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Racconti erotici sull'Incesto

Medico per forza

By 1 Novembre 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

‘Non si muore il 16 agosto!’
Se non ricordo male, &egrave una simpatica canzone di Dino Sarti, lo chansonnier bolognese, che pone in evidenza quali e quante scocciature dia ai parenti chi ha la cattiva isea di defungere quel giorno.
‘Le médecin malgré lui’.
Titolo di una nota commedia di Moli&egravere, e dell’opera di Gounod.
Tanto per iniziare, due citazioni
Secondo alcuni chi usa spesso citazioni &egrave perché non ha idee.
Altri, invece, pensano che sia una ostentazione boriosa del proprio sapere.
Poiché il mio ‘sapere’ &egrave ben microscopica cosa di fronte alla mia ignoranza, devo, di conseguenza, appartenere alla prima categoria.
Pazienza.
Certo che tutto &egrave accaduto intorno al 15 agosto, e si riferisce alla necessità di assistenza medica. Cosa non facile durante tutto l’anno, figuriamoci in tale periodo.
Cerco di riordinare un po’ le idee.
Allora:
Sono Carlo, anni venti compiuti da poco, ho terminato il primo anno di medicina. Sembra che me la cavi benino.
Fisicamente sono normalissimo. Almeno a me sembra così. Alto quasi 175, peso 68, faccio un po’ di nuoto e di podismo.
Vivo con Lucia, mia madre, vedova da tanto tempo, e sono il suo unico figlio.
Io sono ‘normale’, come ho detto, mia madre invece’
Una splendida quarantaduenne che nessuno resiste, al suo passare, a non fischiare o rivolgerle apprezzamenti, a volte anche abbastanza pesanti. Anche lei fa nuoto. Potete immaginare, quindi, in piscina.
170 centimetri di un personale più bello e proporzionato, certamente, di qualsiasi modella che abbia posato per i grandi scultori greci.
Il fatto che sia mia madre, non esclude che anche io l’ammiri’ in effetti anche un po’ di più’: la guardo incantato, ammaliato, conquistato’ e, devo ammetterlo, la concupisco. Si, la desidero sessualmente!
Lei un po’ lo ha compreso, e cerca di essere indulgente col suo ‘uomo di casa’, come dice.
A proposito degli uomini di mia madre, non mi &egrave mai riuscito di accertare se abbia avuto o abbia ‘relazioni’ con altri uomini. A quanto dimostra, sta molto sulle sue. D’accodo, ma come fa un tocco di fi’ di figliola come lei a digiunare così a lungo? Mah!
Comunque le cose stanno così.
Cerco di scroccare più abbracci e baci che posso, escogito ogni espediente e astuzia, per palpeggiarla alla meglio, la spio per cercare di ammirarne le grazie nel modo più ‘nature’ possibile, mi spaccio per un appassionato del tango argentino per poterla stringere e strofinare la mia patta gonfia sul suo grembo caldo e accogliente.
Non può essere che non se ne sia accorta. Anzi, mi sembra che in un certo senso indulga alla mia insistenza, e cerchi di assecondare quella confricazione voluttuosa. Sempre generosa la mia mammina.
Ho escogitato mille occasioni per poter spiare, sia pure di sfuggita, la fonte della mia vita. Insomma, vagheggio di potermi beare ammirando, estasiato, la mia meravigliosa Lucia senza veli. Deliziarmi scorrendo il mio sguardo lubrico sul suo seno incantevole, sui glutei che mi fanno impazzire e, soprattutto, finalmente, indugiare sul triangolo scuro del suo sesso, sul monte di Venere’ tra le sue gambe’che al solo pensiero mi sento mancare.
Illusione, fantasticheria, miraggio, sogno, utopia’
Io gli parlo, gli dico di star buono, di non montarsi la testa, di non abbandonarsi a fantasie’ ma lui ‘il mio fallo- sembra guardarmi come sfidandomi. Mi risponde: ‘spes ultima dea’, la speranza non muore mai’
C’é nella mia ammaliante mammina, una sorta di particolare cura nel non mostrarsi discinta. Credo anche perché ben sa l’effetto che fa su me’ Ma non può mai immaginare che’
Andiamo in ordine.
