Nevicava.
Oh, Dio, Dio, Dio, non sapeva fare altro, in quell’orrido Febbraio!
Il gelo avvolgeva i tetti e i campanili della triste città di Monaco di Baviera, e Annabelle era sola, sola, sola, chiusa nella sua soffitta, senza desiderare altro che di morire.
Aveva pianto’
E credetemi, non c’era molto da meravigliarsi, perché da quando era rimasta sola al mondo, la poverina piangeva sempre.
Mi sembra ancora di verderla, lì, chiusa nella sua prigione, vestita di nero, la testa fra le mani, i lunghi e meravigliosi capelli biondi che le coprivano il viso’Dalle labbra rosse e bellissime le sfuggiva un sospiro’
E sui suoi occhi azzurri era disegnata la morte!
Stava sempre chiusa nella sua stanza polverosa e grigia, attraverso il vetro appannato della sua finestra guardava la città vecchia, con le sue case desolate, le sue chiese senza nome, i suoi passanti rari e intirizziti, le sue strade malinconiche, che la notte s’illuminavano della luce dei lampioni antichi, sotto le stelle fredde dell’inverno.
Ma quella città, lei l’aveva vista sempre e soltanto dalla sua soffitta’
Perché viveva schiava e prigioniera dei genitori malati!
Da quando aveva perso il fratello, la trattavano con crudeltà.
Ma a dire il vero erano sempre stati molto cattivi con lei, sì!
Sua madre, una vecchiaccia arcigna con una cicatrice sulla guancia, la insultava e la costringeva a fare per ore i lavori di casa, e alla fine le diceva: ‘Ah, quella cagna di nostra figlia! Vive alle nostre spese, la trattiamo come una regina e trova da lamentarsi!’.
E la minacciava di mandarla via di casa, sì!
Prima o poi l’avrebbe fatto, quella perfida, invidiosa della bellezza di Annabelle, che sarebbe morta di fame’ Suo padre, invece, la picchiava, con il bastone. Era zoppo, ma trovava ancora la forza per fare di sua figlia ciò che gli piaceva’ La violentava, e Annabelle non voleva!
La poverina, così bella, così alta, così giovane, non aveva un lavoro, non sapeva andare in giro da sola, né comperarsi da mangiare, non sapeva parlare con gli estranei, né vivere fuori di quella prigione. Le avevano proibito di amare e di sperare.
Cielo!
E nevicava, nevicava sempre, sempre, sempre.
Annabelle si alzò, un suono di campane l’aveva risvegliata dal suo torpore. Stava sempre lì, nella sua soffitta, pensando al fratello che aveva perduto’ Era in quel luogo che aveva vissuto con lui i momenti più belli della sua vita.
Quanto si erano amati! Quando erano soli, lui era solito prenderla tra le sue braccia, e stringerla forte a sé, le baciava i lunghi boccoli biondi e le labbra rosse, asciugava ogni sua lacrima dicendole:
Ti amo e starò con te per sempre.
E le prometteva che presto avrebbero lasciato quella prigione, quelle persone cattive, sarebbero fuggiti insieme per vivere nella felicità fino alla fine della vita. Lui avrebbe trovato un lavoro, avrebbero abitato al sicuro in una casetta tutta per loro, e i loro giorni sarebbero passati così, nella gioia.
Non permetterò a nessuno di farti del male! ‘ le giurava, sollevandola in aria, mentre il bel volto di lei s’illuminava raggiante.
Allora, Annabelle gli rispondeva:
Sei tu il mio amore’ e moriremo insieme! Fratello mio, se ti perdessi, il mio corpo, che già ti appartiene, morirebbe insieme a te’
Oh, sì, quel corpo brucerebbe, prima di diventare cenere nel buio delle stelle!
E quante volte avevano fatto l’amore, in quella soffitta!
Quante volte lui aveva sentito su di sé la tenera pressione del seno di lei, e quelle labbra di fuoco erano volate sul suo corpo!
I loro genitori non li avevano mai scoperti.
Annabelle piangeva, mentre ripensava alla dolce sensazione che le dava il sentire il seme di lui dentro al suo grembo.
Tutto questo non esisteva più’
E la perfida bestemmia della vecchia sua madre la risvegliò dal suo sogno.
