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Racconti erotici sull'Incesto

TUTTO PER I MIEI BAMBINI

By 31 Gennaio 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

QUALSIASI COSA PER I MIEI BAMBINI
Di Chiodino

Cap. 1

Una casa piccola ma accogliente, ben tenuta, in un quartiere della città non lussuoso ma ‘buono’.
Ci sta la signora Cecilia V; dimostra meno dei suoi trentasette anni portati anzi alla grande pur rinunciando a parrucchiere e vestiti che non siano in saldo ed acquistando anche così i meno costosi. E’ una artista del risparmio ma ha un ottimo gusto e nessuno lo può notare.
I vicini la stimano anche se non dà confidenza a nessuno. Alcuni si meravigliano che così giovane abbia due figli, gemelli, già alla fine delle superiori, ma qualcuno dei vicini parla di un matrimonio di interesse che, pressata dal padre, aveva accettato a soli diciotto anni, restando poi vedova ed orfana con due figli in pancia, pochi mesi dopo le nozze. Soldi? Nessuno ne sa niente. Fa qualche lavoretto di traduzione, conosce bene l’inglese ed avendo avuto la madre russa…ma certo non mantiene con quello i gemelli in quella scuola privata tra, le più costose della città, sempre ben vestiti ed azzimati.

Cecilia ha finito di rassettare, pochi minuti in bagno per mettersi ‘in ordine’, poi avrebbe indossato qualcosa di adatto. C’è quell’interruttore in camera da letto ed il rubinetto in cucina…con un sospiro prese la cartelletta dei conti e cominciò a sommare le spese della settimana. Come sempre andava a fare il giro dei supermercati attorno a casa appena aprivano, il lunedì e si regolava sulle offerte per comporre il menù della settimana. Al mercato rionale arrivava quando già i bancarellisti riunivano le loro cose e svendevano quanto avanzato Alla fine schiuse il quaderno ed aggiornò entrate ed uscite confrontando il risultato con il saldo del bancomat. Non guadagnava moltissimo con le traduzioni ma tutto serviva, aggiunto poi alla piccola rendita, bastava, e quel mese avrebbe potuto comprare qualcosa d’altro, sarebbe andata più avanti a parlare con la signora in banca. L’anno successivo però i due sarebbero andati all’università, le rette universitarie erano quel che erano, poi i libri e tutte le altre spese. Aveva paura da sempre di restare senza soldi e risparmiava come una formica, da anni. Dovevano essere ben vestiti, senza risparmiare, avere dei soldi in tasca per poter entrare nel giro giusto, cominciando fin dall’inizio ad uscire con le ragazze giuste e con i compagni giusti. L’automobile poi. Dovevano avere una automobile ma…qui cascava l’asino. O due automobili usate od una nuova in due, non poteva permettersi di più. Ci pensava da mesi, motociclette no, avrebbe vissuto nel terrore di un incidente, che si facessero male o peggio. Finì di vestirsi. Era di nuovo una onesta madre di famiglia in abiti da casa non nuovissimi, ma certo decorosi. Come talvolta ancora succedeva andò con la mente all’altro fatto, ormai di anni prima, due o tre anni prima. Da tempo avevano smesso di spiarla. Se ne era accorta appunto qualche anno prima, ed a loro non aveva detto niente ma ne aveva parlato immediatamente con un assistente sociale, uno psicologo specialista per ragazzi . Alla loro età il sesso è un interesse primario le aveva detto. Lei è la madre, ma anche l’unica persona dell’altro sesso che possano o riescano a…sbirciare, ed aveva spiegato trattarsi di un caso molto più frequente di quanto i genitori pensassero. Non li sgridi, anzi non ne parli. Se proprio deve parlarne, se non smettono… ed aveva spiegato come comportarsi.
Era comunque contenta fosse loro passata quella fissa. L’aveva infastidita non poco. Per fortuna non avevano dimostrato interesse reciproco come lo psicologo aveva sostenuto possibile. Tutto sommato era piuttosto soddisfatta di come le cose stessero andando. I due ragazzi dividono una camera all’altro capo della casa. Una camera non immensa ma sufficientemente spaziosa. Il mattino la lasciano ridotta ad un campo di battaglia ed il tardo pomeriggio, tornando da scuola, la ritrovano linda ed ordinata. Se ne meraviglierebbero in caso contrario. Quattro chiacchiere con Cecilia, la chiamano per nome da sempre, un video game, poi la cena.

Per la scuola Cecilia non ha preoccupazioni, sono sempre andati molto bene. Quel pomeriggio qualcosa la rode però. I pensieri di quella mattina ritornano fastidiosi. Va in bagno ad orinare poi fa per tornare verso la camera per un breve meritato riposo ma decide di farsi un caffè. Qualcosa di caldo, anche un caffè le tranquillizzerà lo stomaco in attesa della cena. Allunga di qualche passo il percorso per sistemare una cosa in disordine, i soliti due. Un rumore, un tonfo anzi. Proviene dalla loro stanza. Si avvicina, nessun rumore. Sta per allontanarsi, in imbarazzo per averli spiati, sono figli suoi ma uomini ormai, quasi uomini; qualcosa, curiosità forse o solo la voglia di stare un attimo in loro compagnia la fa tornare, sono i suoi bambini, apre la porta senza bussare.

Per un attimo è una scena irreale, restiamo tutti immobili. Arturo e Franco immobili, allacciati sconciamente, nudi sul bordo del letto, io incapace di capire, o meglio di accettare quello che pure era chiarissimo. Avessi impugnato un’arma… no certo non avrei sparato, ma in quel momento li avrei frustati, bastonati. Non mi accorgo di aver smesso di respirare e la scena di noi tutti immobili deve essere durata un poco perchè emetto il fiato di colpo, rumorosamente. Voglio scappare, non voglio vederli, non voglio più avere sotto gli occhi questa scena. Ha distrutto i miei sogni, la mia vita. Mi giro con la velocità che i sensi ottusi e le poche forze mi consentono. Supero la porta. Perché? Perché? Vi aspetto in sala. Lo mormoro piano prima di andare in bagno a vomitare. Per ben due volte sono sul punto di alzarmi ed andare ad assicurarmi che non aggiungano qualche altra sciocchezza.. No impossibile, per arrivare alla porta di casa devono passarmi davanti. Dio, la finestra. No, la porta si apre, arrivano. Dire che sembrano due cani bastonati è inutile, ed io non devo avere un aspetto migliore.
Li fisso senza saper cosa dire, cosa fare. Loro tengono la testa bassa, ovviamente vergognosi. Non basta però la vergogna. Punirli? Lo psicologo a suo tempo aveva detto di non farlo, però non si riferiva a questo. Era comunque sbagliato, mai punirli per cose del genere ma parlargli, anzi farli parlare. Mi accorgo che devo aver passato parecchio tempo persa in questi pensieri dalla luce fuori della finestra che già annuncia l’imbrunire. E’ ora di cena e poco dopo scaldo qualcosa e li faccio mangiare. Persino loro, sempre affamati, lasciano quasi tutto nel piatto. Separarli, devo separarli. Non posso farli dormire insieme. Mi porto a dormire con me… No, penso all’angoscia di quello dei due che resterebbe solo, non devo lasciare l’uno o l’altro da solo. Dormiremo in tre nel mio letto. In silenzio, immobile, aspetto si addormentino mentre il cervello mi va a fuoco. Domani chiamerò quello che già li ha visitati, ma sono troppo grandi per lui, ricordo, segue i ragazzini e non voleva occuparsi di loro due neppure allora, anni fa. Mi farò consigliare un collega, una donna no, sarebbe ingiusto, morirebbero di vergogna, se lo meriterebbero però. Dormo ben poco, mi sveglio ripetutamente, mi piango addosso.