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Siamo al mare, non lontani dalla bella ma estivamente bollente Bologna, nell’accogliente Hotel che frequentiamo da diversi anni, Sempre le solite due camere, intercomunicanti, col bagno in comune, con balconi ampi e una deliziosa vista del mare, della spiaggia, dei bagnanti ‘quasi tutti ospiti dell’hotel- che si crogiolano al sole, si tuffano. Bellissime donne, di tutte le età, con tette di tutte le dimensioni e incuranti se siano ben sode o meno. Lo stesso si dica dei glutei, specie quelli valorizzati dalla sottilissima striscia del perizoma che sembra sfidarti, dicendoti: tu non sai come staresti bene al posto di quella fettuccia!
Mamma, che può permettersi tutto, e sbaraglierebbe ogni altra, persiste nel suo costume intero, quello olimpionico, che esalta, certamente, la sua statuaria bellezza, ma cela troppi centimetri della sua pelle liscia e profumata.
Ho visto, dal suo volto, che c’é qualcosa che non va, glielo ho chiesto, anche, ma lei mi ha risposto che é solo un piccolo fastidio e spera che le passi subito.
Mi accorgo che parlo al presente. Ma ciò &egrave accaduto qualche tempo fa.
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L’indomani, a colazione, mi guardò, in un modo del tutto nuovo. Seria, senza il solito magico sorriso sulle labbra.
‘Gianni, devo consultare un medico’ credi che ce ne sia qui di validi? Tu che fai medicina, forse, potresti saperlo.’
‘Si, mamma. Ma cosa hai. Che specialista ti serve?’
‘Vedi’ mi sento a disagio a doverne parlare con te’ ma ‘e qui si sforzò di sorridere- ora mi rivolgo al futuro medico (sì, ci volevano cinque anni!)’ io’ insomma’ io non riesco a mingere come prima!’
Fece un lungo respiro, come se si fosse liberata di un peso.
Avrei voluto farle qualche domanda, ma pensai che la mia totale incompetenza le avrebbe fatto comprendere che era più curiosità che altro. Ricordai, però, che avevo incontrato, al caffé dove andavamo la sera ad ascoltare un po’ di musica e a gustare un gelato, il professor Turchi, il primario urologo e docente all’università. Lo dissi a mamma, e mi venne in mente che forse il cameriere che lo salutava ogni sera, rivolgendosi a lui chiamandolo professore, poteva sapere dove alloggiava. Lasciai mamma all’ombra della terrazza dell’hotel, e corsi al Caff&egrave Lido, trovai il cameriere. Certo che sapeva dove alloggiava il professor Turchi, gli aveva portato anche una torta speciale che aveva ordinato qualche giorno prima. Era al Beaurivage. Li di fronte. Non ho perso tempo, sono andato a quell’albergo, lui era ancora lì, mi sono presentato, gli ho detto di cosa si trattava e lui, molto gentilmente, mi ha risposto di attenderlo un momento, prendeva la sua borsa e sarebbe subito venuto a visitare la mamma.
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Li lasciai soli, a conversare. Mamma mi fece cenno di avvicinarmi.
Il professore mi guardò.
‘Complimenti, giovanotto, ha una mamma che sembra sua sorella, e i complimenti li faccio a lei per non sembrare adulatore nei confronti della signora. La sua mamma mi ha detto che lei, a suo tempo, vorrebbe dedicarsi all’urologia. Fa benissimo. Allora le dico che adesso visiterò la signora e vediamo cosa si può fare. Sua mamma mi ha detto di non aver avuto nessun intervento chirurgico, nessuna infiammazione uro-genitale, e allora’. Ma’ aspettiamo dopo la visita.’
Salimmo al piano dove erano le nostre camere, mamma lo fece entrare nella sua, io andai nella mia.
Dopo circa un quarto d’ora, mamma mi ha chiamato.
‘Gianni, puoi entrare.’
Erano in quella specie di salottino d’angolo.
Il professor Turchi mi disse di sedere.
‘Vede, dall’esame obiettivo non risulta nulla di patologico. Non c’&egrave alcun segno di infiammazione, i tessuti sono palpabili e non dolenti. Io credo che questa ‘ritenzione’ sia una manifestazione del tutto temporanea, e che rientrerà in breve. E’ logico che dobbiamo evitare ogni sovradistensione vescicale che potrebbe determinare qualcosa di spiacevole e irreversibile nel tessuto interessato.
