Ore 18.00, esco dall’ufficio, “mi aspetta una magnifica serata in palestra, così avrò modo di sfogare la mia rabbia, il mio nervosismo”.
Sono stato fortunato a trovare una palestra che fa Kick Boxing e per giunta non molto distante dall’ufficio.
Prendo il borsone e mi avvio alla macchina.
“Cazzo, che tempaccio, mi tocca fare una corsa fino alla macchina”, corro come un matto per il parcheggio oramai semideserto,
entro in macchina, metto in moto e parto.
Ripercorro strade che tante volte ho fatto con te, “certo che il tempo è proprio uguale a quando l’ho conosciuta”,
ricordo ancora te al riparo nel freddo androne del palazzo.
“Uff! non si vede un cavolo, tutto il parabrezza è appannato e quest’acqua vien giù che Dio la manda”,
con la mano pulisco un pò il vetro dall’interno quando, illuminata dalla luce dei lampioni,
una donna con un piccolo ombrello cammina in tutta fretta, il giaccone ormai fradicio,
“certo che con questo tempaccio una va in giro con gonna corta e decollete ai piedi, che pazza!”,
rallento, “Laura? Ma è un vizio il suo a fare la doccia per strada”, folate di vento gelido ti fanno lottare col piccolo ombrello.
Mi fermo, abbasso il finestrino e ti chiamo, non mi senti, i tuoni improvvisi attutiscono, assorbono del tutto il suono della mia voce.
Debbo gridare per farmi sentire. Mi affaccio dal finestrino, bagnandomi a mia volta e con forza grido “LAURA, VIENI”.
Solo a quel punto ti giri e mi vedi. Rimani ferma sotto la pioggia, una folata di vento, più forte, rompe definitivamente il tuo ombrello.
Ora sei senza riparo, i tuoi capelli oramai sono completamente intrisi di pioggia.
Goccie solcano il tuo viso, socchiudi gli occhi per far si che la pioggia non ti accechi.
Ti chiamo di nuovo: “Vieni, sei fradicia, ti do un passaggio”, resti ancora immobile per qualche istante,
poi ti giri e continui a camminare sotto la pioggia incessante.
Ti guardo andare via, “debbo muovermi, si becca un accidenti sta stupida”,
ingrano la marcia e percorro poche decine di metri con la macchina e scendo dall’auto.
Il temporale non ha ancora placato il suo impeto e la pioggia scende giù copiosa. Ora sono mezzo fradicio pure io.
Ti raggiungo e ti prendo per un braccio, “non essere stupida, così ti prenderai un malanno”.
Ti divincoli dalla mia presa e fai per andare via. Pochi passi e ti raggiungo di nuovo.
“Adesso Basta! Vieni”, cerchi ancora di resistere, , ti arriva uno schiaffo che scuote la tua testa,
i capelli bagnati si attaccano al tuo dolce viso, “forza stronza, vuoi farti venire un accidenti sotto questo nubifragio?”
Brividi di freddo precorrono le tue carni. Ti trascino in macchina, in un’altra auto che sopraggiungeva hanno visto la scena,
avranno pensato al litigio di due fidanzati, gli occupanti osservano rallentando, dall’auto, la scena ma poi proseguono per la loro strada.
Ti conduco all’auto e ti faccio accomodare, sei bianca in volto, si vede che hai freddo.
Giro intorno alla macchina dopo aver chiuso la portiera dal tuo lato. Mi allungo sul sedile posteriore ed apro il borsone della palestra.
“L’accappatoio ti permetterà di asciugarti un pò, guarda come sei conciata, sembri un cucciolo tutto bagnato”.
Non dici nulla, mi continui a fissare in silenzio senza dire una parola.
Ti copro con l’accappatoio mentre inizi a tremare sempre più infreddolita, con la mano accarezzo per un istante il viso madido di pioggia.
“Sei ancora più bella”, mi riaccomodo al posto di guida, oramai completamente bagnato pure io.