Oh, fratellino mio, che cosa farò, tutta sola, a questo mondo? ‘ sussurrava Annabelle. ‘ Morirò’
Un giorno, le sue mani strinsero un biglietto:
‘VENITE A VISITARE IL PAESE DEL SESSO E DELLA MUSICA TECHNO. NON IMPORTA COME ARRIVIATE, DA NOI L’ESTATE E IL DIVERTIMENTO NON TRAMONTANO MAI. QUI SI SCOPA E SI BALLA TUTTA LA NOTTE E TUTTO IL GIORNO E SI CELEBRANO GLI DEI PAGANI DEL PIACERE, DI CUI VENERE E’ REGINA.’
Cazzo!
E fu così che la bella decise di partire. Evviva le scopate, evviva le seghe e l’orgasmo, evviva la vita!
Cavolo, che sballo doveva essere vedere per la prima volta quel pezzo di ragazza figa e strafiga, andare in giro con una gonna nera sopra il ginocchio stretta da far paura, le calze a rete, le scarpe dorate con i tacchi a spillo, un top vertiginoso, truccata come una pompinara, il cappellino spiritoso’
Accidenti, ma dove vai, biondona?
E ridacchiava, la maliziosa!
Perchè aveva giurato di dare un calcio in culo ai suoi vecchiacci, alla vita da Cenerentola, e a quel cialtrone di suo padre che non sapeva neanche scoparla a dovere!
E lo sapete com’era partita?
Non ci credereste mai: su di un camion che trasportava maiali, dopo aver mostrato le cosce al conducente!
Come se la rideva sguaiata sguaiata, pensando al bel faccino che aveva fatto la sua mammaccia, quel mattino, non trovandola a letto!
Cazzo!
Mi sembra di vederla, mentre passava, i capelli al vento, tirando dei baci a destra e a sinistra con quelle labbra cariche di rossetto, e sventolando il suo fazzolettino di pizzo in faccia ai passanti.
Alle scopate! ‘ urlava allegramente.
Era il suo addio a una vita di lacrime’ oooh!
E chi era quel frocetto che, al vederla passare, non si voltava per ammirare il davanzale di quel pezzo di fica?
Man mano si avvicinava ai tropici del sole, le nevi cedevano per lasciare il posto ad un paesaggio vivo e lussureggiante. Faceva caldo.
La sera, arrivò in un paese di mare, abitato da pescatori.
Ecco, scende dal mezzo di trasporto che l’ ha portata fin là, in quel gesto la tedescona mette in mostra le sue lunghe e splendide gambe, accidenti! Strizza l’occhio a se stessa, come sa fare una brava ragazza atea che vive per divertirsi, e con un gesto pieno di malizia si accomoda il reggicalze che le spunta dalla gonna, prima di regalare uno smack sulla bocca al gentiluomo che le ha dato un passaggio.
Per centomila seghe, quanto rossetto gli lasciò in faccia!
Annabelle smarrì il suo sguardo nell’immensità blu.
Il vecchio porto apparve davanti a lei come un fantasma nella nebbia. Uno stormo di gabbiani bianchi accompagnava l’ultimo peschereccio che rientrava dall’alto mare, facendo sentire di lontano il suono cupo della sua sirena.
Il fumo grigio dei motori saliva nel cielo, dove la prima fata di mezzanotte aveva già acceso le prime stelle.
Intorno a lei s’alzava un tintinnìo di campanelli, che spandevano nell’etere i loro suoni magici.
E la bella vedeva e sentiva tutto questo a occhi chiusi, mentre pensava alle robuste braccia dei pescatori del villaggio, ai loro petti forti e irsuti, e, fradicia, si strofinava il clitoride e il monte di Venere con la mano preferita. Non era la prima volta che si masturbava’ Dalle labbra rosse le sfuggivano degli Ah.. Ah’ sempre più violenti e frequenti.
Attraverso le ciglia e le palpebre socchiuse vide la schiuma viva dell’Oceano, il fuoco dell’orizzonte, gli scogli, le ultime nubi turchine del tramonto, in un cielo tropicale.
Poi, s’accorse di morire, nell’incendio dell’orgasmo, nel silenzio fatato di quel paese di nebbie.
Scoppiò a ridere. Le mani fradice di umori, tutta rossa in viso, e piena di follia, si diresse verso la taverna del porto, dove avrebbe trovato un pescatore nerboruto che l’avesse portata dall’altra parte del mare. Scorse di lontano l’insegna di legno, illuminata dalla luce di una lanterna.
