e voglio che restiamo sempre uniti, io e te’.
Così dicendo, l’abbracciò con forza e se lo tirò sopra, stringendolo dalle spalla e dai glutei, con una bramosia carnale incontrollata. Ma, stringendolo a sé, ebbe subito modo di sentire il cazzo fremente del figlio che premeva dentro gli slip e fu come percorsa dal brivido di un piacere sconosciuto o a lungo rimosso. E si sorprese a provare desiderio di quel corpo ardente di ragazzo, di quei bicipiti e di quei pettorali accentuati dagli esercizi di palestra. Era suo figlio, il suo adoratissimo Francesco, ma era anche un giovane uomo attraente e aitante.
Giovanna e Francesco restarono in silenzio per qualche minuto, quasi trattenendo il respiro, ma continuando ad abbracciarsi quasi rabbiosamente. Poi, all’improvviso e quasi all’unisono, si sciolsero insieme in un pianto di liberazione. E cominciarono a baciarsi furiosamente, a baciarsi nella bocca, mescolando saliva e lacrime, e a dirsi frasi appassionate:
‘Oh, amore mio, sei tutta la mia vita, come farei ad vivere senza di te?’.
‘Oh, mamma, stai tranquilla, staremo sempre insieme, ti proteggerò io, non dovrai preoccuparti di nulla’.
E, subito dopo, Francesco si era sfilato di corsa maglietta e slip adagiandosi nudo sul corpo della madre. Non c’era stato bisogno di spiegazioni tra di loro, e nessuno dei due avvertì alcun disagio. Ormai si abbracciavano con forza e con passione e si baciavano come due amanti assatanati. Francesco aveva cominciato a succhiare i capezzoli della madre ed aveva fatto scivolare le sue
mani sotto le sue natiche larghe e sode, mentre il cazzo cercava di aprirsi un varco nel pube peloso della madre.
Giovanna emetteva rantoli di piacere e mormorava frasi sconnesse e cominciava ad aprire le cosce per accogliere il membro vibrante del figlio. In breve Francesco introdusse il suo cazzo nella fica della madre e cominciò ad agitarsi dentro di lei. Giovanna abbandonò ogni ritegno e si mise ad incoraggiare lascivamente il figlio:
‘Sì, vienimi dentro, vieni, goditi tua madre. Sono tua, sarò sempre tua, ti farò godere tutta la vita’.
L’eccitazione di Francesco era ormai al diapason e in pochi minuti il ragazzo venne dentro la ficona materna. Venne copiosamente e Giovanna strinse istintivamente le cosce per non perdere neppure una goccia dello sperma del figlio. Esausto, Francesco si riversò a fianco della madre godendosi sino in fondo il piacere della chiavata.
Non era proprio la prima in assoluto, perché aveva avuto modo di fare le sue prime esperienze con qualche sua coetanea. Ma si era trattato di cose alquanto subitanee. Mai aveva posseduto una donna vera. E il fatto che questo suo vero battesimo venisse da un amplesso con sua madre conferiva solennità all’avvenimento.
‘Mamma, è stato bellissimo. Grazie, mi sento più uomo. Del resto, ormai sono o no l’uomo di casa, il tuo uomo?’.
Giovanna sorrise. Davvero non era sola. Aveva appena perso il marito, ma aveva subito trovato il suo nuovo uomo, la colonna della sua vita. Si sentì all’improvviso ritornare la vita e il desiderio di vivere. Strinse a sé nuovamente il figlio e gridò:
‘Sì, la vita continua, e tuo padre che ci guarda da lassù ci benedice. Non l’avrei mai tradito con un altro. Ma con te non credo proprio di tradirlo’.
Anche Francesco cominciava a realizzare che la sua vita prendeva una nuova piega, e si sentì particolarmente felice. Si era sentito perduto, appena qualche giorno prima. Ora si sentiva padrone della sua vita, con una madre ancora bella e avvenente, sessualmente assai desiderabile, e una vita familiare tranquilla e rassicurante. Ora si stringeva con padronanza il corpo della madre, le accarezzava i seni, le spalle, le chiappe, e sentiva che il cazzo ritrovava la sua vigoria.
‘Mà, lo sai che me lo tiri? Lo sai che sei ‘bona da morire e che ho voglia di chiavarti di nuovo?’.
Giovanna sorrise soddisfatta. Anche la sua vita ritrovava all’improvviso una forma, con un figlio così attaccato e così aitante, con il quale riassaporare i migliori piaceri dell’esistenza.
‘Non avere fretta, abbiamo tutto il tempo. Staremo insieme sempre. La notte dormirai con me, prenderai il posto di tuo padre e potrai chiavarmi come ti piace, senza nessuna vergogna’.
‘Sì, sì, ma non resisto. Scusa, mamma, ho voglia di sborrare di nuovo e voglio sborrarti addosso, sul corpo, su queste mammellone, voglio inondarti della mia sborra’.
‘Ah, porcellino, hai fatto presto a prendere il posto di tuo padre. Sappi che anche a lui piaceva sborrarmi addosso, soprattutto in bocca’.
In quel momento Francesco guardò alla bocca carnosa di sua madre e si rese conto che era davvero una bocchinara nata. E, mettendosi a cavalcioni sulla sua pancia, cominciò a indirizzare il cazzo verso il suo seno.
‘Lascia fare a me, lasciamelo tirare con le mie mani. Ecco, così,
vieni, vieni, sborrami tutto sul petto, e poi vienimi in bocca’.