Si cambia programma, ora la meta è direttamente casa, la mia casa.
Ti sei rannicciata sul sedile, sotto il morbido e profumato accappatoio.
Prendo il telefono e compongo un numero, “ciao, stasera laura non torna a casa, sta da me”.
Solo adesso, quando hai sentito questa frase hai il coraggio di parlare, come risvegliata da un lungo letargo, ti sento profferir parola.
“NO, non voglio, sei un grandissimo stronzo”.
Calmo ti rispondo “per accompagnarti a casa, a quest’ora, col traffico , e soprattutto con questo tempaccio,
ci impiegherei più di un’ora e mezza. E tu, bagnata come ti ritrovi, ti becchi un malanno.
Quindi zitta e vieni a casa, che è a due isolati da qui! CHIARO?”
Rimani in silenzio, sai che quello che ho detto è vero e ritorni a cercare calore nell’accappatoio.
Pochi minuti ed arriviamo, Parcheggio l’auto proprio sotto il portone. Stavolta la fortuna ha lasciato un posto per parcheggiare
proprio davanti casa.
Scendo ed apro il portonicno poi ritorno verso di te. Ti faccio sccendere ancora avvolta in quel caldo riparo di emergenza.
In fretta saliamo le scale, il tempo di aprire la porta e rientri, dopo tanto tempo, in quella casa che ha vissuto tanti nostri incontri.
Lancio il borsone sul divano e vado in camera a prendere qualcosa di asciutto,
tu, immobile, rimani avvolta nel tuo guscio protettivo, tremi, forti brividi scuotono il tuo corpo.
Preparo un nuovo accappatoio e vado in bagno, rumore d’acqua scrosciante, come la pioggia che ti ha travolta,
ma il cui suono è molto più rassicurante.
Ti trovo ancora li, ferma. Tolgo il tuo umido guscio e lentamente comincio a spogliarti. I tuoi vestiti sono fradici,
per fortuna il tepore della casa riesce a donarti un minimo di sollievo.
Via la giacca, la camicetta, via la gonna che cade a terra come foglia morta. Ti sfilo le calze.
Automaticamente alzi, alternativamente i piedi per toglierle completamente, volano via le scarpe che rumorosamente rotolano per la stanza.
Ora sei rimasta quasi nuda, solo il piccolo intimo come ultima barriera al tuo nudo corpo.
I capezzoli ritti fan bella mostra di se sotto la leggera stoffa. Gocce di pioggia scendono leggere dai tuoi capelli intrisi disegnado percorsi
immaginari. La tua pelle, oramai libera ma ancora fredda per il lungo contatto con gli abiti bagnati e freddi è un continuo di fremiti,
i segni della pelle d’oca sono dappertutto.
Le tue guance stanno pian piano riprendendo colore. Solo i tuoi occhi sono ancora tristi e lucidi.
La matita, oramai sbavata ti segna gli occhi rendendoli ancora più profondi.
Ti prendo per mano e ti porto in bagno, tremi, tremi come una foglia al vento.
Sfilo il tuo intimo, mi lasci fare e ti metto sotto il caldo getto d’acqua.
Un mugolio di piacere esce, impercettibilmente dalle tue labbra.
Spugna e sapone ed inizio a massaggiare il tuo corpo nudo. Il calore piacevole dell’acqua ti fa rilassare.
Appoggi le mani alla parete ed inarci leggermente la schiena.
Sei magnifica, i chili che sembri ave messo su ti rendono ancora più sensuale.
Strofino con vigore la spugna sulla tua schiena, non ti sei ancora girata.
L’acqua scorre su di te insinuandosi come un fiume in piena tra le tue natiche.
Mi fermo a guardarti, rimango immobile per un interminabile minuto.
La mia mano lascia cadere la spugna ed accarezza il tuo culo, le dita si isinuano nel mezzo.
Inarchi la schiena al piacevole contatto, affondo le dita nel tuo sesso umido, il creso dei folti peli che mi accarezza le nocche.
