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Seks

By 30 Novembre 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Erano arrivate a casa. Da quel bacio in discoteca, Zoe non aveva desiderato altro che il corpo nudo di Marta. Temeva che lei le avrebbe offerto il letto degli ospiti. Non lo fece. Le mise la lingua in bocca, in compenso. La stringeva in vita, le succhiava le labbra, i loro denti si scontravano, era doloroso ma era tutto reale e necessario. Zoe sfiorò piano il seno di Marta. Dalla maglia fine sentì che non indossava il reggiseno e mugolò piano percependo quei grossi capezzoli. Intanto Marta continuava a baciarla, questa volta era scesa sul collo, succhiava’ no: pompava, praticamente, la pelle morbida e sensibile della zona tra la spalla e la mascella. Era quasi doloroso, ma era eccitante, sentiva il sangue fluirle verso la testa, gemeva già inerte tra le braccia della sua nuova amica.

Decise di risvegliarsi dal torpore. La spinse in direzione del letto, Marta perse l’equilibrio, ma non cadde. Alzò lo sguardo invece. Zoe ricambiò l’occhiata con aria di sfida. Marta non aspettava altro: prese Zoe per le braccia e la spinse in modo deciso contro l’armadio. Il rumore risuonò nella camera da letto illuminata soffusamente. Zoe cacciò un gridolino più di eccitazione che di paura. Marta la teneva ferma contro l’armadio: con una mano le serrava i polsi sopra la testa, con l’altra esplorava violentemente il suo corpo. Le strinse i capezzoli, poi scese indugiando sul ventre fino ad arrivare al pube.

Il pube di Zoe era liscio; si depilava da quando aveva cominciato ad avere rapporti sessuali, a 15 anni cio&egrave. Si sentiva più leggera e più pulita così. Il pube e le labbra erano trattate col rasoio, mentre per l’inguine usava le pinzette. Per il culo l’epilatore. Zoe quella sera avrebbe incontrato Marta per la prima volta, e a casa aveva deciso che, nel dubbio, si sarebbe rasata, tanto per non arrivare ‘impreparata’, ché tanto quasi sempre finiva a scopare al primo appuntamento.

La mano di Marta era sempre sul pube di Zoe. Le sue dita stringevano le grandi labbra della ragazza. Poi le lasciò i polsi, e tolse la mano dai suoi slip verde smeraldo. Le due donne si guardavano, adesso. Zoe non capiva perché Marta si fosse fermata; ancora arrapata si morse il labbro inferiore, continuando a osservare con i suoi occhi grandi e castani la figura di Marta, che rimaneva più in penombra. Marta era ferma, ansimava eccitata ed ebbe improvvisamente paura di aver esagerato con Zoe, quella ragazza di quindici anni più giovane, conosciuta solo poche ore prima.

Ma poi vide quello sguardo allucinato e goduto negli occhi dell’altra, e capì che ciò che desiderava Zoe era essere presa e scopata con la stessa forza con la quale lei stessa voleva farlo. Respirò profondamente e accarezzò la testa di Zoe, che socchiuse beata gli occhi. In un attimo Marta stringeva la coda di capelli color mogano-rossastro di Zoe e con questa presa, la spinse lungo distesa sul copriletto bianco trapuntato.
Ora Zoe si trovava sotto il corpo magro e tonico di Marta. Zoe pensò che fosse davvero figa, nonostante l’età. Ok, 37 anni non sono così tanti, ma era abituata a frequentare ragazze più giovani, sulla ventina. Indossava un paio di jeans alla moda e una T-shirt arancione con una stampa un po’ hipster. Le due continuavano a baciarsi appassionatamente, e Zoe a un certo punto fece scivolare la sua mano sulla figa, sopra le mutande, cominciando a masturbarsi quanto più discretamente le fosse possibile. Non riusciva a resistere. Marta se ne accorse e le prese con forza il polso, che spostò ancora una volta sopra la testa della ragazza, e lì lo tenne fermo. Spostò poi una gamba, e cominciò a sfregare il suo ginocchio contro il sesso di Zoe.

