Sono distesa comodamente sul mio canapè che osservo magnetizzata il fuoco del camino, là di fuori piove forte e da quassù osservo dalla grande vetrata del salotto come il vento sospinge sgarbatamente le fronde degli alberi, facendoli ondeggiare e rozzamente fluttuare. Quelle immagini, invero, mi rievocano un episodio vissuto lo scorso anno, durante il tempo in cui utilizzavo il treno per recarmi non distante dalla mia città, presso uno studio specialistico per effettuare una visita su appuntamento non urgente, però rimandata per troppo tempo. Quel breve tragitto rievoca alla mia memoria precisamente lo stesso momento di quella giornata così piovigginosa e ventosa come il pomeriggio odierno. Nello stesso istante, accomodata accanto a me, c’è la mia fidata amica Agnese, che sorseggia sorniona il suo prediletto e scontato infuso ai frutti di bosco vicino al camino, riempiendo l’aria con la sua avvolgente e odorosa fragranza, mentre io assaporo a rilento la mia immancabile cioccolata in tazza che mi dà carica ed energia.
Devo ammettere che quest’oggi Agnese è bendisposta, abbastanza propensa di narrarmi i suoi intrinsechi vissuti, in quanto essendo per inclinazione una ragazza contegnosa e per di più particolarmente riservata nei suoi intimi propositi, con me fortunatamente in modo insperato si apre, svelandomi tutti i suoi lascivi e viziosi retroscena vissuti. Mi espone descrivendomi d’una libidinosa vicenda che le è capitata lo scorso autunno, pure lei seduta su d’un convoglio che dalla stazione centrale di La Spezia la trasportava in direzione di Parma. Mi menziona che nel medesimo scompartimento della sua carrozza c’era un ragazzo sprofondato sul sedile davanti al suo, lei favoleggia adocchiandolo a lungo, lui reagisce squadrandola con uno sguardo perforante ed espressivo, per il fatto che i loro occhi si erano incrociati quasi incollandosi, ma che da quelle occhiate si deduceva che stavano scandagliandosi a fondo esaminandosi e fotografandosi in modo silente, inverecondo e volgare nell’intimo, pur senza palesare né esprimere nulla. Io incuriosita l’incalzo oltremodo pressandola, conquistandomi la sua stima, fintanto che Agnese per nulla meravigliata inizia gradualmente ad espormi l’avventura.
Cara Giuditta, questo che mi è accaduto lo svelo solamente a te, perché credo e suppongo che tu non mi critichi né mi rimproveri né mi valuti, non mi giudichi né mi consideri da adesso in malo modo, pur sapendo che ho un fidanzato che da due anni esce con me. Come ti dicevo Giuditta, io mi trovavo là nello scompartimento e ho avvertito di netto il suo ginocchio sfiorare il mio, ma la faccenda non m’infastidiva né mi turbava per niente, giacché lui possedeva delle labbra belle polpute e sode, che solamente ad esaminarle, mi sarei totalmente smarrita lì dentro baciandogliele e assaporandomele tutte. In cuor mio bramavo enormemente dalla voglia di conoscerlo e di dialogare con lui, eppure fu la sorte stessa che in modo inatteso e propizio fece adeguatamente il resto, dal momento che l’opportunità l’architettò lui stesso, comunicandomi e segnalandomi che doveva scendere nella stazione di Fornovo di Taro (PR), dove lui si guadagnava il pane di sera come barista nell’affollato bar dell’adiacente stazione dei treni, giacché salutandomi cordialmente mi riferì che gli avrebbe fatto enorme piacere, se fossi andata a trovarlo. Io di getto ricambiai all’istante la proposta, annuendo ben volentieri con la testa e alquanto animata e stimolata raccolsi di buon grado l’invito.
Tre giorni dopo verso le sette di sera mi presentai nella caffetteria della stazione di Fornovo di Taro (PR) e là dentro lo vidi. Ci presentammo e ci accomodammo nella saletta del bar della stazione, lui m’offrì un gustoso e abbondante aperitivo riferendomi di chiamarsi Andrea. Eravamo lievemente a disagio per quell’inatteso quanto voluto accadimento, eppure discorremmo di svariati argomenti esprimendo dei pareri riguardanti le notizie che erano apparse nel monitor del televisore, ciò nonostante non abbassammo giammai lo sguardo, ci osservavamo vicendevolmente piuttosto esitanti e impacciati, perché tra il fluido e durevole discorrere ci scambiammo i rispettivi numeri di telefono, in seguito ci separammo, riproponendoci di rivederci i giorni successivi, concedendoci un delicato bacio come saluto.