Aveva appena finito di dire queste parole che il ragazzo le spruzzò il suo seme sulle mammelle sino al collo. Ma Giovanna si portò subito il cazzo in bocca e cominciò a succhiarlo avidamente deglutendo con grande gusto.
Dopo qualche minuto Francesco tornò a stendersi di fianco. Era veramente prosciugato e intontito. Giovanna gli passò un braccio sul petto e gli disse:
‘Ora su, alziamoci, abbiamo tante cose da preparare. Più tardi ricominciamo, ma devi rimetterti in forza, perché anch’io voglio godere come una porca. Dài, dopo cena, ci vediamo un po’ di televisione e poi corriamo a letto. Voglio provare con te ogni piacere, anche quello che non ho provato con il tuo povero papà’.
Francesco ebbe un moto di piacere e di stupore insieme. Sua madre ormai era diventata a tutti gli effetti la sua donna, la sua amante, la sua puttana privata. Sentì la responsabilità della nuova situazione e ne fu fiero. Sentì che la sua adolescenza era finita. Si sentì uomo fatto, anzi gli sembrò di reincarnare il padre appena morto.
Misero su la tavola per la cena e continuarono a strusciarsi languidamente. Lui, appena poteva, le passava grandi manate sul culo prorompente, lei le massaggiava il pacco sempre in tiro. E, soprattutto, continuavano a sbaciucchiarsi, a mescolare le lingue, a scambiarsi sguardi carichi di voglia e di lascivia.
Restarono in salotto a guardare la televisione per un’oretta. Lui con il capo reclinato sulle cosce della madre, lei ad accarezzargli i capelli ed i peli del petto. Ma la febbre era tale che non resistettero a lungo. E tornarono a letto.
Francesco si scaraventò letteralmente sulla madre e cominciò a stringerla, leccarla, succhiarla dappertutto. Lei gli disse sorridendo:
‘Diavolo, che foga! Vai più lentamente, nessuno ci corre appresso, devi sapere che le donne vogliono essere prese con dolcezza ”’.
‘Ma quale dolcezza! Io mi sento addosso una febbre ed ho bisogno di scaricare tutta la mia energia. Ho bisogno di possederti, di fotterti fino a farti male, di soddisfare le mie voglie represse. Finalmente ho la mia donna e voglio essere il suo padrone’.
Diceva queste cose con un misto di ironia e di arroganza, un pò scherzava, un po’ diceva sul serio.
rancesco era un ragazzo particolare. Alquanto taciturno, apparentemente un po’ complessato, attaccato al senso comune tradizionale, maschilista e familista. Alla madre era attaccatissimo, gelosissimo di lei. Aveva anche litigato con qualche amico che si era lasciato andare a qualche apprezzamento un pò spinto sul bel groppone di lei. Ma ora la guardava con altri occhi. Era la sua donna e sentiva di poter vantare su di lei i diritti dello stallone sulla cavalla.
Perciò cominciò ad assumere toni più perentori, a darle ordini.
‘Su, girati a pancia in giù, che voglio metterti il mio bestione in mezzo alle chiappe’.
A Giovanna quel tono da maschio piaceva assai. L’avrebbe voluto anche da suo marito che invece era un tipo mite e accomodante ed era piuttosto dominato da lei.
‘Ti piace il mio culo, eh? ‘. Quasi quasi vorresti ‘..?’
‘Certo, voglio possederti da dietro, farti mia per sempre!’
‘Guarda che il culo non gliel’ho dato nemmeno a tuo padre”
‘Meglio così, sarà molto più bello sverginarti!’
‘Uuhhmmm ‘. Mi piace la tua aggressività ‘. Ma, ti prego, fai piano ‘.. mettimi un po’ di crema ‘. ‘
Francesco sorrise, andò in bagno, prese un gel che usava come dopobarba e tornò a letto. Trovò sua madre già a pecora, spalmò l’unguento all’imbocco del canale, ne spinse un pò con un dito, poi posò sull’ano il suo glande ormai violaceo per l’eccitazione e cominciò a premere. Giovanna era effettivamente vergine e, per agevolare l’introduzione di quel cazzo nerboruto, cercò di allargarsi al massimo le natiche con le mani.
Francesco avanzava dentro il suo culo millimetro dopo millimetro, ma, ad un certo punto, ebbe la necessità di forzare l’attrito delle pareti dello sfintere e, con un colpo secco, la infilzò facendolo entrare quasi tutto. Giovanna si sentì di colpo trafitta da una spada ed emise un urlo di dolore, trattenendone l’eco sul cuscino, ma si preoccupò subito di rassicurare il figlio:
‘No, no, non uscire ‘. Mi sta già passando ‘..Dài, dài, continua’ è belloooo ‘. stupendooooo!!!’
Ora si sentiva veramente di proprietà del figlio, che la cavalcava con impeto dando voce al godimento più sfrenato.
(continua)
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Tre giorni erano passati, ma sembravano tre anni. Ormai Francesco e la madre Giovanna avevano imboccato la strada della vita nuova. La notte era passata tra assalti furiosi e godimenti lussuriosi. Lui aveva sborrato quattro volte: nella fica, in faccia, in culo e, di nuovo, nella fica della madre. Lei era venuta tre volte e, per sbloccarsi da una inerzia uterina prolungata, aveva chiesto a Francesco di tirargliela con la bocca. Ed era stata una esplosione di sensi violenta, che l’aveva fatta urlare di godimento e le aveva allagato la fica e le cosce.
