Skip to main content

Michela

By 18 Luglio 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

Io e mia moglie viviamo in un grosso paese nell’entroterra irpino; mentalità molto ristretta e grande propensione al pettegolezzo, soprattutto quello malevolo che, se può, distrugge le persone. Ci amiamo profondamente e siamo complici all’inverosimile, consapevoli delle nostre debolezze e decisi a goderci tutti gli aspetti della vita che ci piacciono. Per assecondare i nostri de-sideri siamo però costretti ad andare ogni volta lontano dal nostro ambiente. Insomma, ci siamo costruiti, nel tempo, due vite molto diverse tra loro e gelosamente separate. Michela è ‘ stavo per dire ninfomane, ma non sarebbe corretto ! Infatti non solo raggiunge l’orgasmo, ma è capace di averne più d’uno. Diciamo allora ‘ affamata di cazzo. Meglio: di cazzi. Infatti, se può, ne gradisce più d’uno. Il suo numero perfetto è tre, ma poiché nulla è perfetto se sono di più non si lamenta. A una condizione però: che non sia una ‘maratona del sesso’, cioè una serie più o meno lunga di cazzi che le vengono infilati a turno nei buchi! Lei odia questo tipo di rapporto. Tutto dev’essere fatto con una accurata regia che le consenta di godere appieno dei maschi.
In particolare, vuole avere il tempo e il modo di assaporare fino in fondo tutta la sborra che sono capaci di scaricarle in bocca: è golosa di sborra.
Sa riconoscere il maschio dal sapore della sua sborra. E lo ha dimostrato. Ma di questo parleremo più tardi. Casa nostra ‘ siamo noi due soli ‘ ha un piano riservato alla nostra vita sessuale: due stanze che usiamo, quasi esclusivamente d’inverno, solo per scopare in tutti i modi che riusciamo ad inventare. Nel corso dei nostri viaggi abbiamo raccolto una collezione di falli finti e di oggetti per divertirci nelle lunghe notti d’inverno, magari guardando qualche video porno. Lei comunque vuole tutti i buchi pieni, e talora pieni all’inverosimile. Senza essere una vamp o un’attrice, Michela, magra e ben tornita, riesce ad essere, a seconda dei suoi desideri, molto sexy o molto comune; è ‘flessibile’, riesce cioè ad assumere posizioni che potrebbero sembrare quasi impossibili, grazie alla sua passione per la danza, che continua a coltivare con impegno; aborrisce i collant, preferendo indossare calze e reggicalze o, sotto i pantaloni, i collant ‘effetto reggicalze’; va orgogliosa della sua fica pelosa e odia maschi e femmine depilate; fa ginnastica per tenere sempre tonici i muscoli delle cosce, per cui riesce ad avere fica e culo strettissimi ma capaci di aprirsi a dismisura. Salvo in quei giorni, non indossa mutandine, neppure sul lavoro, dove è di una modestia e di una irreprensibilità assolute: non ama scherzare coi clienti. Ma comunque resta una troia : talora, quando è eccitata, gioca a ‘moglie sopra femmina sotto’. Approfittando del bancone che la nasconde agli occhi dei clienti dal seno in giù, organizza uno spettacolino solo per me: si china sotto il bancone, si toglie la gonna e resta nuda dalla vita in giù a trattare i clienti mentre la mia pressione arteriosa sale alle stelle alla vista del suo culetto incorniciato dalle calze di seta. Dimenticavo di dirvi che lavoriamo insieme e che siamo noi due soli la maggior parte del tempo, ma forse a questo punto era ovvio. E’ fortemente esibizionista e si eccita al pensiero dello sguardo arrapato di maschi che scrutano sotto la sua gonna, coi cazzi duri e bagnati. Il suo sogno è esibirsi in uno spettacolo osceno davanti a un pubblico di soli uomini nudi dalla cintola in giù: dice che il loro odore soltanto la farebbe arrivare.
Ma non pensate che disdegni le donne: anche una bella leccata di fica o un po’ di fisting, fatto e subìto, le piacciono molto, come anche succhiare un cazzo che esce caldo caldo da una fichetta per riempirle la bocca di sborra.
Eravamo in Toscana, di luglio, in vacanza in un agriturismo e avevamo un appartamentino con una terrazza che si affacciava sulla piscina, isolato dal resto del complesso; Michela avrebbe potuto prendere il sole nuda se non fosse stato per una villetta in costruzione in cui si affaccendavano cinque operai. I quali si mostravano comunque interessati al suo minuscolo bikini, lanciandole spesso lunghi sguardi lascivi. L’idea nacque così, spontanea: e se ‘.. ? La sera stessa all’orario di chiusura del lavoro avvicinai l’ultimo degli operai mentre stava chiudendo il cancello e parlammo per venti minuti.
‘Oggi si va in paese’ le dissi la mattina dopo ‘mettiti in tiro’. Usciti dall’agriturismo, ci trovammo di fronte la villetta. ‘Diamo un’occhiata ?’ chiesi, ed entrammo. Appena dentro, estrassi un suo foulard dalla tasca. ‘E’ una sorpresa’ dissi e le bendai gli occhi. Lei che aveva capito benissimo, rispose prontissima ‘Ma che sorpresa?’. La condussi nel seminterrato. Erano già pronti, tutti e cinque, perfettamente in silenzio, in cerchio intorno a una grande coperta, tutti completamente nudi. Uno spettacolo grandioso. ‘Ma che dobbiamo fare?’ mi chiese lei con voce lamentosa. ‘Vieni vieni’ e la condussi fino alla coperta. ‘Via le scarpe e la gonna’ ordinai. ‘ma vuoi scopare qui?’ mi rispose ‘nella nostra stanza non era meglio? E se arrivano i muratori?’ e intanto si sfilò la gonna e calciò via le scarpe, restando in reggicalze nero, sottilissimo, e calze trasparentissime di seta. ‘La camicetta’ ordinai nuovamente. E anche quella sparì; ovviamente non indossava reggiseno. ‘In ginocchio ora e apri la bocca’. ‘Hummmm, un bel pompino di primo mattino!’ esclamò lei inginocchiandosi. Intanto avevo fatto cenno a uno di loro che si era prontamente portato davanti a Michela, il cazzo già bello duro. Appena la cappella le sfiorò le labbra, cominciò a saettare la lingua, avvolgendola prima di ingoiarla. Poi lentamente risalì l’asta mentre il cazzo le scendeva verso la gola. A questo punto con un cenno feci avvicinare altri due ai lati e, da dietro, le presi le mani. Allargandole le braccia, molto lentamente, mentre lei continuava a spompinare, portai le sue mani sulle aste dei due, e gliele strinsi intorno. Al contatto coi due cazzi, fece un salto indietro, simulando grande sorpresa, e si strappò la benda dagli occhi. ‘Ossignore’ esclamò guardandosi intorno ‘ma è magnifico! Ma che cazzi meravigliosi! Tutti per me?’ Si alzò in piedi. ‘venite tutti qui, fatevi assaggiare’ disse facendosi circondare. Li abbracciò uno ad uno, baciandoli nella bocca, accarezzando bicipiti e pettorali, palpeggiando lo scroto a uno e succhiando la cappella all’altro, con calma, con gusto, mentre a mia volta mi spogliavo e mi univo al gruppo. Nessuno aveva ancora profferito motto. Quando ebbe completato la ‘conoscenza’ dei cinque si accovacciò a cosce larghe di fronte a due e cominciò un doppio pompino; gli altri cominciarono a sciogliersi e, un po’ esitanti, cominciarono a toccarla. Era scomodo per tutti, per cui, senza togliersi i cazzi di bocca, Michela si rialzò in piedi disponendosi a squadra, le cosce aperte. Come se lo avesse ordinato, uno di loro si sedette tra le cosce e cominciò a leccarla con gusto, sprofondandole la faccia nella fica, che immaginai fosse ormai fradicia, come se la scopasse con il naso.
Lei mugolava, persa nel suo piacere, alternando i due cazzi che le stantuffavano la bocca, fino a che il primo cedette, spruzzando sborra bollente nella bocca aperta. Lo succhiò fino all’ultima goccia, spalmandone un po’ sulla seconda cappella, come condimento, fino a far arrivare anche l’altro. Quando i due si allontanarono per riprendere fiato, Michela fece pressione sul viso di quello che la leccava costringendolo a terra e sdraiandosi su di lui in un 69. Poi protestò: ‘e il culo? Non vi piace?’ e si sollevò leggermente sulle ginocchia in modo da offrire l’ano grinzoso alla vista. Subito uno cominciò a leccarglielo golosamente. ‘Dai, riempitemelo’ gemette in estasi mentre intanto anche il terzo le schizzava sborra in bocca e sul viso. Quello che glielo leccava, prima con una certa esitazione, poi, constatando che la resistenza non era eccessiva, con un colpo deciso, le infilò la nerchia in culo, cominciando a sbatterla con giovanile vigoria.
(continua)
per commenti e suggerimenti: dalnota@alice.it
Quello che stava sdraiato a terra, completamente spompato, si tirò fuori, col viso tutto impiastricciato dagli umori della mia deliziosa mogliettina e barcollò in cerca di un po’ d’acqua; allora Michela fece un cenno a me e all’altro, che eravamo ancora a bocca asciutta; ‘sdraiatevi qui’ disse indicando il pavimento di fronte a sé ‘e mettevi cazzo contro cazzo’. Eseguimmo, sdraiandoci a terra culo contro culo, con le cosce accavallate, in modo da trovarci con le palle dell’uno che toccavano le palle dell’altro, e mi trovai il cazzo dell’altro stretto al mio dalle mani di mia moglie, che ci segava a due mani e contemporaneamente. Mi fece uno strano effetto, quel cazzo che si strofinava sul mio, quel pelo duro che mi strofinava tra le cosce e quelle palle che si strofi-navano sul mio ano, e questo, se possibile, aumentò la mia eccitazione.
Comunque, dopo averci scappellati per bene, Michela, reggendo i due cazzi ben tirati alla base, spalancò la bocca, ingoiandoli contemporaneamente. Ovviamente era quasi soffocata, e non poté andare oltre le cappelle, ma sul suo viso c’era un’espressione che non saprei definire se non come ‘estasi’. Contemporaneamente, esercitò uno dei suoi fantastici movimenti muscolari, strizzando in modo tale il cazzo di quello che la inculava, che lo costrinse a una sborrata epica, accompagnata da uno straordinario grido di godimento che contribuì senz’altro a far risuscitare i cazzi di quelli che avevano già goduto una prima volta (compreso quell’imbecille, il più giovane del gruppo, che oltre una ciucciatina iniziale non era andato e si era così eccitato dallo spettacolo da arrivare direttamente nella sua mano destra!).