Nella medesima serata attendevo trepidante una sua chiamata, oppure di ricevere un comunicato al telefonino, come si fa fra amici e qualcosa di più, eppure tutto ciò purtroppo non avvenne. Quella notte m’appisolai riflettendo e riesaminando il colorito bruno e penetrante del suo sguardo, i polposi bordi della sua seducente bocca, che io avrei baciato con gioia e soddisfazione, smarrendomi in ultimo nei miei lascivi e depravati vagheggi, supponendo infine che quella scena fosse tutta effettiva e realmente fondata. Nel mio inverecondo vagare con la mente, lo immaginavo che eravamo dentro un convoglio disabitato, mentre ci denudavamo deliziosamente consolandoci con baci sempre più inconfessati e confidenziali, giacché quella visione mi fece esaltare spronandomi e istigandomi oltremisura, sicché iniziai a desiderarlo così tanto che lo sentii dentro di me muoversi in principio amabilmente, in seguito più spedito con una cadenza frenetica, divincolandosi come un ferrato e valente conoscitore, intanto che io strepitavo di fronte a lui per il grande piacere che provavo.
Il giorno seguente non accadde niente di dissimile, l’usuale convoglio, l’abituale corriera, il medesimo filobus, eppure solamente una realtà oggettiva rendeva intatto quel bislacco modo di vivere, ovverossia lo splendere del sole che con il suo lieve e gradevole calore, mi pareva di dirigermi in un luogo di svago, giacché mi sentivo insolitamente gioiosa e stranamente briosa. E’ indubitabile che non soltanto io provavo questa veemente sensazione, bensì era pure l’atmosfera e la situazione di quelle giornate, che s’intravedevano nelle facce dei pargoletti e in tutta quella moltitudine di gente, che non si fa implicare né trascinare dai grattacapi e dalle seccature di tutti i giorni. Pertanto, fintanto che avanzavo silenziosa e ordinata in direzione della succursale, dove svolgevo la mia mansione di segretaria, in modo inatteso trillò il telefono, giacché inizialmente squadrai prima di rispondere il monitor esaminando chi mi stesse cercando, perché non appena avvistai il suo nominativo, ebbi un poderoso batticuore, sennonché agguantai la giusta risolutezza e replicai a quella chiamata. Allorquando riagganciai, m’accorsi all’istante d’aver annunciato un evidente sì ad un successivo incontro, che di certo m’avrebbe serbato notevoli e piacenti stupori, per il fatto che nelle ore pomeridiane dovevo vedermi con l’individuo dei miei vagheggi, sicché mi sbrigai dato che nella filiale mi stavano attendendo per un’influente assemblea.
In quella gravosa e snervante mattinata ogni cosa m’apparì immensa e inesauribile, in conclusione sopraggiunse il pomeriggio tanto anelato e sofferto. Placidamente m’instradai per dirigermi verso quel primo incontro, con una sequela di turbamenti angoscianti, una sfilza inenarrabile d’emozioni e una successione irriferibile di sbalordimenti d’allarme, anche se globalmente tutta quella carica interiore insolitamente mi spronava aizzandomi oltremodo, facendomi sentire indiscutibilmente accesa, brillante e dinamica. Arrivai a quell’incontro con un leggero anticipo, Andrea fece lo stesso, perché appena ci scrutammo le nostre euforie rischiararono quel dopo pranzo vivacizzandolo, subito dopo che lui m’avvistò m’afferrò lestamente per i polsi approssimandosi per baciarmi, malgrado ciò io virai d’istinto la faccia e ci ritrovammo eseguendo a stampo uno dei più appassionanti, irruenti e strepitosi baci.