Avevano dormito pochissimo e, al mattino, avevano gli occhi scavati e le facce tirate. Dopo colazione lui l’aveva subito spronata a dar fondo alla sua femminilità.
‘Su, dài, oggi comincia la nostra nuova vita. Mamma, ti voglio bella, più bella che mai. Trùccati, aggiùstati, ti voglio sexy. Devi far arrapare tutti, e nessuno si deve permettere di farti il minimo sgarbo. Voglio che usciamo a passeggio e che diciamo al mondo intero che stiamo insieme e nessuno ci potrà separare’.
Giovanna sorrideva contenta. Il suo Francesco era proprio il secondo uomo della sua vita. E, per colmare un poco la distanza degli anni, aveva subito pensato di darsi uno stile nuovo, più disinvolto ed aggressivo.
Si infilò i jeans più attillati che aveva, mise una camicetta abbottonata sino alle coppe del seno, sciolse i capelli neri e lunghi che aveva, dipinse le labbra con un rossetto fiammante, degno della puttana più seducente, e, preso sotto braccio il giovane partner, uscì con lui a spasso.
La gente che li vedeva restava alquanto interdetta. Dopotutto il funerale del marito era avvenuto solo quattro giorni prima. Ma i due imperterriti sfidavano giudizi e pregiudizi. Anzi erano quasi contenti di destare scandalo.
La mattinata se ne andò tra faccende domestiche e shopping. A pranzo lei gli preparò i piatti più gustosi ed inebrianti di cui era capace. E poi bevvero tanto, bevvero vino e brindarono alla vita nuova, prima di rituffarsi avidamente nel lettone.
Non fu il replay del giorno prima. Rifecero, è vero, le stesse cose: il blowjob, la fellatio, la bolognese, la pecorina. Lui gliela leccò di nuovo e la fece sbrodolare ancora di più; lei ingoiò tutto il seme del figlio. Ma il clima fu ancora più acceso e cominciarono a scambiarsi le espressioni più oscene:
‘Madonna, che bestione che hai tra le gambe! Stai attento che mi sfondi tutta’.
‘Basta con le coccole, puttana! Allarga le chiappe che ti spacco in due!’.
‘Sì, dài, così’. versami tutto questa crema sulla faccia, sul seno, sulla pancia, che mi faccio il lifting’.
‘Con te, mamma, non voglio avere nessuna vergogna’. Andiamo nella vasca da bagno che voglio pisciarti addosso’.
‘Come vuoi tu, tesoro mio. Pisciami addosso, se vuoi puoi anche cagarmi addosso ‘. poi ti pulisco con la mia lingua’.
La passione che li travolgeva aveva abbattuto tutti i confini del pudore. Erano esausti di sesso e immensamente felici. Non avevano bisogno di nessuno, bastavano a se stessi.
Il tempo, il futuro era comunque, per Giovanna, una piccola angoscia silenziosa. Sarebbe durata? E sino a quando? Francesco era pazzo di lei e le diceva che voleva invecchiare con lei. Ma Giovanna non ne era sicura: troppa la distanza di età, troppe le tentazioni che potevano venire da ragazze e donne più giovani e seducenti.
Aveva perciò cominciato a fantasticare su nuovi scenari. Aveva cominciato a pensare che, se non voleva perdere il suo nuovo uomo, doveva esorcizzare i rischi del tempo. Nella sua mente ormai prendevano forma le immagini più inaudite e le sembrava utile cominciare a prefigurare possibili ménages à trois. Non bisognava lasciar le cose al caso, bisognava combinarle per il meglio: adocchiare per tempo una fidanzata, una moglie per il suo Francesco, farsela complice, attrarla nel vortice delle loro relazioni incestuose.
L’ossessione del triangolo cominciò a fare capolino nei sogni di Giovanna. Era la bramosia per il figlio-amante, era una gelosia acuta, era la disperazione di vedere la sua vita sfiorita per sempre. E perciò aveva cominciato a stimolare Francesco sul tema delle altre donne, sulla necessità di pensare per tempo ad una moglie che desse a lui i figli ed a lei i nipotini. Il ragazzo reagiva polemicamente e non capiva i ragionamenti della madre:
‘Mamma, stiamo così bene io e te. Non sento il bisogno di nessuna’.. E poi, chi potrebbe essere per me più bella e più cara di te! Ho tutto quello che si può desiderare: una confidente affidabile, una mamma premurosa, un’amante appassionata, una puttana di lusso. Perché devo complicarmi la vita? Perché portarmi in casa un’estranea?’.
Ma Giovanna insisteva. Sapeva che prima o poi sarebbe accaduto e che era sicuramente meglio pianificare le cose e anticipare ogni rottura traumatica. E voleva pensarci lei, perché era importante che l’intrusa avesse le caratteristiche giuste per accettare di dividere suo figlio con lei.
Il ménage familiare andava a gonfie vele. Giovanna e Francesco conducevano una vita ‘more uxorio’. Non aveva mai chiavato tanto Giovanna. Il povero Carlo, come chiavatore, non era un granchè, anche se aveva i suoi vizi sessuali. Francesco era un puledro prestante che la montava tutti i giorni e la faceva mugolare dal piacere. E le piaceva ancor più quando faceva il macho, quando assumeva pose di dominatore e diventava sessualmente violento. Soprattutto quando la inculava, lei sentiva tutto il piacere masochistico della sottomissione e l’orgoglio di avere un figlio-amante così determinato.