La sera dopo la situazione è la stessa, anzi peggiore. Non ho trovato lo psicologo, torna tra qualche settimana e non so a chi rivolgermi. Aspettando che torni devo parlare con loro, devo chiedere, si, devo chiedere non perchè ma come, lo psicologo mi aveva anche dato qualche indicazione…Sto per parlare per fare la prima domanda, sto cercando di articolarla e decidere a chi dei due farla quando Franco mi si avvinghia, sorpresa sto per scacciarlo ma lo abbraccio, sussulta, piange. Un attimo e li ho entrambi avvinghiati e scossi dai sussulti di un pianto disperato. Non reggo, li abbraccio a mia volta e piango anch’io, con loro. Come siete…arrivati? Non so come descrivere quello che stavano facendo. Non abbiamo fatto niente mamma, era la prima volta, stavamo giocando…stavamo cambiandoci per cena continua l’altro e ci siamo messi a fare la lotta. Mi arrabbio, fatico a non urlare. Mi trattengo l’attimo necessario. Non stavate solo facendo la lotta! Si intestardiscono e mi intestardisco anche io. Per questo taccio, non ne ricaverei che bugie, penso. Poi di nuovo Franco cede. Facevamo la lotta mamma credimi, ma ci ha preso, mi ha preso un… non so come dire. E’ Arturo che prosegue. Tutti e due mamma, non è stato solo lui. Si somigliano fisicamente come due gocce d’acqua ma è Arturo quello timido, il più ritegnoso, per questo sto ad ascoltarlo in silenzio, timorosa di zittirlo e di non sapere. Non so proprio perchè ho fatto quello, non l’avevamo mai, mai fatto niente del genere, neanche ieri però…Forse perchè nessuna ragazza ci ha mai degnata di uno sguardo, nessuna. Solo su internet abbiamo visto come sono fatte le ragazze… battono e ribattono sempre su quello, solo su quello, in tutti i modi, per ore. Non li interrompo, faccio qualche domanda solo per farli parlare ancora, perchè si spieghino meglio e perchè voglio almeno provare a capire.

Il mattino dopo, in cucina sorseggio il mio te. Ci sono un mucchio di cose che non capisco. Alla loro età penso sia normale avere qualche amorazzo, baciare qualche ragazza, ma essere ossessionati per non averne mai vista una nuda, per non aver baciato od anche solo abbracciata una compagna mi sembra illogico, eccessivo. Il dottore non c’è. Tolgo dal fornetto le brioches, e verso il te anche per loro. Lo porto in camera, so già che li troverò svegli.
Ed è così. Sono entrambi svegli, anzi penso di aver interrotto qualcosa, no, niente di quello.. stavano solo parlando. Mi fissano, ancora timorosi, si vergognano di certo. Ma è così grave? Non capiscono. E’ così grave, proseguo allora, non aver mai avuto una ragazza? Non averla mai vista…esito, poco vestita, non averla mai accarezzata? Arrossiscono, abbassano il capo. Si, capisco, o meglio non capisco, ma a loro sembra tremendo, anzi tragico…Vedo che hanno pianto, sono disperati. Ero più giovane di loro…con Claudio, mentre slacciava i bottoni della mia camicetta lilla; non era la prima volta ma ero certa che quel giorno non si sarebbe fermato. Non volevo si fermasse, dentro di me l’avevo deciso senza però dirglielo ovviamente. Non si è fermato. Dopo, mentre mi stringevo a lui, pur pensando che non era stata poi quella gran cosa, ero certa di amarlo, che ci saremmo sposati. Qualche anno dopo, finito il liceo, ci siamo sposati e sono nati i gemelli. Non avevamo usato precauzioni quella prima volta e per giorni ero rimasta terrorizzata all’idea di dover dire a mia madre che aspettavo un bambino, ma a tempo debito vidi che non ero incinta. Una dolcezza infinita mi prende unita alla altrettanto profonda tristezza di sempre quando penso a lui, per anni mio amante, per pochi mesi mio marito, il loro papà, l’unico uomo della mia vita. Ed ora ancora una decisione improvvisa, so cosa fare anche se solo l’idea mi fa accapponare la pelle e venir voglia di scappare. So cosa devo fare e lo farò. Con naturalezza, senza remore, slaccio i primi bottoni della camicetta e sorrido, un sorriso ovviamente falso e bugiardo, ma sono così giovani, sarà facile ingannarli. Se serve, perchè no. Vieni Arturo, e quando, esitante lui si avvicina, anche tu Franco. Ho la testa leggera come fossi ubriaca anche se non so cosa voglia dire essere ubriaca, mai successo. Aiutatemi. Devo renderli partecipi, complici, devo vincere la loro timidezza, la loro ritrosia. Non posso e non voglio pagar loro una puttana, ma, perdio ci sono io. Vi ho partorito, penso, che male c’è? Non vado oltre e sempre sorridendo li incito. Pian piano e con piacere vedo la loro incredulità e titubanza prima ingigantire per poi retrocedere, non scomparire ma… e, le loro dita farsi meno incapaci e titubanti, la curiosità vincere la vergogna ed ogni timidezza. Io mi sento un verme, vorrei sprofondare, mi scappa la pipì ma sono appena stata in bagno. Devo andare avanti, devo. Ormai la camicia è stata raggiunta a terra dalla maglietta di filo. Mi giro, per quanto alle prime armi devono sapere dove trovare il gancetto del reggiseno. Lo sanno, hanno esitato solo perchè incerti sul limite del mio spogliarello. Nessun limite mi dico. Pretendo anzi e devo insistere perchè siano loro a togliermi la gonna ed abbassare poi le mutandine. Esitano a lungo, protestano. Sono completamente nuda e li fisso negli occhi a turno. Sono allibiti, rossi in volto, ma non sanno distogliere gli occhi dal mio corpo. Fissano i miei seni, il vello pubico un attimo per poi distogliere gli occhi ed abbassarli di botto. Io sorrido, parlo, li incoraggio e vorrei sprofondare. Non sono una ragazzina, non ho 18 anni dico loro sempre sorridendo, ma è il meglio che possiate aver da vedere e toccare ora, e sorrido di nuovo. Li abbraccio entrambe e mi irrita un poco, anche se non mi sorprende, che loro non mi stringano. Sono ovviamente intimiditi e vergognosi. Prendo una mano a ciascuno e me le porto al petto. Toccatemi pure, non mi rompo. Li sospingo poi verso il letto e mi stendo. Carezzatemi, toccatemi. Sono una donna in carne ed ossa meglio certamente di qualsiasi ragazza i vostri compagni abbiano mai…poi smetto di parlare perchè sono squassata di colpo da un pianto disperato e convulso.

