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La gita del quinto anno

By 14 Dicembre 2025No Comments

La gita del quinto anno

Era il quinto anno delle superiori, ero da poco maggiorenne ed era finalmente arrivato il tanto atteso momento della gita scolastica, quattro giorni a Praga!
Io e il mio amico di sempre, George, avevamo previsto quattro giorni all’insegna della figa immaginandoci quel chissà che che ci si aspetta a diciotto anni e che poi, quasi puntualmente, non arriva mai.
George è di origini nigeriane nato in Italia da genitori immigrati, eravamo stati in classe assieme fin dalle elementari ed eravamo legati da un’amicizia fortissima, passavamo talmente tanto tempo assieme che i compagni di scuola ci chiamavano scherzosamente “i fidanzatini”, noi non ce la prendevamo e spesso stavamo al gioco assecondando le battute e le fantomatiche storie inventate durante le discussioni goliardiche tipiche di quell’età.
In realtà io e George eravamo convintissimi ognuno dell’eterosessualità dell’altro sebbene in più di un’occasione, scherzando anche quando eravamo da soli, io mi sia beccato da lui qualche palpatina di culo buttata li con tono scherzoso.
Non nascondo che nelle mie fantasie mentre mi masturbavo avevo pensato più volte a lui e questo mi faceva sentire quasi in colpa nei suoi confronti però, mi dicevo, anche il più etero degli etero davanti ad un bel ragazzo come lui, con quella pelle d’ebano, quei muscoli ben definiti e quel viso dallo sguardo enigmatico, un pensiero ce l’avrebbe fatto.
Arrivammo all’hotel che ci avrebbe ospitato per la durata della gita e quando ci diedero l’assegnazione delle camere scoprimmo che io e lui avevamo una camera da due, mentre tutti gli altri erano stati messi in camere da quattro.
Inutile raccontare le battute che subito gli altri iniziarono iniziato a fare, per non parlare del fatto che nel prendere possesso della stanza abbiamo scoperto che il letto era matrimoniale.
Sistemammo le nostre cose poi scendemmo per la cena terminata la quale tornammo nelle nostre stanze ma, quando in albergo c’è una scolaresca di maturandi, si sa come vanno le serate. Io e George eravamo sdraiati sul letto a guardare la TV quando sentimmo bussare alla porta, andai ad aprire e mi trovai davanti i nostri compagni che occupavano la stanza accanto, Martino, che del gruppetto era quello che non perdeva mai l’occasione per parlare di culi, cazzi e roba simile mi chiese subito: “abbiamo interrotto qualcosa”?
“Cosa dovreste aver interrotto”? chiesi io.
“Magari ti stava scopando” rispose lui con aria maliziosa.
“Dai scemo!” gli risposi, entrate che guardiamo assieme un po’ di televisione.
Dopo un po’ la noia stava prendendo il sopravvento così Giovanni tirò fuori un pacchetto di sigarette, lo posò sul tavolino della stanza e chiese: “conoscete il gioco del re e del boia”?
Alcuni risposero di si, io non lo conoscevo quindi me lo spiegarono: consisteva nel posare il pacchetto delle sigarette sul bordo del tavolino in modo che sporgesse per qualche centimetro, a turno col dito indice bisognava colpirlo da sotto per farlo saltare verso l’alto e ricadere sul tavolo, se il pacchetto fosse caduto di piatto chi l’aveva colpito avrebbe assunto il ruolo di schiavo, se fosse caduto su uno dei bordi laterali avrebbe assunto il ruolo di boia e se fosse caduto in piedi chi l’ha colpito avrebbe assunto il ruolo di Re, si doveva colpire il pacchetto a rotazione finché almeno uno avrebbe ottenuto il ruolo di Re e uno di boia, a quel punto il Re avrebbe ordinato agli schiavi di fare delle cose e se si fossero rifiutati avrebbe ordinato al boia di punirli in qualche modo.
Un gioco stupido, lo so, ma non sapevamo come passare il tempo.
E’ facile intuire come in poco tempo gli ordini che il Re di turno dava agli schiavi divennero a sfondo sessuale e, fra un cazzo preso in mano, un bacio su una cappella e un dito nel culo arrivò il momento in cui il ruolo di Re toccò a Martino, che si rivolse a George e gli disse: «devi far mettere Gabri a pecora e inzuppargli il cazzo nel culo».
Ci fermammo tutti di ridere e Giovanni disse: “dai Martino, questo è troppo”.
“Chissà quante volte l’avranno fatto” rispose lui.
“Ma che cazzo dici?!” sbottai io ormai infastidito dalle sue continue allusioni.
Discutemmo per un po’ poi Martino disse: “il gioco è questo e le regole erano chiare, ma siccome non avete le palle cambio la mia richiesta e invece di metterglielo nel culo, George, dovrà almeno metterlo a pecora e strofinargli la cappella sul buco”.
Gli altri continuarono a discutere ma io guardai George poi dissi: “questo si può fare basta che dopo la finisca”, poi mi rivolsi a Martino e gli dissi: “spera di non capitare schiavo quando fare il re tocca a me”.