Le faceva bene la nuova vita sentimentale e sessuale incestuosa. Giovanna si era fatta più bella e procace, gli occhi di zucchero, le gote addolcite, le labbra voraci, e il culo ancora più invitante. Ma non prestava alcuna attenzione agli altri uomini, ai colleghi infoiati che sicuramente si masturbavano su di lei. Ormai guardava solo le donne, anzi le giovani donne, per indovinare la nuora ideale, quella che doveva piacere innanzitutto a lei.
E, alla fine, pensò di averla trovata. Era una sua giovane collega d’ufficio, si chiamava Mariangela, aveva 31 anni (qualcuno in più del suo Francesco), ed era da qualche tempo libera da legami affettivi, avendo rotto definitivamente con il vecchio fidanzato. L’aveva adocchiata e la seguiva con interesse per capire se fosse la persona giusta. Le sembrava sicura del fatto suo, sufficientemente matura e disinvolta. Aveva notato come si destreggiava bene tra i colleghi che le facevano la corte. E poi le piaceva come donna, le piaceva il suo sguardo intenso e ammiccante, il profilo nervoso delle sue gambe, il seno ben tornito, il culo ben assestato: una bella gnocca, che le sollecitava sotterranee propensioni lesbiche.
Perciò aveva preso a frequentarla con discrezione, a scambiare con lei qualche parola amichevole al bar, a toccarle le mani e le braccia. E Mariangela si era mostrata molto lieta della sua attenzione, sia perché era una bella signora, sia perché era una sua superiore.
Un giorno Giovanna decise che era venuto il tempo di togliere gli indugi e, incontrata Mariangela al bar, le aveva sorriso con particolare enfasi, anzi l’aveva invitata a fare due passi fuori al sole. Mariangela non era una ragazza timida e dunque entrò subito in confidenza con Giovanna. Parlarono un poco, risero di gusto, alla fine si congedarono con un bacio. Giovanna le disse che l’avrebbe invitata a casa per un the.
Quella bella ragazza le piaceva, le piaceva per lei stessa, prima che per il figlio. Anzi si convinse che, per portarla a Francesco, avrebbe dovuto conquistarsela per se stessa. E, difatti, se la portò a casa un pomeriggio che Francesco non c’era. E, non appena le circostanze le apparvero propizie, cominciò a vezzeggiarla e accarezzarla in maniera sempre più indiscreta. La guardava profondo negli occhi, le passava le mani tra i capelli e le sussurrava parole di grande ammirazione. Mariangela, dopo un primo momento di sorpresa, avvertì distintamente le intenzioni più intime di Giovanna e ne provò piacere. Si rilassò sullo schienale del divano e si concesse languidamente alle avances sempre più sfacciate della padrona di casa. Giovanna le sussurrava parole dolci vicino all’orecchio e, intanto, allungava le mani nella scollatura della camicia sino a lambire i capezzoli. Mariangela sospirò profondamente e chiuse gli occhi, come autorizzandola a continuare.
Il linguaggio dei gesti è più eloquente di quello delle parole. Giovanna capì benissimo che poteva proseguire nella sua azione seduttrice e cominciò a baciarle il collo e a palparle le mammelle, sino a quando Mariangela non cominciò a reagire eccitata. Fu un attimo. Si guardarono dritto negli occhi e si ritrovarono subito ad abbracciarsi con foga, intrecciando le lingue e succhiandosi a vicenda la saliva. Ormai non si controllavano più. Si erano in un lampo liberate delle camicette e dei reggiseni e si strusciavano senza ritegno le mammelle. Nel frattempo si adoperavano reciprocamente per togliersi pantaloni e slip e, abbracciate, leccandosi il collo e il petto, si erano portate verso la camera da letto.
Quel che successe nei minuti successivi fu una tempesta dei sensi, uno scatenamento di passioni sconosciute. In breve le due donne si ritrovarono l’una sull’altra impegnate in un forsennato 69, a leccarsi reciprocamente la fica e a suggerne gli umori. Vennero insieme all’unisono gridando di gioia.
Il destino volle che, proprio in quel momento, Francesco rincasava. Le urla strozzate provenienti dalla camera da letto lo sorpresero e lo allarmarono. Ma restò fulminato quando, affacciandosi alla camera da letto, vide quei due magnifici corpi di donna infuocati e intrecciati: sua madre con la bocca piena della sborra di una sconosciuta e quest’ultima con il volto affondato nelle cosce della madre. La sorpresa gli tolse le parole dalla bocca, intimidito fece qualche passo all’indietro, incapace di tenere a freno i sentimenti in subbuglio. Ma chi era quella giovane donna che fotteva con la sua adorata mamma? E com’era possibile che Giovanna lo aveva tenuto all’oscuro di una relazione lesbica?
In pochi istanti tutto gli apparve nebuloso e menzognero. Avrebbe voluto scagliarsi contro quelle due puttane e prendere a schiaffi sua madre. Ma la scena che si apriva dinanzi ai suoi occhi lo aveva eccitato all’inverosimile. Non sapendo che fare arretrò di qualche metro e urtò appositamente una sedia facendo rumore, per avvertire le due che lui era rientrato. E, in effetti, subito dopo avvertì un confuso tramestìo in camera da letto e un vociare concitato: le due donne cercavano di rimettersi in sesto per occultare alla meglio l’avvenimento.