In un secondo tempo ci dirigemmo verso un’entrata di lato e andammo di sopra trovandoci ben presto sopra un’accogliente e confortevole mansarda. L’alloggio era molto grazioso, ammobiliato con riguardo con un grande e comodo canapè, laddove ci sistemammo là di sopra per vezzeggiarci più nell’intimo, poiché si stava attuando il desiderio della sera precedente, per il fatto che trascorremmo un lasso di tempo lussurioso, magnifico e incancellabile. Andrea mi brandì possedendomi in svariate posture, mi scopò a rilento dominandomi, sorprendendomi e strabiliandomi in multiformi pose, perché quella che passai fu invero una scopata principesca, sontuosa e spettacolare, facendomi sperimentare impressioni, entusiasmi e godimento d’una portata talmente allettante e suggestiva, giammai misurata né collaudata prima d’allora. Ricordo esattamente, osservandomi nella grande specchiera dell’armadio, che nella posizione della smorza candela, tra l’altro la mia preferita, scopando gli voltavo la schiena e lui mi sorreggeva sollevandomi ritmicamente per i fianchi, rammento che estrasse in tempo utile il cazzo sborrandomi addosso tutta la sua densa e abbondante bianca essenza sulla fica, cospargendomi in ultimo lo sperma sui miei foltissimi e nerissimi peli.
Dal momento che m’allontanai Andrea reclamò quasi insorgendo, poiché avrebbe voluto coricarsi accanto a me, per il fatto che me lo enunciò con un insolito piglio, giacché io non riuscivo a resistergli né a reagire, ciò nonostante il mio innato buonsenso e la mia congenita assennatezza, all’opposto, brandì il suo equilibrio sfoderando nel contempo la preminenza e lo lasciai in tal modo che s’appisolasse da solo, distaccandomi da lui come una femmina invaghita attendendo che si pacificasse. Il pomeriggio seguente Andrea mi riconvocò manifestandomi d’aver trascorso un’intera nottata nel fantasticare su di me, intanto che la sua forma verbale mi elettrizzava il cuore appassionandomi e aizzandomi, dispensandomi in conclusione un altro lussurioso e scostumato incontro nel suo alloggio. In quella circostanza Andrea era più avvenente e leggiadro che mai, in modo delizioso m’accolse nella sua dimora, offrendomi bevande e stuzzichini. Dopo io cominciai a crogiolarlo frizionandogli la nuca, lui sbarrò gli occhi e si fece lisciare gradevolmente, io captai il suo tocco raggiungere le tette vezzeggiandomi frattanto con maggiore intensità.
In quel preciso frangente io mi sentivo smisuratamente esaltata e illimitatamente infervorata, non comprendevo né afferravo più niente, sicché lo baciai in ogni luogo graffiandolo in ultimo sulla schiena, dal momento che fu un’accortezza trascinante e una conoscenza galvanizzante, tenuto conto che restammo là nel palpeggiarci e nel sondarci, perché alla fine scopammo un’altra volta, fino a quando io stabilii che era giunta l’ora d’andarmene. Nei giorni successivi Andrea confezionò a modo suo una vicenda, che mi lasciò di stucco turbandomi e impressionandomi a fondo nell’animo. Ci vedemmo come di consueto nel suo alloggio, ma stavolta riscontrai la presenza d’una signorina con i capelli biondi occhi verdi, assai piacente e intrigante, intanto che mi osservava in maniera scettica e tentennante. Lui intervenne ribadendomi che si chiamava Donatella, rincuorandomi e rinfrancandomi, avvisandomi in definitiva che lui aveva compiuto quel gesto, per prepararmi in tal modo un’allettante quanto lusinghiera e accattivante improvvisata, menzionandomi di non prendermela più di tanto per la contingenza.
Andrea in cuor suo bramava fremendo focosamente d’unirci e di scopare a tre, io in quell’istante restai sgomenta, manifestamente smarrita, francamente sbalordita e assai sconcertata senza dire nulla. Com’era fattibile e realizzabile tutto ciò? Forse io non ero stata sufficientemente valida ed efficiente, non ero stata pienamente all’altezza per placare i suoi bramosi bollori, i suoi lussuriosi slanci assieme a suoi depravati, maniaci e istintivi ardori di maschio? Ponderai rimuginando a svariate vicende, dopo lei, in silenzio, iniziò a sfiorarmi la cute procurandomi una leggera frizione che m’ammansì sedandomi, in seguito iniziò a manipolarmi la testa con perizia, dopo passò alla chioma, intanto io mi distesi sul canapè rasserenata. Andrea nel mentre iniziò a denudarmi con flemma, in seguito mi frizionò le estremità con ferrata e competente dovizia, in quanto era dotato d’un palpo impercettibile, ma al tempo stesso dignitoso, signorile e sofisticato, mentre nell’aria aleggiava distintamente la fragranza di quegli olii utilizzati di bergamotto e di lavanda che saturavano gradevolmente l’aria della stanza, rabbonendomi lo spirito, quietandomi la psiche ed eccitandomi nel contempo.