Comunque, quello che prima le leccava la fica le si avvicinò da tergo, mentre lei si sistemava meglio, inginocchiata coi nostri due cazzi in bocca, allargando ancora leggermente le cosce, e, non so se per scelta o perché l’ano di Michela era ben dilatato e ben lubrificato di umori e sborra, la penetrò nuovamente in culo. Nessuno dei tre durò, per la verità, a lungo. Noi due arrivammo praticamente insieme riempiendole la bocca e l’altro, forse sapientemente guidato dai suoi movimenti muscolari, il culo. Eravamo stremati, a eccezione di Michela ovviamente, e tentammo di riprendere fiato, ma l’incanto venne rotto bruscamente dal rumore di un camion, un grosso camion, che si avvicinò rombando. Si fermò davanti alla villetta e una potente voce baritonale cominciò a chiamare : ‘Mario, dove cazzo siete? Ho portato le mattonelle’. I cinque, chiaramente intimoriti, si affrettarono a rivestirsi e a scomparire, lasciandoci soli. Anche noi ci rivestimmo e un quarto d’ora dopo, dopo essere sgusciati fuori come ladri, ci chiudevamo la porta della stanza alle spalle. Ci fissammo, un po’ imbambolati, un po’ confusi, un po’ incerti. Poi lei mi abbracciò, stringendomi forte e baciandomi la bocca; sapeva di sborra. Mi piacque. ‘Giornataccia’ le dissi. ‘Perché?’ rispose. ‘L’hai preso in culo diverse volte. Quindi, giornataccia’. Scoppiò a ridere e mi baciò nuova-mente. ‘Quanto ti amo, tesoro. E’ stata una sorpresa bellissima. Tutti quei cazzi! E tutta quella sborra! Ero assetata di sborra, assetata! Dio come mi sento bene, adesso. Piuttosto devi dire che nessuno mi ha chiavata! Non è giusto! E quel ragazzetto. Hai visto che bel cazzo duro aveva? E che buon sapore. Ha sprecato tutta quella buona sborra facendola cadere a terra.’ E così parlando si tolse gonna e camicetta buttandoli in un angolo e si sdraiò sul letto a pancia sotto. Allargò le gambe. Mi sfilai i pantaloni e la maglietta. ‘Hai il culo che ti sgocciola’ dissi osservando un rivolo sottile di sborra che le colava dal buco del culo, ancora arrossato, fino alla spaccatura della fica, impiastricciandole il pelo nero e ricciuto. ‘Ah, si?’ rispose, e passò due dita sulla parte, portandosele poi alla bocca. ‘Ahhhhhhh, è buonissima’ disse ‘un bouquet unico, una sinfonia di sapori’. Avevo il cazzo talmente duro che pensavo potesse esplodere. ‘Dai, assaggiala anche tu’ mi disse guardandomi maliziosamente. Diventai di pietra, sconvolto da quella proposta. Ma ero troppo eccitato. E se ‘.? Già, se ..? Così mi chinai sulle sue chiappe e comincia a leccarle il buco del culo, riempiendomi la bocca del sapore di altri uomini. Raccolsi con la lingua tutta la sborra sgocciolata dall’ano fino alle grandi labbra, poi mi accanii con la lingua sul buco del suo culo, infilandola dentro. Quando mi rialzai spingendo il bacino verso di lei, cercando con la cappella l’apertura della fica, mi fermò. ‘nel culo, Giuseppe, nel culo’. Eseguii. L’ano praticamente non fece resistenza. Comincia a pompare, ma dopo un minuto mi fermò. ‘Basta’ disse ‘ora mettimelo in bocca. Voglio sentire il sapore della loro sborra sul tuo cazzo’. Quando le inondai la gola di sborra bollente, aveva un’espressione di vera e propria beatitudine sul viso.
Dopo una settimana in collina, ci trasferimmo al mare, sulla costa romagnola. Per la precisione, a Misano Adriatico, dove alloggiammo in una pensioncina economica e molto dignitosa. L’idea non era solo quella di fare un po’ di mare. Vi ho detto che per movimentare le lunghe notti invernali, avevamo una vera e propria raccolta di cosiddetti ‘gadget erotici’, cioè in sostanza strumenti di penetrazione più o meno sofisticati. Vibratori, falli, dilatatori, collane di grosse palle di plastica e cose simili. La ricerca di tali oggetti diventava per noi un momento divertente ed eccitante, e avevamo visto che a Rimini esistevano ben tre porno shop. Sempre molto attenti alla nostra privacy (le persone meno gradite si incontrano sempre nei momenti meno graditi e nei posti meno graditi), pensammo che potevamo spostarci di pochi chilometri e fare i nostri acquisti senza problemi. Il pomeriggio del secondo giorno, partimmo per la nostra esplorazione; esaminammo attentamente tutti e tre i porno shop e ci decidemmo per il ‘*****’ per due motivi : non era sul lungomare, e quindi si presentava più discreto, sembrava meno affollato e inoltre aveva come gestore una ragazza, cosa questa che evidentemente aveva solleticato la fantasia di Michela. Il perché non era dato sapere: aveva i suoi piani e l’avrei scoperto al momento opportuno: faceva parte del gioco. Erano ormai le nove, momento, immaginammo, di massimo afflusso. Toccava a me entrare per primo (il gioco prevedeva che ci comportassimo come perfetti sconosciuti) ed eventualmente decidere se interrompere lo shopping; in tal caso sarei dovuto uscire nuovamente. Entrai e cominciai a girare indolentemente tra gli scaffali. Era organizzato in sezioni : libri e riviste, videocassette, biancheria intima e gadget. Tutto molto efficiente. Nel locale si aggiravano, in perfetto silenzio, sei persone, tutte molto attente a non guardarsi tra loro e tutte di sesso maschile. La commessa controllava con un occhio il negozio e con l’altro seguiva qualcosa su una piccola tv portatile installata sul bancone. Alle sue spalle una tenda, che presumibilmente si apriva sui locali di servizio. Più tranquillo di così! Dopo i dieci minuti convenuti, Michela fece il suo ingresso.
(continua)
per commenti e suggerimenti: dalnota@alice.it
Il locale era talmente silenzioso che il rumore, dei suoi tacchi prima, e dello strofinio che facevano le sue calze quando camminava, costrinsero tutti a volgere lo sguardo su di lei. Arrossì leggermente, ma continuò a muoversi, affrontando il corridoio tra gli scaffali delle riviste porno.
Gli altri distolsero subito lo sguardo, vergognandosi di essere lì. Ma cominciarono, tutti insieme, a muoversi strategicamente, per poter osservare meglio quella donna che osava entrare in un porno shop. Una puttana ? Si domandarono sicuramente. Ma dall’aspetto non si sarebbe certo detto. Era molto semplice e molto elegante, fasciata da un vestitino di leggerissima lanetta chiara che, se osservato con attenzione, lasciava indovinare la linea del reggiseno e i rilievi delle giarrettiere dove il reggicalze pinzava le calze velate. Ai piedi, chanel nere.
Il vestito sottolineava i fianchi torniti e valorizzava le gambe, lunghe rispetto al corpo e piene. Non lo sapevamo, in quel momento, ma stavamo per scoperchiare un vaso di pandora sessuale e per fare un incontro che avrebbe segnato un punto importante della nostra vita.
Ho un ricordo vivissimo di quella serata, pieno di dettagli che voglio condividere con voi perché alcune di quelle cose ritorneranno poi. Lo scaffale che percorreva conteneva quasi esclusivamente le riviste della mitica ‘Color Climax’, che non conoscevamo ancora : ‘Anal Sex’ ,’Private’, ‘Pirate’ e simili. Copertine favolose : cazzi fantastici, doppie penetrazioni, sborrate su lingue e labbra e visi di (finte) adolescenti, tutte bellissime. Intervallate da lesbiche assatanate che si penetravano con falli enormi. E qualche nero dalla nerchia gigantesca e dal nome improbabile come ‘Long Dong John’ (di cui vi risparmio la traduzione). Poiché la conoscevo benissimo, non mi meravigliai vedendo che rallentava il passo, rendendosi conto delle foto che aveva sotto gli occhi e, prima un po’ di sottecchi, poi, come se avesse fatto un ragionamento che alla fine l’aveva convinta, non solo fermandosi, ma addirittura prelevando e sfogliando la rivista che l’aveva colpita. Ero troppo lontano e impegnato a fingermi indifferente per notare quale fosse in quel momento; era un vecchio numero di Private, il numero 91 per la precisione : lei lo comprò quel giorno e ancora oggi ne conservo una versione scannerizzata. Michela, con la rivista in mano, proseguì sbirciando rapidamente lo scaffale delle video cassette (non avevamo un lettore lì con noi) e si soffermò molto più a lungo sui ‘gadget’, lanciando sguardi ai vibratori e ai falli finti disposti in ordine di grandezza : piccoli in alto, grandi al centro (con due varianti di doppio fallo per penetrazione ano-vaginale) e mostruosi in basso. Naturalmente, si concentrò, faceva parte del gioco, su quelli mostruosi. Quando si chinò per prendere un gigantesco fallo nero con una base che simulava due grossi coglioni tagliata in basso così da poterlo appoggiare, lo fece avendo cura di non piegare le ginocchia, in modo da mostrare ai fortunati che erano sulla linea di visuale, le sue meravigliose cosce incorniciate dai bordini delle calze. L’abitino le salì fino al limite delle chiappe, per cui, per un attimo, chi poté osservò anche che non portava mutande: un ciuffetto di pelo scuro faceva infatti capolino dalla fessura tra le cosce. La paradisiaca visione durò un istante ‘ sufficiente a far rizzare almeno tre cazzi, da quanto potevo vedere ‘ poi si avvicinò al bancone, sotto lo sguardo della ragazza che evidentemente l’aveva trovata più interessante della soap opera che seguiva con un occhio solo. ‘Ciao’ disse Michela appoggiando i suoi acquisti sul bancone. ‘Ciao.’ Rispose la ragazza ‘sono Carmen. Ti serve altro?’. Io intanto mi ero strategicamente avvicinato, per poter seguire la conversazione, e intanto frugavo tra le video cassette, esaminandole con attenzione da intenditore. ‘Bé, forse sì. Dipende. Si possono provare ?’ disse Michela facendo un gesto della mano ad indicare la biancheria intima, esposta alla sua sinistra. ‘Se ti riferisci alla biancheria’ rispose Carmen con un sorriso tra ironico e arrapato ‘ certo. Se invece ti riferisci a questo ‘ e mise una mano sul fallo nero ‘possiamo parlarne ‘.’. Giuro che Michela fu presa completamente alla sprovvista e arrossì violentemente (cosa piuttosto rara) prima di riprendere il controllo. ‘Alla biancheria ‘ disse ‘e per il resto, parliamone’. ‘Vieni, dai’ disse Carmen scostando la tenda e rivelando l’ambiente interno, che, potei notare, era riservato al fetish e al sado-maso. ‘puoi metterti lì, nessuno ti vede e se mi dici cosa ti interessa, ti passo io i capi’. Evidentemente una sorta di camerino si apriva parallelamente alla tenda, impedendo lo sguardo dal negozio principale, per cui mi spostai proprio a fianco della tenda stessa : se non potevo guardare, almeno avrei ascoltato. Dal fruscio capii che Michela si era sfilata il vestito ‘quella guepiere nera con gli inserti rossi’ la sentii. Carmen si spostò per prendere il capo richiesto e potei finalmente osservarla per intero. Decisamente una bella ragazza, dal seno pieno e dalle gambe abbronzate, abbellite da una cavigliera d’oro. Indossava degli zoccoletti e aveva le unghie dei piedi accuratamente laccate di rosso. La gonna le fasciava i fianchi pieni e sodi. Mani curate dalle dita lunghe. Una bella ragazza, sui venticinque avrei detto. Rientrò con la guepiere e si fermò davanti al camerino. La porta era evidentemente aperta perché la sentii sussurrare ‘Ma le mutande?’ ‘Non le uso quasi mai’ ‘Togliti il reggiseno, se no non puoi infilartelo’ ‘Infilarmi cosa ? Di solito per infilarmelo basta togliermi le mutande, che non ho.’ ‘Il bustino, cara! Il bustino’. Mentre si infilava la guepiere, Carmen si affacciò per controllare che i clienti non approfittassero della sua assenza per fregarsi qualcosa. ‘Allora come sto?’ la voce di Michela la richiamò all’interno. ‘Mamma mia, faresti intostare un morto’ rispose Carmen a voce bassa e roca. Era colpita e arrapata. ‘Guarda come mi fa il didietro’ proseguì Michela, evidentemente girandosi. ‘Perfetto. Magari ti aggiusto un po’ questa bretellina’ e scomparve nel camerino, uscendone solo dopo due minuti. Era evidentemente eccitata e leggermente fuori fase. ‘Ok, lo prendo’ disse Michela e due minuti dopo le allungava la guepiere. ‘Trovami anche un paio di calze di seta. Rosse’. ‘Rosse ?’ ‘Sì, rosse. Mi piacciono e fanno pendant’. Uscita dal camerino, Michela si mise a curiosare in giro; dopo un po’, uscì con una rivista in mano e posò anche quella sul bancone, ma stando dalla parte di Carmen; avvicinò la testa alla sua e si misero a parlare fitto. Non riuscivo a capire una parola. Poi scrisse un biglietto, prese 150.000 lire dal portafoglio e, senza dire una parola né lanciarmi uno sguardo, uscì. A mani vuote. Dopo dieci minuti e senza comprare nulla (avevamo speso già abbastanza!) la raggiunsi all’isolato successivo. Ci infilammo in un bar e prendemmo un separé per stare soli. ‘Bé ?’ Chiesi ‘Poco per centocinquantamila lire’. ‘Consegna a domicilio, scemo’. ‘Quando ?’. ‘Domattina alle nove. Meglio che fai colazione con lo zabaglione’. ‘Tu dici?’. ‘Dico’. ‘E quella rivista che hai preso den-tro?’ ‘Ecco, di quella dovremmo parlare. Sai mi ha fatto uno strano effetto. Molto strano. In effetti, è una cosa che stavo pensando da quando abbiamo fatto quel giochino coi muratori’. ‘Bé, che ti piacessero molti cazzi ce lo eravamo detti mille volte’. ‘Comincio a pensare che sia qualcosa di un po’ diverso, Giuseppe. Ne parliamo domani, vuoi ?’