Mi riprendo un poco per volta, sono loro ora a confortarmi a stringermi affettuosamente mescolando le loro lacrime alle mie. Si abbracciano e si confortano anche l’un l’altro, Mi raggelo, no ma forse la mia è solo una idea sciocca, non certo davanti a me. Il gelo si tramuta in una ferrea decisione, oltre quanto pensato all’inizio. Non so quale dei due io abbia baciato per primo e chi abbia per primo carezzato. Mamma…poi il silenzio. Avrei dovuto capire che facevo loro effetto, erano entrambi almeno un poco eccitati ed il palmo delle mie mani chiuse sui loro membri li fa rizzare ancora di più. Esito un attimo poi mi chino su di loro stesi fianco a fianco, circondo col mio alito un glande poi lo sfioro appena ed infine lo accolgo tra le labbra per un momento. Passo dall’uno all’altro, prima molto rapidamente poi soffermandomi un poco e dopo, ancora di più. Anche la mia freddezza è andata a farsi benedire. I loro sospiri e le loro corpi certo non mi eccitano ma mi emozionano di certo. Una strana emozione che non capisco e neppure forse cerco di capire. Fredda , gelida, decisa dentro di me, all’apparenza titubante e con un sorriso timido stampato sulla faccia circondo loro il collo. Scostatevi, fatemi più posto. Siete voi ora che dovete…darvi da fare, imparare a carezzare una donna, darle il brivido che cerca. Imitare le movenze ed il tono di una ragazzetta è futile, dannoso, non sarei credibile. E’ la voce di una donna che sentono, e, seguendo le mie indicazioni, poche parole stentate e smozzicate, sono le loro bocche che cercano la mia, le mani inesperte dei miei figli che carezzano dopo tanti anni i miei seni, le cosce, la piega del mio sesso che credevo incapace di…no, non è incapace, anni di aridità non hanno spento il vecchio fuoco, non del tutto e dalla brace emerge la fiamma che sta per travolgermi, che mi travolge. Lo stesso fuoco travolge i loro lombi, offusca le giovani menti, risveglia ed attizza l’istinto. Non solo il loro. Vogliono possedere la donna che giace nuda tra loro e per un attimo quasi temo si scontrino per decidere chi dei due sarà il primo. Non si scontrano ma si fronteggiano quasi senza accorgersene o capire il perchè. Ne sono intimamente fiera, lo è almeno la figlia di Eva che non credevo esistesse più dentro di me e dice loro cosa fare. Discuteremo per sempre su chi abbia avuto l’idea della monetina. Sono ‘quasi’ certa sia stata una idea mia, stavano forse per venire alle mani per decidere chi dei due dovesse appunto avermi per primo ed io ero assente quasi estranea alla cosa ed al tempo stesso compiaciuta. Sono la giovane cerva che assiste alla contesa di due maschi del branco in lotta per…Una monetina dico, certamente piano ma in modo udibile. Franco si allontana per tornare un attimo dopo con la monetina. Ora dice che è stata una idea sua. Arturo sostiene di averlo suggerito al fratello. Si una cerva ed il vincitore è Franco. Gli faccio posto tra le ginocchia aperte, impugno il cazzo scappellato e ne sfrego il glande sul mio sesso per fargli vedere come si fa. Solo dei gesti e pochissime parole smozzicate perchè il fiato quasi mi manca. Perché il fiato mi manca? Fai piano, mi raccomando fai piano. Ormai lascio che segua l’istinto che certo saprà guidarlo. Sento il glande premere e lo fa piano, quasi con tenerezza, eppure mi fa male, almeno un poco; lui, Franco è inesperto e sono troppi anni che io non faccio l’amore. Nonostante ciò mi inarco e quasi mi sciolgo incredula nel sentirlo entrare dentro di me. Poi non sa trattenersi mi possiede con crescente forza e poca consapevolezza. Il gemello, Arturo vedendo che lo guardo distoglie gli occhi. No, non va bene. Un mio cenno e si avvicina, lo attiro a me, gli parlo brevemente, capisce in fretta. Mi carezza le mammelle e ne succhia i capezzoli, di sua iniziativa poggia le bocca sulla mia e mi bacia. Dovrò insegnar loro come si bacia penso, poi non penso più a nulla. Non voglio pensare a nulla perchè altrimenti impazzirei oppure, non so più pensare Mi sto facendo fare da Franco, e poi sarà la volta di Arturo, i miei figli. Sono una puttana, peggio di una puttana. Ma era l’unica cosa da fare, o no, sto sbagliando tutto? Spio mio figlio che si affanna sopra di me, sta sudando, il membro abbandona maldestro il mio ventre ed ancora più maldestramente Franco cerca di penetrarmi di nuovo, ed ancora mi fa male; porto la mano giù, e vedendolo perplesso gli dico di essere meno irruento mentre lo dirigo al punto giusto. Vedi, con calma, non scappo caro, sono qui apposta per te, per voi, mi correggo guardando negli occhi Arturo che si è di nuovo scostato. Impermalito forse? Geloso? Mentre Franco, con meno foga ricomincia a chiavare, sorridendo attiro verso di me Arturo e gli porgo la bocca da baciare, guido la sua mano sui seni e poco dopo, più giù. Si caro li, è bello, mi piace. Lo senti quel puntino, ma fai piano. E’ vero, con mia sorpresa reagisco, sto per godere penso, sono sempre stata molto sensibile li ed anche se me ne vergogno, mi abbandono di nuovo al piacere che sento crescere. Si me ne vergogno ma al tempo stesso aspetto come sempre ansiosa quel il momento. Sto per godere, da quanti anni non succede? Arturo mi bacia dappertutto e mi carezza la fessura, in alto, mentre Franco di nuovo frenetico mi scopa, sto per godere scopando con i miei figli…E’ il momento in cui involontariamente di nuovo mi inarco per offrirmi meglio per sentire di più il cazzo del mio uomo scavarmi, Claudio mi prendeva sempre in giro per questo. Non puoi fingere con me, sei troppo spontanea, ti muovi in modo diverso quando fingi soltanto, lo so, per una donna non è sempre il massimo, e so che lo fai per farmi piacere. Non è giusto, lui non c’è più. Ora ci sono i nostri figli…e protendo il ventre, io frenetica, io…Franco si scuote, sta godendo nella mia pancia fremente ma non ancora pronta, è troppo presto. Vorrei frenarlo, insultarlo, ma non devo, anzi lo abbraccio e lo stringo come posso, con Arturo di mezzo. Riesco ad allontanarlo e di nuovo stringo Franco, spossato. Lo ninno, lo cullo stringendolo a me con forza; deve conservare un ricordo dolcissimo di questa sua prima volta, della sua prima scopata, anche se con sua madre, altrimenti sarà tremendo, tragico e lo segnerà per tutta la vita. Si solleva e mi guarda timoroso, ma lo attiro a me e lo bacio, un lungo tenero bacio che spero allontani ogni timore, ogni remora. Nel baciarlo carezzo lentamente ed amorevolmente il membro rattrappito, è fuori uso qualsiasi cosa possa fargli. Alla tua età si recupera in fretta, sei stato magnifico, gli dico. Nel contempo guardo Arturo. Su, fatti una doccia, noi ti aspettiamo.

