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Racconti di Dominazione

Lui è mio

By 29 Ottobre 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

Mi tocca seguire il corso di geometria del primo anno, mi pento di non averlo fatto due anni fa. Un esame che già di per sé odio ora è diventato pure a frequenza obbligatoria. Le matricole sembrano sempre più piccole, anche io sembravo tanto una mocciosa? Non lo credo possibile.

Abbatto la testa sconsolata.
Che palle oggi il prof si è fissato sul ripasso di trigonometria… Sbadiglio e non posso farne a meno. Sembra deciso a propinarci banalità e cose studiate e ristudiate.

Nello stirarmi sposto lo sguardo intorno, un ragazzo che non conosco sulla mia destra sembra guardare nella mia direzione.
Che stia guardando me? Probabilmente mi sto sbagliando… Mi do della stupida e mi dico di non farmi stupide paranoie. Cerco di concentrarmi sulla lezione, ma non ce la faccio. La solfa del ripasso mi annebbia la vista e il cervello.

La porta alle mie spalle si apre e io istintivamente mi giro per vedere chi è il ritardatario. Nel farlo incrocio di nuovo il suo sguardo. Questa volta non ho dubbi mi stava fissando. Il modo in cui si volta di scatto imbarazzato non mi lascia più dubbi.
‘Cazzo vuoi?’ Penso indignata.

Però sotto, sotto… Mi sento sempre lusingata quando riesco ad attrarre gli sguardi dei maschietti. Mi chiedo cosa di me lo attragga tanto. Sono seduta quindi il sedere di certo non è. Peccato però… è la parte di cui vado più fiera. Penso sia più per il mio abbigliamento, sapevo che mettere il maglioncino attillato sarebbe stato un poco audace. Con vanità penso alla mia figura riflessa allo specchio prima di uscire di casa e sorrido maliziosamente. Mi contorna il seno facendolo sembrare più abbondante.

‘Sono queste? Ti piacciono vero?’ Gli dico pensandolo come se potessi mandargli un messaggio telepatico. Lo guardo mentre lo penso.

Ora che mi ha stuzzicato, l’osservo meglio. Non è niente di che, non proprio un brutto ragazzo se solo non apparisse così sciatto. Lo classifico subito. Il classico sfigato, però c’è qualcosa di lui che non mi lascia indifferente. Quel suo fare impacciato, quell’aria così indifesa’

Ora è lui ad accorgersi che lo sto guardando. Soffocando un’imprecazione mi metto a scarabocchiare sugli appunti che non ho preso. Mi sento avvampare come una scolaretta, meglio lasciar perdere e seguire la lezione.

Finalmente il professore la finisce con quella cantilena noiosa e ci lascia andare per la pausa pranzo.
Mi alzo accarezzandomi il fianco e la natica. Con la cosa dell’occhio ho visto che mi sta guardando e volutamente lo sto provocando. Non so esattamente cosa mi spinga a farlo, ma sento un brivido di eccitazione che non posso ignorare.

Fuori dall’aula aspetto impaziente che esca. Il cuore mi scoppia, sono ancora in tempo per lasciar stare tutto. Mi sto martirizzando le unghie dal nervoso, sto quasi per andarmene quando lo vedo e l’istinto dissolve ogni incertezza. Lo afferro con decisione per il polso e lo trascino dietro di me.
Lui cerca di protestare, ma io lo zittisco subito. Faccio sfogo di una arroganza che non mi è consona.
‘Zitto e seguimi!’ Il mio tono voleva essere deciso, ma credo di aver esagerato. Mi sembra impaurito in un modo quasi patetico.

Quando vede che stiamo entrando nei bagni femminili si blocca. Lo guardo dritto negli occhi corrugando la fronte e decisa ad andare fino in fondo, con uno strattone lo trascino inesorabilmente dentro.

Chiusi in quello spazio angusto posso sentire il suo respiro affannoso sulle guance. Posso immaginare che desidererebbe delle spiegazioni. Cerca di fare il duro, ma riesce solo a piagnucolare qualche sillaba.

Constato che è decisamente più gracile di quello che pensavo e non mi è difficile avere la meglio su di lui e immobilizzarlo contro al muro.
Non mi curo dei suoi sommessi gemiti di protesta e gli copro la bocca prima che ci sentano.
‘Zitto!’ è poco più di un sussurro, ma il tono non ammette repliche.