(continua)
per commenti e suggerimenti: dalnota@alice.it
Aspettammo Carmen con una certa ansia, perché lei e Michela si erano scambiate solo poche parole e se era evidente che quell’appuntamento ave-va lo scopo di usare il fallo acquistato, non era affatto detto che Carmen a-vrebbe gradito la mia presenza e men che meno le mie affettuose attenzioni.
E mentre lei si era messa in gran tiro per scopare, con una trasparentissima vestaglia che ‘scopriva’ il suo bel corpo vestito unicamente con un reggicalze bianco, calze color visone e civettuole pantofoline col ciuffetto di pelo bianco, io ero vestito di tutto punto, calzini compresi, pronto ad abbandonare la scena se Carmen non avesse gradito la mia presenza.
In realtà andò tutto liscio e se fu sorpresa di trovarmi in quella stanza, non lo diede neppure a vedere. Quando dalla hall telefonarono per annunciare la sua visita, Michela mi strinse la mano. ‘Sono già bagnata’ mi disse; e in ef-fetti anche io avvertivo un formicolio nelle parti basse, che annunciava già un’erezione. E ancora non l’avevamo vista! Bussò e fu Michela ad aprirle la porta. Si salutarono come vecchie amiche. Entrando, mi diede le spalle ed ebbi un momento per osservarla prima di essere coinvolto nella conversazione e esaminato per l’eventuale ammissione alla festicciola. Confermò la mia prima impressione: una ragazza piacevole pur senza essere una star; si era vestita in modo piuttosto formale, con un completino di seta ecru; notai che si era messa le calze, evidenti dato che indossava sandali aperti coi tacchi alti che mostravano la punta dei piedi e i talloni; la catenina d’oro c’era ancora, alla caviglia, sotto le calze. Impugnava una ventiquattrore, dando l’impressione di un’impiegata di banca, più che di una commessa di porno shop. ‘Ti ho portato tutto’ esordì ‘e anche qualche altra sorpresina’. Giran-dosi per osservare l’ambiente, finalmente mi vide e fermò lo sguardo su di me. ‘Ti presento Giuseppe’ le disse Michela afferrandole il polso ‘mio marito. Se vuoi, può partecipare’. Sempre immediata ed esplicita, mia moglie. ‘Ciao’ la salutai e le allungai la mano alzandomi. ‘Ma io ti ho già visto’ replicò stringendomi la mano e corrugando leggermente la fronte nello sforzo di focalizzare il ricordo.
‘Ieri sera!’ esclamò ‘C’eri anche tu quando è arrivata Michela. Vi piacciono i giochini eh?’. ‘E già.’ Risposi ‘E a te?’. ‘Oh, io sono aperta a tutte le esperienze. Preferisco la fica, sono sincera, ma qualunque cosa passi il convento, se c’è almeno una bella fica da leccare, mi sta bene. Del resto, tra di noi usiamo falli finti, no? Quelli veri magari sono meno tosti, ma sicuramente profumano diversamente!’. ‘Sei una buongustaia, proprio come me’ disse Michela. ‘Infatti ti ho riconosciuta a pelle, all’istante. E ho anche capito che il tuo interesse per la fica non è esclusivo, per cui trovare un marito è stata una sorpresa molto relativa, te lo confesso’. ‘Allora mettiamoci comodi e cominciamo a berci qualcosa mentre ci fai vedere cosa hai portato’ fece Michela, avvicinando una sedia alle due poltroncine che costituivano, insieme a un tavolinetto di cristallo, il nostro salotto. Chiamò il servizio in camera e ordinò caffè e cornetti per tutti insieme a una caraffa di aranciata. Carmen, intanto aveva aperto la valigetta avendo cura di coprirne il contenuto con il coperchio. Sorrise maliziosamente. ‘Una cosa alla volta’ disse ‘per non rovinare la sorpresa. E una domanda per ogni oggetto. Vietato dire bugie’. ‘D’accordo’ rispondemmo all’unisono. ‘Le calze’ disse estraendole ed allungandole a Michela. ‘Perché rosse?’. ‘Perché nei fumetti e nelle riviste che leggiamo quella con le calze rosse è sempre la più troia, quella che si becca più cazzi e più sborrate in bocca e in faccia. Sempre’. ‘Però! Hai le idee chiare, tu’ replicò Carmen. ‘Questa rivista ora. Perché proprio questa?’. E le allungò il numero 91 di Private. ‘perché c’è il riassunto di quello che mi piace: una doppia sborrata in bocca al centro’ e indicò la copertina ‘qui a sinistra lei sta facendo uno strip e toccandosi la fica davanti, guarda, a ben SETTE maschioni arrapati. Sette cazzi solo per lei, capisci? E’ una cosa fantastica. E qui a destra, vedi?, non solo glieli stanno mettendo in bocca in circolo, che mi fa impazzire, ma la stanno addirittura sfondando con una mano nella fica fino al polso. Penso che sarei morta di piacere, io’.
In quel momento bussarono alla porta. Il servizio in camera. Aprii e ritirai il carrello evitando che il cameriere entrasse in camera, anche se non riuscii a impedirgli di sbirciare dentro. Ma non c’era molto da vedere, pensai richiudendo la porta, per rendermi poi conto che dalla porta si poteva guardare direttamente nella valigetta aperta di Carmen, e che quell’enorme fallo nero era molto ben evidente.
Ma ormai era fatta e non potevo farci niente, per cui accantonai il pensiero e potei finalmente liberarmi dei pantaloni che, dato che l’interrogatorio di Carmen mi aveva eccitato come un animale, stringevano fastidiosamente tra le gambe. Carmen si rivolse a me, mentre Michela serviva il caffè. ‘E a te non danno fastidio le fantasie di tua moglie? Se decidesse di farsi scopare da un gruppo di maschi, cosa faresti?’. ‘E chi ti dice che non l’abbia già fatto?’ replicai, con l’immagine di Michela che ciucciava due cazzi contemporaneamente, la bocca piena all’inverosimile. ‘Infatti, lo abbiamo già fatto’ intervenne mia moglie ‘con cinque muratori.
Anzi quattro per la precisione, perché uno non ha partecipato molto. Carinissimi’. ‘E Giuseppe?’ chiese. ‘Ha dato il suo bel contributo’ le rispose sorridendo. ‘La sua sborra era la più profumata, densa e saporita’ con orgoglio. ‘Da come lo dici, mi fai quasi venire voglia di assaggiarla’ disse Carmen allungando lo sguardo sul mio cazzo duro che finalmente avevo liberato anche dallo slip. Niente di che, diciamolo chiaro, nulla che meritasse un servizio fotografico in una di quelle riviste porno, ma comunque neppure da buttar via. Insomma, faceva comunque la sua porca figura.
‘Insomma, non sei un tipo geloso’ concluse Carmen. ‘Ti sembrerà strano, ma se si tratta di scoparsela, cioè di farla godere, allora qualunque mezzo o modo va bene, per me. Se si inna-morasse di un altro, sarebbe diverso. In quel caso, potrei anche diventare geloso.’. ‘Ma non è che il cazzo che sbatte tua moglie vorresti sbattesse te?’. ‘E se fosse? Mi pare che tutte e due siete venute qua per leccarvele reciprocamente. Per voi va bene e per me no?’. ‘In effetti, non hai tutti i torti’ mi rispose, poi riprese la sua pesca dentro la valigetta. ‘La guepiere non ha bisogno di commenti, e neppure il cazzone che hai scelto’ disse allungandole gli oggetti ‘ma questo mi pare che esca un po’ dal seminato’ concluse estraendo la famosa rivista che non avevo potuto sbirciare nel porno shop. Ora finalmente potevo vederla e confesso che mi lasciò assolutamente sconcertato. Era una raccolta di disegni, intitolata ‘Obbedisci’ di Joseph Farrel. In copertina una sposina ‘ la si riconosceva dal velo ‘ piangente veniva penetrata contemporaneamente in ano e vagina da due bruti, di cui uno nero. I capezzoli erano stretti da mollette da bucato. A sinistra, un terzo bruto, con un frustino in mano e con un cazzo di notevoli dimensioni, stava per forzarglielo in bocca. A destra lo sposino novello, ancora con l’abito delle nozze, legato a una trave grida disperato, ma sotto i pantaloni gli si indovina l’uccello duro. Michela non allungò le mani a prendere le rivista e arrossì. ‘Di questo vorrei parlare dopo, se non vi dispiace’ disse. E per sviare la nostra attenzione, si portò l’uccellone alla bocca e cominciò a leccarlo fissandoci con espressione quasi di sfida. Riuscì a distrarci.