Zoe ansimava e gemeva forte, chiedendone ancora, perché la sensazione della sua figa maltrattata dallo sfregamento con la gamba la faceva impazzire e presto la stimolazione della clitoride la portò ad accorgersi di essersi seriamente bagnata. Non era mai stata una da molti preliminari, Zoe. Né con gli uomini, né con le donne. E anche questa volta quello che desiderava era essere penetrata il più presto possibile.

Ma Marta continuava a baciarla appassionatamente e ci dava dentro con quei bacetti a pompa sul collo che mandavano Zoe al manicomio. Prese poi a stringerle forte il seno. Faceva male, ma era bello. Con una serie di gemiti, Zoe le fece capire che le piaceva. Marta le tirò su il vestitino grigio di cotone fino a sotto il mento. Zoe indossava un reggiseno a balconcino imbottito, con la coppia preformata. Tra quel pizzo nero il candore della sua terza coppa C di tette risaltava come la luna piena nel cielo nero dell’inverno. Marta le disse perentoriamente di levarselo, ma Zoe era presa dalla foga e semplicemente lo fece scivolare in su, senza slacciarlo. Le tette sbucarono come due catapulte.

Ai capezzoli duri e rossi erano appesi due anellini di metallo, il regalo che Zoe si era fatta in occasione del buon esito dell’esame di Pedagogia Generale nel settembre precedente. Da quando aveva iniziato l’università, aveva preso l’abitudine di farsi un dono per ogni esame andato bene. Negli anni si era guadagnata tra le altre cose anche un mini vibratore (Letteratura Italiana, molto difficile) e un corsetto viola su misura (Filologia romanza, con l’assistente del professore più crudele di una pro-Mistress femminista).

Frattanto Marta rimaneva incantata a osservare quel luccichio sulla sommità delle colline bianche che le si paravano davanti. Come quando da bambina le avevano regalato il suo primo skateboard, rimase pensierosa, lo sguardo raggiante, impaurita all’idea di rovinare il suo nuovo giochino. Avvicinò lentamente la mano ai capezzoli, li accarezzò col dito bagnato di saliva.

Ogni tanto buttava un’occhiata al volto compiaciuto di Zoe, che sorrideva per il candore infantile di quella donna. Poi strinse. Poi strinse un po’ di più. E ancora, e ancora. A questo punto Zoe non sorrideva più, il volto era contratto, gli occhi chiusi, le labbra erano diventate bianche, strette tra loro per non fare uscire l’urlo che avrebbe voluto scoppiare. Marta lasciò la presa, Zoe si rilassò, Marta subito riprese quei capezzoli tra le dita e strinse più forte che poteva, tirandoli a sé e girandoli su se stessi contemporaneamente. La ragazza, che non se lo aspettava, questa volta non riuscì a trattenersi dall’urlare. Marta lasciò lentamente i capezzoli zittendo la giovane con lo sguardo. Zoe gettò un’occhiata implorante nella sua direzione e sillabò una richiesta che pareva quasi una preghiera: ‘Baciami’.

