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Il nodo

By 22 Aprile 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Per i loro genitori erano sempre ‘i ragazzi’, malgrado Riccardo, Rick, avesse venticinque anni e Roberta, da sempre Rob, come lei, da bambina, aveva detto di chiamarsi, quasi venti.
Lui, ingegnere chimico presso una società di ricerche nel settore degli idrocarburi.
Lei, al terzo anno di lettere moderne.
Lui, un giovanottone che alternava il basket al nuoto, e misurava un metro e novanta, scalzo.
Lei, una bambolina, graziosa, che non arrivava a centosessantasei centimetri, e aveva tutto in armoniosa proporzione. Il visetto poi, era bellissimo.
I ‘ragazzi’, in effetti, erano andati sempre d’accordo.
Avevano la loro ‘zona ragazzi’, in casa.
Due ampie camere, letto-studio, con balconi che affacciavano sullo stesso balcone, e il bagno in comune con due ingressi, uno per camera.
Rob restava a lungo nella sua camera, il suo regno.
Studiava, leggeva, scriveva, navigava in Internet.
Soprattutto sognava ad occhi aperti.
Sdraiata sul suo letto, guardando il soffitto.
Ogni tanto ricordava quelli che lei chiamava i ‘periodi bui’ del passato, quando i genitori erano fuori sede, la qual cosa capitava sovente data la loro professione, e Rick ne profittava per fare un po’ il comodo suo, fino a farsi raggiungere, la sera, allorché lei era già andata a dormire, dall’amica del momento, con la quale passava quasi tutta la notte.
Le era anche capitato, una volta, di andare nel bagno e trovarvi, nuda e seduta sul bidet, una specie di montagna umana, con certe mammellone che ballonzolavano e un sederone che traboccava dal sanitario sul quale era poggiato.
Lei era un nulla di fronte a quella ragazzona, che si alzò, per niente a disagio, le fece segno con la mano e, mentre si asciugava, la salutò.
‘Hi, I’m Oka’bye-bye..’
E sorridendo tornò nella camera di Rick.
Capì, dall’accento, che Oka, Olga, era olandese.
Ma era enorme: alta quasi come il fratello e bene in carne.
Sul momento la cosa non la turbò eccessivamente, col passare del tempo, però, divenne curiosa. Origliava alla porta del fratello, sentiva sospiri e fremiti, rumori non equivoci, si eccitava sempre più, si carezzava freneticamente fra le gambe e sentiva cedere le ginocchia mentre veniva assalita da insoddisfacenti orgasmi.
Aveva creduto di risolvere tutto, in seguito, con qualche flirt, ed altro, ma era sempre scontenta, insoddisfatta.
Le cose, però, erano cessate da tempo.
Non sapeva come Rick risolvesse i suoi problemi sessuali: niente visite, né assenze notturne.
Comunque andassero le cose, lei era soddisfatta.
Non riusciva a mandar giù il fatto che il fratellone stesse con una donna sotto i suoi occhi, o meglio a prova delle sue orecchie.
Rick, il fratellone.
Era bello come un dio greco, affascinante, intelligente.
Quando era con lui si sentiva protetta.
Se le poneva una mano sulla spalla si sentiva al riparo da tutto e da tutti.
Ricordò quando Rick, vedendola in reggiseno, le dette un pizzicotto ‘che bello!- e le disse che da ora in poi non era più Rob ma Boobs (tette), perché aveva veramente a fine pair of boobs, un bel paio di tette.
Sapeva di essere diventata rosso fuoco, anche se aveva già i suoi diciotto anni, ma era contenta.
‘Ti piacciono?’
‘Per me sono le più belle che abbia mai potuto ammirare’ ma troppo nascoste!’
Le dette un bacetto sulla guancia, una pacca sul sedere, e mentre si allontanava disse che se anche le tette erano come il culetto, c’era da farsi male per quanto erano sode e gagliarde.
Lei rimuginò: ‘farsi male’? Perché?
Circa il ‘troppo nascoste’, avrebbe provveduto in proposito.
Roberta cercava di definirlo affetto, ma lei era molto attratta dal fratello. Lo ammirava, lo guardava incantata, lo adorava. E riconosceva che era il suo tipo di maschio ideale.
Aveva deciso, non per orgoglio ma per non fargli pesare la sua compagnia, di non domandargli mai di accompagnarla: all’università, al tennis, al cine’ Ma gli aveva chiaramente detto che era felicissima quando poteva essere con lui ma che non lo avrebbe mai importunato chiedendoglielo.