Se il paziente ci chiede da cosa dipende, in questo caso ci si trincera dietro paroloni che non spiegano nulla. E’ un fenomeno ‘criptogenetico’, cio&egrave, come comprende, di causa sconosciuta. Io non ritengo che sia il caso di sottoporla ad ulteriori accertamenti, né a flussometria. Le prescriverò una terapia miorilassante specifica ed ho già detto a sua madre che deve svuotare la vescica, periodicamente, fin quando non torni ai ritmi della normalità. Ora ci ho pensato io, con un catetere, ma ho detto alla signora che almeno ogni quattro-sei ore deve ripeterlo, e le ho anche mostrato come facile sia l’inserimento del catetere, specie in una donna. Se necessario ci si può aiutare con lo specchio. Se proprio serve, vedete se c’&egrave un infermiere’ Ma &egrave una manovra semplicissima, specie con i cateteri moderni che sono morbidi ed autolubrificanti.’
Il professore mi batté una mano sulla spalla.
‘Comunque, giovanotto, lei &egrave sulla via di fare il medico’ ci pensi lei’ hai mai visto inserire un catetere vescicale?’
‘Si professore, e quando ho chiesto di farmi provare se ero capace, il docente, sia pure a malincuore, ha acconsentito e poi, invece, si &egrave complimentato.’
Turchi si rivolse alla mamma.
‘Vede, signora, tutto risolto.’
‘Si, professore, ma &egrave mio figlio.’
‘Un medico &egrave solo un medico’ Ora le prescrivo delle pillole da prendere ogni dodici ore e il tipo di catetere da usare. Domani sera mi faccia sapere e, prosegua la sua vita di sempre, lei sta benissimo.’
Si alzò, ci alzammo.
Mamma, nel porgergli mano gli chiese come potergli far avere il suo onorario.
‘Ma scherza, signora? La mamma di un futuro collega. Mi tenga informato.’
Si chinò a baciarle la mano, riprese la borsa, si avviò alla porta.
Io gli ero accanto.
‘L’accompagno, professore’ mi dia la borsa”
Mi porse la borsa, presi la ricetta, uscii con lui.
L’ho accompagnato fino al suo albergo.
E’ stato un piacevole conversatore, mi ha chiesto come andassero i miei studi e mi ha detto che, di ritorno a Bologna, dovevo andarlo a trovare. E’ vero che parlare di specializzazione era prematuro, ma lui avrebbe visto di buon occhio una mia frequenza, sia pure saltuaria, della clinica urologia di cui era primario.
Acquistai farmaci e catetere, tornai in albergo.
Mamma era al bar.
La raggiunsi.
Mi serviva proprio qualcosa di dissetante e che mi tirasse su.
Non nascondo che ero preoccupato per la salute di mamma, ma non dovevo farmene accorgere. Lei sembrava molto contrariata.
Appena mi sedetti mi disse che, malgrado una serie di telefonate, da parte del direttore dell’albergo, non era stato possibile reperire nessun infermiere, femmina o maschio, disponibile per le sue necessità. Tutti avevano risposto che tutte le donne erano capaci di farlo da sole quella cosa.
‘Ed io no, Gianni, io no! Come debbo fare?’
Mi alza, le andai vicino.
‘Non ti preoccupare, mamma. Devi stare calma, devi rilassarti.. Ci sono io”
‘Tu? Ma ti rendi conto di cosa dovresti fare?’
Le sorrisi, la carezzai.
‘Mamma, ho scelto la strada per essere medico, aiutare chi ha bisogno di me”
Mi ricambiò il sorriso, stentatamente, e mi carezzò il volto-
‘Il mio bambino. Com’é dolce con la sua vecchia mamma!’
‘Dai, non dire sciocchezze, ma che vecchia e vecchia, sei un fior di bella signora. Piuttosto, prendi una di queste pillole.’
Le porsi una pillola che tolsi dal blister, un bicchiere dell’acqua che era sul tavolino. La deglutì, mi guardò ancora, alzò la mano, la mise sul mio collo, mi ha avvicinato a lei, mi ha baciato.
‘Grazie, tesoro. Sei un angelo.’
‘Ormai &egrave quasi un’ora che hai svuotato la vescica. A sentire Turchi, devi provare tra tre ore al massimo, altrimenti”
Non andai oltre. Mi bloccai.
Solo adesso stavo rendendomi conto di cosa eventualmente avrei dovuto fare! Incredibile. Solo al pensiero tremavo tutto. Figuriamoci al momento giusto, la mano non avrebbe mai trovato il modo di compiere quando doveva’ Un bel problema!