(continua)
per commenti e suggerimenti: dalnota@alice.it
Carmen le sfilò la vestaglia e la baciò voracemente sulla bocca, strofinandosi addosso a Michela che ricambiò cominciando, lentamente, a spogliarla, fino a lasciarla con solo le calze e il reggicalze. Poi le allargò delicatamente le gambe e si inginocchiò, cominciando a leccarle la fica. ‘Ma che c’è qua ?’ chiese, incontrando con la lingua qualcosa che non si aspettava. Le allargò le grandi labbra e scoprì due anellini d’oro. ‘Ma cosa hai fatto, ti sei messi gli orecchini alla fica ?’ domandò, chiamandomi con un gesto perché osservassi a mia volta. ‘Belli eh?’ replicò lei, tutta contenta. ‘Le mie amiche vanno in brodo di giuggiole quando mi leccano. Guarda, si fa così ‘ disse stendendosi sul letto e afferrando i due anellini, uno con ciascuna mano, e tirandoli verso l’esterno. La fica le si spalancò, offrendosi alla lingua di Michela, che cominciò a leccarla e a succhiarle la clitoride, strappandole gridolini di piacere. ‘Giuseppe aiutaci’ mi disse, al che mi avvicinai pieno di speranza e ardore : potevo finalmente partecipare. ‘Prendi un po’ di quella roba che c’è nella valigetta’ disse. Fortunatamente, teneva gli occhi chiusi e non notò la delusione che mi si dipinse in viso.
Presi cinque o sei falli e li appoggiai sul letto, mentre Michela si era sistemata in un bel 69 per essere ricambiata. Comunque, visto che era mia moglie, pensai che almeno su di lei potevo fare qualche giochino, così mi chinai tra le sue chiappe e cominciai a leccarle il buco del culo. Carmen incrociò il mio sguardo e si mosse strofinando la lingua sulla fica di Michela fino a entrare in contatto con la mia.
Fu una specie di bacio ‘esterno’ ma servì a sciogliere definitivamente il ghiaccio. E così mentre Carmen raccoglieva un vibratore e lo infilava pian pianino nel culo di Michela, le nostre lingue si sincronizzarono, infilandosi insieme nella fica spalancata.
‘Oddio cosa mi state facendo’ gridò con voce strozzata Michela. ‘Credo che potrei morire’.
‘Fatelo anche a me allora’ disse Carmen e fece forza sulle ginocchia di Michela perché si scambiassero di posizione. Anche io mi trasferii dall’altra parte, per scoprire che la fica di Carmen era già stata riempita da un bel vibratore, per cui riservammo la nostra ‘doppia leccata’ al buco del culo, fino a che fu lucido di saliva. Quindi anche quel buco fu riempito. Nel giro di dieci minuti, l’unico a non essere arrivato ero io. Le ragazze si presero un momento di riposo, di cui approfittò Carmen per estrarre un nuovo coniglio dal suo magico cilindro : un doppio fallo dotato di cinghia. Indossarlo era già di per sé uno spettacolo : bisognava appoggiare una gamba su una sedia tenendo le gambe larghe e infilarsi il primo fallo nella fica; poi assicurarsi le cinghie ai fianchi; e si era pronti a penetrare la compagna, assicurando nel contempo la propria penetrazione.
Ogni colpo di fianchi su Michela, si sarebbe trasformato in un colpo altrettanto efficace dentro Carmen. Semplice.
Michela aveva assistito affascinata alla ‘vestizione’ e adesso si sdraiò allargando le gambe per accogliere il ‘cazzo’ della sua nuova amica. Che la penetrò con mascolino ardore sdraiandosi su di lei. Mentre si muoveva ritmicamente, le ragazze si strofinavano reciprocamente i capezzoli pizzicandoli; e si baciavano selvaggiamente, le lingue che guizza-vano dalle bocche rosse e spalancate.
‘Ho bisogno di sentire odore di cazzo’ mormorò Michela. ‘Giuseppe, mettimelo in bocca, ti prego, voglio annusarlo ed assaggiarlo’. Non me lo feci ripetere due volte e, visto che comunque Carmen non smetteva di baciarla, appoggiai la cappella tra le loro due bocche. Era ovviamente grondante di umori, che evidentemente incontrarono il gusto anche di Carmen, perché mi ritrovai il cazzo letteralmente travolto in un vortice di bocche, lingue e denti, mentre a turno una lingua mi esplorava l’asta per tutta la sua lunghezza.
Non avevo speranze: in cinque minuti mi ritrovai a sborrare. Furono molto brave : si divisero tutto da buone amiche, leccandosi labbra e lingue fino all’ultima goccia. Eravamo tutti spompati e ci rifocillammo. Carmen si era sfilato il fallo doppio grondante dei suoi liquidi e l’aveva appoggiato sul letto disfatto; Michela si mise a frugare tra le sue cose nell’armadio e ne riemerse con due mollette. ‘Che dite faranno male ?’ ci chiese riferendosi evidentemente ai disegni di Farrell. ‘Ma ‘sta cosa proprio ti ha colpito, eh?’ le dissi ‘Hai fantasie in cui subisci violenza ?’. ‘E’ stato in Toscana, Giuseppe. Ripensavo a tutti quei cazzi, e a me che ero in quel momento solo un oggetto sessuale. Mi sono detta, ma se devo essere oggetto sessuale, perché non esserlo davvero fino in fondo? Fare il giocattolo’. ‘Ma questo non c’entra col farsi male’. ‘Ma quanto dolore può esserci in una molletta sui capezzoli? Pensa invece a quanto godimento, nel non poterti muovere, nel dover soddisfare questi cazzi duri, nell’essere costretta a leccare la loro sborra, i loro corpi. Possibile che non capisci?’. ‘Non capisco, ma mi adeguo’ risposi e la afferrai per le braccia costringendogliele dietro la schiena. ‘Dai Carmen, accontentiamola’ e allungai le mollette a Carmen. Lei si chinò a leccarle i capezzoli, succhiandoglieli fino a indurirli per bene, poi applicò le mollette, causando un gridolino di piacere.
‘Ma è bellissimo.’ esclamò. ‘E ora anche il resto allora’. Le legai approssimativamente le braccia con un asciugamano e la costrinsi sul letto carponi, col culo all’aria e le cosce aperte. Poi presi il grosso fallo nero e glielo ficcai nel culo, che era comunque talmente bagnato che non oppose alcuna resistenza. Carmen si era seduta vicina alla sua testa e le afferrò i capelli sollevando la bocca verso di lei; prese il doppio fallo e cominciò a strofinarle labbra e guance con la parte che era stata dentro la sua fica.
‘Mamma mia come godo’ mugolava Michela, che cominciò a leccare il liquido vischioso che la ricopriva, mentre io da dietro la penetravo tra le gambe usando lo stomaco per sincronizzare i movimenti del pene nero che le sfondava il culo. Mancava solo lo sposino. Riproduzione perfetta. Non so quanti orgasmi ebbe lei, ma io arrivai in cinque minuti esatti, nonostante la precedente sborrata, e le riempii la fica. Poi mi accasciai, praticamente defunto, con l’affare sgocciolante che pendeva pateticamente tra le gambe.
Fu in quel momento che giunse dal corridoio un trambusto, evidentemente causato da un carrello usato per portare la colazione ai piani. Ero incuriosito, ma dovetti prima cercare qualcosa per coprirmi, e quando aprii la porta paludato in un accappatoio, il corridoio era vuoto.
‘Devo farmi una chiacchierata col cameriere al piano’ riflettei tra me rientrando. Le ragazze erano finalmente crollate e giacevano scomposte sul letto. Michela aveva i capezzoli rossi e Carmen la guardava adorante. ‘Sei una donna fantastica, Michela’ le disse ‘e ho delle conoscenze che secondo me ti faranno passare una settimana incredibile qui a Rimini.’ ‘Chi ?’ chiesi, interessato. ‘Si chiamano Mario e Tonio. Sono due figli di papà, vengono qui tutti gli anni e hanno un giro molto particolare. Frequentano il mio porno shop con le mogli e cercano sempre oggetti un po’ strani. Ma soprattutto, hanno due marinai di colore’.
‘Oddio, coi cazzoni enormi ?’ chiese subito Michela.
‘Questo non lo so, ma dicono che i neri ce l’abbiano più grosso’.
‘E quando ce li fai conoscere ?’ sempre Michela. Mi sentivo vagamente inquieto.
‘Non so, credo che stiano sulla loro barca. Magari uscendo vedo se posso parlarci. Se no, dovremo aspettare che passino in negozio’.
‘No, dai, valli a cercare, ti prego. Due negroni dove li troviamo più?’ sempre Michela.
Ed io sempre più inquieto.
‘Ok, vedo che posso fare. Giuseppe tu sei d’accordo?’
‘Bé, si, insomma, in effetti, non so ” balbettai.
‘Ma certo che è d’accordo’ concluse lei per me. E così entrammo nel giro di Mario e Tonio.
(continua)
per commenti e suggerimenti: dalnota@alice.it
Dopo una doccia, Carmen andò per conto suo, io e Michela trascorremmo il resto della giornata al mare. Dopo cena, in assenza di novità, Michela
dichiarò che era stanchissima e filò direttamente a letto. Io non la raggiunsi subito: avevo riconosciuto il cameriere che ci aveva servito la mattina, e ci feci una bella chiacchierata.
La telefonata arrivò la mattina dopo intorno alle nove; Michela era in bagno e risposi io.
‘Si ?’. ‘Ciao, sei Giuseppe?’. ‘Si, chi parla?’. ‘Sono Mario. Ci ha dato il numero dell’albergo Carmen. Disturbo?’. ‘Ah, si, dimmi pure. No no, nessun disturbo. Siamo già quasi pronti per il mare’. ‘Beh, senti, ti parlerò molto chiaramente.’
Nel frattempo Michela era uscita dal bagno e vedendomi al telefono era corsa ad appoggiare l’orecchio al ricevitore: aveva capito già di cosa si trattava.