Rick l’aveva abbracciata teneramente.
Teneramente per modo di dire, perché era sempre un energico abbraccio. E a lei piaceva tanto sentirsi così stretta a lui.
Andare al cinema con Rick era una festa.
Sapeva che l’avrebbe tenuta vicina, quasi fosse la sua fidanzatina, e questo valeva, certamente, più di quanto si proiettava sullo schermo.
Tanto a lei non interessava.

Rick sapeva che la sorella avrebbe tanto desiderato andare ad ascoltare il famoso complesso straniero, dal vivo. Non era difficile trovare i biglietti, ma non c’era da sedersi. Era una gran piazza alla periferia, recintata per l’occasione.
Allora, il neo ingegnere s’armò di una specie di trespolo chiudibile, e per tempo s’avviò con Rob al luogo che già s’andava affollando.
Roberta era raggiante.
Ancora oggi, un anno dopo, si sentiva percorsa dai brividi ricordandolo.
Dopo un po’ che erano rimasti in piedi, mentre alcun bravi dilettanti si alternavano al microfono in attesa del clou della serata, Rick armeggiò con lo sgabelletto, ne aprì i sostegni telescopici, lo mise per terra, vi si collocò sopra, fece cenno a Roberta di sedersi sulle sue ginocchia.
Entusiasta, Roberta andò a sistemarvisi, mentre, con un rapido gesto, si era alzata la lunga gonna plissettata.
Erano tiepide e accoglienti le gambe di Rick, e solide.
Rick, da parte sua, constatava che Boobs aveva veramente un sederino sodo e gradevolmente tondo, che aveva piacevolmente collocato sulla sua patta e che con piccoli movimenti andava assestando sempre meglio e sempre più gradevolmente per lui.
Aveva sempre giudicato la sorellina una gran bella ragazza, quello che si definisce a bit of crumpet, un gran bel tocco di f’, ma ora stava constatando che quel contatto lo eccitava.
Moltissimo.
Il concerto stava iniziando.
Robertina si agitava.
Lui sentiva che il suo stalk, il picciolo, andava sempre più rizzandosi a contatto con quella delicious apple, mela deliziosa, e quel culetto che non stava fermo un momento.
Boobs era poggiata con la schiena sul suo petto.
Già, la chiamava Boobs, fine boobs, belle tette.
La mano andò impulsivamente a ghermirne una.
Aveva ragione lui, erano dure come le natiche, e quel capezzolino stava intumidendosi. Che carino, sembrava, al tatto, una bella fragola carnosa.
Le natiche di Roberta avevano avuto un sussulto, una contrazione.
La mela stava impadronendosi del picciolo.
I suoni erano sempre più travolgenti.
La gente ballava, saltava, si agitava, si abbracciava, alzava le mani.
Ad un tratto, Roberta, con un spostamento rapido e improvviso, si mise a cavallo di Rick, e l’incontenibile gonfiore della patta si trovò tra le sue gambe.
Si muoveva sinuosamente, avanti e dietro. Aveva abbracciato il fratello, poggiata la testa sulla spalla.
Lui avvicinò la bocca all’orecchio della giovane.
‘Robbie’ così combino un pasticcio’ mi fai’venire”
Lei seguitò, imperterrita.
A Rick venne in mente che la miglior cosa sarebbe stata farla alzare, mise la mani sotto il sedere della ragazza, ma anche sotto la gonna.
Un contatto sconvolgente.
Le sue mani la carezzarono, la palpeggiarono, s’infilarono tra le belle gambe di lei, tra le grandi labbra, nella vagina, e così il contatto col suo pene cessò, mentre lei era completamente alle prese con un orgasmo che la sconvolse, la fece sdilinquire.
Rick era sorpreso per il comportarsi della sorella, ma era riuscito ad evitare una situazione che lo avrebbe certamente messo a disagio.
Nessuno intorno, preso com’era dal concerto, si accorse di quanto era accaduto.
O non gliene fregò niente.
Rick carezzò dolcemente la sorella, la fece sedere, sempre sulle sue ginocchia, con la gambe da una parte.
Le sussurrava parole dolci, per calmarla.
‘Buona, bambina bella, buona’ sei splendida’ una vera e cara donnina’ calda’ appassionata”
Sotto la gonna, le passava la mano sulle gambe, cercando di non salire troppo su, per non eccitarla di nuovo.
‘Scusami, Rick, non so cosa m’&egrave capitato’ scusami”
‘Ma no, tesoro mio. Scusarsi di che?