Mamma mi guardava, scuotendo la testa.
Mamma disse che non voleva andare in spiaggia, voleva fare un giretto, forse un po’ di shopping. Avrebbe telefonato per sapere se in ditta, la sua ditta di import-export, ci fossero novità. Anche durante le ferie c’era sempre una segretaria, a turno, per le eventualità imprevedibile, ed era collegata con lei, ogni sera, per le novità.
Siamo usciti, abbiamo gironzolato, lei ha acquistato un paio di sandali, un paio di occhiali da sole. Abbiamo preso l’aperitivo. Siamo tornai in hotel, in camera a rinfrescarci e poi a pranzo.
Abbiamo parlato di tante cose, futili o meno, ma ogni tanto lei tornava sulla mia passione per la medicina, e accennò al fatto che un medico non può scegliere i propri pazienti, specie se &egrave un ospedaliero, come io desideravo divenire. Pazienti giovani e vecchi, ed anche vecchie’ corpi sofferenti’ malridotti’
Mentre lei parlava, però, il mio pensiero era ben lungi da quel tipo di vecchie pazienti, era rivolto a lei!
Dopo il caffé decidemmo per il solito riposino pomeridiano.
Andammo nelle nostre camere.
Ci siamo salutati col nostro bacetto di sempre.
Mi sono spogliato, indossato i pantaloncini del pigiama, steso sul letto. Ho preso una rivista e mi sono messo guardarla, senza vederla, però, perché pensavo ad altro.
Dopo un po’, ho sentito picchiare alla porta, piano.
‘Gianni, sei sveglio?’
‘Si, ma’.’
‘Posso entrare?’
‘Certo.’
In vestaglia, coi capelli sciolti, il volto senza ombra di trucco, un po’ acceso.
Sedette sulla sedia, a pie’ del letto.
‘Gianni’nulla!’
Mi guardò, tra lo spazientito e il nervoso.
‘Posso aiutarti?’
‘Te la senti?’
‘Certo, devi aver pazienza, però, specie la prima volta’ devo veder bene’ comunque l’ho già fatto, te l’ho detto”
‘Si, ma devi vedermi nuda, e proprio nelle parti più intime’ Dio che vergogna!’
Mi alzai, le andai vicino, l’accarezzai.’
‘Vergogna ma’? Cosa dici, cosa c’&egrave da vergognarsi. Siamo fatti così, tutti’ Tutti maschi sono uguali tra loro e tutte le femmine”
Un grosso respiro.
‘Dove sono i cateteri?’
‘Li ho messi qui, nel cassetto della scrivania. Ho comprato anche dei guanti monouso.’
‘Bravo, hai pensato a tutto. OK, andiamo,’
Si avviò nella sua camera.
Si stese sul letto.
‘Mamma, scusa’ devi metterti di traverso’ le gambe dalla parte mia, sulla sponda’ io devo accendere il lume sul comodino e orientare la luce su te’ per vederci bene”
Mi guardò, con una certa aria di sopportazione.
Si mise come le avevo detto io. Con la vestaglia sulle gambe chiuse.
Io era andato nel bagno, mi ero infilato i guanti, ho riempito d’acqua il fodero del catetere, in modo che funzionasse meglio l’autolubrificazione. Sono tornato, l’ho sistemato nel bicchiere alto, in piedi. Ho acceso la luce, l’ho orientata su di lei.
‘Per favore, mamma, alza le gambe poggiati sui talloni. Sei preparata?’
‘In che senso?’
‘Non indossi nulla’sotto?’
‘Certo.’
Era il momento che temevo, ma, stranamente, ero calmo, sereno, fermissimo.
Scostai i lembi della vestaglia, alzai la leggerissima camicia da notte’
‘Ti prego, ma’, dischiudi le gambe, il più che puoi.
Un’esplosione che mi ha accecato per un istante.
Lucia, la mia splendida mamma, la donna dei miei sogni, che ho sempre desiderato, era là, di fronte a me, con le sue gambe spalancate, il suo sesso aperto, meraviglioso, incantevole’
Strano, non ero affatto eccitato.