Una sigaretta e sarei una puttana perfetta che aspetta il secondo cliente. Ho voglia di fumare. Vammi a prendere una sigaretta, per piacere. Di nascosto, solo fuori casa, ma fumano, lo so. E’ anche il modo per distogliere i suoi pensieri da me. E’ molto preoccupato e si vede. Franco torna che sto ancora fumando, se ne dimostra sorpreso. Sono proprio due bei ragazzi. Due uomini anzi e sono i miei amanti. Vado io a darmi una lavata, ragazzi, forse è meglio che ti rinfreschi anche tu, Arturo. Facciamo la doccia? Un cenno di assenso, ancora titubante, di lui. Il getto ci investe, mi piace, gli dico, è un mucchio di tempo che non ti lavo più. Lui sorride, sono cresciuto, risponde, poi si irrigidisce perchè gli stringo il cazzo e lo meno un poco. Si. Sei cresciuto, allora lavami tu. Mi prendono i brividi mentre passa il gel sulla mia pelle, vedo divertita che evita le zone ‘delicate’, lo devo incentivare, lo bacio. Bacia meglio di Franco. Cerco di mantenere il controllo della situazione, ma Arturo ora prende l’iniziativa , mi carezza, mi bacia i seni. Mordimi i capezzoli, gli dico, ma fai piano, devi eccitarmi non farmi male. Non così forte sei matto, me li stacchi, scemo. Ridiamo e ci stringiamo quasi come vecchi amanti. Ogni tanto vorrei fermarlo, gli dico che dobbiamo…poi non protesto più e sul seggiolino… Su, basta, andiamo. Finiamo di lavarci e ancora un poco umidi torniamo sul letto. Franco lo ha in qualche modo messo a posto. Non so se Arturo riesce a spiegarsi con Franco o se è una idea di questo che sorridendo occupa tra le mie gambe il posto del fratello che non protesta. Ti preparo mamma. Così godi anche tu. Porta la bocca tra le mie cosce aperte. Come Arturo deve imparare ed impareranno, ma per adesso non sono all’altezza del papà, troppa fretta, la lingua subito nella fessura e nei punti meno indicati per lo più. Oggi li lascio fare, ne godo lo stesso e poi, due uomini vergini, da addestrare. Ne farò due amanti perfetti, per loro due e per le fortunate che mi seguiranno. Forse per istinto o per aver sentito i pochi suggerimenti dati al fratello, Arturo, occupato il posto che per turno gli spetta, dirige il cazzo sul buchetto solo dopo aver sfregato per qualche momento il glande lungo la fessura; forza l’accesso con minor fretta, più delicatamente. Entra e mi piace sentire la cappella aprirmi, tendere le pareti della vagina ben lubrificate dai miei umori. Ora lascerò che anche Arturo faccia come sa, quello che può. Poi, le prossime volte sarà scuola vera e ne farò due splendidi ed esperti amanti. Per il loro piacere e quello delle fortunate che ne usufruiranno in futuro, mi ripeto. Di nuovo uno mi scopa mentre l’altro mi abbraccia. Di nuovo arrivo tanto vicina all’orgasmo quando il mio amante di turno mi si svuota nel ventre. C’è di che urlare di rabbia. E’ Arturo ad essere spompato e fuori gioco. Le carezze di Franco, tornato a pressarmi voglioso, un poco suppliscono alle deficienze precedenti. Un breve momento di torpore, dormiamo, dico loro. Per un attimo mi perdo per pensare ad altro, nei problemi domestici. Pasta al sugo, petti di pollo con prosciutto e formaggio, insalata. Posso cuocere lo strudel…neanche un’ora per tutto. C’è tempo. Sono loro che muovendosi mi svegliano, ed è ora che mi dedichi a nutrirli. Una cosa sanno fare dei lavori domestici, rifare il letto. Affido loro questo compito non prima di aver parlato e a lungo dell’immediato futuro. Che posso riassumere così: scoperò con loro ,insieme o da soli quando e come vogliono. Cosa vuol dire come vogliamo? Vedrete, anzi vedremo. Sorridono non poco perplessi, ma subito dopo mi dicono che quel pomeriggio non vanno a vedere l’incontro di pallacanestro della scuola. Un pranzo piuttosto silenzioso, sono, siamo tutti e tre incerti tra la la coscienza della gravità di quanto successo e qualcosa d’altro che da parte mia definirei la fine dell’incubo, no la fine dell’incubo no, ecco, l’inizio della speranza. Sono vostra madre, vorrei dire, e siamo stati a letto insieme perchè non c’era altro da fare. Non dovete vergognarvene, pensateci su e decidete. Posso benissimo continuare, a me è piaciuto.. che mi sia poi piaciuto poi è ridicolo e se anche fosse, certo non avrei mai il coraggio di ammetterlo neppure a me stessa e mi manca ovviamente il coraggio persino per cominciare un discorso così. Lasciar loro poi una decisione del genere significa caricarli di una responsabilità, di un peso che rischierebbe di distruggerli. A dire la verità, hanno già deciso, hanno detto che non vanno a vedere la partita tra le loro classi. Il perchè è ovvio. Vogliono passare il pomeriggio con me…a scopare. Non va bene, non devo stancarli, se ne disgusterebbero rapidamente magari, di me e delle donne, tornerebbero ai loro ‘giochi’ Adesso è una novità, quello che li ha angosciati, incuriositi… Voglio poi restare un poco sola ed infine viene la mia amica. Non vorrei si tradissero. Sanno che è il mio ginecologo, è ridicolo ma mi secca vedano che mi faccio visitare. li ho convint ed escono dopo avermi aiutata a rigovernare e riordinare, una grande novità. Puntuale come sempre arriva Marisa, compagna di classe dalla prima media, qualche volta compagna di banco, grande amica, l’unica amica. L’ho chiamata al telefono dal bagno questa mattina. Ciao Cecilia scusa ma non ho tempo, aveva esordito. Senza lasciarla continuare ho detto pochissimo, sapevo che bastava: questa mattina ho avuto un rapporto completo e non protetto. Due volte. Cosa devo fare? Un attimo di silenzio e poi l’appuntamento a casa mia, oggi stesso, appena finito il suo turno in ospedale. Non è la prima volta che mi visita a casa, le solite cose. Finita la parte ufficiale e messami a posto di farmaci per i prossimi mesi mi sorride. Così hai deciso finalmente di piantarla di succhiarti il dito, non ci credevo più. Dici di essere sicura di lui, che non ti ha impestata, ti credo, ma lo stesso farò fare un controllo sui campioni prelevati. Manda giù questa adesso. La seconda tra otto ore e la terza tra sedici ore. Sarai coperta per quel che riguarda gravidanze fino al secondo mestruo. Alla fine del primo comincia a prendere la pillola, queste qui, una al giorno, leggiti le istruzioni. Poi cerca di farmi ‘cantare’ sul il chi, come e perchè. Racconto la palla che mi sono preparata e che giustifica un assoluto riserbo. Direi che se la sia bevuta. D’altronde è la mia amica, da sempre, sa che mi fido di lei, perchè dovrei mentirle allora e perchè non dovrebbe credermi? Come spesso succede nei non frequenti nostri incontri ci abbandoniamo ai vecchi ricordi comuni. A lei mi ero rivolta per conforto quando temevo di essere incinta dopo aver fatto l’amore la prima volta con Claudio. La prima volta in senso assoluto. Ora, dopo un poco, persino la sua presenza mi disturba e sono lieta che quasi subito, scusandosene, debba andar via. Nessun problema per la cena, nessun problema di lavoro ed inevitabilmente i miei pensieri seguono il binario obbligato. Ho fatto bene o male? La risposta è non so, non sono sicura di niente. Cosa potevo fare d’altro? Non lo so, forse aspettare che il Dottore tornasse. Cercarne un altro? Scusi, ho paura che i miei figli si inculino a vicenda, non sa indicarmi…Ho provato disgusto? Non so, di certo all’inizio, un poco, ed ho dovuto farmi forza per andare avanti, ma come posso provare disgusto nell’aiutarli? Mi è piaciuto, almeno un poco? Mi dico di no e poi di si, poi di nuovo di no. E’ certo che il mio organismo in qualche modo se pur poco ha reagito, e ricordo bene quanto fossi portata a queste cose. Non lo volevo e mi fa rabbia. Con Claudio la prima volta ero rimasta non delusa, lo amavo, mi aspettavo però di più, molto di più. Avevo sentito un poco di dolore che mi aspettavo. Mi aspettavo anzi fosse molto peggio e temevo di sanguinare come una fontana. Tre macchioline di sangue. Una grande quanto una monetina da un euro le altre due molto più piccole. Una fitta, quasi un pizzicotto quando si è presa la mia verginità e, prima che finissimo, un poco di bruciore. Il vero piacere quella volta l’ho provato in testa, vedendo quanto gli piacessi , quanto piacere gli avessi dato e quanto fosse felice. Si impara a fare l’amore. Si impara a goderne, si impara a darlo il piacere. Io almeno ho imparato tutto questo, ed anche in fretta. Ma questi sono i miei figli…l’incesto…vietato, giudicato immondo presso tutti i popoli, sempre. No gli egiziani sposavano le proprie sorelle. Non è esatto. Le sposavano più che altro per evitare di darle in moglie ad altri che avrebbero poi potuto accampare diritti dinastici…e poi l’incesto è pericoloso per la specie, per le procreazioni endogamiche…i gruppi, i clan che non si attenevano al divieto avevano alla lunga figli gracili, malati, idioti. Non è il nostro caso. Non intendo certo partorire loro dei figli. L’incesto crea, potrebbe creare casini, con padri costretti a scacciare i maschi alla pubertà per restare l’unico gallo del pollaio ed evitare una coltellata da uno dei figli stessi. Padri e figli che si fanno tutte le femmine di casa. Mi viene da sorridere. Se Claudio fosse qui, nessun problema. Avrebbe…non so cosa avrebbe fatto, ma certo non avrebbe permesso che la situazione arrivasse a questo punto; tanto meno me li sarei dovuti spupazzare…o potuto spupazzarli. Non è un pomeriggio facile per me. Certo ora diventeranno più sicuri, meno ansiosi con le ragazze, ma… Sono poi certa che basti? Smetteranno di fare la lotta? Così l’hanno chiamata. Dicono fosse la prima volta. Può essere. Anche così…se era la prima volta, se non è successo niente, poi me li sono portati a letto una volta, una volta o due volte, che differenza fa? Me li porto a letto e me li scopo fin quando serve, se serve. Che mi sia piaciuto o meno non importa. Guardo l’ora ed è più tardi del previsto, Dovrebbero essere già a casa. Arrivano poco più tardi e le mie paure passano, svaniscono, sciolte dal torrente di parole e di allegria che mi sommerge. Abbiamo vinto…e poi l’allenatore ha invitato anche noi…e Cicci, quella che fila con…Scompaiono per prepararsi per cena. Per qualche tempo i miei timori saranno sopiti; mi conosco bene purtroppo, come sempre i fantasmi si rintanano in attesa del momento buono per mordermi ancora.

