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Racconti di DominazioneRacconti Erotici

Cap.8 Giada da amica a schiava

By 5 Luglio 2023No Comments

Era ormai la settimana di ferragosto, avrei lavorato da lunedì 12 a mercoledì 14. Quando facevo il turno di pomeriggio dopo il lavoro raggiungevo la comitiva, che comprendeva anche Giada, al solito bar del paese che era ormai da tempo il punto di ritrovo di noi giovani. In quei giorni non successe praticamente niente tra me e Giada, calma piatta, non ci fu né modo né tempo. Ovviamente tutto era reso difficile dal fatto che vivevamo ancora tutti e due con i rispettivi genitori, però io la mia “arma segreta” ce l’avevo, casa dei miei nonni paterni. Da parte di mio padre in vita era rimasto mio nonno che rimasto solo dopo che mia nonna morì, andò a vivere da mia zia, appunto la sorella di mio padre, in un paese vicino. La casa, in pieno centro storico del mio paese, era disabitata da tempo ma non vollero mai venderla, ogni tanto ci tornava mio padre per dare una controllata generale ogni tanto ci andavo io con gli amici, qualche altra volta ci portai qualche ragazza per scopare. Ovviamente fu più e più volte il palco scenico dei nostri momenti D/s ma in quei giorni ancora non avevo avuto modo di portarci Giada. Ferragosto come da tradizione lo passavamo in tenda, trattenendoci anche il 16 in un campeggio poco distante dal paese. Partimmo a momenti alterni della mattina tutti verso il campeggio, era il mio primo giorno di ferie quindi da buon pigrone quale ero non avevo intenzione di partire alle otto del mattino come fecero in molti. Giada prese la palla al balzo, con la scusa che avrebbe pensato lei al pane sarebbe salita con me un po’ più tardi, in realtà non era una grande amante del campeggio quindi qualsiasi scusa era buona per guadagnare tempo. Tutti avevamo un ruolo nella buona riuscita dei due giorni fuori, chi pensava al pane, chi alla carne chi alle birre ecc ecc.
Mi svegliai in tutta comodità verso le dieci e andai da Giada, la trovai già pronta per partire, ovviamente stavamo andando in campeggio quindi non si presentò di certo vestita come la più figa nel mondo, aveva un paio di shorts e un top viola. Passando per l’alimentare partimmo così alla volta del campeggio. Erano tre/quattro giorni che non rimanevamo soli io e lei e come tutte le volte la conversazione cominciò nel modo in cui eravamo soliti iniziare. Cominciò Giada:
– quindi?.. che mi racconti?..
– niente di che!.. Finalmente in ferie.. ne avevo bisogno cazzo.. tu? Tutto bene?..
– si dai.. non c’è male.. anche se vorrei sapere quando finirà la storia del campeggio.. ogni anno la stessa storia.. i ragni.. le mosche.. le vespe.. bleeeh.. solo al pensiero mi lancierei dall’auto in corsa..
Mi girai verso di lei per risponderle cercando il suo sguardo per rivolgerle  qualche sfottò, inevitabile gli occhi mi caddero sulle sue tette, se ne accorse e come al solito prese a lamentarsi della cosa coprendosi con le mani. Era una scena vista e rivista e come da copione lei disse:
– e dai bastaaaa.. finirà mai sta storia!.. pensa alla strada non a guardarmi le tette.. non muoio all’idea del campeggio ma almeno vorrei arrivarci..
Di solito le mie risposte in questi casi erano le solite battute che ormai conosceva anche lei, cose del tipo:
“non è colpa mia hanno iniziato loro”
“non è colpa mia se tu hai le tette e io gli occhi” ecc ecc.
Mancavano più i meno una quindici/venti minuti all’arrivo e io avevo già in mente come ammazzare il tempo che avevamo a disposizione, anche se poco. Le dissi allora:
– togli immediatamente le mani chi t’ha detto che puoi coprirti?..
Aveva già capito tutto, abbassò lo sguardo e tolse le mani. Continuai:
– ti sei toccata in sti giorni immagino..