Sei una femmina meravigliosa’
Vuoi che torniamo a casa?’
Lei annuì, senza parlare.

In auto, Roberta si raggomitolò sul sedile, accanto al fratello che guidava, con la testa bassa, e ogni tanto tirava su col naso.
Rick, la carezzò, le mise la mano sulla gamba.
‘Cosa c’&egrave Boobs?’
‘Ti prego, non chiamarmi così, mi fai sentire peggio.
Oddio, che vergogna!’
Rick insisté nella carezza.
‘Vergogna di cosa, pupina?’
‘Non so cosa mi sia capitato’ scusami’ e’ grazie!’
‘Ti &egrave capitato un momento particolare, non c’&egrave niente da scusare, e tanto meno da ringraziare.
Grazie di che?’
‘Per la tua comprensione, per come ti sei comportato, per come mi hai aiutato a’ scaricarmi’!’
Una carezza sul visetto bagnato dalle lacrime.
Roberta lo guardava con occhi pieni di pianto.
‘Dai, sorellina, se non ci aiutiamo tra di noi, al momento opportuno.
Piuttosto, hai capito che anche io ero in’ crisi’
Non sono fatto di ferro”
Roberta sorrise maliziosetta, tirò su col naso-
‘Invece mi sembra proprio che é di ferro!’
‘Sei proprio una monella.
Per forza. Con una bella ragazza, come te, seduta sulle gambe.
Col sederino prensile’ proprio lì’ Cose da far resuscitare i morti’ figurati l’effetto sui vivi”
Lo guardò attentamente.
‘Ti sei eccitato con me?’
‘Dai, non essere sciocchina, chi non si sarebbe eccitato’ figurati io che sto a quotidiano contatto con te’ il supplizio di Tantalo’ non poter avere ciò che sembra a portata di mano”
‘Ma tu non sei Tantalo! Inoltre, non sei vecchio, com’era lui’ e non sai se ciò verso cui tendi la mano si ritragga o meno.
Non mi sembra che la tua mano abbia incontrato repulsione’ anzi’!’
Seguitava a fissarlo, ansiosa, preoccupata.
La mano di Rick s’intrufolò sotto la gonna, carezzò la coscia.
Erano a casa.
Roberta era un po’ imbronciata, aveva qualcosa di fanciullesco, di capriccioso e nello stesso tempo di sbarazzino, nel suo bellissimo volto.
I suoi capelli erano alquanto in disordine.
Si attaccò al braccio del fratello come ad una gomena di salvezza, che l’avrebbe strappata dalla burrasca nella quale temeva affogare.
Non riusciva, però, a separarsi dalla sensazione voluttuosa di quella mano che l’aveva frugata intimamente, e che, finalmente, aveva fatto scaricare la dolorosa tensione che le artigliava il grembo.
Rick l’accompagnò nella sua camera.
Roberta andò a gettarsi sul letto.
Lui sedette nella poltrona, dinanzi la toletta.
La guardava, con dolcezza, ma anche con una nuova luce negli occhi.
La femmina Roberta, s’era rivelata.
Notò che sul piano della toletta c’era un vasetto con un’etichetta: ‘plucking cream’, una crema depilatrice.
Lo prese, lesse. Sorrise.
‘Quanti significati ha ‘pluck’: oltre che strappare i peli, depilare, spennare, anche quello di pizzicare, to pluck the strings of a guitar, pizzicare le corde d’una chitarra, e significa anche coraggio, a lot of pluck, un bel coraggio; non per niente a plucky girl &egrave una ragazza coraggiosa.
E tu devi averne del coraggio per usare tale pomata. Non ti fa male?
‘.ho notato che sei completamente depilata’ tra le gambe’
Come mai?’
‘Mi sento più pulita, igienicamente parlando.
Preferisci un cespuglio di peli scomposti?’
‘Mi sembra che si vada da un estremo all’altro.
E’ logico che tra una pesca vellutata e un fico d’india io preferisca carezzare una pesca. E tu hai una pelle liscia e vellutata come una soda pesca matura. Ma c’&egrave una bella differenza tra la sterpaglia incolta e un raffinato prato all’inglese, che a passarvi la mano ti fa provare i brividi della voluttà.’
‘Tu quale prediligi?’
‘La pesca mi invita a morderla, a gustarla; il prato a cogliere quanto esso nasconde.’
‘Non mi sembra che cambi molto.’
‘Proprio così, non cambia nulla.’
‘Rick, mi perdoni per questa sera?’
‘Ancora perdono?