Mamma, più tardi possiamo venire da te? Me lo chiedono fianco a fianco, per farsi forza a vicenda. Non deve essere facile per loro chiederlo. Ve lo ho detto: quando e come volete. Non dico siano raggianti ma certo non ne sono scontenti anche se fingono indifferenza o quasi. Temevano e forse continueranno a temere che cambi idea. Di nuovo mi servono il caffè. Devo decisamente spiegare come usare la macchinetta, ma sono contenta, queste piccole attenzioni mi fanno molto piacere. E’ relativamente presto, sospirando per dover indossare gli occhiali, agucchio, attacco un bottone, cucio una fodera, le solite cose. I due vogliono vedere un giallo che a me non interessa. Do loro la buona notte dicendo che leggerò un poco. Avrei dovuto ripetere l’invito a raggiungermi? Non sono certa mi vogliano abbastanza da superare le restanti remore ed arrivino in camera mia senza un nuovo esplicito invito. E’ stato però più forte di me. Non sono riuscita a parlare. Se non vengono…li farò venire domani, me ne dispiacerebbe però. Una mezz’oretta serve sempre per prepararmi. Mi guardo allo specchio in bagno, di beltà vestita, forse dovrei dire vestuta se ben ricordo il vecchio testo , ma non me ne frega un cazzo. Sto tornando al linguaggio della ginnasiale che lo mandava in estasi? E perchè mai? Comunque non ho altro addosso se non le pantofole di plastica ormai asciutte che porto sotto la doccia.