Mi tolsi i pantaloni del pigiama e le mutande e mi misi carponi sul letto, Marco esclamò: “però! ha un bel culetto, non ci avevo mai fatto caso, quasi quasi vorrei esserci io al posto di George”.
George si posizionò dietro di me e quando estrasse il suo bastone di carne marrone dai pantaloni qualcuno dei ragazzi fece notare come ce l’avesse duro; Marco osservò: “con un culo così davanti ce l’avrei duro anch’io”, io dal canto mio mi sentivo parecchio in imbarazzo all’idea che George fosse eccitato al pensiero di dovermi fare quella cosa.
Sentii il glande di George appoggiarsi al mio buchetto che fino ad allora era stato penetrato solo da qualche oggetto improvvisato durante le mie sessioni di autoerotismo, era umido e caldo poi, d’improvviso, sentii uno schizzo di liquido appiccicoso imbrattarmi l’ano e gocciolarmi giù, lungo le palle.
George era venuto disastrosamente solo strofinando il cazzo contro il mio buchetto, gli altri scoppiarono a ridere, io mi alzai rapidamente da carponi e con tutto lo sperma che mi colava lungo le cosce guardai George, era imbarazzatissimo e non diceva niente, gli altri si resero conto che il gioco era andato troppo oltre il limite della decenza e decisero di smettere,
Corsi in bagno a lavarmi poi rimanemmo tutti e sei seduti sul letto a guardare la TV per un’altra mezz’ora, senza mai far menzione a ciò che era appena accaduto.
Andati via gli altri io e George rimanemmo soli in stanza, calò un silenzio imbarazzante che George ruppe dicendo: “sucsami per prima”.
“E’ tutto a posto” gli risposi.
“No, non è tutto a posto” rispose il mio amico, “se adesso quel coglione di Martino va a raccontarlo in giro sono sputtanato”.
“Ma va” risposi io cercando di rassicurarlo, “alla fine quello che si è beccato lo schizzo sul culo sono io, dovrei essere io ad essere preoccupato ma vedrai che Martino non dirà nulla a nessuno, sembra un coglione ma è a posto”.
“Si ma non sei tu quello che è venuto facendo capire che la cosa lo eccitava” rispose George.
“Ti faccio veramente questo effetto?” gli chiesi accompagnando la frase da una risata imbarazzata.
“A questo punto tanto vale che te lo dica”, rispose lui dopo aver sospirato, “si, mi fai quest’effetto! Non avrei mai voluto che lo scoprissi ma quando mi sono trovato davanti al tuo fiorellino rosa, quando ci ho strofinato contro la mia cappella e si è contratto impaurito, non sono più riuscito a trattenermi e sono scoppiato. Adesso fai ciò che vuoi, puoi non essere più mio amico se vuoi ma sai cosa ti dico? Sto meglio, mi sono tolto un peso”.
Gli posai una mano sulla spalla con fare rassicurante poi gli dissi: «sono ancora tuo amico, non devi dubitarne mai! Però adesso vorrei sapere perché non mi hai mai detto una cosa così importante».
“Mi vergognavo” rispose.
“Vergognarti»?! Non siamo mica nel medioevo”!
“Lo so, ma non posso mica andare dal mio migliore amico e dirgli: hey, lo sai che una bottarella te la darei volentieri”?
“Una bottarella” risposi ridacchiando, poi mi alzai, presi il cellulare e mi diressi verso il bagno.
Mi sedetti sul wc e rimasi un po’ a pensare a come avrei dovuto comportarmi, quello di cui ero certo era che mi sarebbe davvero piaciuto che me la desse davvero quella “bottarella”.
Aprii whatsapp e gli mandai un messaggio con scritto:
“insomma, una bottarella me la daresti, eh?!”.
“Mi prendi in giro adesso”? mi rispose lui.
“No, tutt’altro, anzi, se può metterti un po’ a tuo agio sappi che questa tua attenzione verso di me un po’ mi lusinga”.
“Davvero”? mi scrisse.
“Beh, fa sempre piacere sapere di interessare a qualcuno, certo se quel qualcuno ha un cazzo come il tuo fa anche un po’ paura”, risposi aggiungendo l’emoticon di una faccina che ride.
“Ci andrei comunque piano” mi rispose lui.
“Così la sofferenza durerebbe di più” risposi io.
“Non sopporteresti un po’ di dolore per far contento un tuo amico”?
“Mi faresti veramente del male”?
“No, mai”.
“Ti sei mai segato pensando a me?”
“Ma che razza di domanda è questa?!”
“Dai, voglio la verità”
“Si, tutti i giorni”
“E allora rispondi a questa domanda, ma voglio che tu sia sincero: nelle tue fantasie io ci sto o mi prendi con la forza”?
“All’inizio tu non sei molto convinto, ma poi ti piace e mi chiedi di continuare”.
“Che peccato! non potrei mai realizzare la tua fantasia allora”
“Perché”?