Divaricai leggermente le labbra. Ecco, quella la vagina’ Sì la vagina di mia madre’ e quello il meato urinario. Avevo preparato un recipiente, lo posizionai opportunamente, sfilai il catetere dall’involucro, con due dita allargai dolcemente il meato urinario, con l’altra mano infilai il catetere che entrò agevolmente e subito fece cadere il liquido vescicole nel recipiente.
Turchi mi aveva detto che sarebbero stati da 300 a 400 cmc, al massimo. Più o meno era quella la quantità.
Sfilai delicatamente il catetere, lo lasciai cadere nel recipiente. Presi dell’ovatta e asciugai la vulva della mia mammina. Toccavo il sesso della mia mamma!
‘T’ho fatto male, mamma?’
‘Sei bravissimo, tesoro, non ho sentito niente. Hai proprio la predisposizione a fare il medico!.’
Mi sorrise, era rimasta così, a gambe larghe!
Le abbassai la camicia, l’aiutai a stendersi, comoda.
‘Veramente, ma’, per ora sto facendo l’aiuto infermiere”
‘Vieni qui, dammi un bacio’.Grazie.’
Mi strinse che quasi caddi sul suo petto meraviglioso.
Tornai nella mia camera, nel mio letto.
Ora cominciavo ad eccitarmi.
Quello era il sesso di mamma.
Me lo immaginavo più grosso, quasi smisurato, tra due grosse cosce.
Alzai le spalle.
Come potevo pensare una cosa simile! Mamma aveva gambe bellissime, stupendamente proporzionate al resto. E il sesso, per quel che conoscevo, non era diverso dagli altri che avevo avuto occasione di vedere. Solo molto più bello, più attraente’ Adesso l’eccitazione era incontenibile!
Non riuscivo a dormire, come avrei voluto.
Mi sono alzato, andato a sedere in poltrona, dietro i vetri del balconi, di fronte al mare,
Ero tormentato da mille inquietudini.
Desideravo che mamma guarisse subito, ma nel contempo riflettevo che ciò avrebbe troncato il godimento, sia pure solamente visivo, della sua intima e ammaliante bellezza.
Mi veniva anche da sorridere, ricordando il proverbio dettomi da un vecchio che stava incantato a guardare una bella ragazza.
Scosse il capo e sussurrò: ‘ragazzo mio alla mia età m’&egrave rimasto solo questo, occhi pieni e mani vuote!
Comunque, ero attratto, affascinato, rapito, dall’insuperabile vista che avevo avuto la fortuna di poter godere.
Mi sono assopito senza accorgermene. E devo anche aver dormito abbastanza a lungo.
Ho aperto gli occhi, tutto confuso, poi, piano piano, come nebbia che si dirada, vidi qualcosa. Certo era una apparizione’ no’ si muoveva. Di fronte a me, sull’altra poltrona, mamma, ancora con la sua vestaglia dalla quali s’intravedeva la camicia. Quella che avevo sollevata io, scoprendo qualcosa d’insperato, di inimmaginabile.
Mamma che sorrideva.
‘Come va, Gianni?’
‘Benissimo, grazie. E tu?’
‘Anche io sto bene. Ma sono tesa, aspetto ansiosamente di vedere come vanno le cose. Non vorrei costringerti a’.’
‘A cosa, mamma? A cosa? L’essenziale che tu ti ristabilisca presto, che torni come prima. E devi rilassarti, non &egrave con lo stare in agitazione che favorisci le cose.’
Divenne un po’ rossa. Scosse la testa.
‘Ma ti rendi conto? Mi hai visto come solo il medico e tuo padre mi hanno visto’ Sono avvilita’ E poi’ anche tu, bambino mio’ anzi non sei più un bambino’ ed &egrave proprio per questo’ Cosa credi che non abbia notato come mi guardi’ sei adorabile’ come mi abbracci, stringi’ e non abbia sentito come si’.uomo? Perché, allora, sottoporti a tale tormento?’
Mi sono avvicinato, andato al suo fianco, chinato su di lei, carezzata, sfiorata con un bacio.
‘Mamma, considerami un medico’ quasi medico’ felice di esserti utile”
‘Ma &egrave un tormento, e vorrei dire di più!’
‘E se fosse un Paradiso?’
Sorrise mestamente.
‘Si il Paradiso perduto!’
Ero ancora col mio volto vicino al suo.
Mi sentivo audace. Scioccamente impertinente, irriverente.
‘Come si può ‘perdere’, cio&egrave non avere più, quello che non si &egrave mai avuto?’