Marta si avvicinò lentamente alla bocca di Zoe. Le sue labbra erano carnose di un rosso porpora naturale come se a tingerla fossero stati i Fenici, i denti leggermente macchiati dal fumo delle sigarette, lasciavano intravedere uno spazietto tra i due incisivi, tanto che il suo sorriso ricordava un po’ quello dell’attrice francese Léa Seydoux. Zoe era incantata da quella bocca, era persa in un universo parallelo fatto di denti, di labbra e di piccoli spazietti di perdizione. La mano di Marta era tornata lentamente a prendere la coda di capelli di Zoe. Col pugno li teneva stretti, fissi al materasso. Adagio e inesorabilmente si avvicinava il volto di Marta a quello della sua amante. Oh, bastava così poco perché le loro labbra potessero sfiorarsi! Ordinò a Zoe di baciarla lei stessa. Quella non aspettava altro, ma come cercò di alzare la testa, subì un contraccolpo al collo e sentì il dolore sul cuoio capelluto. Non si era resa conto di essere stretta per la capigliatura. Marta la guardò sorniona, gli occhioni grandi e spauriti di Zoe la facevano sentire così potente. Le ordinò di ribaciarla, ma ogni volta che Zoe ci provava, subiva lo stesso dolore. Quando, sforzando, si avvicinava troppo alle labbra di Marta, questa si spostava leggermente indietro. E sorrideva, sorrideva sempre. Zoe si sentiva stupida e impotente, ricacciò la testa indietro e si rifiutò di portare avanti quello schemino umiliante. A questo punto Marta capì che era abbastanza. Le lasciò i capelli e con un cenno le fece capire che doveva stare ferma. Poi prese ad avvicinarsi per l’ultima volta, lentamente, alla bocca di Zoe. Quando la vide rilassata, gli occhi dalle palpebre distese e la bocca non socchiusa, ma aperta e vogliosa, allora si fermò. Raccolse tutta la saliva che aveva in bocca e sputò dritta tra le labbra di Zoe.
Aprì gli occhi, Zoe, e guardò Marta con un’espressione non incazzata, ma stupita. Non si sentiva una ‘novellina’ in fatto di sesso, però uno sputo al posto di un bacio davvero non l’aveva mai ricevuto. Ciò che la confondeva era che non le fosse affatto dispiaciuto. D’altra parte aveva fatto parecchi pompini prima di quel giorno e ingoiava quasi sempre. Non &egrave che la saliva fosse più disgustosa dello sperma. Però aveva qualcosa di particolare quel gesto: le venne in mente che alcuni sputavano in bocca ai propri cani per addestrarli a riconoscerli come loro ‘padroni’.
Intanto la saliva di Marta era ancora sulle sue labbra e nella sua bocca.

‘Ingoiala, tesoro’ ‘ le disse Marta.

Zoe ubbidì e si passò la lingua sulle labbra per raccoglierne ogni goccio. A questo gesto Marta sentì un turbinio nello stomaco, sembrava un pugno, era come salire in tram senza biglietto e vedere entrare contemporaneamente la donna della propria vita e il controllore. Si potrebbe pensare che questa sensazione fosse colpa della pizza ai peperoni mangiata con la sua amica Giò prima di uscire. Ma non era così; quel modo così naturale con cui Zoe aveva risposto al suo ordine, quel ricercare la più piccola particella di saliva per farla propria, senza che fosse stato esplicitamente richiesto, l’aveva mandata in estasi. In trentasette anni di vita, era anche per lei la prima volta che faceva una cosa semplice come sputare in bocca a una donna. Non le era mai venuto in mente di farlo prima di allora, e se l’avesse mai fatto con una delle sue ex, probabilmente avrebbe ricevuto un ceffone e l’invito ad andarsene affanculo.

Erano lì, due donne sdraiate di traverso su un letto, una sopra l’altra. In camera risuonava psichedelica una playlist di dub e con quel ritmo Marta sfregava ancora il suo ginocchio contro la figa di Zoe. Si guardavano ognuna persa nello sguardo dell’altra; Zoe, ipnotizzata, si strusciava lungo la coscia di Marta. Aveva tirato verso di sé i piedi e alzato le gambe e le ginocchia, così da muovere il bacino dall’alto verso il basso e poi di nuovo dal basso verso l’alto. La vibrazione della musica era diventata vibrazione delle sue molecole, e le terminazioni nervose del suo sesso ricercavano involontariamente una fonte di contatto per poter trasmettere al cervello la sensazione di godimento, e amplificarla in ogni direzione sotto forma di onde. Quelle onde arrivavano a Marta, che benché non provasse appagamento in modo fisico, gemeva però di piacere al solo contatto di quell’eccitazione che vibrava nell’aria e si propagava fino a giungere all’interno del suo corpo.