– no Padrone.. ero sul punto di farlo ma non è successo.. glielo giuro..
– devo crederti?
– si Padrone.. la prego.. mi creda.. non è successo..
– va bene.. facciamo che ti credo.. anche se per stare tranquilli con una cagnetta come te ci vorrebbe la cintura di castità ahahahha..
Portai una mano in mezzo alle sue cosce, a tentoni, mantenendo comunque la vista sulla strada e le diedi un paio di schiaffetti.
– apri.. quanto ci vuole..
Obbedì e allora risalii lentamente verso la fregna, una volta li abbastanza rude iniziai con movimento circolare a toccarla. Dopo una decina di secondi scarsi mi fermai e le dissi:
– sbottona i calzoni..
Tempo zero s’agitò:
– ma.. Padrone siamo in mezzo alla strada.. se..
La interruppi, non c’era veramente nessuno sul quel tratto di strada, c’era qualche macchina parcheggiata lungo la strada ma ormai a quell’ora di ferragosto erano già tutti dentro il bosco. Cercai di farla calmare ragionandoci ma pur mantenendo un certo tono ed a tratti alzando anche la voce:
– non ricominciare con i ma e con i se.. guardati attorno.. siamo nel bel mezzo del nulla.. chi vuoi che ti veda?.. e poi.. hai sentito bene quel che ho detto?..
– si Padrone..
– e che ho detto?..
– di sbottonare i calzoni Padrone..
– tutta st’agitazione a cosa è dovuta?.. pensi che voglia farti calare i pantaloni?
– si Padrone..
– SBO.. TTO.. NA.. RE.. mi capisci quando parlo?.. già hai viaggiato troppo con il cervello.. sei arrivata a pensare a cose che sai che non chiederei mai.. eppure ne abbiamo parlato sul come e quando affrontare questi momenti.. sai benissimo che non ti chiederei mai di toglierti i calzoni qui.. anche se non c’è nessuno non correrei mai e poi mai questi rischi.. non pensi?.. se non ti fidi di me lasciamo stare perché non ci sono proprio le basi per continuare..
Guardando la strada non potevo guardarla in faccia quindi non mi rensi conto di come stava reagendo alle mie parole, come ormai è risapunto, quando qualcuno alza la voce con Giada lei apre i rubinetti. Non avevo intenzione di infierire e farla diventare una fontana, stavamo andando pure sempre a divertirci. Chiamiamolo errore in buona fede con concorso di colpe Giada poteva non ingigantire un semplice ordine che io avrei potuto evitare, si che eravamo nel bel mezzo del nulla ma non la biasimavo, eravamo pure sempre all’inizio di questo nostro “gioco” non sapeva che aspettarsi da me in quelle nuove vesti. Decisi di chiuderla qua ma avevamo ancora abbastanza tempo per finire il ragionamento, avevo parlato solo io e volevo capire Giada cosa ne pensasse.
– chiudiamo questa piccola parentesi qua.. va bene?
Rispose mezza singhiozzante:
– si Padrone..
– no no.. intendo dire chiudiamola qua.. te la senti però di finire il discorso?..
– penso di sì..
– o si.. o no.. cosa vuol dire penso..
– si dai.. me la sento..
– va bene.. ti fidi veramente di me?.. intendo dire quando fai la schiava..
– certo che si.. però mi sono trovata spiazzata.. le decisioni le prendi tu.. come giusto che sia.. però spero tu capisca che una cosa è quando siamo io e te.. al chiuso per intenderci.. un’altra è qui..
– pensi veramente che t’avrei fatto togliere i calzoni?
– si.. cioè.. prima si.. col senno di poi sono pienamente consapevole che non l’avresti mai fatto..
– va bene.. non ho altro da aggiungere..
– scusami..
– ahahahah si come no.. lunedì partiamo.. scontato che tu non debba nemmeno sforzarti con un dito.. riaffronteremo il discorso tranquilla..
– va bene..
Troncai secco e arrivati al campeggio, per forza di cose, i due giorni trascorsero senza che nulla accadesse. Stessa cosa per i giorni successivi, se non fosse che il giorno prima di partire intorno alle tre di notte mi arrivò un messaggio su whatsapp. Prendo il telefono, Giada. Eravamo rientrati relativamente presto per dormire in previsione del viaggio ma ovviamente non riuscivo a prendere sonno.