‘Oggi pomeriggio c’è una festa. Una ventina di coppie, ambiente esclusivo e riservato. Tutte persone già rodate e pronte a tutto. Ma ammettiamo una nuova coppia, qualche volta. Però debbo dirti chiaro che non ci possono essere ripensamenti. Se tua moglie non è disposta a prendere qualunque cazzo le si offra, meglio
evitare.’ Lei mi guarda e scuote la testa su e giù con forza. ‘Ma anche TUA moglie se le metto davanti il mio ‘ ?’ replicai. ‘Certo, ovvio. Ma le regole ve le spieghiamo stasera. Allora, appuntamento al ‘Sottosopra’ a ****. Sono venti chilometri scarsi’. ‘Nessun problema’. ‘Alle 6 precise chiudiamo le porte e non entra più nessuno, quindi entro quell’ora dovete essere là. Meglio comunque non arrivare troppo prima. Dobbiamo organizzare l’ambiente. C’è una sorpresa.’. ‘Va bene, ci saremo’ dissi e la conversazione fu interrotta.
‘Io lo so qual è la sorpresa ‘.’ Canticchiò Michela felice come una bambina a Natale ‘sono i cazzoni dei negroni ”
Non sapevo se ridere o piangere.
Arrivammo alle sei meno un quarto, tutti in tiro. Io in giacca e cravatta, lei con un vestito di seta rossa leggerissimo ma non trasparente, con una spaccatura vertiginosa sui fianchi che arrivava alle anche; per l’occasione aveva indossato la guepiere e le famose calze rosse.
Da infarto.
Il locale all’esterno non era molto appariscente; di maniera, aveva però le finestre con spessi vetri colorati che nascondevano perfettamente l’interno. Alla porta, tre uomi-i, di cui palesemente due erano buttafuori. Quello al centro ci sorrise allungando la mano in un saluto. ‘Giuseppe e Michela, immagino’ esordì ‘io sono Tonio. Io e Mario organizziamo l’evento con le nostre signore. Se vogliamo entrare, aspettavamo solo voi’. E ci fece strada all’interno. La porta si aprì su una piccola sala che era evidentemente stata sgomberata per l’occasione e che conteneva da un lato un lungo stender completo di grucce; sull’unico tavolo erano ammonticchiate delle mascherine da carnevale.
‘Se lo gradite, per garantire meglio la vostra privacy qui ci sono delle maschere’.
‘Dobbiamo ?’ chiese lei. ‘No, chi vuole può alterare i suoi lineamenti, ma è assolutamente facoltativo. Comunque gli ospiti sono tutti scelti con cura e non vi importunerebbero MAI fuori di qui. Su questo potete stare tranquilli’. ‘Allora io non la voglio’.
E fu così che facemmo il nostro ingresso nella sala della festa, con le nostre facce nude.
Il locale, molto grande, era stato sgomberato. I tavoli accostati alla parete più lunga erano parzialmente preparati con un ricco buffet; piatti freddi e bevande. Gli ospiti chiacchieravano distribuiti un po’ dappertutto; a occhio, giudicai che si trattasse di una ventina di coppie; solo sette od otto persone avevano optato per la mascherina, ma, notai, una sola donna.
Sul lato corto, una pedana costituiva una sorta di palcoscenico, impressione rafforzata da una tenda che chiudeva completamente le spalle della struttura. Al nostro ingresso, un uomo elegante salì sul palco e richiamò l’attenzione di tutti.
‘Amici, siamo tutti qui e possiamo finalmente dare inizio alla festa. Per voi che ancora non mi conoscete, sono Mario. Stasera abbiamo diverse sorprese. Ma prima permettetemi di ricordarvi le regole della casa, che tutti dobbiamo rispettare, pena l’esclusione permanente dalle prossime feste. Qui vi ricordo che non è ammessa nessuna forma di coercizione. No vuol dire no. Punto. Qualunque cosa vogliate fare, il partner o i partner devono essere consenzienti. Non ci sono estranei, per cui il buffet è laggiù e ciascuno deve servirsi da solo. Non ci sono bevande alcoliche, a scanso di equivoci. Le signore del comitato distribuiranno gadget sessuali nel corso dell’esposizione dei quadri erotici, insieme a dosi massicce di vasellina che come vedrete oggi si riveleranno necessarie’
Michela mi strinse la mano; sapevo a cosa pensava.
‘La festa finirà esattamente alle cinque di domattina. A quell’ora arriva la squadra delle pulizie e dobbiamo lasciare il locale che riapre per il pranzo. E ora le questioni di etichetta. Sapete che di norma il ruolo della prima puttana spetta alla nuova entrata, se c’è. Quindi per tradizione sarebbe toccato a Michela’ e qui la indicò con un gesto della mano ‘ma abbiamo saputo dalla sua presentatrice che si vanta di saper riconoscere la sborra del marito dal sapore’. Qui un mormorio si diffuse in sala, subito sedato da un gesto dell’uomo. ‘Sara, la moglie di Tonio, sostiene di esserne capace anch’essa, per cui decreto che effettueremo una ‘disfida della sborra’ che designerà i ruoli di prima puttana e della sua schiava. E ora la sorpresa. Sapete che nelle nostre feste ci sono sempre degli stalloni in affitto, perché le nostre ospiti gradiscono essere penetrate contemporaneamente in più parti e con le coppie si sono creati problemi. Quindi stasera abbiamo ben ‘.. ‘ e fece sbattere due volte le mani. Dalla tenda cominciarono a uscire dei meravigliosi uomini di colore, nudi dalla cintola in giù. Michela sgranò gli occhi alla vista di quelle magnifiche nerchie scappellate e si portò una mano alla bocca. ‘Oddio’ mormorò. ” otto mandinghi. Confido che tutti i buchi saranno egregiamente riempiti. Le nostre mogli garantiscono sulla vitalità dei miei marinai (che comunque sono a stecchetto da una settimana), e loro su quella dei loro amici, che mi dicono essere militari di stanza a Bagnoli in licenza. E ora, via i vestiti e divertiamoci’. Gli uomini si mossero di concerto, evidentemente era frutto di abitudine, e si diressero all’antisala, disponendo giacche, camicie e quant’altro sulle grucce, mentre le donne fecero capannello, presentandosi a Michela e cominciando ad apprezzare la merce. Mi accodai agli altri e al rientro trovai le femmine quasi tutte in biancheria ai minimi termini. Naturalmente Michela era al centro delle attenzioni in qualità di nuova arrivata. Mi colpì il fatto che pur essendo tutte senza slip, nessuna era a tette nude. Accanto a Michela c’era una bella bionda in lingerie azzurra finissima; le stava spiegando qualcosa. Ma la mia attenzione fu catturata da una sorta di muro di cartone che era stato alzato a formare un triangolo con la pedana e nel quale si aprivano 6 buchi rotondi. Mario, l’unico ancora perfettamente vestito, richiamò la nostra attenzione. ‘Per favore, dobbiamo dare inizio alla disfida della sborra. Tutti gli invitati dotati di cazzo si rechino dietro la tenda. Le femmine si mettano di spalle al muro dell’amore. I miei ragazzi controlleranno che le sfidanti non sbircino comunque’. Mentre anch’io scivolavo dietro la tenda vidi che quattro dei neri avevano stretto sia Michela sia la donna in azzurro (Sara, arguii), in un sandwich che impediva loro di girare la testa verso il muro. Intruppati là dietro, l’odore di sesso era fortissimo, e tutti i cazzi, più o meno, si ersero. Mario mi fece cenno di sistemarmi sul secondo buco e presto venni raggiunto dagli altri cinque. Quando alle femmine fu consentito girarsi, videro sei cazzi simili tra loro riempire il muro dell’amore. ‘Comincia Michela’ decretò Mario. Noi sei potevamo seguire la scena da un minuscolo forellino all’altezza degli occhi : vidi i due neri sollevarla stringendole le chiappe e trasportarla fino al lato sinistro del muro. Lei si resse impugnando uno dei cazzoni in ciascuna mano.
Arrivata di fronte al primo cazzo, si inginocchiò, lo prese con la destra e cominciò a succhiarlo.
(continua)
per commenti e suggerimenti: dalnota@alice.it
Non potendo più vedere mia moglie, osservai il mio compagno : dalla sua espressione, stava mettendo tutta la sua arte in quel pompino! Non durò a lungo! In venti minuti, tutti e sei avevamo diligentemente eiaculato nella bocca di mia moglie. Mentre nella sala si svolgevano le ‘operazioni di voto’ venimmo sostituiti da altri sei membri e anche Sara procedette al suo esame. Per amore di verità, devo dire che Michela fu più brava. A Sara occorse più tempo. Comunque finalmente potemmo rientrare e facemmo circolo intorno alle due donne, in attesa della proclamazione. Mario salì sul palco e mostrò i biglietti dove avevano segnato il numero del cazzo del proprio marito.
Michela aveva scritto 4 !!!!!
Sara aveva indovinato.
La osservai, mentre Mario proclamava Sara prima puttana della serata, con diritto a imporre i quadri erotici, e Michela sua schiava, col compito di assecondarne i desideri. Non mi sembrò né turbata né dispiaciuta. Nel frattempo, in attesa della definizione del primo quadro erotico, cominciarono a formarsi vari gruppi.
Essendo nuova, Michela attirava l’attenzione e peraltro la sua abilità di pompinara si era sparsa, per cui si trovò presto al centro dell’attenzione. Così mi ritrovai a osservare la mia bella mogliettina accovacciata sui talloni e circondata da cinque cazzi duri che le penetravano a turno in bocca.
Mentre osservavo la scena, eccitato e forse anche un po’ geloso (in fondo era la prima volta che io NON partecipavo) mi raggiunse quella con la mascherina e mi si mise di fronte.
‘Geloso ?’ mi chiese. ‘Non troppo’ risposi. Rise ‘Ma anche tu puoi avere tutta la fica che vuoi, qui. Guarda.’ E fece un cenno a un’amica che la raggiunse. Insieme si misero a leccarmi il cazzo, toccandosi tra loro. Era una bella sensazione quella di essere spompinato osservando mia moglie che succhiava cazzi a rotazione, spostandosi da una cappella all’altra e tenendone sempre uno in bocca e uno in ciascuna mano. Molto eccitante.
Poi una di loro si mise a pecorina e l’altra mi aiutò a infilarglielo nel culo. Mi concentrai nell’operazione e quando rialzai gli occhi, mi accorsi che uno dei neri stava arrivando alle spalle di Michela.
Le appoggiò il cazzo alla spalla, facendo occhieggiare la sontuosa cappella. Lei non aspettava altro da due giorni ! Si girò a mezzo prendendola tra le labbra.
Quella sotto di me mugolava, aiutata, mi resi conto, dalla mano della donna con la mascherina, che si era insinuata nella sua fica: sentivo le dita sul mio cazzo.
Il nero intanto aveva fatto alzare Michela e la baciava. Vedevo al lingua, così rosa contro il nero della pelle, guizzare nella sua bocca. Era un uomo possente. Le sue dita frugavano tra le cosce di mia moglie. Poi la sollevò afferrandola per la vita e se la caricò, mettendola a testa in giù e affondandole la faccia nella fica che immaginai fosse già fradicia. Era uno spettacolo.