‘Mà, sono rientrato, dove sei?’.
‘Tesoro, sono qui, sono in camera da letto che faccio vedere i miei vestiti ad una mia cara amica. Vieni’.’.
Francesco avanzò lentamente, anche per dare più tempo alle due di rivestirsi. Quando finalmente entrò nella stanza non riuscì a dissimulare il suo disagio, non trovò la forza di guardare la madre negli occhi e non ce la fece a mostrare gentilezza versa l’altra donna.
‘Francesco, questa è Mariangela, una mia amica, la più bella delle mie colleghe. Ha la tua stessa età, ma vedi che fiore che è. Mi ha chiesto di dare un’occhiata al mio guardaroba prima di fare gli acquisti per la nuova stagione. Come la trovi?’.
Francesco farfugliò qualcosa di indecifrabile, a stento diede la mano a Mariangela, ma uscì quasi subito dalla stanza e si chiuse in bagno.
Quando ne uscì Mariangela se n’era già andata. Giovanna, rossa in volto e palesemente imbarazzata, gli si avvicinò e tentò di baciarlo come sempre. Ma con un gesto brusco Francesco l’allontanò da sé e le sibilò:
‘Puttana! Puttana! Lo dovevo sapere che eri una puttana! Ti sei presa gioco di me, mi hai nascosto la tua vera natura, te la sei portata in casa quell’altra troia! Che vergogna! Chissà quante corna gli hai fatto a mio padre!’.
Dicendo queste parole Francesco scoppiò in un pianto inconsolabile, si accasciò sulla poltrona e si mise la mano sugli occhi. Ma doveva stare davvero male, perché ebbe subito conati di vomito e corse in cucina a svuotare lo stomaco.
Giovanna gli corse dietro, piagnucolando anche lei.
‘Tesoro, ma che dici! Io vivo soltanto per te. Mi dispiace averti provocato questo smarrimento. E’ vero, mi sono lasciata andare con Mariangela. Lei è tanto bella e seducente. Ma, ti assicuro, è la prima volta che ho rapporti con un’altra donna. Se ti calmi, ti spiego tutto”
Poi, vedendo che il figlio rimetteva le budella in cucina, si era ancora più impressionata e, piangendo ancora più forte, era corsa a tenergli la fronte e, subito dopo, ad accompagnarlo sul letto.
Ma Francesco era nero, irremovibile, e le chiese con tono minaccioso di lasciarlo solo. Giovanna si disperava, sentiva di aver prodotto tra sé ed il figlio una frattura profonda, non trovava ancora la maniera di spiegarsi. Né Francesco dava segni di ripresa dalla situazione di prostrazione nella quale era piombato.
Un silenzio spettrale era calato nella casa da più di un’ora, quando giunse una telefonata. Giovanna corse al telefono, era Mariangela che si diceva mortificata per quanto era successo e che chiedeva notizie delle reazioni di Francesco. Giovanna si mise a piangere e le disse che il ragazzo si era accorto di tutto e si era chiuso in un mutismo impenetrabile. Mariangela, che dimostrò subito di avere doti di temperamento non comuni, chiese a Giovanna di passarglielo, perché voleva parlare con lui.
Giovanna si avvicinò alla camera da letto, si chinò sul figlio e gli passò il telefono:
‘E’ per te!’
Francesco si mosse appena e afferrò il telefono con rabbia, ma pensando che fosse un suo amico assunse un tono il più possibile normale.
‘Ciao Francesco, sono Mariangela, ci siamo visti poco fa a casa tua ma non ho avuto la possibilità di salutarti’.
La voce di Mariangela era cordiale e sicura, difficile riconoscere in lei la porca assatanata che aveva visto all’opera con sua madre. Francesco restò basito e non riuscì a spiccicare parola, disarmato dalla naturalezza con cui la ragazza gli si rivolgeva.
‘Sai, Francesco, ti conosco per le cose che dice di te Giovanna tua madre. Devi essere un gran fico e credo che tua madre sia innamorata di te. Ma anche tu devi essere contento di avere una madre così bella. Oggi pomeriggio siamo state così bene insieme che abbiamo deciso di vederci più spesso e a me piacerebbe tanto stare un po’ anche con te. Se non ti dispiace, domani torno a trovarvi, ma ci terrei che ci fosse anche tu. Ci conto. Un bacio’.
Aveva parlato solo lei e l’aveva sollevato anche dall’imbarazzo di dover abborracciare qualche risposta di circostanza. Certo, ci vuole una faccia tosta a parlare così, pensò tra sé e sè Francesco: solo una puttana matricolata poteva saper recitare così bene. Ma il tono diretto e confidenziale di Mariangela l’aveva colpito. E l’incontro preannunciato per l’indomani gli faceva crescere un’attesa quasi trepidante.
‘Cosa ti ha detto?’, chiese implorante la madre.
‘Nulla’, rispose brusco il figlio, ‘non la conosco, so solo che è una puttana!’
Madre e figlio non si rivolsero la parola fino a quando andarono a dormire. Giovanna era disperata ma non osava provocare l’ira del figlio. Riuscì solo ad augurargli con un fil di voce la buonanotte, senza ricevere risposta. Lei non chiuse occhio, era la prima notte che trascorrevano la notte in un clima di rottura e che non si sfregavano i corpi vogliosi. Lui dormiva agitato, si capiva bene che aveva un macigno nella testa e nello stomaco. Il cazzo sembrava preso da un blocco di erezione, restava pendulo e inerte in mezzo alle gambe. Era la prima volta da quando divideva la notte con la madre.