Marta spostò la gamba, guadagnandosi un’occhiata di disappunto da parte dell’altra ragazza. La ignorò e appoggiò invece il palmo della mano sulla coscia di Zoe, che stava sdraiata sulla trapunta, le gambe aperte. Il suo vestito era sempre tirato su, come il reggiseno, sotto al quale spuntavano le tette. Con la mano sinistra Marta palpò un seno, poi scese verso lo sterno. Zoe tirò in dentro la pancia. Si sentiva un po’ a disagio, non era sovrappeso, ma non le piaceva il suo ventre. La mano di Marta scese sulle costole che erano svettate in alto per effetto del movimento di Zoe; con la sinistra, intanto, continuava ad accarezzare l’interno coscia di Zoe, salendo quasi impercettibilmente verso l’inguine. Ora la mano sinistra era sulla pancia, il dito indice tracciava spirali attorno all’ombelico di Zoe. Mentre la destra saliva, la sinistra scendeva, finché entrambi i pollici si trovarono sulla linea di demarcazione tra ciò che al mare si può e non si può vedere. Marta pensò che l’inguine potesse riassumere la filosofia di Nietzsche, quella storia dell’essere ‘al di là del bene e del male’. Poi però si rese conto che non c’entrava un cazzo, e che lei la filosofia non l’aveva mai capita, perché nell’ora della Saponero (la professoressa allucinata di filosofia), si imboscava nei bagni con la sua prima fidanzatina. Rabbrividì pensando a quanti anni erano passati dai tempi del liceo. E così lasciò presto la trincea inguinale per giungere alla sua materia preferita.

Il colore verde degli slip di Zoe splendeva attraverso il nylon dei collant strappati che indossava. Quella sera, mentre si preparava per uscire, aveva notato che erano smagliati, così aveva deciso di deturparli con una pinzetta, per far finta che fosse tutto parte di un ‘outfit’ ponderato. La linea rosa della sue pelle faceva capolino da una delle smagliature più consistenti della calza e arrivava sino al tanga che indossava quella sera. Marta adorava passare il dito tra la pelle, il tessuto in pizzo della mutandina e il nylon. Spostando il palmo della mano verso il basso poteva sentire il calore che emanava la figa di Zoe. L’idea di quell’umidità imprigionata dal tessuto la eccitava. Non poteva più resistere e abbassò il viso tra le cosce della ragazza, per godersi l’emanazione degli umori attraverso lo strato di sintetico. Leccò e succhiò là dove sapeva che avrebbe trovato la via di unione definitiva con il corpo di Zoe, strofinò le labbra e poi i denti in corrispondenza di quelle altre labbra, aprì infine la sua bocca e le accolse dentro di sé mentre Zoe si rigirava goduta come un gatto sotto il sole pomeridiano. Poteva sentirle grosse e morbide, ricoperte da pizzo smeraldo e nylon scuro, quelle labbra carnose e profumate. Non riuscì a fare a meno di mordicchiarle teneramente. Zoe fece capire che apprezzava. Marta le tirò verso di sé con i denti e li affondò poi con più decisione. Persa in quella follia di percezioni quasi sinestetiche, non riusciva più a dominare il suo istinto e morse ancora, sempre più forte tirandole a sé. Zoe godeva, ma si era accorta che il suo piacere non era più dovuto alla stimolazione delle parti intime: no, lei stava godendo per il dolore che le veniva inflitto. Eccitata, iniziò nuovamente a muovere il bacino avanti e indietro, per sentire le sue labbra quasi strappate e per far fluire nei movimenti l’energia sessuale che le scorreva dentro. Marta lasciò improvvisamente le labbra. La zona attorno la figa era tutta bagnata, il tessuto era impregnato di umori e saliva. La donna addentò allora un piccolo lembo dei collant, vicino al taglio procurato con le pinzette, e tirò forte verso sé fino a strapparli. Con le mani completò l’opera. Poi passò alle mutande, afferrò la parte superiore in pizzo e dilaniò il tanga completamente.