Lo guardo dritto negli occhi e leggo il suo terrore. Lo spingo verso il basso costringendolo a inginocchiarsi, con qualche difficoltà per lo spazio stretto lui esegue.

Lentamente sollevo la gonna attirando completamente il suo sguardo atterrito alle mie bianche mutandine. Le sento leggermente umide e mi chiedo se lui possa vedere la macchia della mia ciprigna. Fattosi coraggio anche se incredulo, avvicina la faccia inspirando il mio odore. Lo lascio fare vergognandomi per un attimo di non essermi fatta il bidè questa mattina.

Lui si fa più intraprendente e porta le mani all’elastico per abbassalo. Sento le mani che gli tremano mentre le mie mutandine scivolano lungo le gambe.
Lo lascio fare mentre mi siedo sulla tazza e un brivido gelido misto ad eccitazione mi sale lungo la schiena.
La mia lucidità mentale è appannata dall’eccitazione, altrimenti morirei dalla vergogna a far vedere la patatina in quel modo a questo sconosciuto.

Mi osserva incerto e poi allunga una mano verso la vulva.

Lo fermo e quando vedo che non capisce, appoggio una mano sulla sua testa e la spingo in mezzo alle gambe.

Esita e tentenna dal principio. Assapora il mio aroma e mi fa fremere maggiormente di eccitazione. Il suo modo indeciso di prendere l’iniziativa mi da maggiormente forza e spingo la sua faccia contro la mia calda e palpitante vulva.
Rimango un poco contrariata nel constatare la sua incapacità. Le lappate sono indecise e si concentrano sulle piccole labbra oppure è forse la sua ritrosia.

Sorrido malignamente e penso che deve essere la prima che vede.

L’idea che questo ragazzo sia da svezzare quasi mi commuove. Mi sento padrona e maestra. L’orgoglio di fargli imparare come diventare uomo mi fa tremare di eccitazione. Un brivido; una scossa che mi stordisce partendo dal basso ventre per arrivare fino alla nuca e che mi esplode nel cervello, mi lascia sfuggire un lungo gemito roco.

Sentendomi pensa che il merito sia suo e incomincia a dedicarsi alla mia passera con maggior decisione. Nonostante l’inesperienza, sento che ha un certo effetto e piano, piano, il piacere sale esasperandomi più che eccitandomi. Ciò che mi da maggior fastidio è la sua bava che mi sta bagnando le cosce e il sedere.
Lo prendo per i capelli furibonda e l’allontano.
‘Sei una frana.’

Mi porto le dita in bocca della mano libera e mi dedico con passione al bottoncino di carne che lui ha continuamente ignorato. Lo spingo via e osservo compiaciuta i suoi occhi sgranati calamitati dallo spettacolo che gli sto donando.

Masturbo con foga il clitoride mentre con due dita dell’altra mano massaggio la vulva facendole entrare a intervalli regolari.

Lui guarda rapito ogni movimento delle mie mani, finché con l’approssimarsi del mio piacere, lo prendo per i capelli nuovamente e gli guido la faccia contro la vulva che freme di desiderio. Lo spingo con forza e anche con i suoi maldestri tentativi di darmi piacere, esplodo il mio orgasmo irrigidendo ogni nervo.

Stringo con forza i pugni e i suoi capelli. Gli tengo premuto il viso contro il mio sesso per diverso tempo finché la frenesia dell’eccitazione e gli spasmi di piacere non mi abbandonano.

Lo lascio andare e lui si abbandona seduto sbattendo la nuca rumorosamente contro la porta. Il mio sguardo cade sulla patta dei pantaloni; voglio vederlo e magari ripagarlo. Con un gesto della mano lo faccio alzare, ma quando vedo la macchia umida e scura rimango sbigottita.

‘Sei venuto?’

Intimidito e a disagio si limita ad annuire mestamente.

Mi alzo e con fare schifata lo spingo al mio posto.
‘Decisamente ne abbiamo di strada da fare.- Mi sistemo la gonna cercando di stirare le pieghe.- Prima di uscire aspetta qualche minuto.’

Esco senza dire altro e mi incammino senza voltarmi. Chiudo la porta alle mie spalle e penso che avrà anche un’altra macchia sul culo quando si sarà alzato.