Toc, toc. Sono già qui. Mi sto spazzolando i capelli, avanti. Mi faccio forza per non guardare verso la porta mentre la aprono. Oh mamma, scusa. Solo ora e fingendo una indifferenza che non provo mi giro un poco. E’ Arturo ed anche solo direi. Scusarti di cosa? Ho detto io di entrare. Non c’è nessuno in casa oltre noi tre. Ballonzola un poco, vestito per la notte come un damerino da film. La vestaglia nuova il pigiama bello, quello per le gite scolastiche o per qualche invito a casa di compagni e le pantofole destinate solo alle occasioni di quel genere. Usate pochissimo ed ora un poco piccole. Ha le gote arrossate, forse si è rasato. Franco è stanco non viene, io posso restare? Ma certo. Qualche altro colpo di spazzola. Ovviamente si sono messi d’accordo. Ma ad una certa ora mi…un attimo infinitesimale, mi lasci stare, non voglio stancarti. Stavo per dire che mi doveva lasciare sola ma è troppo presto, non mi fido, non sono certa di loro. Gli scompiglio i capelli. Fingendo una completa indifferenza per la mia nudità e tenendo sul braccio la camicia da notte lo precedo in camera. Forse sculetto più del normale e mi sento non poco vacca. Una vacca persino un poco eccitata, di certo strana. Mi sta guardando il sedere? Difficile che non lo faccia. Con Claudio evitavo di farlo, certe idee gli venivano anche senza particolari incentivi. Mi son dovuta fare forza, poco fa, per decidere di riceverli senza niente addosso, ora però non sento più il problema. L’avevo subito superato con mio marito quando, non era ancora mio marito, mancavano anni al nostro matrimonio; con Claudio anzi il problema non era in pratica neppure sorto. Mi son fatta corteggiare a lungo prima di lasciarmi solo dare un bacio. In seguito sono stata meno severa. Le prime carezze sopra i vestiti che mi mandavano subito in estasi. Poco tempo dopo il resto, tutto il resto ed anni di felicità infinita. Lo amavo conscia di essere amata. Offrirmi ai suoi occhi era una cosa piacevolissima in attesa del resto. Troppi pudori non li abbiamo mai avuti. Li supereranno in fretta anche loro, smetteranno in fretta di sentire vergogna e di coprirsi, gioendo anzi della nudità con le loro donne se saranno fortunati. Una vestaglia girando per casa, basta ed avanza, più per motivi igienici che per pudore. Di nuovo ballonzola sui piedi. Che fai, non ti spogli? Poi, su, vieni qua. Mentre fa il giro del letto, seguendo una idea improvvisa indosso la camicia e subito dopo la vestaglia che per abitudine, preparando il letto per la notte, poso sul mio lato, cioè a sinistra entrando, dal lato opposto al bagno. Ho conservato da allora questa abitudine, io sono abitudinaria. Arturo mi guarda senza capire. Vieni caro, spogliami tu. Lo fa con poca grazia e lo faccio notare. Piano caro, lentamente, devi imparare per il futuro, con le altre donne che avrai. Sopratutto le prime volte, ma anche dopo, che sempre, un po’ di tenerezza è indispensabile. Tenerezza e dolcezza. Per cominciare un bacio leggero, tenero, adesso via la vestaglia. Lasciala cadere a terra se vuoi, non importa, si suppone che tu sia tutto preso da lei, un altro bacio…una carezza, un altro bacio poi la camicia da notte. Baciami la gola, fai scorrere le labbra sul collo, giù fino ai seni, i capezzoli, tenendomi per la vita. Si così, ma le mani usale, muovile. Improvvisa se vuoi. Dai fianchi le mani scendono ai glutei, le labbra scendono fino allo stomaco, un poco più giù ma non osa andare oltre. Mi stringe con vigore e tenerezza; è più alto di me ed il glande eretto e duro è caldo contro il mio stomaco, un palo da vigna, mi piace. Ora esita ma deve essere una lezione ed una lezione sarà. Ora amore farò la parte dell’uomo io. Tutto più o meno come prima a parte che io scendo con le labbra la bocca e la lingua al suo inguine. Se non facessi la parte dell’uomo e lui della donna lo imboccherei succhiandolo come mi piaceva…. Posso farlo lo stesso. Meglio di no. Lo sospingo però sul letto, lo abbraccio e lo copro di baci sbizzarrendomi nelle carezze più audaci del mio variegato repertorio. Si fa più audace, replica carezza a carezza bacio a bacio, andando anzi oltre fino a gravarmi addosso. Sto per bloccarlo, per dirgli qualcosa ma è lui a trattenersi e persino a scusarsi. No caro, non devi scusarti non stavi facendo nulla di male, di sbagliato. Seguivi il tuo istinto il desiderio e volevi scoparmi, non siamo qui per questo? Cerco di alleggerire l’atmosfera che si è fatta di colpo grave. Non risponde. Poi mi sorride e di nuovo mi si fa appresso, cerca il mio corpo. Mi bacia lentamente mi carezza a lungo ed ovunque, in cerca di nuove scoperte mentre io, pur baciandolo e carezzandolo, evito di eccedere nell’eccitarlo, lo è già abbastanza, mi carezza tra le cosce, sempre più in alto. Mi dispongo in modo di agevolarlo e sento le dita lievi schiudere le grandi labbra. Ora preme sull’orifizio ma subito ne rifugge, poi più su sfiorandomi appena fino a farmi fremere quando esplora titillandolo il puntino. Mi vuole, non sa più trattenersi ed io non ho più voglia di aspettare. Caro, si adesso, sono pronta. Mi fermo. Aspetta. Si ferma con uno sguardo interrogativo. Ho sbagliato di nuovo, mamma? No caro, certamente no. Forse è meglio ti dica qualcosa. Senti, non sempre e penso mai la prima volta che fate l’amore, una donna ti dirà di essere pronta. Fisime di noi donne, capisci?. Devi capire tu a che punto sia. Ma se è venuta a letto con me…ci può ripensare, gli rispondo. Cosaaa? Capita, credimi. Per lei potrebbe essere la prima volta. Cioè vergine? Perché no? Oppure può prenderle la paura, non essere certa di volerlo fare od essersi ricordata di dover fare altro. Ride e rido anche io. Devi coccolarla, parlarle ma sopratutto cercare di farla parlare per capire quali sono le sue paure, le sue fisse. E non solo questo. Può temere di restarci. Restarci? Si che la metti incinta, capita con questi giochini: Come credi che siate stati messi al mondo tu e Franco? Solo che eravamo sposati e ci fece solo piacere, scoprire che aspettavo un bebè. Comunque è prima, nei preliminari che devi accorgerti di queste cose mentre dopo sarà il momento di altre tenerezze, di paroline dolci, di altre domande inutili ma importanti. Non è di questo che volevo parlare. Io sono la tua ragazza, mi hai spogliata, coccolata, ti sembra sia pronta a fare l’amore, lasciamo da parte le possibili gravidanze ed altri problemi, ne parlerò a tutti e due insieme, se le salti addosso come avete più o meno fatto con me, corri il rischio di farti odiare, che ti ricordi come un orco. Sul serio? Son stato così…maldestro. No caro sei stato solo assatanato. Hai cercato solo il tuo soddisfacimento. Avevi solo una idea in testa: scopare. Non capisce. Se la forzi, se la possiedi mentre non è ancora convinta, se le entri dentro mentre è ancora asciutta le fai male. Devi distinguere i no caro, quei no che vogliono dire si dai veri no ed in questo voi due, come tutti i ragazzi inesperti, dovrete fare le vostre esperienze ed i vostri sbagli. Una cosa di certo potrai sempre accertare e dovrai accertare, che sia pronta, bagnata, eccitata. Toccami tra le gambe…Seguendo le mie istruzioni mi carezza, poi va oltre. Ero stata io a dirglielo? No di certo e neppure avevo suggerito di…Un uomo, avevo un uomo sopra di me, dentro di me, ed era bello, mi sentivo di nuovo donna, una femmina appagata e sul punto di esserlo ancora di più. Si abbatte su di me ansante. Mi stringe tanto da farmi quasi male poi si scosta, al mio fianco, gli occhi socchiusi ed il respiro che torna normale. Un sospiro poi una carezza, lieve, dolce, un poco sovrappensiero: la normale carezza di un maschio soddisfatto alla sua donna dopo averla scopata. Io non sono affatto soddisfatta ma è inutile per ora cercare soddisfazione e non amo i piaceri solitari. Un poco avvilita mi faccio vicina, cerco ed offro calore, spero per un attimo in un miracoloso risveglio dei suoi sensi. I miracoli avvengono ma non in questo caso. Dormo, sogno, lui mi vuole, mi carezza con sapiente esperienza, il mio ventre, tutto il mio corpo ribolle nell’attesa. Sono ben sveglia ora e non è un sogno e non è Claudio ma Arturo. Non importa, il mio sesso ribolle e mi mancano le forze, oppure lo voglio anch’io, mi abbandono mi faccio prendere, penetrare, possedere ed incrocio i talloni oltre le sue reni e lo stringo e gli circondo il collo con gli avambracci e, si, ne godo, splendidamente, infinitamente, mi esaurisco una no due volte espirando l’aria…godo anche quando il mio corpo ed il suo sono uniti ma immobili. Mescoliamo le nostre secrezioni, il sudore, le lacrime. Perché piangi mamma? Perché sono felice e tu? Lo stesso e poi. E poi sono anche felice di volerti tanto bene e che tu mi voglia bene in questo modo, anche in questo modo. Sai mà, lo rifarei se solo potessi, ma credo proprio che…. beate voi donne che potete farlo sempre, tutte le volte che volete. Rimando la correzione del suo errore ad altro momento. Il letto è un disastro ma non ce ne frega niente. Quando il sonno sta di nuovo per prendermi, mi abbraccia di nuovo. Non lo si può proprio fare? Si può provare caro. Un lungo, faticoso e bellissimo pompino che lascia lui esausto ed io emotivamente sazia e soddisfatta. Lo sento respirare pesantemente. Ormai è sulla strada per diventare un uomo senza strane fisse. Ed io sono soddisfatta, molto soddisfatta. Scopo con i miei figli ma è solo per il loro bene. Non è colpa mia se il mio organismo reagisce in questo modo. E poi, ci penserò domani. Nel sonno mi abbraccia ed io cerco la sua virilità che stringo un poco. Di nuovo sprofondo dolcemente nel sonno con il suo cazzo caldo in mano. Mi sveglio lentamente. Un bel sogno, con Claudio, ma Claudio non c’è. Non c’è da più di diciotto anni, durante i quali nessun uomo mi ha mai fatto venir voglia di sostituirlo nel mio cuore e nel letto, tanto meno nel letto. Ho partorito i gemelli già orfani, dopo sei meravigliosi mesi di convivenza coniugale. Per quanto fin da l’inizio il nostro rapporto fosse perfetto, lo credevamo almeno, qualche anno dopo, sposandoci, abbiamo visto ed apprezzato che la nostra vicinanza, nel matrimonio si fosse acuita, approfondita, divenendo totalizzante. La convivenza forse, avevamo detto, ma anche la consapevolezza di aver perfezionato la nostra unione. Anche a letto. Mi ha ingravidata, gli ho partorito i gemelli. I nostri figli ed ora i miei amanti. Per un attimo torna ossessivo l’orrore, dovrei essere molto più che inorridita. Non mi piace ma è una necessità. So di aver serrato le labbra e proteso il mento. Che dire di questo mio corpo che benedicevo per darmi tanto piacere facendo l’amore con Claudio, e che ora riesce, contro la mia volontà ad essere stimolato e reagisca persino in questa situazione assurda, con i miei figli. Questa notte, Arturo mi ha quasi fatto avere, dopo tanti anni, un orgasmo. Un orgasmo con mio figlio, del tutto inesperto, ridicolmente inesperto.
E’ famelico, rude e frettoloso, come e più di Franco forse. Possibile che Claudio alla loro età fosse… fosse un simile ‘babalone’, così poco esperto senza che me ne rendessi conto? Non lo credo, non lo crederò mai. Aveva quasi vent’anni quando l’ho conosciuto. Per qualche tempo non ho capito niente se non che mi piaceva stare a parlare con lui. Si faceva forza per starmi vicino, parlava soltanto per evitava di andare oltre i limiti e le convenienze perchè ero troppo giovane. Cominciavo però ad avere qualche idea della situazione e quando mi affrontò dicendo che mi voleva bene, che ero troppo giovane, ma che lui avrebbe aspettato il tempo, gli anni necessari, per poi farsi avanti, capii di volergli bene anch’io, o forse lo sapevo già. Era una presenza silenziosa, che non chiedeva nulla, in piedi, pallido. Un uomo con i suoi venti anni a fronte dei miei quasi quindici. Dicevano che avesse un mucchio di donne e ne soffrivo, ma carpii una conversazione di comari con la pipelè, la portinaia. Da quasi un anno aveva messo la testa a partito, tutti i giorni all’università di mattina e sui libri il pomeriggio e la sera. Basta via vai di ragazze e sposotte, solo qualche compagno a studiare. Si stava mettendo in pari con gli esami. Era cambiato da così a così. Quasi impazzii di felicità, vivevo e camminavo su di una nuvola e di colpo scoppiavo in un pianto struggente. Un giorno mi sporsi verso l’alto a baciargli una guancia e fuggii via. Pochi mesi dopo divenni la sua amante. Fummo amanti dolcemente focosi fino al matrimonio ed anche dopo, fino alla sua morte. Piango, disperatamente singhiozzo per le promesse che la vita non ha mantenute. Non voglio più, assolutamente più, sono i miei figli, usciti dal mio ventre, con infinito dolore, senza essere sostenuta da nulla. Fuori della sala parto non c’era nessuno, solo una cara amica ma solo una amica. Ho pensato alla morte, al suicidio, un ponte su un fiume e poi il nulla. Mi hanno portato i nostri figli ed è bastato. Uno sguardo e seppi che avrei lottato per loro, solo per loro, finché avessi avuto fiato. Mi era bastato vedere i due mostriciattoli rossi e frignanti, dare loro il seno, ma avevo già deciso solo vedendoli, pur pensando che fossero brutti. Hanno ancora bisogno di me ed io ci sarò sempre per loro, per i suoi figli, i nostri figli. E’ tardi, ma indulgo nella solita toilette accurata che mi rilassa e vedo Franco quando è quasi ora di pranzo. In compenso sono scomparse stanchezza ed occhiaie. Nessun segno di Arturo. Sorrido tra me e me, può essere un’altra pagina della loro congiura. Non mi vogliono insieme, preferiscono coccolarsi la loro mamma, godersela non insieme ma separatamente? Può essere e per me va anche bene. Arturo è andato a fare una gita in bicicletta con i compagni. Si, una bella congiura che mi fa piacere.