‘Chissà che sesso mi farò stanotte!’ pensò la bella.
Gli schiamazzi, gli scherzi e le bestemmie s’udivano da lì fuori. Entrò. Oh, ma chi cazzo non avrebbe notato quel pezzo di fica, chi, tra quei lupi di mare, che tornavano dall’Oceano, senza aver visto altre forme che quelle delle onde per tanti giorni!
Annabelle rimase sulla porta per un po’, le braccia conserte, e tutti se la scoparono con gli occhi, mentre lei, ridacchiando, tirava dei baci.
I pescatori, sulle cui braccia erano tatuate avventure di mare, giocavano alla mora, o a carte, bevevano, raccontavano di tempeste e di sirene, di pirati’
La ragazza andò al fianco del maschio che le parve più rude e irsuto, quello che sapeva di fatica, di sabbia e di sudore, per sussurrargli in un orecchio:
Vuoi scopare con me?
E continuava, toccandogli le braccia muscolose e la barba incolta:
Vuoi scopare con la tua sirena, che ha bisogno di essere traghettata dall’altra parte dell’Oceano?
E gli diede un bacio bagnato, sul pollice, dove portava un grosso anello zingaro.
Ricordo che quella notte, sulla spiaggia, dalle parti dove avevano costruito la baracca di legno per riparare le reti, s’udirono dei gemiti di piacere. Era una donna, e un maschio si dimostrava capace di strapparle dei lamenti tanto forti, la faceva soffrire.
Le aveva fatto i vestiti a brandelli, l’aveva spogliata nuda, l’aveva fatta sua, le sue braccia avvezze alla fatica, irte di pelo, s’attorcigliavano al corpo di lei.
E lo sperma bollente correva sulle sue curve, bianco e giallo, maturato da giorni di fatica e di digiuno.
Poi erano partiti, prima di mezzanotte, a bordo di un peschereccio.
Ebbi una visione, alle prime luci dell’alba.
Vidi Annabelle, bianca e perduta come una sirena, sull’estremità della prua’
Le braccia formose e nude alzate al cielo, i seni e il busto lasciati scoperti dai suoi abiti neri, a brandelli, una collana di perle’
I lunghi capelli biondi volavano al vento, oh, forse, era un battello fantasma, che trasportava sull’altra sponda dell’Oceano l’anima della Sirena morta.
E quel volto bianco, ariano, disegnato dal pennello degli Dei’ I piedi scalzi, le ginocchia appena piegate’
Il primo raggio di sole del giorno fendette le nubi, per regalarle il suo bacio.
Il viaggio durò parecchi giorni. Cazzo, ma certo non ci si annoiava, sola con quel pescatore, sul suo battello! Pensate che ce l’aveva lungo e grosso, e Annabelle l’aveva provato dentro, l’omone l’aveva fatta gridare, le aveva dato fastidio, piantandoglielo fino nell’utero’ Niente paura: la brava ragazza portava la spirale.
Una notte arrivò sulla spiaggia dell’Isola del Piacere.
Era piena d’allegria e incontrò tanti amici che venivano da tutti i Paesi. Era come se fossero tutti fratelli e sorelle.
Si sedettero sotto le palme che crescevano lungo la spiaggia e accesero un gran fuoco. Ah, che gente meravigliosa e amichevole!
E ridevano, raccontandosi a vicenda le proprie avventure, mangiando dei grandi caschi di banane.
Annabelle era seduta sulla sabbia, e sentiva gli occhi di tutti i ragazzi sulle sue gambe’ E se li guardava, di nascosto, alla luce del falò, guardava il petto muscoloso di un negretto, lasciato nudo dalla camicia a fiori, lo guardava, mentre suonava un tamburo di legno’
I ragazzi suonavano con i loro strumenti musicali, fatti di canna di bambù.
Bailamos! Bailamos!
E si intonavano melodie tropicali.
Quant’era invitante Annabelle, mentre ballava sulla spiaggia, era così alta, così bionda, indossava un vestitino estivo, che lasciava ammirare le sue gambe e i suoi piedi scalzi, i suoi seni enormi, era un po’ abbronzata, aveva preso il sole. Si muoveva al ritmo dei tamburi, le piacevano i ragazzi’
E si battevano le mani, si beveva il ruhm.
Com’erano lontani i giorni della tristezza!