Si sentì un po’ in colpa, forse non avrebbe dovuto distruggere pure gli slip. Guardò Zoe per capire se era grave. Lei comprese quello sguardo e per tutta risposta fece:
‘Sticazzi, erano un regalo della mia ex.’

‘Cristo, ma così rovini l’atmosfera’

‘Che?’

‘Ma sì, dai. Tiri fuori la tua ex mentre sto per scoparti’

‘Volevo solo rassicurarti riguardo alle mutande’

‘Sì, ok. Mi giro una canna, va”

Marta si alzò, prese da una vecchia teiera sbeccata quello che sembrava un cioccolatino per forma e dimensione. Seduta sul letto, faceva sciogliere il cubetto con la fiamma di un accendino. Zoe la guardava e si sfiorava delicatamente tra le gambe, passando con movimenti circolari dalla clitoride alla sagoma delle labbra fino al buco della figa.

‘Fa’ come se fossi a casa tua. Il filtro lo faccio io, toccati pure tranquilla’ ‘ le disse con piglio acido Marta.

Zoe pensò che fosse colpa della sindrome premestruale ed evitò di rispondere, continuando a toccarsi. Si fumarono quella canna in camera da letto. La finestra era leggermente aperta ed entrava l’aria fresca di un insolito autunno clemente. Quella sera non si vedevano le stelle, il cielo era coperto dalle nuvole e anche la luna era quasi assente. Filtrava però la luce dei lampioni dalle tendine bianche. Marta si era messa una felpa, mentre Zoe stava nuda, a gambe incrociate sul letto. L’aria fresca la disturbava appena, era lei a emanare calore. E sopportava quei leggeri brividi che ogni tanto le scuotevano leggermente le spalle soltanto per il gusto di provocare Marta. Fumarono velocemente, i discorsi erano diventati sempre meno logici e gli occhi di una indugiavano vogliosi sul corpo dell’altra.
Erano di nuovo loro due, senza distrazioni.

‘Ti fidi di me?’ chiese Marta

‘Ovviamente, no. Ti conosco appena’

‘Però hai già goduto tra le mie braccia’

‘Il fatto di essere zoccola non mi rende idiota’ ‘ rispose Zoe sorridendo.

‘Se non ti fidi di me, allora dovrò fare ciò che mi va senza chiederti il permesso’

Zoe non sapeva come reagire. Doveva avere paura di una donna? Era intrigata da quella dinamica che si stava creando, ma non sapeva cosa sarebbe successo. Decise di fare la dura, per osservare la reazione dell’altra.

‘Oh, ma senti’ Fa’ un po’ il cazzo che ti pare, basta che mi scopi’ ‘ rispose allora.

Prima del suono della sua voce, Zoe sentì il colpo secco di una sberla.

‘Cazzo, ma sei scema?’

Un’altra sberla. E la voce dura e aspra di Marta, che le rispondeva:

‘Sei una ragazzina e le parolacce non le puoi dire. Se non te l’hanno insegnato prima, non &egrave grave, ma &egrave arrivato il momento di educarti. Se non sei d’accordo, conosci la strada. Chiudi solo bene la porta dietro di te, che faccia lo scatto’.

Brillavano di risentimento gli occhi di Zoe, che non aveva mai preso uno schiaffo prima di allora, neanche dai suoi genitori, neanche la volta che la beccarono a lanciare petardi sui passanti dalla finestra, proprio mai. Alzò leggermente lo sguardo che aveva tenuto basso dall’ultima sberla. Fissò con decisione gli occhi di Marta e questa volta fu lei a sputarle dritto in faccia. Questa volta si aspettava la sberla e reagì prontamente spostandosi a destra. Il colpo andò a vuoto. Zoe ridacchiò, si alzò dal letto e fece quello che avrebbe fatto una qualsiasi attrice in un film horror di serie B: invece di andare verso la porta, scappò in direzione della finestra. Marta la seguì, lo sputo di Zoe le colava sul viso. La spinse contro il muro e strofinò la sua faccia forte e rabbiosamente sul volto della giovane, come per pulirsi. Si asciugò coi suoi capelli. Poi prese gli anellini dei capezzoli con le dita e li tirò più forte che poté verso il basso. Zoe gridò di dolore e assecondò il movimento, inginocchiandosi sul pavimento.