Mariangela arrivò puntualissima. Giovanna l’accolse con grande affettuosità, non senza qualche morbosità, memore dello sfrenato abbandono del giorno prima. Le due donne si intesero con una semplice, fugacissima occhiata e simularono insieme una grande disinvoltura nei riguardi di Francesco che compì un grande sforzo di autocontrollo per rispondere cordialmente al saluto di Mariangela. Era stato combattuto per tutta la mattinata se farsi trovare in casa, né Giovanna, vista la situazione di gelo, si era permessa di chiederglielo.
Fu lei a prendere subito l’iniziativa ed a rompere il clima di imbarazzo che si tagliava a fette. Si avvicinò a Francesco e, con la spavalda naturalezza di amici che si conoscono da sempre, gli passò le mani tra i capelli e lo baciò languidamente sulla guancia.
‘Me ne avevi parlato’, disse rivolgendosi ironicamente a Giovanna, ‘ma non sapevo che tenevi nascosto in casa un giovanotto così attraente. Comprendo la ragione per la quale te lo tieni stretto. E dove lo trovi un altro uomo così?’
Lanciava occhiate oblique a Giovanna, ma nel frattempo accarezzava Francesco anche sul collo e, visto che il ragazzo restava ancora in silenzio e con gli occhi bassi, gli sollevò il viso prendendolo per il mento e, con la semplicità più maliziosa che si potesse immaginare, gli disse:
‘Senti, bello! Sono tornata perché ieri pomeriggio io e tua madre abbiamo interrotto frettolosamente un bel discorso tra di noi. Vorremmo riprenderlo, ma tu non ti devi sentire escluso. Noi andiamo di là, tu fai come credi”.
Detto questo prese per la mano Giovanna e si avviarono verso la camera da letto. La situazione era surreale. Giovanna la seguiva quasi macchinalmente, senza la forza di dire alcunché; Francesco avvertì tutta la straordinaria forza della personalità di Mariangela e tutta la sua impotenza di frapporsi allo svolgersi degli eventi. Restò seduto alla tavola del soggiorno con il cervello in tilt, immobile, incapace di muoversi e di scappare via. Non riusciva a capacitarsi del fatto che una ragazza, sbucata dal nulla, si fosse introdotta con tanta decisione nella loro vita familiare e avesse cominciato a ridettarne le regole.
Dalla camera da letto giungevano i suoni inconfondibili di due animali in calore, un crescendo di sospiri affannosi, di voci lamentose e rantolanti, di parole oscene bofonchiate.
Non ce la fece a restare impassibile e, in punta di piedi per non farsi sentire, si avvicinò alla stanza dove le due donne si sdilinguavano senza ritegno. Riuscì a restare al coperto, ma non a resistere allo spettacolo dei corpi intrecciati, delle lingue voraci, delle dita infilate nei più segreti recessi. Il cazzo si era imbizzarrito nei pantaloni e minacciava di scoppiare. Lo tirò e cominciò a tirarselo. Venne in pochi minuti, ma ebbe la precauzione di sborrare in un fazzoletto nel quale aveva avvolto il suo arnese. Si ridestò, si pulì alla meglio ed uscì di casa.
Le due donne, assorbite in un lecca-lecca travolgente, non si accorsero di nulla. Quando anch’esse si furono saziate ed uscirono dalla stanza lo chiamarono invano.
(continua)
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roki_rae@hotmail.it 3.
‘Lo sapevo. Forse abbiamo sbagliato a forzare in questo modo la situazione. Me lo sono perso il mio ragazzo’.
“Ma no. Vedrai, Giovanna. Ha reagito come un bambino geloso. Ma questo è il passaggio verso la maturità. Vedrai che tornerà presto tra le tue braccia, più voglioso di prima, e che gli piacerà anche il triangolo con noi due’.
Mariangela era una rivelazione. Giovanna non pensava che quella ragazza, spigliata sì, ma tanto giudiziosa, avesse tutta quella personalità. Le piaceva davvero come compagna di giochi amorosi, la faceva godere come una maiala; ma le piaceva anche come nuora, come compagna per suo figlio. Mariangela andò via, lasciando Giovanna sola con i suoi tormenti. Contò i minuti in attesa del rientro del figlio e la sua angoscia andò crescendo perché era fuori da più di tre ore. Quando sentì che apriva la porta di casa non si contenne e gli corse incontro ad abbracciarlo.
‘Tesoro, perdonami. Ma io non posso stare in lite con te. Sono stata una pazza a farmi prendere la mano da Mariangela. E’ bella, solare, mi piace. Mi piacerebbe avere una nuora così. Ma io voglio te, voglio fare tutto quello che vuoi tu. Lei viene dopo’.
Francesco non allontanò l’abbraccio della madre che intanto lo baciava freneticamente. La lasciava fare senza rispondere. Poi, ad un tratto, guardandola negli occhi quasi con disprezzo, le sibilò:
‘Sì, viene dopo’.. Dopo che te la sei scopata un’altra volta, dopo che le hai dato il tuo corpo, dopo che ve la siete goduta alle mie spalle ‘..’
Giovanna capì che era il momento di riannodare i fili spezzati con il figlio.