Ti afferro per i gianchi e ti giro, di colpo, i tuoi seni a pochi centimetri dalla mai faccia, i capezzoli dritti fan bella mostra di se.
Taci, taci ancora, non dici una parola, te ne stai sotto l’acqua ad assorbirne il piacevole tepore.
Per un istante apri gli occhi e mi guardi, poi, chiudi gli occhi e reclini il capo all’indietro.
Meccanicamente accarezzo il tuo seno sfiorando appena i capezzoli, le mie mani scendono sul tuo ventre morbido.
Ti appoggi con la schiena alla parete della doccia, un flebile sospiro esce dalle labbra socchiuse.
Entro in doccia con te, così, ancora vestito, maglietta e jeans.
IL mio corpo preme contro il tuo e mentre l’acua rilassa pure me con le sue gocce, ti cingo i fianchi e ti bacio il collo,
le mani afferrano il culo e stringono forte. TI lecco il viso bagnato come a volerne assaporare il gusto di femmina.
Le nostre bocche si attraggono irrimediabilmente, le nostre lingue che si cercano muovendosi vorticosamente.
Ora anche le tue mani accarezzano il mio corpo, mi aiutano a togliere, strappandomela letteralmente di dosso la maglietta.
Sotto il getto continuo della doccia ti inginocchi davanti a me e slacci lentamente la patta dei miei pantaloni.
Le tue mani si muovono veloci e mi tirano giù i pantaloni, il membro, oramai eretto fa bella mostra di se.
Lo accarezzi per alcuni istanti soffermandoti con le esili dita sulla cappella.
Ogni tuo piccolo sfiorarlo lo fa vibrare.
“Stronzo” e affondi la tua bocca sul mio cazzo, sento la tua lingua saettare. Ti afferro per i capelli e ti guido in un interminabile pompino.
La tua calda bocca avvolge, protettiva, il mio attresso e gioca con lui, le mie mani tengono la tua testa.
Tu invece, nonostante il piacere che mi doni e che spero, ricevi, affondi con rabbia le unghie nella mia schiena
e ad ogni mia sollecitazione della tua testa non indugiano a lacerare la mia pelle.
Sto per venire, forti tremiti scuotono il mio corpo e tu, per indispettirmi ti stacchi da me e pulisci la tua bocca col dorso della mano.
Ti rialzi e fissandomi con rabbia, dritto negli occhi mi dici
“sei un grandissimo figlio di puttana, sei stato tu a fare lo stronzo, non io”
mi sbatti sulla parete della doccia e uscendoi gridi “SEI UN GRANDISSIMO BASTARDO!”,
afferri l’accappatoio e lo indossi uscendo dal bagno.
Esco anche io, “perché tu cosa sei?” ti urlo mentre esco dalla doccia seguendoti.
“Alla prima difficoltà sei scappata via con la coda tra le gambe, ed ora cosa fai, stronza, scappi di nuovo?”
Ti raggiungo mentre attraversi la cucina , ti afferroper un braccio e ti rigiro con rabbia, voglio vederti in faccia.
Nel sentiri afferrata con tanta forza ti giri e mi centri con uno schiaffo in piena faccia,
non contenta mi graffi sul collo. In me sale una incredibile rabbia, “E’ giunto il momento, PUTTANELLA, il momento che tu riceva una severa lezione”.
La mia mano stringe la presa e non molla. La cintura dell’accappatoio già sta facendo il suo dovere. Serro forte i tuoi polsi e ti tiro a me.
Siamo di nuovo a pochi centimetri, i nostri corpi sembrano un tutt’uno. Sento affannoso il tuo respiro.
I tuoi seni premono contro il mio petto. Sussurro “adesso ti accorgerai chi comanda”, le mie labbra che sfiorano le tue.
Mi mordi un labbro, , una sonora sberla ti fa indietreggiare di un passo. Mi tocco il labbro dolorante, una goccia di sangue fa la sua comparsa.