‘Lo vedi che già impari dove devi stare’ le disse, tirandole un calcio sulla coscia. Poi la prese per i capelli che tirò verso il basso, così che i loro occhi si incontrarono. La scrutò con lo sguardo serio e le disse con il respiro affannato:

‘Zoe, non sto scherzando. Sei ancora in tempo per andartene, poi non rispondo delle mie azioni’ e le lasciò i capelli. Zoe rimase dov’era, anche l’inclinazione del suo viso non cambiò, come se Marta ancora la stesse tenendo stretta. Non passò molto, poi Marta sorrise e le disse:

‘Allora lo vedi che ti fidi di me, anche se quasi non mi conosci. Lo vedi che sei idiota’.

Zoe si alzò di scatto e fece come per darle uno schiaffo. Poi fermò la mano. Respirò e le disse solo:

‘Vaffanculo’

‘Sei decisamente maleducata, signorina. Adesso ti faccio smettere di sputare e parlare come uno scaricatore di porto’. Aprì il primo cassetto del comodino e tirò fuori il nastro adesivo americano, quello largo e argentato.

‘No, no, no. Dai scusa, davvero. Non lo faccio più’ ‘ Zoe cercò di impietosire Marta. Non era mai stata imbavagliata prima, né legata, e non era sicura che le sarebbe piaciuto. Ma soprattutto cominciava a temere le idee dell’altra.

‘Smettila, tanto non ti credo. Cerca solo di ubbidire e sentirai meno dolore’. Non era più furente, la voce di Marta era solo risoluta.

‘Dai, Marta’ ‘ piagnucolò Zoe ‘ ‘Dai, facciamo l’amore con calma. E te la rollo io la canna sta volta’.

‘Hai avuto l’occasione per farlo con calma e hai avuto l’occasione per andartene. Hai fatto la tua scelta e ora ne subisci le conseguenze. Così la prossima volta sarai meno idiota, forse’.

‘Non sono i” ‘ Zoe si zittì subito vedendo l’espressione che cambiava nel volto di Marta.

‘Cosa sei tu?’

‘Una ragazza’

Marta prese Zoe per il fianco e cominciò a pizzicarla violentemente.

‘Risposta sbagliata’

‘Un’idiota. Sono un’idiota, Marta, ahi.’

Marta strinse ancora. ‘E poi, che altro?’

‘Non lo so, non lo so, ti giuro. Basta, mi fai male’

‘Sei una zoccola. La mia zoccola. E sei idiota. Dillo.’

‘Ti prego lasciami però” ‘ Zoe piagnucolava ora ‘ ‘Sono la tua zoccola. La tua zoccola idiota.’

Marta la lasciò e si avvicinò al suo viso, poi la baciò in fronte.

‘Brava bambina. Adesso girati’.

Zoe si girò immediatamente, tremante. Non capiva, pensava che l’avrebbe imbavagliata. La risposta arrivò subito quando Marta le afferrò entrambi i polsi e glieli legò dietro la schiena. Poi la prese per le spalle, la rigirò e la buttò sul letto.

‘Cosa devi imparare Zoe?’

‘Hmmm’ a ubbidire?’ azzardò Zoe.

‘Anche. Ma non solo’

‘Ma non lo so’ dai, basta con questi giochini’

‘Giochini – dici?’ chiese Marta, salendo in piedi sul letto. Diede una spinta col piede a Zoe, che si trovò col culo in alto e la pancia ingiù. Zoe poteva vedere la sua sagoma dietro di lei dallo specchio sulle ante dell’armadio. La vide alzare la gamba destra e sentì un dolore sordo tra le cosce e poi un urlo. Era la sua stessa voce.

