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Un incontro

By 22 Agosto 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Dopo aver passeggiato nel vuoto per qualche oretta, la vidi. Occhi azzurrognoli, capelli d’un nero corvino, labbra sottili, dolci. Si muoveva a ritmo della musica, qualche passo avanti, qualcuno indietro, le braccia penzoloni. Mi ci avvicinai, ubriaco del suo sguardo. Ciao, le dissi. Si fermò, mi sorrise, mi salutò.
Come ti chiami?, le chiesi.
Nicoletta, mi rispose.
Nicoletta, ripetei tra me. Un nome diafano, lontano, stretto.
Conversammo, spostandoci sempre più dal palco. Un gruppo milanese si esibiva da un quarto d’ora. La musica non era di nostro gradimento.
Mi spinsi con qualche battuta leggermente volgare. Rispose a modo, compiacendomi. Ci baciammo. Chi eravamo? Due ragazzi, desiderosi di soddisfare qualsiasi voglia celassimo dietro la scorza dura. Perché segno della maturità &egrave aver imparato a lasciarsi andare.
Corremmo alla mia auto. Guida fino a un posticino nascosto ai piedi di una montagna. Ci spogliammo. La sua pelle era di un candore fluorescente, rifletteva al buio la luce della luna. Liscia come il pelo dell’acqua marina dopo una violenta tempesta. Profumata come un campo di fiori nel fiore della primavera.
L’accarezzo, seguendo le linee che madre Natura e la propria volontà le hanno voluto offrire in questo esatto momento. Domani potrebbero essere già diverse. Distesa sul sediolino di fianco disteso, alza le braccia fino a distenderle sul capo. Con le dita, percorro una linea immaginaria che va dalla fronte, passa per l’incavo tra i seni, si addentra nell’ombelico e raggiunge la zona pubica, costellata di piccoli punti neri, peli appena falciati. Poi scendo, &egrave umido, accarezzo le due labbra vaginali, cerco il punto d’incontro d’ogni piacere, bagno il dito, le dita, nel liquidi uscente e torno su, contando i fremiti, i gemiti, gli impercettibili salti del ventre, e sfioro i capezzoli, turgidi, appuntiti, rialzati. Li bacio. Mi stringe i capelli. Scendo. Le bacio la vagina, le stritolo con le labbra la clitoride. Poi lascio che la mia lingua si dimeni a proprio piacimento, e con lei, sincronizzata, Nicoletta si piega, gode, partecipa. Mi prende il capo con entrambi le mani, mi alza, prende il mio pene, ormai duro, pieno, voglioso. Con un dolce e regolare movimento mi masturba, ci gioca, poi si ferma, si posizione supina a pancia in su e mi invita a entrare. L’antro &egrave caldo, accogliente. Provo invidia per il mio pene, l’unico di provare occasioni di questo tipo, che a descriverle si rischierebbe di sbagliare, di dire poco. Entro, esco, entro, esco, entro. Esco. A lei piace, sorride. Amo il suo sorriso, amo il taglio dei suoi occhi. Amo i turgidi capezzoli che spuntano, scuri, nel buio della notte, nel candore lunare della sua pelle. Sono in procinto di arrivare. Mi fermo. Nicoletta comprende, lo prende, lo agguanta con la bocca e lo richiede. Un’esplosione di immane piacere ci travolge entrambi. Gocce ricadono sul suo volto, sul suo seno, su parte del sedile. Ma sembra non importare più nulla. Cerca con la lingua tutto il liquido, si asciuga. Il resto &egrave un lungo, silenzioso abbraccio di collaborazione.

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