‘Ma che dici, che dici? Alle tue spalle? Pensa che abbiamo fatto l’amore facendo finta di averti in mezzo a noi, invocando il tuo nome ”
Queste parole della madre si insinuarono nella sua mente producendo un effetto imprevisto. L’idea di essere l’oggetto del desiderio di due belle sorche lo inorgoglì e sospinse la sua mente a fantasticare in lascivie inimmaginabili. Non vedeva Mariangela nei panni di una sua fidanzata; ma già rifletteva sul piacere di distribuire il suo cazzo tra la madre e lei.
Per qualche minuto non parlò, ma lasciò che la madre continuasse a baciarlo, a massaggiargli il pacco, ad aprirgli la cerniera dei pantaloni, a tirarglielo fuori e a metterselo in bocca. E mentre lei glielo succhiava avidamente, provò a distrarsi pensando ad una scopata a tre e, interrompendo all’improvviso la madre, le disse:
‘Su, fermati. Non mi spompinare ancora. Ho poca sborra nei coglioni, sono venuto qualche ora fa mentre vi guardavo scopare come due cagne. Riprendiamo dopo cena’.
Il viso di Giovanna si illuminò. Suo figlio non era più incazzato con lei e, se si era masturbato a guardarla con Mariangela, significava che era pronto ad aprire un nuovo capitolo della sua vita.
A Giovanna le cose apparivano come in un sogno. Erano passati soltanto sei mesi dalla morte di suo marito e la sua vita era stata completamente rivoluzionata. Il suo amato figlio era diventato da subito l’uomo di casa e di letto, il suo compagno ed il suo amante. Ora il quadro si completava con l’ingresso di Mariangela, la donna che lei aveva voluto per suo figlio, ma che intanto aveva conquistato innanzitutto per se stessa. Aveva conquistato o si era fatta conquistare?
Certo la situazione non era esattamente come l’aveva immaginata. Non avrebbe mai pensato che Francesco avrebbe accettato così immediatamente l’inserimento di Mariangela tra loro due. Pensava che sarebbe stata lei a persuaderlo gradualmente. L’intraprendenza di Mariangela l’aveva spiazzata. E, con l’intuito che solo una donna ed una madre possono avere, lei cominciava a rendersi conto che, contro ogni previsione, Mariangela le contendeva il ruolo di centro del triangolo che si stava profilando. Questa riflessione la inquietava un po’, ma pensò che la partita era tutta da giocare.
Mariangela cominciò a frequentare quotidianamente la casa. E sin dal primo giorno si dimostrò abilissima a destreggiarsi tra madre e figlio, solleticando la prima sul piano della lascivia (aveva capito benissimo che Giovanna era una porca scatenata) e ammaliando il secondo senza concedersi a lui mai del tutto. Era entrata in casa da dieci minuti ed aveva baciato languidamente prima Giovanna poi Francesco, ma non avevano resistito ed erano finiti a letto.
La competizione tra due donne così volitive non aveva atteso a manifestarsi. Avevano messo Francesco in mezzo ed avevano cominciato ad accarezzarlo e baciarlo dai due lati. Lui disteso le lasciava fare, concedendo la sua bocca a turno, assaggiando due salive diverse. La madre gli vellicava il petto e gli succhiava i capezzoli. Mariangela gli mordeva l’orecchio ed armeggiava con il suo cazzo. Lui le abbracciava entrambe e faceva spaziare le sue mani sulle loro spalle, allungandole sino al loro culo. Poteva apprezzare anche la diversa bellezza delle due donne, la procacità morbosa di sua madre e l’avvenenza sfacciata di Mariangela, il corpo grande ed accogliente della prima, la flessuosità nervosa della figura della seconda.
Seguirono due ore di follia dei sensi dalla quale Francesco uscì sommerso e stravolto, oggetto inerme del dominio del femminino, schiavizzato, anche se schiavo beato.
Mariangela stava ormai in pianta stabile, qualche volta restava anche a dormire. La passione crebbe a mille, la perversione sessuale esplose senza freni, il confine dei sessi fu del tutto
eliminato. Erano tutti e tre molto attratti da questa nuova geometria dell’amore, ma restavano tutti appesi ad un equilibrio da costruire tra personalità così nette. Come sarebbe potuto durare un rapporto così esigente per tutti, così intrinsecamente competitivo?
E difatti non durò molto. Il rapporto a tre aveva inghiottito i loro cervelli, prima che i loro corpi; non riuscivano a combinar nulla se non a intrecciarsi lussuriosamente nel letto; e, quel che più risaltava, ogni sia pur occasionale e momentaneo intermezzo a due provocava istantaneamente un rigurgito di gelosia nel terzo. Una vera e propria febbre li possedeva, esaltandoli e svuotandoli di continuo.
Dopo un paio di mesi fu Mariangela a spezzare un gioco diventato ormai insostenibile per tutti. Un pomeriggio che erano, come sempre, avviluppati nel lettone, e lei stava godendosi ad occhi chiusi lo spadone che Francesco aveva immerso nella sua fica, d’un tratto avvertì come uno strappo: lui repentinamente glielo sfilava per lanciarsi sul corpo fremente della madre e incollarsi lascivamente alla sua bocca.
Riaprì gli occhi contrariata, si distanziò dieci-venti centimetri da quei corpi infuocati e restò a guardarli. Francesco e Giovanna si erano lasciati completamente andare in un lecca-lecca senza fine, e ora il tizzone del ragazzo, che si era arroventato dentro la sua fica, andava a spegnere il suo fuoco nella tana sbrodolante della madre. I due si succhiavano con una bramosia mai vista e, di tanto in tanto, mugolavano monosillabi di passione.