‘Non ho fatto così forte, Zoe. Non fare la frignona. Adesso lo capisci che non stiamo facendo giochini, sì?’

Zoe balbettò un sì.

‘Bene, adesso sforzati di ricordare quello che ti ho detto prima.’

‘Devo ubbidire’ ed essere la tua zoccola’ idiota’ e”

‘Sì, questo lo sappiamo già e la mia pazienza non &egrave infinita. Ti aiuto perché sei più stupida di quanto pensassi: che cosa non devi fare?’ chiese Marta, calcando il tono sulla particella ‘non’.

‘Ah. Sì’ ‘ Zoe si sentiva come quando a un esame le veniva improvvisamente in mente la risposta da dare a una domanda che le pareva impossibile ‘ ‘Sì, giusto. Non devo dire le parolacce e non devo neppure sputare’.

‘Finalmente, tesoro. Adesso quindi devo tapparti la boccuccia, così non ti uscirà più nulla di improprio’

Marta prese le mutande verdi strappate, che erano ancora umide al tatto. Le sfregò forte sulla figa di Zoe.

‘Ti lamenti, ma sei bagnata. Chissà dentro” ‘ detto questo Marta cominciò a mettere dapprima un piccolo lembo degli slip nella figa di Marta e poi spinse con un dito fino a metterne circa la metà, strofinando bene sulle pareti. Poi tirò fuori l’indumento e lo sventolò vicino alla faccia di Zoe. ‘Vuoi sentire che gusto hai?’ ‘ chiese, e senza aspettare risposta continuò ‘Sì, che vuoi’. Le stropicciò sul naso e sulle labbra le mutande.

Zoe era incredula, non aveva mai immaginato di poter vivere una situazione simile. Ma soprattutto non avrebbe mai pensato che le sarebbe piaciuto. E così, di sua iniziativa, iniziò a leccare le sue stesse mutande, a sentire in bocca il suo stesso sapore. Non era un gusto sconosciuto, a volte quando si masturbava o faceva sesso le piaceva mettersi un dito dentro e poi passarselo tra le labbra, ma leccare come una cagna da un paio di slip la faceva sentire oscenamente sporca e perversa. E questo la eccitava tremendamente al punto di mugolare di piacere. Staccò la bocca dalle mutande solo per dire:

‘Marta, ti prego, scopami.’
Marta si gettò su Zoe, le prese il mento tra il pollice e l’indice e le chiese:

‘Vuoi che ti scopi?’, allungando le vocali nel modo lamentoso e arrapato che aveva usato Zoe.

Zoe ripeté ciò che aveva appena proferito, e cio&egrave sì, che voleva essere scopata, e per favore, Marta. Lo ripeté tre volte, perché tre volte le era stato chiesto, e sempre più forte, sempre più supplicante. Poteva bastare: Marta prese le mutande sporche e un calzino pulito dal cassetto e li ficcò con meticolosità nella bocca di Zoe. Poi con il nastro americano le sigillò definitivamente la bocca. Le ordinò quindi di cambiare posizione: Zoe stava ora con la testa sulla coperta, le mani legate dietro la schiena che si alzava lievemente inclinata fino a svettare sulle forme del culo, esposto piuttosto volgarmente per le gambe divaricate, il peso della parte inferiore del corpo concentrato sulle ginocchia poggiate sul letto. Zoe vedeva allo specchio il sorriso compiaciuto di Marta che gongolava davanti alla possibilità di poter finalmente sfogare le sue perversioni liberamente. Sotto il nastro sorrideva anche lei. Marta cominciò a sfiorarla lentamente, ad accarezzarle delicatamente la figa, sotto quel tocco Zoe si stirava come un gatto (un gatto legato). Poi i movimenti di Marta divennero presto più svelti e rudi. Calcava sulla clitoride, forte, era quasi fastidioso. Zoe si lamentò come poté, cercando di spostare il baricentro del corpo per allontanarsi e fare capire che non le piaceva. Marta allora la prese per i capelli, e una volta avvicinata la sua bocca all’orecchio della ragazza, le sussurrò:

‘Tu stai dove ti metto. E se ti muovi ancora una volta senza che te lo dica io, ti sfondo’.

