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IL BORDELLO DEL MULINO A VENTO

By 24 Gennaio 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

C’era una volta un mulino a vento, costruito non molto lontano dal mare, nel bel mezzo di un polder.
Sembrava tutto di legno. L’avevano dipinto di verde, per farlo risaltare di più sotto il sole, mentre il tetto e il basamento erano neri come la pece, al pari delle grandi pale, che giravano sempre.
All’interno, una scaletta serpeggiante consentiva di giungere sino in cima. Ad ogni piano s’apriva una finestra, le cui imposte erano state dipinte di bianco e si vedevano di lontano.
Io non ricordo bene se in principio il mulino fosse stato costruito per macinare il grano, dare avvio ad una falegnameria o svolgere qualche altro mestiere.
So soltanto che apparteneva a tre giovani donne, le quali ne avevano fatto un bordello.
A poca distanza era stato piantato un cartello di legno, sul quale avevano dipinto una scritta scarlatta, che diceva a chiare lettere quale genere di attività si esercitava in quel luogo. Le tre padrone avevano voluto che si leggesse: ‘PARADISO DELL’AMORE E DELLA FELICITà’ e così era.
Ad ogni modo, lungo la strada sterrata che menava al bordello del mulino a vento passavano sovente le vetture dei borghesi più ricchi e non di rado qualcuno di essi si fermava colà, per consumare chissà quali follie amorose, che nemmeno si possono raccontare.
Attraverso quel portoncino di legno entravano gentiluomini vestiti con giacche eleganti, facoltosi signori che portavano il papillon, gente con i guanti bianchi ed il bastone col pomolo d’avorio, ma anche ragazzacci, giovinastri che non sapevano come passare le loro giornate, fannulloni, vagabondi e giramondo, che indossavano abiti logori e strappati e non sapevano nemmeno parlare la lingua di quel paese nordico.
Come vi ho detto, il bordello del mulino a vento sorgeva isolato in un polder, era un piacere ammirarlo d’estate e in primavera, allorché spiccava come un gigante in mezzo ai prati fioriti, alle distese di tulipani e di papaveri, che parevano occhi scarlatti in mezzo ai fili d’erba verde.
Il villaggio era lontano, lo abitavano giovani contadine dagli zoccoli di legno, che amavano cantare e non di rado si spingevano sino a quell’edificio per raccogliere fiori di campo ed ammirare la natura spumeggiante.
Le tre sorelle che avevano dato avvio al bordello facevano tutto il possibile per attirare la clientela. Le vedevate seminude, nel mattini pieni di luce e di sole, sedute sugli scalini antistanti all’ingresso del mulino a vento. Per l’occasione, avevano i seni scoperti, li agitavano senza sosta, stuzzicavano i loro capezzoli, tiravano dei baci, facevano schioccare le labbra. Delle tre sorelle, due avevano gli occhi celesti, la terza li aveva verdi; tutte potevano vantare delle chiome meravigliose, che brillavano di gioventù e dei colori nordici che tanto bene ornavano i capelli delle giovani della Frisia.
Il popolo diceva che tutti i ragazzi del villaggio avessero avuto la loro prima esperienza sessuale nel bordello del mulino a vento. Credo che fosse vero, anzi, vi dirò di più: la maggior parte degli uomini di quei paraggi era passata di là ed aveva conosciuto le gioie della carne attraverso le grazie proibite di quelle donne avvenenti.
Ricordo che un giorno vi andò un giovinastro, che voleva a tutti i costi essere educato alle gioie del sesso. Era la sua prima volta e trovò le tre belle padrone che lo aspettavano, sedute sugli scalini dell’ingresso. Per l’occasione, si erano calate delle maschere di velluto nero sugli occhi, portavano degli abitini scollati, che permettevano di ammirare i loro petti carnosi, le loro gambe lunghe e ben fatte, nonché le belle scarpette decolleté con i laccetti, che consentivano di scorgere i calcagni, rotondi e bianchi. Le ragazze avevano delle braccia attraenti, ornate da pochi bracciali e braccialetti dorati.
– Ciao, bel tesoro ‘ disse una di loro. ‘ Che sei venuto a fare di bello? Possiamo aiutarti? Dicci, dicci! Uh, ma che bel giovanotto che sei!
La più saggia delle tre si alzò, gli diede un bacio sulla guancia e lo fece entrare. Gli parlò dandogli del lei, gli disse che era pronta a mettersi al suo servizio, poi, però, quando lui già cominciava a calarsi le brache, abbozzò un sorrisetto languido sulle sue meravigliose labbra.
– Vogliamo fare’ Cento? Duecento? ‘ sussurrò piano.
L’altro si aspettava questa domanda, ma il suo sguardo precipitò all’istante sui bei piedi grandi della dolce meretrice, su quelle unghie lunghe, dipinte di rosso, che facevano eccitare. La venditrice d’amore si era già tolta le scarpe.
Il giovane la pagò, poi salì con lei dove c’era una specie di lettuccio con un cuscino solo e’ Le disse che per l’occasione si sarebbe servito di un oggetto che aumentava il piacere, chiamato cockring.
– Fallo pure ‘ gli mormorò l’altra, mostrandogli le sue tette nude.
Poco dopo, lui le saltò sopra e la penetrò in profondità, mentre lei ansimava a bocca aperta, volutamente, per eccitarlo ancor di più. La ragazza si accorse di un pene lungo, duro, simile a quelli che usava per giocare quando era sola, ma stavolta era fatto di carne di ragazzo e sembrava molto più piacevole da sentire.
Il giovane volle metterla di lato, onde poterle ammirare i calcagni stupendi e le cosce carnose, mentre la bella teneva la bocca aperta per mugolare e mostrargli i suoi incisivi di perla, al fine di eccitarlo senza concedergli alcuna tregua.
Le altre due meretrici mascherate stavano ad ascoltare in un angolo. Ridacchiavano sempre’ Occorre dire che nemmeno colei che sperimentava i piaceri del corpo si era scoperta il volto.
– Avanti, fammi scoppiare, ah! Ah! ‘ la sentirono esclamare, mentre il letto del fuoco scricchiolava sempre.
Alla fine, i due amanti lanciarono un grido soffocato e lui la inondò col suo umore fecondante e il suo piacere.
Il bordello del mulino a vento sorgeva sempre in mezzo ai campi, la brezza non faceva che sospingerne le pale maestose e le giovani contadine bionde avevano il sorriso del sole sulle labbra’

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