Nel corridoio penso e sorrido fra me e me. Il ragazzo ha del potenziale ma deve imparare un poco di disciplina e autocontrollo. Un sogghigno mi compare sulla faccia, mentre penso a cosa vorrei sperimentare con lui…

Sto camminando senza mutandine e percepisco chiaramente l’aria accarezzarmi la vulva calda e umida di umori.

———————–

Ci tengo a ringraziare Maxtaxi per i consigli, le correzioni e la proverbiale pazienza.
Tanto per cambiare anche oggi, nuovamente lezione con le matricole. Se solo non mi fossi lasciata dietro questo stupido esame… Però, mi chiedo, se lui ci sarà anche oggi.

Le immagini e le sensazioni di quello che abbiamo fatto il giorno prima mi tornano in mente e mi sento frizzante. Ho come l’impressione di sentire i capezzoli irrigidirsi al di sotto del reggiseno.

Ancora non capisco dove ho trovato il coraggio di fare una cosa simile. Se le mie amiche lo sapessero rimarrebbero scandalizzate. Invece io non sono capace di essere ipocrita e non mentirò a me stessa negando che mi è piaciuto.

Di nuovo quella vampata di calore mi sorprende tra le gambe. Mi sento tremare le gambe e mi devo fermare un attimo mordendomi il labbro inferiore. Lascio che l’aria mattutina mi rinfreschi il volto che sento bruciare. Mi ci vuole qualche attimo prima di poter rimettermi in cammino verso l’università.

Come al solito arrivo in ritardo, come sempre non sono l’unica e anche il professore non è ancora arrivato. Mi metto in ultima fila e solo dopo essermi sistemata mi accorgo chi mi si è seduto accanto.
Penso che non mi abbia riconosciuta, ma subito dopo mi devo ricredere perché balbetta un saluto.
‘C.. Ciao sono Stefano”
‘Sì mi ricordo di te. Sono Francesca’
‘ehm… Ecco’ io..’
‘Non è che ora perché ci siamo salutati ti fai delle strane idee in testa. Sei una vera delusione. Mi auguro che hai dei lati nascosti e sei capace a fare dell’altro… Perché…’ Con il pugno chiuso, ma con il pollice e l’indice dritti come per mimare la pistola la muovo a destra e a sinistra per fargli intendere che è una nullità.

Il professore e l’assistente entrano in aula e il brusio cala improvvisamente lasciando un totale silenzio. Osservo la cattedra e mi rendo conto di essere imbarazzatissima. Mi rendo conto solo ora che sono venuta in faccia a quel ragazzo di cui non conoscevo nemmeno il nome.

Mi sento avvampare tutta. Ho le guance che mi bruciano e quella sensazione che sale dal basso che mi impedisce di stare ferma. Stringo i muscoli pelvici e per qualche attimo ho la netta sensazione di perdere i battiti del cuore per quanto batte fortemente. D’istinto serro le cosce e sento già un certo umidore tra le gambe. Mi concentro su quello che dice il professore per cercare di calmarmi e perché non voglio che lui se ne accorga. Continuo a prendere appunti e mi chiedo se la mia ciprigna stia bagnando i pantaloni. Non ho voglia di andare in giro per la facoltà con una macchia proprio sul di dietro. Mi dico che devo cercare di riprendere il controllo e dopo diversi minuti riesco a darmi una certa calmata.

Mi volto verso di lui e noto che mi sta fissando. Distoglie lo sguardo imbarazzato e quando trova il coraggio di incrociare i suoi occhi con i miei, gli leggo una certa bramosia. Dopo qualche secondo torna a guardare il professore, ma noto che tiene lo sguardo basso sul foglio senza prendere appunti. ‘Ti vergogni per quello che hai fatto ieri vero?- Sussurro appena.- Ti sei pure tenuto le muta…’
Lascio la frase a metà. Non voglio che i nostri vicini potessero sentire e intuire cosa è accaduto fra di noi.

‘Ah n’No, aspetta.’
Improvvisamente sembra essersi ripreso dal nodo alla gola che gli impediva di guardarmi. Sembrava come se stesse aspettando che gli parlassi per muoversi. Traffica con lo zaino e le tira fuori lasciandomi un poco spiazzata.
‘Non le voglio. Chissà che schifezze ci hai fatto’

‘No, no. Le ho lavate’

Perfettamente piegate, sembrava che dicesse la verità.
‘Ahhh certamente. Prima ti ci fai le seghe e poi dovrei ringraziarti per esserti disturbato a lavarle?’