Fai piano, fai piano. Affronto un’altra prova, forse la più impegnativa. Franco per primo, ma subito dopo anche Arturo, avevano chiaramente lasciato capire di volere il mio culetto. Lo avrete in premio per la maturità. Oggi è il giorno del premio. Lo stanco un poco, di proposito, poi, quando con la bocca, succhiandolo lentamente, lo rimetto in sesto, mi stendo sulla schiena portando le ginocchia al petto. Scegli, gli dico e ridiamo insieme perchè non c’è scelta. Ho imparato a ridere a letto facendo l’amore a quindici anni, era ed è bellissimo e rende più bello l’amore. Un terreno inesplorato od il solito sentiero, tante volte pur piacevolmente percorso. Niente creme, solo affettuosità e le nostre secrezioni di un’ora d’amore. MI fa male. Non lo ricordavo così. Piano caro, piano. Infine il glande è tutto dentro. Hanno imparato in questi mesi a contenere la foga ed a centellinare il piacere. Sono amanti sapienti ed esperti per la loro età e quello che stanno ottenendo, che sia per primo Arturo lo ha deciso il caso, è il premio appunto per l’esito degli esami di maturità…ed il resto. Non penso neppure più…alla “lotta”. Ho vinto io vorrei dire, invece lo grido, ma solo dentro la mia testa. Ho vinto, HO VINTO IO. Franco oggi non c’è. Ritirerà il suo premio più tardi o più probabilmente domani. Oggi se le cose vanno come spero, passerà alcune ore in compagnia di una bella e giovane signora, nostra vicina di ombrellone. Hanno fatto pari e dispari e lui ha perso. Io ero il primo premio. So che Arturo ha barato un poco, ed anche questo attenua il dolore del grosso cazzo che mi scava, accentua la mia felicità. Dopo vent’anni…ho il sedere vergine, fa male. Mi legge nel pensiero. Ti ho fatto molto male ma? Un poco, rido felice, solo un poco, ho vinto io. Cosa hai vinto? Non attende risposta. Altro lo interessa, qualcosa che prima non osava od osavano chiedere. Papà…mai? Non ci credo, dice. Papà era un artista in questo, lo diventerai anche tu. Quando sono con uno solo di loro non dico mai voi. Sul serio mà? Al solito ti tieni le cose dentro. Adesso ti lavi e vediamo tra un poco di metterlo dentro di nuovo, magari altrove. Io devo lavarmelo ed incremarlo per bene. La casetta ha un solo bagno ma la cosa non mi urta e tanto meno infastidisce Arturo che fa le sue abluzioni. Lavatelo bene, mi scappa. Scusa, ma è la prima volta che te lo succhio dopo che me lo son preso li dietro. Tranquilla mamma, hai ragione, ho capito. Torniamo a letto, un disastro di lenzuola attorcigliate come sempre con Arturo. Chissà come, con Franco non è così, ma non me ne frega un beato cazzo. Parliamo a lungo, un poco intorpiditi dal caldo e dalla stanchezza . Sanno tutto. Quasi tutto di me e Claudio. Sanno che sono diventata la sua amante a neanche quindici anni. Dei miei tremori all’idea di parlare a mia madre di essere incinta nel caso fosse successo. Di come ci piacesse fare all’amore e come lo facessimo spesso, della mia vita da sposa, per il poco tempo concessoci. Ho raccontato tutto, ma poco per volta. Me lo ha messo nel sederino un pomeriggio d’estate, solo che pioveva. L’ho voluto io. Sapevo, avevo capito che ne aveva voglia ma non osava chiederlo. Lo ho costretto quasi. Lui ride, piano prima, poi come un ossesso. Mamma, mamma mia che diavolo di donna che sei. Per l’ennesima volta ripete che è incredibile che sia rimasta senza…uomini per tanti anni, ma non è incredulità la sua, solo meraviglia. Gli dirai che l’ho imbrogliato con la monetina? Scuoto il capo. In amore ed in guerra….ma non diventi un vizio, e poi. E poi forse ci ha guadagnato lui. Non ci credo assolutamente. Non ti da fastidio che adesso lui e magari domani io…No caro. Per questo vi sto insegnando tutto, e sarà una cosa ancora lunga. Siamo alle superiori secondo te mà? Dicevi pochi mesi fa che che eravamo dei bambini delle elementari. Si, certo, ma siete stati molto volonterosi, avete imparato in fretta. Poi ci sarò l’università e chissà qualche corso di specializzazione. Ce ne hai di lavoro da fare ancora con noi! Sorride soddisfatto. Sono previsti, caro, degli stage come quello che sta seguendo tuo fratello ora. E non ti da fastidio? Vorrei dirgli che in questo momento vorrei cavare gli occhi a quella smorfiosa tutta tette e culo. Lo guardo invece serena. Mi darebbe fastidio se ne ricavaste dei problemi o se faceste loro del male, le rendeste infelici, rovinaste in qualche modo poi la loro e la vostra vita. Ho parlato tutto d’un fiato e mi fermo sospirando. Siete i miei bambini e farei, farò qualsiasi cosa per voi.