Che fu interrotto alla mia vista dall’arrivo di uno che stava osservando noi e aveva pensato che quella che mi inculavo, in fondo, aveva ancora posto, per cui le si piazzò davanti mettendole il cazzo in bocca. Per fortuna l’operazione richiese che si chinasse e potei continuare ad osservare la scena.
Michela a testa in giù si reggeva con entrambe le mani al cazzo del nero, succhiandolo e mordic-chiandolo, mentre quello continuava a leccarle la fica e a ficcarci tutta la lingua. Fu raggiunto da un compagno, che la afferrò per i capelli e affiancò il suo al cazzo dell’amico, premendo forsennatamente per infilare anche il suo nella bocca di mia moglie. Come avrei dovuto, immaginare, Michela era riuscita a diventare il centro delle attenzioni di tutti.
A parte noi quattro, praticamente tutti osservavano quell’incredibile gruppo che anche cromaticamen-te era assolutamente incredibile. Due corpi neri contro uno bianco; le calze rosse; le lingue rosa; dita nere che si infilavano in fessure rosa (il nuovo arrivato aveva cominciato a infilare le dita nel culo di Michela). E finalmente uno schizzo di sborra, bianca, che colpì il viso di Michela e le gocciolò lungo le labbra, sulla fronte, nei capelli, per poi cadere a terra. Era l’ultimo arrivato. Non aveva resistito alla potenza della lingua saettante di mia moglie.
Anch’io arrivai, riempiendo l’intestino della signora di sborra calda. Ritraendomi, scoprii che l’amica mascherata aveva infilato la mano per intero nella fica. Restava fuori solo il polso. Tecnicamente, mi aveva fatto una sega. Dall’interno. Continuando a masturbare l’amica, si chinò a prendermelo in bocca e me lo ripulì fino all’ultima goccia, mentre un altro prendeva il mio posto infilando l’uccello nel buco, dilatato e umido, della mia ospite, che nel frattempo veniva irrorata di sborra in bocca.
Intanto un nuovo nero si era avvicendato. Rimisero Michela in piedi. Abbracciò il nuovo venuto e lo baciò appassionatamente, la bocca sporca di sborra, mentre la sollevavano per le cosce, aprendola a squadra. Dato che il punto di osservazione era buono e dato che ero piuttosto spompato, mi accovacciai dietro la signora mascherata e pensai che potevo ricambiare il favore, così cominciai con delicatezza a introdurre prima due poi tre dita nella fica spalancata. Intanto, osservavo la cappella del nero che lentamente penetrava le piccole labbra di mia moglie, per poi essere inghiottita e infine seguita da una buona metà di quella considerevole asta. La fica della mia compagna si apriva assecondando la pressione delle mie dita. Cinque, strette a punta.
L’altro nero appoggiò la cappella all’ano di Michela, che cedette subito, piena di umori com’era e le strappò un gridolino di piacere subito soffocato dalla lingua esigente del suo compagno di fronte.
Ora anche il dorso della mia mano stava per farsi strada in quella fica dilatata all’inverosimile. La donna mi accompagnava con movimenti che si riflettevano sul movimento della sua mano nella fica dell’altra.
Vidi la cappella scomparire nel culo di Michela e pian piano il resto dell’asta. I due cominciarono allora a muoversi in sincrono, sbattendola con dolcezza. Un astante si avvicinò e le fece uscire le tette dalle coppe del reggiseno. Aveva i capezzoli durissimi. L’uomo li strinse tra le dita, come se volesse arrotolarli, strappandole un grido di godimento. Sudore e sborra le gocciolavano in volto. Il movimento dei due si fece più veloce, i colpi più intensi.
Un uomo col cazzo in fiamme mi scostò e appoggiò il cazzo sull’ano della mia compagna, che fece resistenza. Allora la donna ritirò la mano dalla fica dell’amica, fradicia di umori, e la usò per lubrificarsi, consentendo un accesso rapido e indolore.
Altri uomini si avvicendavano intorno a mia moglie, sempre più stravolta da quella doppia penetrazione, e la baciavano sulla bocca. Sem-brava che volessero scoparsela tutti insieme contemporaneamente. Fu la volta di una donna, che la baciò sulla bocca e poi le succhiò i capezzoli. Sembrava che quella scopata non dovesse mai finire. Ero sconvolto.
Sentivo il cazzo nel culo della mia compagna come se lo tenessi direttamente in mano; ogni vena, ogni rilievo, la strozzatura sotto la cappella. La tensione mi aveva fatto affondare la mano fino al polso. Temetti di lacerarla. Ma sembrava godere alla grande. Sentii il fremito che percorse il cazzo quando il fiotto di sborra arrivò potente e sentii anche il calore dello sperma bollente.
E finalmente anche i due neri arrivarono, a poca distanza l’uno dall’altro, con animaleschi e rochi grugniti di piacere.
(continua)
per commenti e suggerimenti: dalnota@alice.it
Sara intanto aveva preparato il primo quadro erotico, e ci chiamò tutti per partecipare al suo sviluppo. La scena iniziale prevedeva un 69 tra due maschi. Furono scelti due signori con la barba, e la scena di una faccia barbuta che succhia un uccello mi colpì profondamente. Facemmo capannello intorno ai due, pensando a come potessimo arricchire la scena.
Naturalmente fu Michela la prima ad intervenire, sdraiandosi a cosce larghe, la pancia per terra, accanto a uno dei due, e cominciando a leccargli il buco del culo.
Dopo poco, uno le si avvicinò e le porse l’uccello. Lo leccò a lungo e profondamente, inumidendolo di saliva, poi con delicatezza lo guidò fin dentro il culo dell’uomo che stava di sopra. Mentre l’inculatore cominciava a muoversi, Michela gli leccava e succhiava i coglioni.
Poi alla bocca dell’uomo che stava sotto si avvicinò un secondo cazzo, e Michela cominciò a fare la spola tra le palle dell’inculatore, questi due cazzi e la lingua dell’uomo di sotto. Intanto anche dalla parte opposta si era sviluppato lo stesso meccanismo e il groviglio di membra, cazzi, bocche, culi maschili, cominciava a diventare piuttosto complesso. L’affare cominciò a complicarsi ulteriormente quando uno dei negri non resistette più alla vista del buco del culo di Michela spalancato, e pensò bene di riempirglielo, solo per essere a sua volta inculato da un distinto signore di una certa età.
Le sborrate cominciarono a catena. Michela si beccò prima lo spruzzo dell’inculatore, che si era ritirato appena iniziata l’eiaculazione e che finì di liberarsi nella sua bocca aperta, poi dell’inculato, che riempì la bocca del suo compagno con tanta foga che la sborra tracimò, prontamente raccolta dall’instancabile lingua di mia moglie. E Infine dall’uomo che aveva doppiato il cazzo in bocca all’inculato. La faccia di Michela era una maschera di sborra, nonostante lei leccasse e ingoiasse il più possibile.
Scoprii che dall’altra parte, praticamente nelle medesime condizioni, c’era la moglie di Mario (Teresa, seppi poi); curiosamente, Mario era ancora l’unico perfettamente vestito e con l’uccello nei pantaloni. Ci prendemmo una pausa. Sara e altre donne distribuirono fazzoletti di carta e contribuirono ‘ secondo me anche con parecchio gusto ‘ a ripulire uomini e donne che avevano partecipato alla performance.
Molti di noi si avvicinarono al tavolo dei rinfreschi per mangiare e bere.
Michela era circondata da ammiratori e non riuscii ad avvicinarla. Provavo un pizzico di gelosia vedendo mani che la brancicavano e le sue mani che accarezzavano o impugnavano cazzi più o meno duri. Uno dei suoi corteggiatori le porse un bicchiere ma quando allungò la mano per prenderlo, lo allontanò. Fissandola negli occhi, lo abbassò e ci immerse l’uccello semirigido, rigirandolo lentamente nel liquido.
Michela lo osservò con un sorriso da troia, poi si inginocchiò di fronte a lui e prese il bicchiere. Con una mano lo reggeva, con l’altra, afferrò il cazzo e lo estrasse sgocciolante, succhiandolo e leccandolo, mentre fissava l’uomo, che torreggiava su di lei, dritto negli occhi.
E lentamente, continuò il gioco, mentre i cazzi degli osservatori si rizzavano a quello spettacolo. Anche il mio, lo confesso. Che troia! Che grandis-sima troia! Era nuovamente circondata da cazzi duri e arrapati. Il suo sogno. Qualcuno introdusse una variante, facendo sgocciolare il liquido (aranciata, credo) sul cazzo in modo che per bere fosse costretta a leccare tutta l’asta.
Poi, quando l’ebbe preso in bocca, faceva ruscellare il liquido in modo che il movimento stesso della deglutizione la costringesse a pompargli la cappella.
Quando il liquido in eccesso cominciò a scorrerle sulle spalle e tra i seni, subito due volontari cominciarono a leccarla, uno per parte, succhiando liquido e capezzoli, strapazzandole le tette e cominciando a frugarle tra le gambe.
Un uomo si sdraiò col cazzo duro all’aria.
Allora la afferrarono sotto le ascelle e per le caviglie, mentre continuava a leccare tutti i cazzi che le mettevano davanti alla bocca, e lentamente, la impalarono su quel cazzone, reggendola e calandola fino a che tutto il cazzo non fu scomparso nel culo.
Lei puntò i piedi e portò le mani dietro di sé, appoggiandole al petto dell’uomo che la inculava; allargò le cosce e offrì la fica allo sguardo arrapato dei suoi corteggiatori.
Che ripeterono il suo giochino, sgocciolandole aranciata sulla pancia e leccandola quando arrivava alla fica spalancata.
Ma dopo un po’, qualcuno pensò che quella era fica sprecata, e la montò costringendola a sdraiarsi sull’uomo sotto di lei. Mi ero avvicinato e mi spostai per osservare da vicino la penetrazione. Si vedevano solo due coppie di palle che sbattevano a ritmo: i cazzi erano interamente stati inghiottiti. Ma comunque Michela non rinunciava a succhiare qualunque cazzo le portassero a portata di bocca, inghiottendo golosamente tutta la sborra di cui era capace.
Almeno in tre le arrivarono in bocca, prima che le riempissero fica ed intestino e la liberassero, esausti, da quell’abbraccio.
A quel punto si scatenò un tripudio di applausi e risate, e un gruppo di loro la sollevò e la portò in trionfo intorno alla sala.
In quel momento, Sara chiamò un nuovo quadro erotico. ‘Fatela salire su quel tavolo laggiù’ ordinò. La fece sdraiare sul tavolo a gambe larghe, con le ginocchia alzate. Ci disponemmo di fronte a lei, quindi vedevamo senza difficoltà la fica fradicia e il culo ancora sgocciolante sborra. Immaginai come si sentisse, con tutti quegli sguardi sui genitali esposti così oscenamente. Sara aveva una laccio flessibile di plastica, come una lunga cannuccia.
