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I Racconti della Palestra

By 1 Febbraio 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Sono due, due durezze che mi premono addosso, a due altezze diverse. Due bei fisici dagli addominali segnati, due volti neanche troppo anonimi. Quando si decide una cosa del genere meglio farla bene, pensavo. Due membri che mi toccano, a volte premendo, a volte solo sfiorando ma senza intenzione, solo per farmi sapere che ci sono, sono lì dietro. E sono due.
Ogni tanto smettono di leccarmi, di accarezzarmi, ma dove se ne vanno? Cosa fanno? Ne sento la mancanza. Con gli occhi a fessura giro appena la testa, intravedo le loro bocche unite nello scrosciare dell’acqua della doccia della palestra e l’emozione mi fa quasi piegare le gambe. Menomale che sono poggiato al muro, puntellato. Che voglia ho di lingua, di lingua in bocca. Torco la testa all’indietro, ne chiamo e accolgo una, la succhio, mi faccio succhiare, lascio che mi entri morbida fra i denti ingoiando acqua che continua a venir giù imperterrita, sopra di noi.

Sarebbe già bello così, mi dico, a baciare un corpo maschio sentendone un altro che ti si struscia addosso; ma posso concedermi di più, stasera. Ruoto la testa e dall’altra parte mi aspetta un’altra bocca, un’altra lingua, altra acqua da sputare o da ingoiare. Il cuore va a mille.
Forse questa è la cosa più erotica che faremo, per lo meno è quella in cui mi sto perdendo. Questo sentirmi schiacciato in un angolo e ruotare la testa a destra e sinistra, lentamente, e farmi riempire la bocca dai loro aliti caldi e dalle lingue grandi e bagnate d’acqua.   Non riesco a smettere; la testa mi gira per questo continuo ruotare.
Per fortuna loro hanno più fantasia di me; le mani cominciano a vagare sulla pelle scivolosa, ad insinuarsi fra i glutei, a violare. Per un attimo ho l’istinto di chiuderle le gambe, ma il culo mi si sposta indietro – a tradimento – e sento un paio di dita risalire verso l’alto, entrare.

Avrei bisogno di più aria, di poter respirare con più forza, a pieni polmoni. Poca aria e troppa acqua, qui dentro.
Che poi com’è che ora mi sembrano venti, le mani? Le sento dappertutto, dentro, fuori, sopra, sotto. Che stanno facendo? Ma poi che importa, purché non smettano. La pelle mi va a fuoco.
Sono delicati, gentili, li ringrazio mentalmente per questo, perché mi stanno allargando con delicatezza, con gentilezza, e probabilmente quando entreranno non li sentirò nemmeno, penso.
Comunque non posso star qui tutto il tempo a farmi manipolare come uno straccetto, devo prendere un minimo di iniziativa, diamine, ho voglia di sentirli, di sentire la loro virilità. A fatica mi giro verso di loro, svuotandomi delle loro dita: sono bellissimi. Li prendo per la nuca e li spingo uno verso l’altro e loro, docili come agnellini, uniscono le bocche, avvicinano i corpi e io li osservo. Si scambiano effusioni.

Si toccano masturbandosi piano, baciandosi con le lingue fuori per farmi vedere. C’è questo effetto specchio che mi stupisce, mi affascina; se non fossero leggermente diversi di altezza sarebbe quasi sconvolgente. Invece è solo un massacro. Mi tocco, mi prendo in mano, mi accarezzo.   Baciano anche me – a turno – e io li bacio; è un carosello ancora più assurdo di quello di prima perché ora non solo la bocca ma anche la mano vaga da un membro all’altro, spostando una delle loro, facendosi spostare, a volte rimanendo ostinata dov’è a scorrere su e giù fino a non aver più dubbi, fino a saperli distinguere dalla consistenza, dalla forma, da un piccolo particolare.
All’improvviso ho solo una domanda in testa, un dubbio, un punto interrogativo immenso che sovrasta qualsiasi altro bisogno: quale dei due vorrei vedere con in bocca il sesso dell’altro? Forse quello più basso, anche se è lui che ce l’ha più bello; però se facessi chinare il più basso sarebbe quasi una brutta copia di una donna che lo fa ad un uomo, no: meglio far abbassare quello più alto con una lieve pressione sulle spalle -che le parole sembrano abolite, qui dentro. Forse sarà più goffo, più strano. Voglio saturarmi con questa stranezza, con questi contrasti.
Lo carezzo quindi, un po’ spingendolo giù, un po’ fissandolo con uno sguardo che non vuol dire niente. Lui non si precipita a prenderlo in bocca. No, lui si abbassa con una lentezza esasperante, baciando con devozione tutto quello che incontra, mio o dell’altro non importa – senza alcuna fretta – carezzandoci la schiena, poi il culo, poi le gambe.   L’altro ha il mio in mano. La lingua di quello inginocchiato davanti gli sta scorrendo lungo l’asta, su e giù, coprendo tutta la superficie come se dovesse dargli una mano di bianco.