Non ho mai tradito l’iniziale gelosia che sempre mi prendeva quando mi parlavano di questa o quella ragazza. Avventure di poco conto di studenti. Magari per qualche tempo l’uno o l’altro rarefaceva le presenze nel mio letto per poi tornare più assidui che mai. Non ho nascosto che dopo i primi giorni scioccanti, avevo cominciato a trarne la mia parte di piacere, fisico prima, poi anche… Ho invece sempre celata la vena di gelosia che d’altronde superavo. Due ragazzi che ho visto diventare giovanotti, uomini e poi mariti e padri di famiglia. Sono idolatrata dalle nuore e dai nipoti, sei tra maschi e femmine. Ho quasi settant’anni ma al Circolo hanno una ottima attrezzatura e tra palestra e piscina mi tengo in forma mentre il lavoro mi tiene sveglio il cervello. In salotto, circondata dalla mia famiglia festeggiamo. Pessima cosa l’incesto, pericoloso per la specie e per la società. Alzo il bicchiere e formulo il brindisi che preferisco. A quanti amiamo e sono presenti od in giro per il mondo. A quanti abbiamo amato perchè in qualche modo sono ancora tra noi.
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Ti ringrazio, cara, carissima amica, per aver insistito tanto da convincermi a trascrivere le note del tuo diario in modo da rendere le persone, i fatti, i tempi ed i luoghi irriconoscibili così da poterlo rendere pubblico nel Vostro ricordo
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SIT VOBIS TERRA LEVIS, Riposate in pace.

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