Rimase sola col negretto’
Voglio sentire il bollore del tuo sperma nella mia fica ‘ gli disse, mentre la toccava, salendo dai piedi verso l’alto. ‘ Avanti, spaccami’ ahi!
Non si era mai sentita penetrare tanto in profondità. Il pianto della sua passera inondava il lungo pene di lui, fino ai testicoli, che ballavano una danza di piacere.
Anche i grandi seni di lei danzavano, ad un ritmo frenetico. Il negretto aveva una pelle così liscia, era così forte, non aveva pietà per lei, a ogni colpo, il suo pube sfiorava il clitoride e le piccole labbra della ragazza.
Fammi male! Fammi male! ‘ lo supplicava lei, ansimando.
Il ventre liscio della ragazza era madido di sudore, si alzava e si abbassava sempre più freneticamente, e sempre più frenetico era il suo ansimare, sempre più ravvicinati erano i suoi gemiti, che si moltiplicavano, e lui ne godeva, continuava impassibile, sempre più forte. Annabelle, avvolta nella sua tempesta di fuoco, sentiva il ritmo dei tamburi, il movimento delle danze’
Fu un orgasmo simultaneo, la vagina di lei si contrasse a lungo, mentre lui cominciò a pulsare e a pulsare, per poi inondarla col suo seme.
Una notte, a bordo di una piroga sbattuta dalle onde di un mare tranquillo, due ragazzi e una ragazza sbarcavano a Technoland.
Lei era così civettuola, figa e strafiga nella luce lunare, con quel cappellino nero decorato di fiori, caspita, che davanzale! E come si divertiva a mostrare le gambe ai ragazzi. Era una tedescona, alta e stangona! E tutti e tre puzzavano di canna’
Che sogni!
Alle prime luci dell’alba, Annabelle fu accolta da canti di negri, che suonavano strumenti di legno.
Le lanciavano ghirlande, adorne di fiori tropicali’ Ah, che scopate si sarebbe fatta! Come si bagnava la sua fica, mentre i raggi del sole illuminavano il suo volto raggiante, e i suoi capelli d’oro!
Un cartello dipinto a colori vivaci recava la scritta: Technoland, Paradise. Perché tanto odio?
Le case avevano i muri dipinti di giallo e arancione. C’erano palme dappertutto, e dalle soglie sbucavano gran pezzi di femmine coi tacchi a spillo e le calze provocanti, che invitavano al sesso e all’orgasmo!
Oh, beautiful!
Quante luci, gialle, rosse e turchine, quanti fuochi d’artificio! E nelle piazze c’erano delle ragazze tettone che offrivano cocco e latte di Venere. Le strade erano affollate di clown dai capelli rossi, che facevano gli scherzi, era sempre estate, ma le notti erano infinite. Il sole tramontava alle due del pomeriggio, e sorgeva a mezzogiorno. La notte era piena di luci, di fumo, e di luna park, di discoteche, di droga, di musica techno’
Ah, la musica techno assordava! Andava su prima di mezzanotte, e continuava fino all’alba. I balli non finivano mai, tutti scopavano, ci si masturbava anche per strada, davanti alle grandi statue dedicate agli dei pagani del piacere. Ricordo quella di Venere nuda’
Ah, cazzo, all’inferno i genitori vecchi, perfidi e malati, l’inverno, il lavoro, i piagnistei, le città grigie, evviva chi vive per divertirsi, evviva il sorriso di Annabelle, che, sotto quelle magiche stelle, gridò:
Fratello! Fratellino mio! Di nuovo insieme! Baciami sulla bocca’così’ quanto ti amo!
L’aveva ritrovato, per sempre.
E mentre lo abbracciava forte, accarezzandolo con i suoi capelli biondi, mentre sorseggiava una coppa di champagne, si voltò verso di me, dicendomi, con il un riso sguaiato sguaiato:
Vieni anche tu a scopare! Vieni anche tu a Technoland!
eccolo https://raccontimilu.com/orgia/prima-volta-al-club-prive/
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Bisogna scrivere il nick dell'autore nel motore di ricerca del sito, allora esce la pagina con tutti i suoi racconti
Mi chiedevo se ti andasse di scrivere un racconto simile circa a questo, ma seguendo la storia che ho in…
Sempre più pazzesca..vorrei conoscervi..anche solo scrivervi..sono un bohemienne, cerco l’abbandono completo ai piaceri.. e voi.. Scrivimi a grossgiulio@yahoo.com