Mi dette un colpetto sulla guancia. Sorrideva, il suo tono era scherzoso.
‘Maschiaccio’ sono la tua mamma?’
‘Sei la mia incantevole mamma”
E la baciai, questa volta sulla bocca, mentre la mano, abbracciandola, le sfiorava il seno, e nei pantaloncini premeva un’erezione incontenibile.
Sospirò, mi ha guardato.
‘Fra due ore, se le cose non cambiano, dovrai ripetere’ l’operazione’ io resto in camera. Se vuoi va pure fuori, ma ti prego di tornare per quell’ora”
‘Si, mamma, scendo un po” vado al bar’ vuoi qualcosa?’
‘No, grazie, prenderò una aranciata dal frigobar.’
Mi sono lavato e vestito e sono sceso.
In effetti, ero alla ricerca di una donna, anche una professionista’ sentivo che dovevo ‘scaricarmi’. E’ una brutta espressione, volgare, quasi oscena, ma &egrave la verità: svuotare’ svuotare’ svuotare’ Forse, dopo, sarei stato meglio. Chissà. No, non era quello il rimedio’
Andai all’edicola dei giornali, ho scelto una rivista femminile, per mamma, ho ciondolato, sono tornato in albergo, mi sono seduto dinanzi ma la fissavo senza vedere nulla’ mi aspettava qualcosa di ben diverso’
Mancava circa mezz’ora. Sono salito nella mia camera, la porta intercomunicante era aperta. Mamma stava uscendo dal bagno. Aveva cambiato la camicia. Ora era bianca, si vedeva bene che era l’unica cosa che indossava, e alquanto trasparente. Non si accorse subito della mia presenza, e sono rimasto a guardarla. Era il petto, alto, robusto, che si muoveva appena nel camminare, e il rotondeggiare dei glutei’ Forse aveva ragione lei: un tormento. Un supplizio che per me era superiore a quello di Tantalo.
Mi ha visto, mi ha sorriso.
‘Nessun esito’ naturale’ sto preparando tutto, anche un panno morbido per asciugarmi, l’ovatta lascia sfilacci’ ma tu non preoccupartene’ ci penso io’ &egrave già troppo quello che fai per me’ ‘
Ero lì, di fronte a lei, incapace di parlare.
Consultò l’orologio.
‘Che dici, Gianni, &egrave ora?’
‘Si mamma, certo. Vado a lavarmi le mani.’
Quando tornai, era sul letto, con la sola camicia, bianca e vaporosa. Le ginocchia alte, coperte.
Indossai i guanti, approntai il catetere, il recipiente di raccolta. Mi avvicinai a lei, sollevai delicatamente la camicia. Dischiuse lentamente le gambe. Mi fermai un attimo, deglutendo a fatica. Non vedevo il suo volto, perché le gambe alte e la camicia sulle ginocchia lo celavano al mio sguardo.
Dilatai le grandi labbra, le piccole, col pollice e l’anulare della mano sinistra, nel fare ciò, il dito medio sfiorò il gocciolino del clitoride, che subito s’affacciò, come fiorito. La guardavo, mi sembrò di notare una leggera contrazione dell’orificio vaginale. Inserii il catetere. In breve tutto era concluso. Sfilare il catetere, prendere il panno morbido, asciugare dolcemente’ e volli accertarmi che tutto fosse a’ posto, passando lievemente il medio della destra, sia pure coperto dal guanto di lattice, tra le sue grandi labbra, carnose e ornate di scuri fili di seta, morbidi e ricci. Poi la mano, aperta, come a saggiarne la temperatura.
Era silenziosa, mamma, ma sentii il suo grembo sussultare. Ancora una carezza, più insistente’.
Rimasi un po’ a guardarla, prima di riabbassare la camicia. Si mise a sedere sul letto. Mi fissò.
‘Tutti bene, tesoro?’
‘Lo domando io a te, mamma, ti ho fatto male?’
‘No, caro, sei stato delicatissimo, una mano leggerissima’ mi sembrava essere carezzata’ piacevolmente”
E mi guardava, scrutava il mio volto, i miei occhi.
Era bellissima.
‘Forse vuoi restare un po’ così, mamma, prima di prepararti per la cena?’