“Ora basta, cagna”, con tutta la forza che ho ti rigiro e ti spingo sul tavolo. Lego le tue mani ai piedi del tavolo.
“Stronza, ora vedrai”.
“Cosa vuoi fare bastardo, lascimi, io non ti appartengo più, non sono più tua”. Ti tengo ferma sul tavolo e allargo le tue cosce,
scalci scercando di non essere sopraffatta ma le forze sono impari, leco con la cintura del mio accappatoio una coscia al tavolo,
all’altezza del ginocchio. L’accappatoio che indossi sale irrimediabilmente su, lo strappo nel mezzo, ,
si apre scoprendo il tuo culo tornito. “Hai sempre un culo da favola, troia”, “vaffanculo, vaffanculo, bastardo”,
, “questo e per una schiava che risponde male”, .
Secchi colpi percuotono le tue natiche facendole sobbalzare ogni volta. “Ahia, ahia, ahi” inizi a gridare, continui a scalciare
con l’unica gamba non ancora bloccata!!
Il tavolo balla paurosamente spostandosi a destra e sinistra, ti afferro per i capelli ancora umidi ed alzo la tua testa,
“rilassati troia se non vuoi sentire troppo dolore, perché questa volta, la tua punizione sarà esemplare”.
Mi fissi rabbiosa e la tua risposta mi colpisce in pieno volto. Uno sputo mi centra in viso.
“TROIA”, la mano asciuga la saliva mentgre ti tengo ferma per i capelli. Non dico nulla, le dita bagnate della tua saliva arrivano alle mie labbra.
Le succhio, “sapore di cagna in calore, come sempre”. Una sberla centra la tua faccia, “bene, cominciamo”.
Mi allontano da te, giri la testa da entrambi i lati, alternativamente, carcando con lo sguardo la mia figura.
Continui a vomitare parole di rabbia nei miei confornti, senti i miei movimenti nell’altra stanza.
“Cosa mi vuoi fare stronzo!” Passi si avvicinano alle tue spalle un violento colpo col cane ti centra una chiappa
e termina la sua rapida corsa sulla tua schiena semicoperta dall’accappatoio attenuandone la forza.
Un urlo, stavolta di dolore vero prorompe con tutta la sua forza dalle tue labbra, non eri preparata a questo e lo hai sentito tutto.
“AHIAAAAA!!!”, il colpo improvviso sembra averti fatto perdere la forza di reagire, riesco con estrema faciltà a legare
l’unica gamba rimasta libera, non opponi minimamente resistenza. Le cinghie legano stretta la caviglia al tavolo.
Sei completamente immobilizzata, le gambe oscenamente aperte. Solo la testa puoi muovere con una certa facilità.
Con calma, mentre ti riprendi, mi preparo un caffè, con cura ed infinita calma riempio la moka e la metto sul fornello.
Mi riallontano mentre aspetto che il caffè si a pronto, ritorno in camera a mettere qualche cosa addosso.
Dalla cucina iniziano ad arrivarmi le tue invettive, urli la tua rabbia nei miei confronti.
Ritorno in cucina, un piacevole odore dil caffè si spande nella stanza, prendo una tazza e verso il nero e fumante liquido.
Amaro, come lo sei tu per me in questo momento. Ora ti farò diventare zucchero per il mio piacere.
Mi siedo affianco a te e con calma sorseggio la bevanda, “bastardo, lurido bastardo, io non somo più tua”, non ascolto le tue parole,
guardo solo il tuo corpo, le tue curve.
Mi alzo e mi metto dietro di te, verso il contenuto della tazzina all’altezza delle fossette che il tuo culo fanno con la schiena.
Parte del liquido cola giù lungo i fianchi e parte tra le tue cosce, sul tuo sesso. E’ ancora bollente,
“brucia, ahia, maledetto, è ancora bollente”, strano, la tua voce è si arrabbiata ma è più calda, più sensuale, adesso non urli più tanto.