Vedo che non sono riuscito a spiegarti quello che &egrave accaduto in me.
Robertina, sei stata meravigliosa’ mi hai eccitato’ non dire che non te ne sei accorta.’
Roberta allungò la mano, verso il fratello.
Lui andò a sedere sulla sponda del letto.
Si chinò su lei, le prese il volto tra le mani, la guardò a lungo, la baciò sulla bocca.
Le labbra di Roberta si schiusero, la lingua di lui s’intrufolò, si avviticchiò a quella di lei.
Fu un bacio lungo, inebriante.
Rick tornò con la sua mano sotto la gonna di Roberta, carezzò le gambe, le cosce, incontrò le piccole mutandine che, tra le gambe, erano ridotte a una stretta strisciolina inzuppata della linfa distillata dal sesso della ragazza.
La tirò giù, fino a sfilarla del tutto.
Alzò la gonna, tuffò la testa tra le cosce di Roberta, e le dimostrò cosa la sua bocca avida sapeva fare di una succosa e polposa pesca che si dischiudeva palpitante.
Con le mani, intanto, le aveva sbottonato la blusa, slacciato il reggiseno e palpeggiava sapientemente le incantevoli tettine della ragazza che aveva perduto ogni controllo e si lasciava travolgere dai sensi, dall’orgasmo.
Roberta ansimava.
Non immaginava che un cunnilinctus avrebbe potuto procurarle un sì soave godimento, che neppure Ovidio sarebbe riuscito a descrivere nella sua Ars Amatoria.
Le preziose dita di Rick, così irrequiete sul suo seno, completavano il tutto.
Il problema, però, era dell’atletico giovane, che stava esplodendo per quanto prepotente era la sua eccitazione.
Roberta, ormai, era seminuda e in stato di estatica voluttà.
Rick si alzò.
Abbassò la zip dei pantaloni, li tolse, levò la Lacoste, scarpe e calze.
La ragazza aprì gli occhi, lo fissava affascinata, sedotta, attendeva ansiosa che cadesse l’ultimo velo che copriva, ma non nascondeva, una maestosa erezione.
I boxer caddero sul pavimento.
Uno spettacolo nel contempo incantevole e preoccupante.
Robertina, era lì, con la sua piccola vulva glabra, di fronte all’imponente fusto che si ergeva dalla foresta nera. Smisurato. Almeno per lei!
La sua mente l’aveva immediatamente definito un’attrazione terrificante.
Forse era quello il fascino che aveva indotto delle vergini al martirio.
Immolarsi per l’unico desiderato godimento.
Impalarsi.
Rick le andò vicino, la denudò completamente.
La tirò sulla sponda del letto, verso di sé.
Le allargò le gambe e si mise tra esse, in ginocchio.
Poggiò delicatamente il suo glande vicino al rugiadoso ingresso della fremente vagina, guardò la sorella, le sorrise, poi si spinse in lei, piano ma decisamente, fin quando la natura della piccola Rob gli dette il ‘non plus ultra’.
Interrogò la ragazza con gli occhi.
Un lieve cenno di ansioso assenso.
Continuò, decisamente.
Il volto della fanciulla era disteso, sorridente, piacevolmente sorpresa che, in fondo, la sua minuscola persona era stata capace di accogliere quell’ariete possente. Ed era meraviglioso sentirlo in lei.
Aveva sognato mille volte di fare l’amore con Rick.
Ora lo faceva.
Era bello.
Sentiva il suo grembo ‘occupato’, energicamente, ma gradevolmente.
La pareti della vagina, dilatate da quell’incantevole intruso, lo stavano stringendo, ne percepivano la forma, il pulsare.
Rick iniziò a muoversi, cautamente, perché voleva evitarle ogni possibile male. Sentiva che Robertina era una piccola delicata bambina, anche se ormai era nei suoi venti, ma tanto passionale e calda.
A mano a mano che aumentava il suo andirivieni, Roberta mostrava di avviarsi rapidamente a un rumoroso orgasmo, accompagnato da gemiti e sussulti.
Ne fu travolta, ma invece di rilassarsi, subito dopo, Rick sentì contrarsi energicamente l’orifizio della vagina e stringersi intorno al pene, con molta forza.
Lo zampillare del seme proruppe, invadendola, ma il glande andava sempre più gonfiandosi, perché il sangue non riusciva a defluire.
Roberta era rigida, tesa, le natiche strette.
Rick cercò di muoversi, come poté.