Sono esterrefatta di me stessa. Non mi riconosco. Non mi sono mai comportata come ieri e meno che mai mi sono comportata da tanto stronza come ora. Pensare che ero una così brava ragazza’

Apre la bocca, ma non gli lascio il tempo di parlare. Alzo la mano in segno di silenzio.
‘Figuriamoci… Ora mi dirai che non te lo sei menato. Certo… Io ci credo…’

Mi volto guardando verso il professore, non prima di averlo visto diventare paonazzo e quasi rannicchiarsi sulla sedia. Con la coda dell’occhio noto che il mio vicino mi sta guardando e anzi come se non mi importasse nulla di lui, rincaro la dose, alzando un poco di più la voce.
‘Spero che almeno con le mani sei capace a fare qualcosa, perché se lo sei solo come con la lingua allora sei proprio messo male.’

A quelle parole sobbalza sulla sedia guardandosi attorno impaurito e in soggezione per paura che qualcuno avesse potuto sentire. Per una attimo mi ero dimenticata di dove eravamo.

‘Prego? Se avete problemi chiedete a me!’ Il professore ci richiama all’ordine infastidito dal brusio.

‘Sì, mi scusi. Non ho capito l’ultimo passaggio.’ Gli rispondo tanto per farlo contento.

Devo stare più attenta a non alzare troppo la voce, mi dico fra me e me falsamente interessata alla spiegazione. Cerco di stare attenta e di seguire la lezione almeno fino a quando il professore non la smette di guardare nella nostra direzione.

Mi accosto vicino a lui e gli sussurro.
‘Ti è piaciuta la mia figa…’ è una constatazione più che una domanda. Lo guardo interessata e noto come diventa rosso in volto ma poi annuisce timidamente.

Scorgo stretto nel pugno della mano sinistra le mutandine bianche e mi accosto nuovamente per sussurrargli.
‘Però io non l’ho mica visto il tuo cosino…’

Si volta di scatto incredulo e allarmato. Forse speranzoso di desiderare di avere il premio che aspetta ad ogni uomo che fa godere la sua donna.

‘Non ti sembra che è un’ingiustizia? Mi hai lasciata a bocca asciutta, ti pare?’ Torno a sussurrargli mentre gli sorrido maliziosa.

‘nnn… no. ecco.. però” Balbetta in modo che le parole sono appena percettibili.

Mi avvicino a lui fino a quando non gli sono praticamente addosso, mi viene in mente il mio gatto che mi si strofina contro le gambe e gli sorrido di nuovo. Senza dire altro poso la mano destra sulla sua cosca e la faccio salire lentamente fino ad arrivare al suo cavallo dei pantaloni. Accarezzo il pacco turgido che le dita hanno trovato e cerco in qualche modo di prendere nel mio pugno la sua erezione attraverso i jeans. Mi sento molto porca e sono orgogliosa di esserne io la causa di quel rigonfiamento..

‘Sempre sull’attenti eh? Bravo il mio porcellino.’ Gli sussurro all’orecchio tornando poi seduta composta come quella brava e diligente alunna che sono.

Non passa molto tempo che gli torno vicino e riprendo ad accarezzargli il cazzo. Premo le dita e lui non si discosta. Mi lascia fare. Slaccio la zip e la cintura e con una facilità insperata faccio saltar fuori quel paletto di carne. Lui sobbalza e cerca di coprirsi più per istinto che per opporre resistenza.

Il professore se ne accorge e questa volta se la prende con lui.
‘Prego? Qualcosa non va?’

‘Sì’ Ecco’ Scusi, non ho capito quest’ultima cosa?’ Risponde rosso come un pomodoro maturo.

é costretto a riportare le mani sul banco per prendere appunti e io ne approfitto per stringere la mano attorno al suo paletto di carne. Lo sento duro e caldo; liscio e morbido. Inizio a muovere la mano lungo l’asta lentamente avanti e indietro, fingendo di ascoltare interessata la lezione.

Lo sento ansimare e il cazzo vibrare, segno che quello che sto facendo gli piace. Lascio la presa e inizio a sfiorarlo delicatamente con i polpastrelli partendo dalla base fin su al filetto e mi fermo alla punta del glande. Qui trovo una gocciolina che delicatamente spalmo sulla cappella con dei movimenti circolari. Torno a ridiscendere lentamente seguendo l’asta fino alla base e poi inizio a giocherellare con i peli del pube prima di ricominciare nuovamente la salita.