Comunque nessuno avrebbe sentito le tue urla, i tuoi strilli, questo è il bello di avere una casa isolata rispetto agli altri appartamenti.
Il sapore forte del caffè si mischia al dolce sapore della tua pelle. Non hai nessuna possibilità di muoverti,
immobilizzata in questa oscena posizione. Allargo il tuo culo e verso un altro pò di caffè che cola lungo il tuo sesso insinuandosi
tra le pieghe della carne, gocciolando lungo i neri peli.
Contrai il culo stringendo, “ahia, è ancora caldo”, la mia lingu inizia a scendere lungo il solco del tuo culo, in un primo momento cerchi,
ondeggiando di scacciarmi da te ma la lingua si insinua dandoti un piacere che non riesci a cacciare.
Il sapore del caffè si mischia ai tuoi umori, il caldo ed umido contatto con la mia lingua fa il resto. Un “ahhh!” malcelato, fuoriesce dalle tue labbra,
ti rilassi, cercando di ascoltare il piacere del tuo corpo. Sei saporita, come non mai.
Ma proprio ora, quando mi accorgo che il fuoco si stà riaccendendo dentro di te che è arrivato il momento della tua punizione.
Ti rimango vogliosa di piacere e vado a prendere un grosso coltello da cucina, mi guardi armeggiare e, alla sua vista il tuo
volto cambia atteggiamento, “co-cosa vuoi fare con quel coltello? Ti prego, non fare pazzie”, mi abbasso alla tua stessa altezza
accovacciandomi di fronte a te, la punta del grosso coltello si conficca nel tavolo davanti alla tua faccia.
“Non ti preoccupare, troia, mi serve solo per spogliarti completamente”, leggo neio tuoi occhi la paura per quello che stà per accadere.
Ti afferro per i capelli e, alzando, per quanto possibile, la tua testa, ti bacio sulle labbra. Ora non reagisci allo stesso modo di prima,
mi lasci fare ed in parte assecondi la mia richiesta. Mi alzo e, afferrato il coltello mi porto alle tue spalle.
Non puoi vedere quello che stò per farti, rimani immobile, tutti i muscoli contratti nella tensione di quanto può accadere.
Sfioro con la lama piatta l’interno delle tue cosce, il freddo metallo accarezza la tua pelle delicata.
Disegnando immaginarie figure la lama sale lungo la coscia fino al tuo sesso, il dorso della lama si insinua nelle labbra della tua figa,
“ti prego non farmi male”, “shhh!!!, non ti allarmare”, la lama continua a scorrere verso l’alto, ora attraversa le tue chiappe, sei tesissima.
Appiattisco la lama sulla tua schiena e la infilo tra il tuo corpo e l’accappatoio, è giunto il momento, la lama si gira verso l’alto,
senti premere sui tuoi muscoli, poi un suono, “riiipppp”, la lama che lacera la stoffa risalendo lungo la tua schiena fin dietro al collo.
Un ultimo colpo, secco, e l’accappatoio è diviso in due scoprendo per intero la tua schiena.
Ti rilassi per un attimo, la testa poggiata di fianco, sul tavolo, la fronte imperlata di goccie di sudore che si mischiano ai tuoi capelli ancora umidi.
“Piccola, non è ancora finita”, “nooo, cosa vuoi fare ancora”, il tuo respiro è affannoso, “finire l’opera”,
la lama parte a tagliare le maniche che ancora mi nascondono il tuo corpo.
L’operazione procede senza intoppi, “ora si comincia per davvero”, poso il coltello sul tavolo, affianco a te e ritorno alle tue spalle,
le mie mani accarezzano il tuo corpo nudo, sei ancora tesa e le carezze si concentrano sul tuo collo contratto per farti rilassare.