Finalmente, il grembo di Roberta si mosse, sussultò, un altro potente orgasmo e poi un lento rilassarsi.
Riuscì, con attenzione e lentamente, a sfilarsi da lei, col glande violaceo.
Si mise di fianco e l’abbracciò.
La carezzò a lungo, fin quando lei non si assopì.
Rick pose il suo sesso, ancora un po’ dolente, tra le belle natiche della sorellina, con una mano le afferrò una tetta, l’altra la mise tra le gambe, e si unì a lei nel riposo.

Roberta si svegliò lentamente.
Era buio, intorno.
Quasi si sorprese di essere tra le braccia di Rick.
Dovette pensarci un po’.
Credeva di aver fatto un altro dei suoi sogni.
No. Quello che la stringeva era Rick.
Ora ricordava tutto. Perfettamente. Voluttuosamente.
Come era stato bello averlo in lei, così esuberante, focoso, meraviglioso.
Era ancora piena del balsamo che aveva lenito l’arsura del suo ventre.
Voleva vederlo in viso, baciarlo.
Si voltò lentamente, cercando di non destarlo.
Si accomodò dolcemente nel nido di quel dio dell’amore.
Intrecciò le sue gambe con quelle di lui, lo abbracciò, gli si strinse al petto.
Era annodata, attaccata come una piovra, ed era il tentacolo di lui che cercava di custodire nella sua cavità fremente.
Il nodo che aveva sempre sognato.
Ci sarebbe stato un seguito?
Non poteva accettare che tutto si risolvesse in un episodio, splendido certamente, ma troppo poco per i suoi desideri.
Lei lo voleva per sempre, Rick, lo avrebbe sequestrato, perfino incatenato.
Purtroppo non poteva legarlo ‘per sempre’ nel matrimonio.
Ma il matrimonio era solo un rito, una formalità.
E filtravano le prime luci del giorno quando Rick si mosse. Piano, pigramente.
Sentì subito il tepore della sorellina tra le sue braccia, la baciò, la carezzò. La sua virilità si manifestò immediatamente, avidamente.
Era liscia, meravigliosa quella splendida bambina che si era donata con tanto ardore e che gli aveva chiesto tanto calore.
Lo aveva imprigionato, quasi ferocemente.
Desiderava baciarla, assaporare il succo della pesca.
La adagiò dolcemente sulla schiena, si pose su lei, sorreggendosi sulle ginocchia, con la testa tra le gambe, e cominciò a lambirla.
Era tanto piaciuto, a Roberta, sentirsi frugata dalla lingua.
Il suo fallo, turgido, era all’altezza delle labbra di lei. Sentì la guizzante lingua della donna che lo assaggiava, lo circondava, e poi percepì il calore della bocca.
Roberta era già partita verso la vetta del piacere, e dolce e salato era quanto raccoglieva, indiscreta e golosa, la lingua di Rick.
Come era bravo, sapeva dove, come, e quando picchierellare sui punti di maggior godimento.
Ma lui non voleva concludere così quel momento.
Con dolcezza la fece in modo che, voltandola, le natiche aderissero al suo pube. Il fallo, eretto, s’intrufolò tra le gambe, lei lo diresse alla vagina, lo accolse con più entusiasmo che mai, e rinnovò il suo orgasmo, si rilassò, si contrasse nuovamente, lo munse in lei, ancora!
Giacque così, stringendolo nella vagina, e lo baciava, carezzava lentamente.

Non rimase un incontro isolato.
Era troppo bello, anche per Rick.
Il loro era il vero ‘nodo’, il legame, il vincolo.
Né lui, né lei, avrebbero potuto realizzarne di simile con un altro partner.
Non divenne, e non poteva divenire una abitudine, una routine, e tanto meno il mero appagamento di istinti sessuali.
Era, invece, ogni volta un nuovo e diverso capitolo di una favola che diveniva realtà.
Il sesso di Rick era il Mago, l’incantatore, e quello di Roberta il Castello meraviglioso della Fata, che lo attendeva con ansia e lo accoglieva con passione. Il Castello delle loro estasi, della loro voluttà.
Ogni giorno che trascorreva, le carezze di Rick si accorgevano che pube e dintorni, di Roberta, divenivano meno lisci. Spuntavano piccoli peli, per il momento irti.
Era bello, comunque, sentire che gli vellicavano il palmo della mano.
‘Boobs, e la depilazione?’
Lei fece finta di cadere dalle nuvole.
‘Quale?’
‘Non fare la sciocchina’ qui sta nascendo qualcosa”
‘Ah, si’ il prato’ Lo coltiverai, vero?’