Zoe si sentì pervasa dall’eccitazione sentendo quelle parole, ma decise di non sfidarla, perché in fondo stava godendo così e non era necessario passare alle maniere troppo forti, tanto meno con una persona che conosceva a malapena. Non aveva però fatto i conti con Marta, che non aspettava altro che sfondarla davvero. Cominciò infatti a torturarla: le stringeva i capezzoli tirandoli verso il basso con gli anellini, le mordeva il culo fino a lasciarle i segni dei denti, le tirava i capelli tanto da strappargliene alcuni, le pizzicava l’interno-coscia, ‘ Ma a nulla serviva, giacché Zoe rimaneva ferma, ubbidiente proprio quando avrebbe dovuto disubbidire. Rimaneva solo una cosa da fare: cominciò a solleticarle lentamente le piante dei piedi e la zona dietro le ginocchia. Dopo pochi istanti Zoe stava rannicchiata su sé stessa, gli occhi sbarrati di terrore, muovendosi a scatti. Marta aveva trovato il suo punto debole, ma non era quello che le interessava in quel momento. Le assicurò che non l’avrebbe più solleticata se si fosse rimessa immediatamente in posizione, e Zoe si fidò, perché non poteva che fidarsi, giunta a quel punto.

‘Zoe, tesoro, ti avevo detto di startene ferma”

Zoe protestò flebilmente.

‘Taci’ la zittì Marta. ‘Adesso ti sfondo, quant’&egrave vero dio’. Aveva cambiato tono improvvisamente, da delicato a rude, e folle, quasi.

Prima che Zoe potesse avere il tempo di bagnarsi per queste parole che la eccitavano tanto quanto la intimorivano, Marta le aveva già messo l’indice e il medio della mano destra nella figa. Con il pollice le massaggiava la clitoride. Le due dita si muovevano in sempre più ampi cerchi concentrici all’interno della figa e allo stesso tempo avanti e indietro, sempre più a fondo. Aggiungere un terzo dito venne naturale, ma fu solo con l’immissione del quarto, il mignolo, che i gemiti di Zoe si fecero più forti, percepibili nonostante fosse imbavagliata. I movimenti nella figa erano sempre dello stesso tipo. Marta sentiva le pareti di Zoe bagnarsi, sentiva lo scorrere della sua eccitazione sulle sue dita. Fu per questo che non giudicò necessario l’uso del lubrificante quando, lentamente, infilò il pollice nel buco. La sua mano aveva la forma di un becco di uccello nel sesso di Zoe ed era lì racchiusa sino alle nocche. Lentamente piegò le falangi e cominciò a spingere per fare entrare il resto della mano. Zoe lanciò come un grugnito e involontariamente contrasse i muscoli vaginali.

‘No, stupida, rilassati. Altrimenti ti sfondo lo stesso ma ti faccio più male’

Zoe pensò ai programmi di donne che partorivano sui canali di reality-cagate. Quelle inspiravano- espiravano. Ok, non era la testa di un bambino, e ok, doveva entrare invece che uscire, ma probabilmente funzionava lo stesso. Sentiva di avere come un anello che stringeva attorno alla mano di Marta, ed era doloroso. Era doloroso, ma ne voleva ancora, voleva sentirsi sua, voleva essere presa e sfondata fino in fondo. Spinse cacciando un altro gemito di piacere e dolore. Marta vide parte della sua mano oltre le nocche come inglobata nel corpo di Zoe.

‘Sì, brava, fallo ancora’ le disse, dandole una pacca di incoraggiamento sul culo con l’altra mano.

Zoe in quel momento si sentiva fiera del complimento di quella mezza sconosciuta, si sentiva brava davvero. E quindi spinse ancora, sempre più in là, fino ad arrivare al polso.

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