Pian piano ti sciogli, i tuoi muscoli si rilassano, il respiro si regolarizza. Il massaggio sta facendo il suo effetto, le mie mani carezzano
ogni muscolo della tua schiena e pian piano scendono verso i fianchi e verso il centro del tuo piacere.
Aspetti che le mie dita arrivino dove tu desideri ma, con un colpo secco il nerbo di bambù si stampa sul tuo culo.
“Ahhhh”, non è finita, anzi è appena iniziata la tua punizione, altri colpi di canna percuotono il tuo morbido culo .
Si iniziano ad intravedere le rosse striature sulla tua pelle, con una vena sadica sposto il mio obiettivo.
Ora altri colpi ti raggiungono, coplendo in verticale, dall’alto verso il basso e terminando la corsa proprio lì, sulle tue labbra.
Colpi però, più leggeri, per te deve essere un supplizio di dolore e piacere al tempo stesso.
Sobbalzi ad ogni colpo iniziando una serie ininterrotta di “ahi, ahia, ohi, basta, ti prego, noooo”, intervallati da gemiti di piacere quando
al cane si sostituisce la mia mano che con delicatezza accarezza, appena sfiorandolo, il tuo sesso.
“Ohhh-siii-uhhhmmm-ahhhh”, le dita che affondano tra le gonfie labbra. Sei bagantissima, il tuo nettare cola lungo le tue cosce.
Mi allontano da te mentre cerchi un attimo di respiro. Mi vedi aprire il frigo, cerchi di capire cosa stia facendo,
ritorno da te con un panetto di burro, la forma cilindrica fa al mio caso.
Mi rimetto dietro di te e avidamente lecco il tuo culo, sei calda, caldissima,
la pelle brucia per i colpi ricevuti e la lingua umida ti dona un pò di sollievo.
Sollievo maggiore te lo da il panetto di burro che appoggio delicatamente al tuo fiorellino.
Il freddo contatto, in un primo momento fa contrarre il tuo culo ma, il sollievo che provi per le bollenti parti che va a toccarti ti fa
rilassare di colpo. E’ quello che voglio, spingo deciso e vedo scomparire quel cilindro di burro dentro di te,
spingo fino a farlo entrare quasi del tutto, “ahhhh”, è l’unica cosa che riesci a dire. Mi fermo ad ammirare il tuo culo aperto,
il tuo caldo corpo inizia a sciogliere quasi subito il burro che inizia a colare nelle pieghe della tua figa.
Il panetto di burro rimane lì, immobile, lo osservo e chinandomi su di te dico:
“noto con piacere che Oliver te lo sta facendo usare spesso il culo, eh, puttanella?”,
“dimmi, ti paice prenderlo dietro?”, mi giro veso l’obelisco e lo spingo ancora più dentro, “uuuuhhhhhhmmmm!!!”, un nuovo gemito
prorompe dalle tue labbra. Le mie dita scorrono lungo le labbra del tuo sesso ed affondano nel molle ventre, sei un fiume in piena,
umori misti a caffè e burro ti impiastricciano i peli della figa. Infilo due, poi tre dita dentro di te, le spingo fino in fondo,
senza nessuna difficoltà. riesco a sentire il tuo utero con la punta delle dita, “s-ssssiiiii, ancora, ancora, predimi ti prego!”.
Ho il cazzo al massimo della tensione, la cappella gonfia all’inverosimile, le palle che mi fanno male.
Allargo con entrambe le mani la tua figa, sei oscenamente aperta, infilo di colpo il mio cazzo dentro di te ed inizio a scoparti con forza.
Colpi profondi che scuotono il tuo corpo, ansimi ad ogni affondo, le gocce del mio sudore cadono come pioggia sulla tua schiena.
Il burro è oramai scivolato viaed impiastriccia tutto il pavimento, hai ancora il culo aperto, ci infilo le dita e ti “scopo” anche dietro.
Sento il mio cazzo scivolare dentro di te attraverso la sottile parete che separa il culo dalla figa. Allargo le dita nel tuo culo e sento
la cappella sotto di esse. Godi, godi come mai hai goduto, i tuoi gemiti sono diventati grida di piacere.