Donatella, infatti, in aggiunta a manipolarmi la testa s’appropriò delle labbra impossessandosene all’istante, io percepivo che lei aveva un’essenza di pasticca agli agrumi, giacché quella tipica gustosità mi rievocava i trascorsi periodi puerili e innocenti, delle pastiglie gommose aromatizzate con la frutta che acquistavo o che mi regalavano. In quell’attimo capitolai abbandonandomi in un lunghissimo bacio mielato e soave, scordando e tralasciando ogni cosa, facendomi abilmente custodire e accortamente dondolare da Andrea e da Donatella, assaporandomi e rallegrandomi diffusamente di quel libidinoso istante così sentitamente, da non considerare né a badare più a niente.
In quell’inedita quanto impertinente e provocante congiuntura mi ritrovai denudata fra loro due, che si baciavano libidinosamente e dissolutamente, per il fatto che coinvolgevano apertamente e viziosamente pure me. Devo veramente ammettere e sostenere, che quella che vivevo era una possente e veemente sensazione d’autentica e di limpida virtuosa armonia, mentre ci sfregavamo con i nostri corpi opportunamente uniformati, nel procacciarci piacere e benessere vicendevolmente.
Andrea dopo qualche istante ci lasciò isolate, Donatella intraprese sennonché a baciarmi da principio le tette, ulteriormente digradò più in basso fino al punto più sensibile, perché mi piaceva molto il suo originale tocco di femmina. Lei possedeva un qualche cosa di fatato, di portentoso, in quanto in modo amabile, attraente e garbato aveva l’esatta cognizione d’incendiarmi l’anima, di vivacizzarmi le membra, così in breve tempo mi scopersi ammaliata ed entusiasmata, mostrandomi raggiante e spensierata d’assaporare una sensazione originale e piacevole, che giammai in passato avevo sperimentato.
Pure io iniziai a sbaciucchiarla vivamente, avvertivo che la sua sapidità era provvista di qualcosa d’assai domestico al mio, in questo modo decretai di renderla giubilante e gongolante, come lei aveva reso appagata e raggiante me. Allorquando Andrea rientrò nella camera, ci vide talmente raccolte e concentrate nel nostro lussurioso erotico amplesso, infine adombrandosi, ingelosendosi e tormentandosi. Lui azzardò un tentativo d’unirsi a noi due proponendo di soddisfarci entrambe, malgrado ciò noi due non lo desiderammo più, perché ci eravamo restituite il piacere più autentico, casto e salubre che avremmo potuto desiderare, seguitando a crogiolarci trascurandolo per tutto il tempo. Andrea resto là squadrandoci e ispezionandoci in modo incredulo. Com’era adesso possibile, che non avevamo più bisogno di lui? Lui, che aveva architettato tutto questo e che al presente, in modo insperato è lì nel compiere il ruolo di sfortunato testimone, dal momento che contrariamente avrebbe voluto partecipare ed essere decisamente la parte alacre, attiva e operosa? In sintesi, a modo nostro, questa era stata la nostra angusta, contenuta e lasciva scostumata vendetta.
Io (Giuditta per la precisione) e Donatella diventammo eccellenti, confidenti e impagabili preziose amiche, giacché lo siamo attualmente a distanza di svariati anni, invece di Andrea ci sbarazzammo sollecitamente poco tempo dopo, a ogni buon conto, ogni tanto rimuginando e macchinando su quella licenziosa, pervertita esperienza vissuta e oltracciò goduta all’inverosimile, ancora oggi ci viene la bramosia e lo spasimo di richiamarlo. Chi può dirlo, probabilmente un giorno magari avverrà, e perché no lo rifaremo.
{Idraulico anno 1999}
Quanto vorrei che il live action di disney fosse più simile a questo racconto! Scherzi a parte: divertente, interessante, bel…
grazie amore
Non credo di aver avuto il paicere, ma grazie intanto della lettura.
Leggendo i tuoi racconti continua a venirmi in mente Potter Fesso dei Gem Boi
grammaticalmente pessimo........