“Perché ci starei dall’inizio, scemo! secondo te se non desiderassi farmi scopare da te mi sarei messo a pecora per farmi strofinare il tuo cazzo sul buco del culo, o mi sarei opposto alla richiesta assurda di Martino con tutte le mie forze”?
“E perché non me l’hai detto”?
“Cosa avrei dovuto dirti? Ti va di darmi una bottarella”?
“Beh, io ne sarei stato felice”.
“Vado a fare la doccia, lascio la porta aperta”.
Posai il telefono sul lavandino, aprii l’acqua e mi infilai sotto la doccia, dopo pochi istanti la porta del bagno si aprì e George entrò completamente nudo, quel fisico statuario e quel cazzo perfetto, grosso e dritto facevano si che se avessi avuto la fica tra le gambe si sarebbe allagata in un baleno!
George entrò nel box doccia, era stretto e i nostri corpi non potevano non sfiorarsi, eravamo eccitatissimi, gli porsi il sapone e gli dissi: “vuoi lavare il tuo schiavetto”?
“Il mio schiavetto?!” chiese lui perplesso.
“Non ti eccita l’idea di poter fare di me ciò che vuoi? di dominarmi e di possedermi”?
“A te eccita”? mi chiese.
“Tantissimo” risposi, poi mi voltai di spalle a lui che subito cominciò ad insaponarmi la schiena e le spalle poi mi chiese: “posso insaponarti il culo”?
“Sono tuo, puoi farmi ciò che vuoi” risposi.
“Ti fidi fino a questo punto?” mi chiese lui.
“Certo! So che non mi faresti mai del male e che se ti facessi capire che non voglio più ti fermeresti”.
Senza dire niente il mio amico iniziò ad insaponarmi le natiche toccandole avidamente per poi, di tanto in tanto, indugiare con la punta delle dita sul mio buchetto.
“Entra un po’ prima con un dito, poi con due, allargalo un po’, non vorrai mica infilarmi direttamente quel palo” gli dissi.
George mi spinse contro le piastrelle fredde e mentre mi teneva premuto contro di esse col suo corpo con le mani frugava nel mio buchetto insaponato, infilando prima un dito, poi due, poi tre.
“Ahi, mi fai male” gli dissi.
“Scusa” rispose smettendo subito di frugarmi nel culo.
“Smettila di scusarti”! lo ammonii, “fai il maschio e scopami di brutto, non mi importa se farà un po’ male, lo voglio, come te lo devo dire?!”.
George si afferrò il cazzo insaponato, era durissimo e lo guidò contro il mio buchetto, appena lo sentii premere non potei fare a meno di contrarre involontariamente i muscoli e col bacino scappai in avanti per quel po’ di spazio che avevo prima di incontrare le piastrelle per opporgli resistenza, lui mi diede delicatamente un morso su una spalla poi mi chiese: “adesso ti tiri indietro”?
“Ho un po’ paura” gli risposi.
“E fai bene!” mi disse preso dall’eccitazione, poi iniziò a spingere più forte finché la sua asta vinse la forza del mio sfintere e si fece strada nelle mie budella.
“Ti fa male?” mi chiese.
“Si” risposi con un filo di voce.
“Vuoi che lo tolga”?
“No, voglio che inizi a muoverti dentro di me” e nel frattempo, dato che il primo dolore era già svanito, inarcai indietro la schiena per offrirmi meglio.
George iniziò a fare energicamente su e giù dentro di me mentre con le mani mi toccava e accarezzava ovunque, io ad ogni suo affondo provavo una sensazione come se mi scappasse da urinare ma c’era qualcosa di diverso, di più eccitante e piacevole, era come se qualcuno mi stesse facendo una sega dal didentro.
Ad un certo punto sentii il ritmo dei suoi colpi cambiare, il suo respiro farsi più pesante e finalmente sentii il suo cazzo esplodere liberando dentro di me una ben percettibile quantità di sperma.
Subito dopo si fermò di fottermi, il suo cazzo aveva perso volume ma aveva ancora la consistenza sufficiente per rimanere prepotentemente dentro il mio culetto, “mi sei venuto dentro” gli dissi.
“Non dovevo”?
“Non me lo aspettavo”
“Non avrai paura di rimanere incinta” mi chiese ridacchiando.
“No, è che ce l’hai talmente lungo che mi hai bagnato le tonsille” dissi ridendo.
“Ma com’è possibile che tu abbia voglia di scherzare anche mentre ti ritrovi col mio cazzo nel culo”?
“Dovrei piangere”? gli chiesi malizioso.
“Sei proprio una troietta, la mia troietta!” mi disse, poi mi afferrò il cazzo ed iniziò a menarmelo.
“Che fai”? gli chiesi.
“E’ giusto che venga anche tu” mi rispose.
Mi lasciai fare e non passarono venti secondi che gli venni in mano.
Sfilò il suo cazzo da dentro di me e finimmo di lavarci, ci asciugammo a vicenda poi ci infilammo sotto le lenzuola, per il secondo round.

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