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D’ora in poi…

By 9 Ottobre 2017Ottobre 2nd, 2021No Comments

Il mio amico Giovanni era depresso e aveva manifestato tendenze suicide. Decisi quindi di invitarlo a casa mia, nella mia villetta in Brianza, al nord di Milano, per cercare di tirarlo un po’ su o almeno di controllarlo da vicino. Confidavo che la calma, la vita bucolica, il paesaggio, la vicinanza agli innumerevoli laghetti lombardi potesse rasserenargli l’animo. Lo speravo proprio.

Giovanni era quasi un fratello, per me. Anzi, più di un fratello. Eravamo cresciuti insieme in quel paese in provincia di Reggio Emilia, tra salumi, formaggi, motorini e capriole nei fienili in compagnia di ragazze compiacenti.
Poi io avevo trovato lavoro a Milano, dove m’ero trasferito e dove avevo conosciuto Miriam, che avrei finito con lo sposare quasi cinque anni fa.
Miriam è bellissima, davvero uno schianto: bionda, formosa, occhi verdi e sorriso smagliante. In più è dotata di una personalità magnetica ed spumeggiante. Alle volte è fin troppo amichevole, al punto che un paio di volte qualcuno mi aveva riportato voci che sostenevano che mi tradisse con questo o con quello, ma ero giunto alla conclusione che si trattasse solo di malevoli pettegolezzi. In realtà, io e lei eravamo inseparabili.
Anche Giovanni era un gran figo. Alto quasi uno e novanta, forte come un toro, tutto muscoli e neanche un filo di grasso. Aveva profondi occhi grigi e un’aria ingenua da bambino smarrito. Era l’uomo più buono e leale che avessi mai conosciuto. Era diventato infermiere per vocazione e il suo desiderio di aiutare gli altri, oltre alla sua profondissima fede religiosa, l’avevano spinto in una qualche missione in Africa (credo in Ghana, ma non ne sono ben sicuro) dove per un paio d’anni aveva prestato servizio volontario in un ospedale sperduto nelle pianure sub-sahariane. Ne era tornato da poco, in crisi esistenziale.
Stava a casa mia da quasi una settimana quando tutto andò a rotoli. L’avevo sistemato in una dependance della mia villetta: una costruzione indipendente, usata da precedenti proprietari come capanno per gli attrezzi e che noi avevamo trasformato in una unità abitativa, con tanto di cucina a vista, sala, camera da letto e bagno. Ideale per un single o per una coppia.
Giovanni pareva star meglio da noi, passava la giornata a leggere o andava a passeggiare o a pescare e sembrava rasserenato. Avevo notato però che l’Africa gli aveva sviluppato il gusto per l’alcool, soprattutto per il whisky, che consumava in modo irrefrenabile, anche una bottiglia per sera, al punto che avevo dovuto farne scorta comprando il mio solito Jameson a casse.
La cosa però pareva non infastidire Miriam, di solito invece abbastanza intollerante con i miei amici, che al contrario pareva aver sviluppato una profonda simpatia nei suoi confronti.
Quella sera io mi coricai presto perché l’indomani avrei dovuto essere in ufficio prima delle otto per accogliere un cliente che sarebbe atterrato a Linate prestissimo. Miriam e Giovanni rimasero in sala per guardare un film a cui entrambi erano interessati e in più Giovanni non aveva ancora dato fondo alla bottiglia di Jameson che gli avevo messo davanti, anche se aveva terminato il Nebbiolo che avevo aperto per cena e che io e Miriam avevamo appena assaggiato.
La mattina seguente me ne andai prestissimo e rimasi occupato tutto il giorno, ma quando tornai la sera lo trovai seduto in cucina che piangeva. Mia moglie gli era seduta accanto con espressione preoccupata. Io li raggiunsi, mi sedetti accanto a lui e gli misi un braccio sulle spalle, nel tentativo di consolarlo e di distoglierlo dalla sua depressione.
– Non ce la faccio. – disse tra le lacrime. – non posso sopportare il senso di colpa per ciò che ti ho fatto, Fabio.
– Tranquillo, Giovanni. – Risposi in tono sereno. – qualsiasi cosa tu abbia fatto sicuramente non vale il dolore che ti stai infliggendo da solo.
– Sono così dispiaciuto! Ho bevuto troppo e mi sono addormentato qui, davanti all tv. A un certo punto mi sono svegliato e c’era tua moglie che mi aveva estratto l’uccello dai pantaloni e mi stava cavalcando come una indemoniata. Io ti giuro, non ho avuto la forza di farla smettere e di scacciarla e così ho tradito la tua fiducia e adesso non ho neanche il coraggio di guardarti in faccia! Proprio a te dovevo far questo, che sei più di un fratello per me. TI ho rovinato la vita e il matrimonio. Sono proprio un degenerato, avrei fatto bene a suicidarmi! – e riprese a singhiozzare come un bambino.
Mia moglie si era alzata e misurava la sala a grandi passi. Le rivolsi un’occhiata malevola. Lei cercava di scomparire e di comportarsi come se non ci fosse. Ma invece c’era e c’era anche questo elefante nella stanza.
– Allora, quei pettegolezzi che sostenevano che tu fossi una troia e a cui non davo peso invece erano veri, giusto Miriam?!
All’improvviso mi sentii infuriato come non lo ero mai stato. Con una sola azione aveva non solo distrutto il nostro matrimonio e le nostre vite, ma anche ogni speranza di permettere a Giovanni di uscire dalla sua depressione.
– Perché non le hai detto niente? – chiese Giovanni.
– Beh, come potevo immaginare che le cosa sarebbe diventata così importante? – e in effetti era la verità.
– Cosa non mi hai detto, Fabio? – mia moglie improvvisamente si era fatta tutt’orecchi.
– Giovanni una volta in Africa ha dato il suo sangue per una trasfusione urgente a un bambino di cinque anni che era stato ferito da un bufalo, ma l’ago era stato usato e ora Giovanni ha sviluppato una forma molto aggressiva di Aids.
– Come hai potuto nascondermi un’informazione così importante, Fabio! – Miriam era sbiancata al rendersi conto che la sera prima non aveva commesso solo adulterio, ma anche suicidio.
– Il fatto è che non avevo idea che ti saresti scopato il mio amico ubriaco in casa mia, mentre dormivo di sopra. Ma stai tranquilla: d’ora in avanti non mancherò di avvertirti prima!

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