Mi guardo le mani, ho le dita lesse. Forse dovremmo andarcene da qui, forse dovremmo andare in un appartamento e buttarci sul letto come fanno tutti, ma nessuno sembra aver voglia di abbandonare questa sorta di bozzolo erotico isolato dal resto del mondo. Mentre mi masturbo guardo questi due che si sollazzano.
Bacio quello in piedi quando l’altro glielo prende finalmente in bocca e lui mi urla sulle labbra; un ruggito di piacere che da solo potrebbe farmi venire. Stacco le dita e mi concentro su quanto ho di fronte. Che meraviglia. Un uomo con un membro nel pieno del suo turgore in bocca tanto vicino da sentire, nonostante il frastuono dell’acqua, il rumore del risucchio e i lievi gemiti che emette quando affonda.
È bello. E’ serio, concentrato, non guarda in su. Succhia e basta. È devastante, annaspo in cerca di aria appoggiando una mano alla parete.   Abbandono la mia immobilità e metto le mani un po’ dappertutto sfiorando, stringendo. Quello in piedi gode e dirige con una mano la testa che lo sta succhiando, gli carezza le guance quando si gonfiano per le dimensioni del suo membro.
Mi incanto per un po’ a guardarla, questa bocca che si apre e si chiude, che si fa scomparire dentro un bastone molto ben messo – anzi, diciamolo, decisamente grosso – senza fare una piega.
Mi sposto dietro quello in piedi e gli spingo un dito fra i glutei, nel culo. Entra che è una bellezza, il che mi fa pensare che non si stessero solo baciando prima, mentre io ero l’ultimo a fare gli esercizi con gli attrezzi. E bravi.

Non ho mai dovuto far così poca fatica per infilare un dito, è una sensazione inebriante, passo così a due.
E mi sembra che apprezzi, anche, dai versi che fa. Ora è appoggiato con entrambe le mani alla parete, la testa abbassata mentre quello lo succhia. Nel frattempo ammiro la schiena ampia, i fianchi stretti e la mia mano incuneata là in mezzo, meravigliosamente estranea.   Sono talmente ubriaco di lussuria che non mi rendo conto che qualcosa è cambiato. Non siamo più nella stessa posizione. Ora sono con la faccia alla parete, ma almeno adesso fra me e la parete c’è qualcosa, c’è una bocca su cui poggiarmi e dentro la quale respirare, c’è un torace caldo e delle spalle a cui reggermi, c’è un sesso duro che mi preme contro la pancia. Una mano, un dito, spinge, vuole infilarsi dentro. Ci riesce.
Mi attacco al membro duro di colui che è di fronte a me strattonandolo. Senza gentilezza.
Mi gira la testa, incito quello dietro di me a penetrarmi di più, più forte, più dentro. Gli chiedo ora di usare la sua potente virilità e lui non se lo fa ripetere facendomi vedere le stelle e sbavare, mentre la vista mi si sfuoca.
È bello, bellissimo, mai provato qualcosa di così bello…

Qualcuno all’improvviso spegne l’acqua. Il silenzio cala nel nostro piccolo spazio.
Il silenzio svela tutti i volgari rumori che stiamo emettendo, li rende crudi, li spoetizza: i respiri animali che escono dalle bocche aperte, lo sbattere ritmico delle carni e i gemiti di fatica; i rumori del sesso insomma, senza scuse. Non c’è più niente di magico, di ovattato. Ora siamo solo tre corpi separati che cercano a fatica di compenetrarsi, di godere.

Quello dentro di me va avanti a scoparmi come una macchina da guerra. Scendiamo nei bassifondi di questa sauna, nel girone dei lussuriosi, dei sodomiti e dei generosi, tutto per provare piacere, piacere, piacere…

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