‘Ora Michela ci farà vedere come si succhia tutta la sborra dalla fica e dal culo’ proclamò.
Le infilò un’estremità del tubicino in culo e le portò l’altra alla bocca.
‘Succhia’ ordinò.
E Michela cominciò a succhiare. Vedemmo la sborra scorrere nel tubicino. Non lasciò nulla. Sembrava in estasi. Poi fu la volta della fica. Quando finì, guardò Sara leccandosi le labbra.
‘La prossima volta, posso succhiarla dalla tua fica?’ chiese. ‘Sei incredibile’ dichiarò Sara abbracciandola ‘proprio come ci aveva detto Carmen. Non sei solo più puttana di molte di noi, ma davvero ci godi, e ci godi bene e in tutti i modi possibili. Un po’, ti invidio, perché io come molte amiche, non riusciamo ad arrivare fino al fondo delle nostre fantasie. Come se ci fosse una frontiera che non riusciamo a superare. Ma dimmi una cosa, sinceramente. Davvero hai sbagliato a riconoscere la sborra di tuo marito ? O ‘.. ?’. ‘In effetti, lo avevo riconosciuto benissimo. Ma mi stuzzicava la penale.’ ‘Cioè ? Quale penale ?’ ‘Sai, fare la tua schiava. Speravo in qualche stravaganza o sottomissione o qualcosa del genere. Non so bene, ma sono pronta a provare. E’ una cosa nuova e ancora non so esprimermi bene’. Sara la osservava attentamente e cercava di capire dove volesse andare a parare. Ma l’unico che sapesse esattamente in quale direzione si muovevano quei pensieri, ero io in quel momento.
(continua)
per commenti e suggerimenti: dalnota@alice.it

‘Beh, allora apprezzerai sicuramente l’ultimo quadro erotico di stasera’ concluse Sara.
‘Non muoverti, arrivo subito’ e con un cenno alle sue amiche si allontanò.
Michela cominciava ad accusare la stanchezza per tutto quel movimento e rimase languidamente sdraiata sul tavolo, osservando la gente che si muoveva intorno. Valutava i cazzi, cercando con gli occhi i suoi ‘negroni’ che quanto a cazzo non avevano rivali nella sala. Comunque un paio di signori ben dotati, con grossi cazzi scappellati e pieni di vene gonfie, si aggiravano per la sala. Probabilmente si chiedeva se li avesse assaggiati’.
Il gruppetto di donne rientrò portando una cassetta e Sara richiamò la nostra attenzione.
‘L’ultimo quadro della serata. Inizialmente riservato solo alle signore. Quando batterò le mani, potrete proporre le vostre varianti. Mi racco-mando solo di non esagerare’.
La donna con la mascherina si avvicinò a Mi-chela e la fece distendere ben rilassata sul tavolo. Le allungò le mani dietro la testa, unì i polsi e li imprigionò con due giri di un largo nastro adesivo da imballaggio. Tirò le braccia all’indietro, allungandole e infine, sempre col nastro, le fissò alle gambe del tavolo.
Intanto le signore distribuirono a tutti cazzi finti, di ogni forma colore e misura. Uno per ciascuno. Sara e un’amica finirono di preparare Michela, allargandole le gambe a squadra e poi piegandole verso la testa; le caviglie furono assicurate anch’esse alle gambe del tavolo, per cui alla fine al sua posizione risultava con la zona dei genitali oscenamente esposta verso il soffitto. Le cosce tanto aperte garantivano che sia la fica che il buco del culo fossero spalancati e completamente indifesi.
Le signore avevano circondato mia moglie e attendevano di poter cominciare a lavorarsela.
‘Ora vediamo quanto cazzi riuscirà a prendere la nostra bella amica’ gridò Sara, dando il via allo spettacolo. L’azione fu molto ordinata. Tutti i cazzi dotati di meccanismo vibrante vennero attivati. Ne venne prima introdotto uno nella fica, uno nel culo e uno in bocca, poi, con molta delicatezza e attenzione, cominciarono a introdurre gli altri. Nella bocca riuscirono ad introdurne ben quattro, avendo l’accortezza di infilarseli prima nelle fiche sgocciolanti per lubrificarli.
Tre vennero infilati nella fica, che Sara teneva aperta il più possibile tirando le grandi labbra; e due entrarono nel culo, che stava ormai diventando una grotta rossa e infiammata; Michela era salvata dalla straordinaria lubrificazione che aveva preceduto l’azione grazie alla sborra con cui l’avevano riempita.
In tutto questo, lei mugolava e si agitava convulsamente, non so se in preda ai dolori causati sia dalla posizione sia dalla spaventosa dilatazione cui era sottoposta, oppure da un godimento mai immaginato prima.
Ma a quel punto Sara batté le mani e anche noi, spettatori infoiati, potemmo intervenire ad arricchire il quadro.
Falli vibranti cominciarono a scorrerle lungo le cosce e intorno alle grandi labbra, mentre i falli che la spaccavano in due venivano delicatamente spinti coi palmi delle mani ancora più dentro.
Un grosso fallo nero le venne infilato tra le tette, mentre due mani diverse gliele premevano una contro l’altra e altri due falli vibravano sui capezzoli duri come marmo.
Qualcuno che si stava masturbando arrivò spruzzando sborra sui cazzi che le riempivano la bocca; la sborra cominciò a scorrerle in bocca dallo spazio tra i cazzi stessi. Poi anche le tette furono innaffiate; mani premurose spalmavano coi cazzi vibranti il seme sui capezzoli.
A questo punto Sara tornò trionfante dalla cucina con due grandi imbuti, che teneva sollevati sulla testa.
Un grande applauso l’accolse. Ormai eravamo tutti assatanati.
Le tolsero i falli e infilarono, dopo averli opportunamente spalmati di vasellina, gli imbuti in bocca e nel culo, poi accostarono due sedie all’altezza della testa e due all’altezza del culo. Cominciò una processione di tutti i maschi presenti, che venivano masturbati dalle donne a gran velocità, fino a spruzzare negli imbuti. Qualcuno arrivò due volte e uno dei neri, tre. Il pieno di sborra che fece mia moglie quella sera restò memorabile.
La festa finì da lì a poco. Non c’era la possibilità di fare una doccia, quindi Michela fu costretta a ripulirsi come poteva; ci rivestimmo e lasciammo il gruppo tra grandi abbracci, baci, complimenti e promesse di rivederci al più presto.
Quando rientrammo in albergo incrociammo il cameriere che conoscevamo.
Non gli sfuggì l’aria stravolta che avevamo, particolarmente Michela, ma soprattutto non poté sfuggirgli l’odore di sesso e di sborra che la mia signora emanava, e neppure il passo leggermente incerto dovuto alla dilatazione anale che aveva subito.
Mi rivolse una lunga occhiata eloquente e sottovoce suggerì ‘sono di servizio fino all’una, signore’.
Appena in camera, ci fiondammo sotto la doccia, esausti. Lavandoci a vicenda, ci dicemmo le prime parole da quando eravamo saliti in macchina.
‘Giuseppe, devo dirti una cosa’. ‘Dimmi’. ‘Sai cosa mi è piaciuto di più stasera ?’.
‘I cazzoni dei negroni ?’.
‘No, non me li sono presi nemmeno tutti. Peccato. No.’.
‘Allora ? Dimmelo, dai’.
‘Quando mi hanno legata in quel modo. Quando mi hanno aperta davanti a tutti. Mi vergognavo e godevo. Godevo come una matta. Mi sentivo completamente impotente, alla mercé di tutti. Avrei voluto che mi lacerassero, che mi impalassero. Non so. Non riesco a spiegarmi. Li volevo tutti, ma tutti insieme. Se avessi avuto anch’io gli orecchini alla fica, come Carmen, magari me l’avrebbero aperta ancora di più. Non so. Poi tutta quella sborra. Madonnina, non capivo più niente. Non so spiegarti meglio. Mi sono sentita veramente posseduta, ecco. Fino dentro all’anima, non solo nel corpo. Pensi che sia masochista ?’.
Non sapevo cosa rispondere, non capivo nemmeno io. E allora tacqui, e dieci minuti dopo, ci addormentammo di un sonno da sfinimento.
Alle dieci però ‘ le abitudini sono dure a morire e noi non dormivano mai fino a tardi ‘ eravamo svegli e indolenziti.
Michela si stiracchiò, poi si alzò decisa.
‘Vado a cercare un parrucchiere, Giuseppe. Sono un disastro. Chissà se lo sperma fa bene ai capelli ?.
‘Speriamo, perché stanotte ci hai fatto un bello shampoo’ scherzai.
In un quarto d’ora eravamo pronti, io per il mare, lei per il parrucchiere. Ci separammo nell’atrio, ma appena svoltò l’angolo, rientrai e andai in cerca del cameriere.
Lo trovai, scoprii che si chiamava Franco, e parlammo per più di un’ora.
Volevo che capisse bene le mie istruzioni. Ci lasciammo alle dodici meno un quarto.
Troppo presto per il pranzo, troppo tardi per il mare, pensai, mi vado a buttare un po’ sul letto.
In effetti, mi sentivo parecchio provato. Rientrai in camera soprapensiero, tutto concentrato sulla nuova situazione che si era creata, e quello che vidi faticò un po’ a entrarmi in testa.
Guardavo, vedevo, ma non capivo esattamente cosa stesse succedendo. Proprio di fronte alla porta, con una gamba sollevata e un piede scalzo appoggiato sul letto, c’era una giovane donna, non proprio attraente ma nemmeno decisamente brutta.
Notai che portava gli occhiali. Indossava quella che evidentemente era una divisa, con tanto di cuffietta bianca. Gonna arricciata al ginocchio e calze nere, poco trasparenti, tenute su da un reggicalze nero anch’esso.
Una cameriera, evidentemente. Forse quella addetta alla nostra camera o al nostro piano. Doveva essere così.
Solo che impugnava il cazzone nero di Michela e se lo stava strofinando con passione sulla fessura, nera di pelo, con le mutandine, bianche, scostate da un lato. La mia intrusione l’aveva colta completamente di sorpresa, anche perché era evidentemente molto presa nella sua attività e non mi aveva affatto sentito arrivare.
Incrociai il suo sguardo e la vidi cambiare letteralmente colore, passando dal bianco della sorpresa al rosso vivo della vergogna.
(continua)
per commenti e suggerimenti: dalnota@alice.it
Al suo rientro, Michela mi trovò che dormivo.
In compenso, sia la sua nuova guepiere che le calze rosse erano perfettamente lavate e ordinatamente stese ad asciugare.
La giornata trascorse pigramente in riva al mare. Verso le sei, salimmo in camera.
‘Stasera ti porto a vedere la spiaggia di Gabicce. Mi dicono che sia straordinariamente selvaggia e chissà che non si faccia qualche incontro interessante’.
‘Io sto ancora pensando a quei negroni. Quelli si che vorrei incontrarli di nuovo. Comunque, a scanso di equivoci, le mutande non me le metto’.