– Padrone è sveglio?
Avevo già da come si stava ponendo a cosa volesse arrivare.
– si che cosa vuoi alle tre di notte?..
– Padrone potrei avere il permesso di toccarmi? La prego..
– perché dovrei concederlo? E poi non eri tu quella che voleva farmi credere di essere la santarella che non si fa i ditalini?..
– si Padrone è che sono un po’ eccitata..
– un po’?..
– si Padrone..
– allora non ti è necessario.. dopo la mattina di ferragosto pensi di avere il diritto di avanzare richieste? Pensa a dormire e non t’azzardare..
– certo Padrone.. mi scusi.. buonanotte..
Non risposi più, pensai che all’incontro che avevamo avuto la prima volta non mi presi di certo la briga di lasciarla soddisfatta, per chiedermi una cosa del genere era davvero sul punto di esplodere. Ovviamente me ne disinteressai, poco dopo caddi nel sonno più profondo fino al mattino seguente. Eravamo rimasti d’accordo con Marco che sarebbe passato lui a prendermi in quanto saremmo partiti con la sua macchina per poi lasciarla in aeroporto, lì avremmo usato la macchina del padre di Francesca per ogni tipo di spostamento. Non dovevano pensare a niente, né avevamo già parlato con Giada, sapevamo di essere ben voluti ma una settimana da ospiti, camera, eventuali colazioni pranzi e cene con tanto di macchina, ci metteva abbastanza a disaggio. Ovviamente ne parlammo in più di qualche occasione anche con Francesca che fece di tutto per metterci a nostro agio, dicendoci miliardi di volte che il padre era fatto così e ci invitava quindi a stare tranquilli. Saltando tutta la trafila da un mezzo all’altro ci ritrovammo fuori casa del padre di Francesca, rimasi stupito, da sempre definita da lei “casetta” in realtà era una villa. Percorrendo il viale il padre di Francesca prese a spiegare che la villa era di proprietà della famiglia della compagna da generazioni e anche se non sembrava, dati i lavori fatti nel corso degli anni, era abbastanza antica. Non lo disse apertamente ma si capiva che lei fosse abbastanza ricca di famiglia ma comunque anche lui non se la passava male finanziariamente, non a questi livelli di certo ma era pur sempre un ingegnere. Arrivati alla fine del viale ci trovammo con dinanzi il garage a sinistra la villa e a destra un altro edificio, decisamente più piccolo collegato alla villa dal garage. Parcheggiò la macchina e mentre tiravano giù le valige continuò a spiegare che i nonni della compagna in origine avevano destinato l’edificio piccolo al maggiordomo. Francesca aveva parlato con il padre delle nostre preoccupazioni quindi ci mise dinanzi a una scelta volta a farci stare tranquilli potevamo stare nella villa tutti insieme oppure io e Giada potevamo sistemarci lì. Prese la parola Francesca che ci fece capire che ovviamente non ci voleva buttare in un angolo ma vedendoci abbastanza preoccupati prima di partire pensava che fosse un modo per farci stare tranquilli. Tra me e me ero d’accordo con Francesca, comunque in vacanza non si passa poi chi sa quanto tempo in casa, così mi sarei sentito si ospite ma almeno non mi sarei sentito un estraneo che si intrufola nella casa e nella vita degli altri, il padre di Francesca c’aveva si visto crescere ma la compagna l’avevo vista solo in foto. Non subito ma neanche in ritardo mi si accese una lampadina, quella sistemazione avrebbe permesso a me e Giada di avere del tempo per noi….

Continua…

Non siamo scrittori esperti, se sei arrivato fin qui speriamo che sia perche tu abbia gradito ciò che hai letto :) per commenti, suggerimenti o qualsiasi cosa andrea.real040@gmail.com

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