Dopo l’ultima, lunga, pompata in cui affondo con inaudito vigore nella tua figa mi fermo e rimango dentro di te,
il tuo sesso pulsa in continuazione in preda ad un lungo, interminagile orgasmo. Sento la tua figa stringere, ritmicamente, il mio sesso.
Lentamente lo sfilo, non è ancora finita.
Lo tiro fuori del tutto, la figa rimane completamente aperta, come una bocca pronta al bacio. Poggio la cappella al tuo fiorellino,
“nooo, ti prego, lo sai che ogni volta sentivo un dolore cane”, “si piccola, lo so, ma in passato il tuo culo era meno allenato”.
Spingo, non trovo molta resistenza. Mi basta appoggiarmi e la cappella gonfia scompare dentro di te con un sonoro “plop”, eppure,
“ahiaa”, giri la testa cercando una posizione che ti rilassi di più ed aggiungi “non sono abituata alle tue dimensioni”.
Spingo e vedo l’asta scomparire pian piano nel tuo culo, la pelle si distende, “ahhh-ahhh”. Un coplo deciso e le mie palle sbattono sulla
tua figa facendo uno strano suono, come qualcosa che è caduta nell’acqua. “Grrrr-ti prego, non spingere più, mi sento aprire tutta, basta, ooohhh!”
I lombari si irrigidiscono nel tentativo di inarcare la schiena, cerchi in tutti i modi di rendere meno dolorosa la penetrazione.
“Rilassati, lasciati andare e vedrai che la dolore si sostiutuirà il piacere”, Ti affero alla base del collo ed inizio a massaggiare i muscoli,
sento il cazzo stretto in una morsa che lo avvolge completamente.
Rimango fermo dentro di te, i massaggi ai muscoli contratti ottengono l’effetto sperato, ti rilassi piano piano.
Quella morsa poco per volta scompare, inizio un lento andirivieni. Molto lentamente lo lascio sivolare fuori, quasi completamente.
Un attimo di tregua eper poi penetrarti profondamente. Passi dalle smorfie di dolore a quelle del piacere.
Insieme al tuo rilassamento giungono gemiti di piacere, “oooohhhhh, siiii, ancora dai, non ti fermare ti prego”,
i tuoi fianchi ondeggiano ritmicamente, i colpi si fanno più intensi e profondi, il tuo culo aperto ingoia la carne del mio cazzo
senza sforzo apparente. Ti scopo con forza, fragorosi i suoni del continuo pompare nel tuo culo si fanno via via più forti in una continua sinfonia
di piacevoli scorregge.
Sei completamente aperta, come non lo sei mai stata.
Rivoli di sudore scendono lungo la tua schiena, la cappella del mio cazzo pulsa all’unisono con le contrazioni che come una marea
montano, irreversibili, nel tuo sesso. Continui a mugolare tutto il tuo piacere, “vengo, vengo, non ti fermare, dai fammi godere,
si, si, ancora dai, si, sono la tua puttanella. Ti prego continua, non ti fermare”. Esco di colpo dal tuo culo, eccolo lì, davanti a me,
completamente aperto, figa e culo che pilsano alla ricerca del loro piacere.
I tuoi umori colano copiosi lungo le labbra gonfie della figa, si inoltrano nel folto dei neri peli che coprono il tuo pube per poi
scendere lungo le tornite cosce. Il cazzo è teso al massimo, continua a pulsare, fitte di dolore e piacere ne prendono possesso, sto per venire.
Giro intorno al tavolo, sono di fronte a te, il cazzo a pochi centimetri dalla tua faccia. Afferro la tua testa, tenendoti per i capelli.