‘Ma sei diventata veramente una troia senza al-cun pudore!’.
‘Veramente lo sono sempre stata, Giuseppe, e lo sai benissimo. Sei tu che mi vuoi così, diciamoci la verità. E a me piace. Mi piace il cazzo e mi piaci tu che me lo fai prendere da chiunque. Inutile far finta che non sia vero.’.
‘Già, inutile.’.
‘E comunque il mio cazzone nero è in un posto diverso da dove lo avevo lasciato. O pensi che non me ne sia accorta ? Sono molto attenta ai dettagli, io’.
Lasciai cadere l’argomento e mi sdraiai sul letto a godermi la mia troia che si preparava per la serata. Scelse calze trasparentissime e un reggicalze bianco molto sottile, senza reggiseno né mutandine. Osservai con eccitazione come i segni del costume sottolineassero sia l’area dei capezzoli che quella del pube, creando un meraviglioso contrasto tra le zone bianche e quelle scure. Sentivo già un delizioso formicolio nella zona del cazzo. Sarebbe stata una serata davvero particolare e fuori dall’ordinario, da ricordare nelle noiose e lunghe notti invernali che ci aspettavano.
Arrivammo con la macchina fino alla fine della strada, che nell’ultimo tratto era in terra battuta, affacciandoci su una distesa di dune di sabbia assolutamente deserta, incontaminata e selvaggia.
Eravamo fermi lì, a osservare il mare, col sole ancora alto alle spalle e una lieve brezza in faccia, molto piacevole, quando sopraggiunsero due macchine, affiancandosi alla nostra.
‘Ci siamo’ dissi ‘sei sicura di voler continuare?’.
‘Tu ci sei?’.
‘Certo’.
‘Allora continuiamo’.
Mi si affiancò Franco, il cameriere.
‘E’ tutto pronto. Se volete ‘ ‘.
‘Quanti siete?’.
‘Otto. Mi aveva chiesto ‘.’.
‘Va bene, va bene’ lo interruppi. ‘Dai Michela, spogliati’.
Lei si limitò a sfilare, con un unico movimento, il vestitino e scalciare via le scarpe : era pronta.
Girammo attorno alla prima duna : c’era una buca profonda scavata nella sabbia; ci fermammo lì accanto e Franco le afferrò i polsi piegandoli dietro la schiena.
‘Ma che volete fare ?’ si decise a chiedere lei, una nota di preoccupazione nella voce.
‘Tranquilla’ rispose Franco ‘noi siamo abituati a trattare le troie come te’.
‘Ma come ti permetti, brutto stronzo!’ scattò piccata e tentò di liberarsi dalla stretta dell’uomo che la teneva per un braccio.
Due degli altri corsero subito al suo fianco e la afferrarono tra gomito e ascella. Un terzo le afferrò le caviglie, sollevandola. Vidi che nel frattempo si erano spogliati tutti e si stavano eccitando osservando il corpo nudo di mia moglie.
Le calze, il reggicalze, le zone di pelle scure di sole che si alternavano a quelle bianchissime lasciate dal segno del costume, la rendevano più che nuda : una visione, un concentrato di sessualità femminile, un oggetto di piacere.
Da vi-olare in ogni modo possibile, da godere, da possedere fino in fondo.
La misero di traverso alla buca e lasciarono i piedi, accompagnandola per le spalle in modo che si trovasse in piedi.
Con le mani legate dietro la schiena, non aveva nessuna possibilità di muoversi. Altri tre uomini si materializzarono : avevano pale dal manico corto, di quelle che si usano per rimuovere un’auto insabbiata e nei campeggi.
Rapidamente, ma con cautela per non farle male né soffocarla con la sabbia, riempirono la buca.
Alla fine, rimase solo la testa fuori. Franco, che nel frattempo si era spogliato, le si inginocchiò davanti, il cazzo durissimo, e le raccolse i capelli in una lunga treccia, che assicurò con un elastico, scoprendole il viso. A uno ad uno, anche altri si inginocchiarono, fino a circondarla completamente di cazzi duri, le cappelle rosse e umide.
Uno spettacolo.
Avevo il cazzo così duro che mi faceva male, e mi liberai anch’io dei vestiti, accostandomi al gruppo e osservando dall’alto la scena. Franco cominciò ad accarezzarle le labbra con le cappella. Michela reagì istintivamente scostando il viso, ma solo per incontrare un altro cazzo che le sbatté sulla guancia.
‘Non puoi fare niente, rassegnati, troia’ le sussurrò Franco.
”Fanculo’ replicò lei con rabbia ‘fatti una sega, che io non te lo succhio’.
‘Davvero ?’ replicò lui con un sorriso. ‘Ora vediamo’.
Con un ghigno, le tappò il naso stringendolo tra due dita.
Per non soffocare, Michela fu costretta a spalancare la bocca e Franco fu lesto a infilarglielo dentro. La sue resistenza comunque finì lì : sentendo il sapore di un bel cazzo in bocca, Michela non sa resistere e, cominciò a succhiarlo come sa fare così bene, gli occhi chiusi, per gustarne fino in fondo il sapore e l’odore.
Quelli che l’avevano circondata a loro volta cominciarono a strusciarsi dappertutto, infilandoglielo sotto il naso, tra i capelli, su e dentro le orecchie.
Quei cazzi così duri cominciavano a schiumare liquidi profumati. Sentendo un’altra cappella sfiorarle l’orlo delle labbra, Michela si sforzò di prenderne in bocca due contemporaneamente. Aprì gli occhi e vide due cazzi nella bocca, tre appoggiati sul viso e altri quattro cazzi in alto, dove noi che non avevamo trovato posto, ci curvavamo verso di lei per osservare la scena.
Un delirio. Franco arrivò per primo, riempiendole la bocca di sborra che non riuscì a trattenere, dato che doveva succhiare anche un altro cazzo, e che le colò lungo il mento. Quando Franco si ritrasse, Michela aspirò il cazzo rimasto succhiando tutta la sborra che poté, ma nel giro di pochi secondi anche l’altro venne, insieme a uno che le strusciava la guancia e che le spruzzò l’occhio sinistro.
A questo punto persi un po’ il conto : le sborravano tra i capelli, sulla faccia e in bocca. Eravamo incapaci di contenerci e nel giro di po-chi minuti, trasformammo il suo viso in una maschera di sborra mista a sabbia.
Riprendemmo fiato quindi Franco ordinò che la tirassero fuori, e due di loro cominciarono a scavare con le mani.
Ci vollero venti minuti a liberarla, sufficienti a riprenderci.
Quando il grosso della sabbia fu rimosso, uno di loro si avvicinò con il manico di una lunga pala e glielo fece passare sotto le ascelle. Cominciarono a sollevarla tirando i due lati della pertica, mentre lei stessa si aiutava facendo forza coi piedi sul bordo della buca. Ma quando i suoi piedi stavano per sfiorare ormai l’orlo, due di loro l’afferrarono per le caviglie mentre la pertica veniva abbandonata e si incastrava tra i lati della buca stessa.
Quelli che la tenevano per le caviglie si spostarono verso la pertica in modo da aprirla praticamente a compasso, aiutati dal vuoto su cui il suo corpo penzolava. Le caviglie furono velocemente legate alle estremità della pertica, e Michela fu lasciata così, piegata in due e oscenamente aperta, con la fica spalancata verso il cielo.
La permanenza sotto la sabbia, unita all’estrema eccitazione cui era stata sottoposta, avevano creato un impasto tra le sue cosce che aveva come risultato di sottolineare ancora di più il rosa del suo sesso spalancato.
Anche la sua faccia, che era stata appoggiata sulla sabbia, era tutta impastata di sborra e fango.
‘Bisogna ripulirla un po” disse Franco ‘o a scoparla rischiamo di spellarci gli uccelli’.
Ciò detto, si sporse verso la fica spalancata di Michela, si afferrò il cazzo semiduro e diresse un abbondante getto di urina proprio al centro del sesso spalancato di mia moglie.
Il gesto fu accolto da una vera e propria ovazione e rapidamente imitato, in modo da lavare tutta la zona intorno all’ano e alla vagina, col risultato di evidenziare, come se ci avessimo puntato sopra un faro, la zona.
Quando la zona fu ripulita, Franco, che nel frattempo si era nuovamente eccitato, come del resto quasi tutti noi, la penetrò.
La fica di Michela era talmente piena di umori, sborra e piscio, che udimmo distintamente un risucchio quando la cappella di Franco si fece largo tra le piccole labbra.
Mentre Franco la sbatteva in quella posizione dolorosa e umiliante, un paio di ragazzi si inginocchiarono ai lati della testa e ripresero a farsi spompinare.
Debbo dire che comunque Michela non aveva praticamente proferito motto durante tutto il trattamento di ‘sabbiatura’, eccezion fatta per qualche mugolio che era, evidentemente, di puro piacere; neppure quella posizione ‘ praticamente piegata in due ‘ sembrava darle fastidio; anzi, a giudicare da come reagiva sotto i colpi del cazzo di Franco e da come leccava quelle due cappelle, direi che se la stava spassando.
Eppure, non credevo che quella sommaria ‘pulizia’ a botta di spruzzate di piscio potesse aver eliminato tutta la sabbia che le incrostava il corpo. E infatti, quando mi sostituii a Franco, sentii distintamente granelli sfregarmi abbastanza dolorosamente l’uccello. E nonostante questo, sentimmo la voce di Michela che sussurrava : ‘ma il culo non me lo fate ?’.
E così le riempimmo nuovamente, a rotazione, bocca, culo e fica, impiastricciandole anche le mani e perfino le ascelle di sborra, fino a esserne sfiniti.
Poi sciogliemmo le corde e tutti insieme, preceduti da enormi, lunghissime ombre, tenendo Michela sollevata da terra, come se la portassimo in trionfo, ci buttammo a mare, schiamazzando come ragazzini.
Non so se vi sia mai capitato di vedere a mare una donna in calze e reggicalze che si fa il bagno circondata da nove uomini coi cazzi ancora semi duri dopo una scopata : è uno spettacolo assolutamente magnifico.
Michela era semplicemente felice : li abbracciava tutti, li baciava, gli afferrava gli uccelli e baciava anche quelli, gli leccava i capezzoli; e quelli le infilavano le mani nuovamente dappertutto, si tuffavano per leccarle la fica sott’acqua, le baciavano i capezzoli mordicchiandoli. Sembravamo bambini impazziti.
Qualcuno tornò a riva e raccolse bracciate di legna secca ributtata dal mare, preparando un falò, mentre la sera era ormai calata; al riparo delle dune, ci sedemmo intorno al fuoco ad asciugarci.
Restammo lì, a guardare morire lentamente le braci di quel fuoco.
E quel fuoco ci ricordò, all’improvviso, che l’estate ‘ almeno per noi due, almeno lì ‘ era ormai finita, e ci aspettava un lungo, freddo, solitario, inverno.

FINE DELLA PRIMA PARTE

per commenti e suggerimenti: dalnota@alice.it

Leave a Reply