‘Si, mi sdraio un po”’
Si mise supina, con la testa sul cuscino, la camicia fino alle ginocchia, ma si vedeva lo scuro del suo grembo, la procacità sensuale del suo seno, con i capezzoli eretti che sembravano voler trapassare la stoffa, e un’espressione incantevole sul volto. Le labbra dischiuse, i capelli neri sparsi’ gli occhi trasognanti. Chissà cosa pensava.
Mi chinai per baciarla’ mi abbracciò, attirò a se, sul suo petto morbido, e mi baciò sulle labbra, sugli occhi, sempre tenendomi stretto a lei. La mia mano era sul suo grembo, aperta, sentiva il suo tepore, il crespo boscoso che lo ricopriva’
Rimanemmo così, un po” poi, ancora un bacio, non proprio materno’ e mi alzai con i segni evidentissimi della mia eccitazione. Lo sguardo di mamma andò lì’ Scosse la testa’
‘Forse dobbiamo vedere se c’&egrave un’infermiera”
‘Forse starai bene’ non dobbiamo cercare nulla e nessuno”
Me ne andai nella mia camera.
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Il professor Turchi aveva detto che si potevano attendere anche sei ore se si notava che la quantità di liquido nella vescica, dopo quattro ore, non superava i 350 cc.
Dopo cena, al bar, dove volle solo un ‘Bellini’ ed io le feci compagnia, ne parlai con mamma. Convenimmo che potevamo attendere fino all’una di notte.
Erano le undici quando ci siamo scambiati la buona notte, il solito bacetto, e ognuno si &egrave ritirato nella propria camera, lasciando aperto l’uscio che ci separava.
Come ho detto, avevamo un bagno in comune. Ognuno di poteva entrare dalla propria camera, e per indicare che era occupato, una volta dentro, chiudeva l’altra porta, quella che lo collegava con l’altra camera.
Dopo essere rimasto con gli occhi al soffitto, mi sono addormentato.
Sonno leggero’ leggerissimo.
Percepivo il respiro di mamma, che veniva dalla sua camera.
Mi sembrò che s’interrompesse. Forse era quello che mi faceva stare in quella specie di dormiveglia.
Il letto non cigolava, ma percepii il fruscio della stoffa. Certamente si stava alzando.
Si, era entrata nel bagno, sentii alzare la tavoletta del water. Dopo un po’ un breve ma preciso cadere di liquido nella tazza, il caratteristico rumore di una donna che fa pipì. Molto breve.
Feci un respirane.
Quindi, mamma si era sbloccata!
Non era più necessario il mio intervento.
Subito, però, pensai che, di conseguenza, era tutto finito!
Sentii ancora l’acqua del bidet, e poi lei tornare a letto.
Mille idee per la testa, e contrastanti.
Ero così, con la testa confusa, quando sentii chiamarmi, sottovoce.
‘Gianni?’
‘Si, mamma.’
‘Sei sveglio?’
‘Si, appena adesso’.’
‘Credo che sia l’ora per’ per la solita operazione..’
Non ci capivo più niente.
Mi alzai, andai nella sua camera. Aveva acceso la luce sul comodino, un faretto abbastanza forte.
Era a letto, con la copertina all’altezza del grembo, e, stranamente era in vestaglia, non con una delle sue vaporose camice.
Mi guardò.
Era in perfetto ordine, coi capelli sciolti, lunghi.
Evidentemente, quando era andata al bagno, s’era spazzolata.
‘Ho provato’ al bagno’ niente, purtroppo”
Veramente non sembrava né preoccupata né dispiaciuta. Mi stava informando che’
Ho predisposto il tutto, bene in ordine. Anche un panno morbido e pulito.
Si mise di traverso’ nella solita posizione’
Quando mi voltai per indirizzare opportunamente il faretto, fui colpito da qualcosa di diverso, lì per lì, non mi resi conto subito.
La vestaglia, appena tenuta dalla cintura in vita, ed anche non molto stretta, si dischiudeva sul grembo, sulle ginocchia alte e per ora serrate, ma anche sul seno. Per la prima volta lo potevo contemplare in tutta la sua magnificenza. Splendido, incantevole, allettante, attraente, affascinante, stuzzicante’
La guardai con un’espressione sorpresa.
Non la capì o fece finta di non capirla.
‘Io credo di essermi asciugata bene, Gianni, ma vedi tu, accertatene. Hai il pannolino, vero?’
‘Ci penso io, mamma. Rilassati”
‘Anche dopo’. Per favore’.’