Rick fu teneramente colpito e le dimostrò subito che il suo vomere era sempre pronto ad ararne il tepido solco e inseminarlo.
‘A proposito, Rob, noi stiamo andando a ruota libera, senza precauzioni’ meccaniche’ ma usi quelle chimico-ormoniche?’
‘Facciamo l’amore, Rick’ facciamo l’amore’ non pensare ad altro’ &egrave tutto a posto”
E quella rassicurazione servì da stimolo. Comunque non necessario.
Si poggiò sul fianco destro.
Un sederino maestoso, le grandi labbra, appena picchiettate di peli spuntanti, il corpo magnifico.
Rick si mise in ginocchio.
Puntò il glande dove, al terminare dei glutei s’apriva la grotta del piacere, e l’incamminò in essa, accolto con le feste di sempre.
Come mille labbra che baciavano, mille mani che carezzavano.
Roberta non riusciva a star ferma. Non voleva star ferma. Andava incontro alle voluttuose spinte dell’uomo, pur sapendo di non poterne ospitare più di tanto.
Sentiva il grosso glande che la spennellava, la alesava, le dava, passando, la sua forma.
Si abbandonò al suo infinito godimento, fremendo, palpitando.
Una contrazione più energica delle altre, un’altra ancora’ un’altra’.
‘Rick’ amore mio’ sono felice’ felice’ sei bellissimo’ bellissimo’ mi fai morire’ tesoro’. Morire’. Mooooooooooo’.’
Il suo gemito finì in un rantolo roco.
Per un momento si rilassò, restò immobile, in golosa attesa di quanto di lì a poco sarebbe avvenuto in lei.
Le dighe di Rick s’aprirono, e la calda marea l’inondò’ Stupenda!
Quella posizione, quel battaglio possente tra le natiche aveva ancor più eccitato Roberta.
Ora Rick passava e ripassava il suo rorido pennello tra le rosee alture dell’ammaliante fondo schiena della ragazza.
Ogni volta che si soffermava sul roseo bocciolo che si celava tra esse, lo sentiva fremere.
E insisteva, Rick, in quel giuoco che aveva qualcosa di ineluttabile, predestinato.
Alzò le gamba di Roberta.
‘Cosa vuoi fare, Rick, amore mio. Ho paura!’
‘Niente, bambina, nessuna paura, tu tieni i glutei allargati e quando senti che sta per entrare premiti.’
‘Mi squarcerai, amore mio’
Come può una gomena di quella portata entrare in una cruna così stretta”
‘Come puoi pensare che voglio farti male’ resisti un po” conoscerai sensazioni ignote ‘ piaceri insuperabili”
Intanto, salivato abbondantemente lo sfintere di Roberta, vi andava pian piano introducendo uno dei suoi robusti ditoni. Massaggiava lentamente, sempre continuando ad aggiungere saliva con l’altra mano che la raccoglieva dalla sua bocca. Entrava sempre più.
‘Vedi, Boobs, che non &egrave tanto male?’
In affetti quel dentro e fuori non era sgradevole, si ripercuoteva nella vagina, la faceva contrarre.
Rick sostituì rapidamente il dito col suo fallo.
Un po’ del glande entrò.
‘Ora &egrave qualcosa di diverso, Rick, fa piano’ ahi’ ecco’ sto premendomi’ va bene? ‘ahi’ ‘
Aveva sentito che Rick glielo aveva infilato tutto, come un ariete irresistibile. Ora si era fermato.
Si andava lentamente rilassando.
Incredibile, anche quel luogo si andava assuefacendo alle dimensioni dell’invasore, e quando l’intruso cominciò a muoversi, a stantuffare, accompagnando il tutto con strizzar di capezzoli e titillar di clitoride, anche lei ebbe l’istinto di coadiuvarlo, andargli incontro, sentire i testicoli che incontravano il suo sederino.
Le piaceva.
Stava godendo, stava godendo’. Un meraviglioso orgasmo, e quel lungo coso che lì poteva entrare completamente, in tutta la sua maestosità.
Anche lì la marea fu distensiva e balsamica.
Rimase a lungo in quella posizione.
Stremata ma felice.
Non ricordava neppure i sui piccoli ‘ahi’!
Quando sentì che lo sfilava, lentamente, lo accompagnò con avide contrazioni che avrebbero voluto serbarlo in lei.
Si rasserenò pensando che loro, così giovani, così ‘annodati’, erano solo all’inizio di una storia meravigliosa.

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