Tiri fuori la lingua, lo vuoi, hai bisogno di lui. Mi avvicino quel tanto che basta. Apri la bocca cercando la cappella,
solo la lingua riesce a toccare la punta del mio cazzo. Ogni tuo leggero tocco è per me una piacevole sofferenza, allunghi il collo,
cerchi di sentire la cappella sulle labbra, “uuuhhhhmmmm!!!”, per un istante alzi lo sguardo, implorante dici “scopami in bocca, ti prego”,
ti fisso ed aggiungo “solo se sarai di nuovo mia” e ti infilo il cazzo in bocca. Rimango èpochi istanti fermo.
Sento il tepore che la tua bocca sa darmi avvolgendo il mio membro. La tua lingua inizia a saettare, inizio il lento movimento di penetrazione,
via via più profonda, ingoi con difficoltà ma non smetti mai con la lingua. Il coltello è ancor asul tavolo, affianco a te,
lo afferro ed alternativamente taglio i legacci che tenevano ferme le tue mani. Pian piano riprendi possesso dei movimenti delle braccia,
sento le tue mani salire lungo le mie cosce e, afferrandomi per i fianchi mi tiri a te. La maggiore possibilità di movimento ti consente di
spingerti il cazzo fino in gola. Ti scopo in bocca con colpi profondi, la cappella gonfia ti riempie tutta.
Per farmi venire con la mano accarezzi delicatamente le mie palle, vuoi che venga. Quel delicato massaggio fa montare in me un incredibile
orgasmo “AAAAHHHHH!!!! troia, continua, siiiii, che magnifica puttanella che sei, quella che dici essere la tua amichetta manco è capace
di reggere il confornto con te. Dai continua che ti vengo in gola”.
Aumenti l’intensità delle pompate sulla mia cappella, “vengo, siiii, vengoooooooo”,
stringo con forza i tuoi capelli ed affondo il cazzo nella tua bocca, è tutto dentro, fino alle palle, non so come tu riesca ad ingoiare tutto.
Sento che stò esplodendo, densi fiotti di sborra ti riempiono la gola come l’eruzione di un vulcano inondo la tua bocca.
In un enorme sforzo tieni la bocca aperta e non ti muovi, ingoi tutto il mio seme. Lentamente esco dalla tua bocca,
la tua lingiua non smette per un istante fino a che la cappella esce dalla tua bocca.
Tu come ultimo gesto fai schioccare le labbra mentre il cazzo esce completamente, come a sugellare una ritrovata intesa.
Esausto mi accascio sulla sedia mentre reclini il capo di lato anche tu completamente svuotata di forze.
Ti fisso, il tuo viso madido di sudore, i capelli arruffati ti donano un’aria ancora più sensuale,
le labbra semisocchiuse ti rendono tremendamente erotica, una goccia di piacere cola fuori, all’angolo della tua bocca, mi fissi, non dici nulla,
“sei mia” dico con un filo di voce, i tuoi occhi cercano i miei “chissà” è la tua risposta, le mani a fare da cuscino al tuo capo. Mi alzo e ti bacio.
Questa volta ricambi senza opporti, le nostre lingue si intrecciano. Sciolgo i nodi che ti tenevano immobile al tavolo e vado a sedermi sul divano.
Accendo lo stereo e, come al solito, da quanto sei sparita, i Madredeus iniziano a suaonare la loro musica.
Mi raggiungi e ti accoccoli vicino a me, i tuoi seni sul mio petto e la tua facci scompare tra spalla e collo, sento calmo il tuo respiro.
Ti abbraccio e, rilassandoci entrambi ci lasciamo andare alle emozioni della musica. Le nostre mani si cercano ancora.
Nei miei pensieri le tue parole…. “già, chissà!”.
Per un feedback: https://raccontimilu.com/viewuser.php?action=contact&uid=5054
Grazie Rebis
Bellissima storia, molto realistica
Pisellina… fantastico! Un buon mix di Femdom e umiliazione
Storia molto intrigante. Per favore, continua! :)
In tutte le volte in cui Maria ordina a Serena di spogliarsi, Serena rimane sempre anche a piedi nudi oppure…