Mariangela per la prima volta percepì nettamente la sua estraneità. Indietreggiò piano piano sino al bordo del letto, poi si alzò lentamente e, in punta di piedi, si ritirò in bagno a riflettere. Ma la decisione l’aveva già presa. Si sentiva sconfitta, non era riuscita a rompere l’asse incestuoso tra Francesco e Giovanna, non si sentiva più al centro della storia.
Scrisse qualcosa su un post-it e si rivestì in tutta fretta. Quando, dopo dieci minuti, si riaffacciò sulla porta della camera, li vide che ancora si sbaciucchiavano, con gli occhi dell’uno persi in quelli dell’altra. Francesco aveva il cazzo smosciato, l’aveva scaricato nella ficona di sua madre, che difatti gocciolava.
Appese il post-it alla porta e, in punta di piedi, alla chetichella andò via.
Fu il rumore della porta che si richiudeva a ridestare madre e figlio.
‘Mariangela, ma dove sei?’, gridò Giovanna sinceramente meravigliata.
‘Mica è andata via’.’, chiese ad alta voce Francesco, ”.guarda c’è un biglietto attaccato alla porta!’
Giovanna balzò dal letto e corse a leggere il post-it. Resto
di gelo e, senza parlare, passò il talloncino giallo al figlio. Si leggeva: ‘State troppo bene insieme. Io posso essere solo d’ingombro. E’ giusto così. Addio!’
Anche Francesco era rimasto come inebetito, come fulminato da quelle parole. Restarono muti per un quarto d’ora, non avevano ancora realizzato come e perché la situazione fosse evoluta in quel modo inopinato. Lo strappo di Mariangela, anche per il modo tranchant con cui si era manifestato, bruciava come una ferita. Giovanna strinse a sé il figlio che stava per piangere:
‘Amore di mamma, mi dispiace tanto ‘.. credevo che Mariangela poteva essere per te una compagna di vita ‘.. perdonami se ti ho procurato un nuovo dolore’.’
Francesco si aggrappò al corpo della madre come ad una quercia e, singhiozzando, le disse:
‘Mamma, per me ci sei solo tu al mondo ‘.. e io voglio solo te ‘.’
‘Sì, amore, sì’, ribattè subito Giovanna accarezzandogli la testa e spingendola verso il suo seno per mettergli in bocca un capezzolo, ‘nessuno può amarti come mamma ‘. ciuccia, ciucciami il seno come quando facevi da bambino’. aaahhh’ sììì’. che bello!…… sì, amore, aveva ragione Mariangela’. stiamo bene da soli ‘.. non abbiamo bisogno di nessuno!’
Francesco ciucciava quei capezzoloni con grande foga, al punto che la madre lo invitò a fare piano, a non usare i denti. Ciucciando ciucciando il cazzo di Francesco riprese vigore, la cosa non sfuggì all’osservazione di Giovanna che non potè fare a meno di esprimere la sua meraviglia:
‘Tesoro mio, ma tu sei un toro! ‘. Lo sai che mi fai sentire orgogliosa di darti questo effetto!’
‘Tu mi fai agitare il sangue, mamma!’, bofonchiò Francesco che già la spingeva a girarsi a pancia in giù.
Voleva cavalcarla, ma, dalla spaventosa durezza e dimensione che il suo uccello aveva assunto, Giovanna ebbe un brivido di timore nel pensare che volesse incularla. Gliel’avevo dato tante volte il culo, ed avevano goduto tanto. Non voleva certo contrariarlo, ma stavolta temeva che quello spadone il culo gliel’avrebbe fatto sanguinare.
Ma Francesco cercava proprio quello, voleva piantare il suo cazzone in culo alla mamma, sia per sfogare la sua rabbia per lo strappo di Mariangela sia per ristabilire in forma solenne che si tornava al precedente rapporto a due e che l’uomo di casa era lui.
Giovanna si sentì lacerare l’anello anale e spaccare in due le chiappe: un dolore acuto, mai provato prima, ma strinse i denti e, sforzandosi di compiacere il maschio che la soggiogava, riuscì a dirgli gemendo:
‘Sì, amore mio, rompimi il culo! ‘. sfondamelo! ” sono di tua proprietà’. Fai di me quello che vuoi!’
E le sue guance si bagnarono di lacrime quando, grugnendo come un animale, Francesco le scaricò nel canale quattro-cinque interminabili fiotti di sperma e, abbandonandosi sopra le sue spalle, le soffiò nell’orecchio:
‘Sei mia’. mia ‘. solo miaaaaa!!!’
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Sono graditi giudizi e suggerimenti.
roki_rae@hotmail.it
grammaticalmente pessimo........
Ciao Ruben, sei un mito! Hai un modo di scrivere che mi fa eccitare! La penso esattamente come te. Se…
Ti ringrazio, sono felice che ti piacciano. Vedremo cosa penserai dei prossimi episodi, quando si chiuderà anche la sottotrama di…
Davvero molto bello. Piacevole come gli altri e decisamente pregno di sentimenti espressi senza risultare melensi o ripetitivi. D'impatto leggiadro,…
Come ti ho detto, in pochi e poche sanno sa scrivere in maniera così eccitante sia dare un senso ad…