Non so perché, ma quella specie di freddezza che avevo mantenuto le due prime volte, mi stava abbandonando. Ero sulla via di una forte eccitazione. Mi guardai le mani. Per fortuna erano ferme.
Discostai le ginocchia.
La mia fantasia sfrenata mi fece pensare che era più bella che mai, la mia mammina. Le sue grandi labbra erano turgide. Non lo avevo notato prima.
Mi aveva detto di assicurarmi che fosse bene asciutta.
Ottimo motivo per fare mostra di sentirla con la mano aperta. Avevo i guanti! E me ne accertai diligentemente, passandola e ripassandola sulla sua carne tiepida e palpitante.
Poi, ripetizione della divaricazione delle piccole labbra per evidenziare il meato urinario, e questa volta il dito andò subito e intenzionalmente, a carezzare il clitoride, e a carezzarlo a lungo, mentre quello si andava inturgidendo sempre più, vibrando, e le labbra della vagina sembravano avere una vita propria’
Catetere. Poco liquido’
Estrazione, asciugatura, passaggio della mano per’
Guardai mamma.
Aveva gli occhi chiusi, si mordeva il labbro inferiore, una luce estatica, rapita, nel suo volto’ insistei in quella carezza.. le sue nari si dilatavano’ il grembo era irrequieto’
Il mio fallo protrudeva prepotentemente dai pantaloni’
La mia mano non si voleva fermare’
Era evidente che a mamma piaceva’. Stavo masturbando mia madre, che andava muovendo sempre più evidentemente il bacino’ fu istintivo’ naturale’ che il mio dito andasse sfiorare la vagina’ la sentì umida, palpitante, vi si infilò’ ebbe un sobbalzo più forte’ il dito entrava e usciva, si muoveva circolarmente in lei’ il mio fallo stava per esplodere’ ma fu lei, per prima, a gemere, sempre più forte fino a quasi urlare’
‘O dio’ dio’ cosa mi capita’ godo’ godo’ sto venendo’ ecco’si’.siiiiii’ ancora’ &egrave bello’.bello’. bellissimo’. Oooooooh!’
E dopo una serie di sussulti irrefrenabili, giacque, disfatta, sudata’
Aprì gli occhi’ mi guardò’
‘Gianni’ Gianni’ scusa’ non ho capito nulla’ scusa”
‘Sei bella, mamma, bellissima’.’
Alzò un po’ la testa, vide quanto fuorusciva dai pantaloncini’
‘Vieni vicino a me, tesoro’ vieni’ vicino a me’.’
Si sistemò nel letto-
La vestaglia era completamente aperta.
Mi tese la mano.
Lasciai cadere a terra i pantaloncini, mi distesi accanto a lei, sul fianco, la gamba sul suo grembo ancora non quieto’ la testa vicino al suo seno, al capezzolo’ fu naturale baciarlo, lambirlo con la lingua, succhiarlo’
Sentii la sua mano che s’intrufolava tra noi, cercava il mio sesso, lo strinse’
Piccoli movimenti del suo corpo’
Mi trovai su lei senza sapere come, tra le sue gambe, col glande tra le sue dita che lo accompagnavano all’orifizio caldo, umido, vellutato della sua vagina’. Inarcò il bacino’ non era chiaro se fossi io a penetrarla o lei ad ingoiarmi’ comunque fu una cosa meravigliosa’ L’eccitazione, a lungo compressa, non resisté’ esplosi in lei’ ma lei, che mi teneva stretto, con le mani sui glutei, non smise il suo movimento crescente, del resto, il mio sesso era più rigido che mai, e lo scarico era servito solo a far ricominciare il piacere, che andava sempre più montando’
Mugolava, con gli occhi chiusi, il suo ventre era come un mare in tempesta, lunghe ondate che determinavano la crescente mungitura del mio fallo..
‘Bambino mio’.. gioia della mamma sua’ eccoti’. Finalmente’ amore mio’ lo so’ lo sento’ tu la vuoi la tua mammina’ tesoro’ amoree’ eccola’..eccola’. eeeeeeeeecccoooooola!’
E questa volta il suo orgasmo fu ben diverso e ben più travolgente di quello che le avevano procurato le mie carezze.
Ed &egrave stato sempre così, da allora in poi.
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Inutile dire che da quel momento non ebbe più bisogno di ‘quel’ catetere e in ‘quel’ posto.
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