Mi diverto a guardare le sue espressioni. Con i pugni stretti, compie sforzi davvero notevoli per non far insospettire il professore. Riesce anche a rispondere con voce tremante, alle domande che gli pone di tanto in tanto.

Quando finalmente il docente ritorna alla lezione, mi accosto al suo orecchio ponendo le labbra quasi a contatto.
‘Bravo, adesso prendi appunti che poi me li passi.’

Tremante ed obbediente, incomincia a fare quello che gli ho chiesto. è la mia marionetta e sono sicura che ne sia consapevole quanto me.

‘Bravo il mio bimbo, poi ti do un premio…’ Gli ansimo all’orecchio e per sottolineare la cosa, gli afferro il duro paletto di carne e stretto nel mio pugno inizio a masturbarlo lentamente.

Non passa molto tempo che lo sento raschiarsi la gola, come se volesse soffocare qualche gemito di piacere. Al contempo mi accorgo di percepire chiaramente il cazzo vibrarmi in mano, chiaro segno distintivo che è arrivato al limite. Mi fermo e stringo fortemente il pugno alla base del cazzo.
‘Su, su… Resisti.’ Gli sussurro.

Quando si è calmato mi lancia uno sguardo supplichevole e preoccupato. Mi ricorda tanto lo sguardo di un cane quando vuole essere accompagnato fuori casa per fare i suoi bisognini.

‘Devi imparare a resistere caro mio. D’ora in poi non puoi venire senza il mio permesso.’

Vedo che apre la bocca in segno di protesta, ma non gli lascio il tempo di ribattere che muovo la mano lungo il cazzo per fermarla come apro la bocca.
‘Zitto. Non ti avevo detto di prendere appunti?’

Mestamente riprende a scrivere e io ricomincio a lavorargli il cazzo come prima. Mi guardo attorno e vedo il mio vicino che mi sorride maliziosamente, segno che ha capito cosa gli sta accadendo accanto.
‘Vedi di scrivere bene altrimenti come faccio poi a capire?’

Volta la testa come se avesse voluto rispondere, ma lo faccio rinunciare stingendo improvvisamente il pugno attorno al cazzo. Quando ritorna a essere il mio schiavetto ubbidiente ricomincio la lenta masturbazione.

Qualche minuto dopo lo sento nuovamente raschiarsi la gola e il cazzo indurirsi e tremare segno ineluttabile che è sull’orlo dell’orgasmo. Prontamente mi fermo allentando la presa.
‘Per oggi basta così’

Incredulo, mi guarda deluso e decisamente contrariato. Come nota che ho riportato la mano sul banco, si precipita a rimettersi a posto i pantaloni. Mi chiedo come possa piegare il cazzo dentro alle mutande.
‘Non fare quella faccia ti ho promesso un premio e l’avrai.’

A quelle parole il sorriso gli illumina il volto. Eccitato mi subissa di domante.
‘Che cosa? Quando? Dove?’

‘Rimettiti a prendere gli appunti altrimenti te lo scordi.’

Lui ricomincia nuovamente a prendere gli appunti per me.
Bene, se non altro la presenza obbligatoria a questo cazzo di corso non sarà una totale perdita di tempo. Mi dico convinta e soddisfatta. Senza più degnarlo di uno sguardo prendo il libro e mi metto a studiare per un altro esame.

Osservo la mano. La sento liscia e calda. L’annuso e il suo odore mi eccita fuori misura. Sento chiaramente la vulva pulsare e un calore immenso che mi si spande per tutto il corpo. Cerco di concentrarmi sul libro che ho davanti in modo che i pensieri lubrici si allontanano

Finalmente la lezione finisce e posso alzarmi.
‘Hai lezione adesso?’ gli chiedo impadronendomi dei suoi appunti.
‘Sì chimica’
‘Beh io no, quindi devi scegliere tra me e chimica’

Mettendo a posto i libri noto che lui stringe ancora le mie mutandine nella mano sinistra.
Mi sento fradicia e ripensandoci mi servirà un cambio di intimo.
‘Dammele’ gli ordino perentoria.

Lui non capisce e si limita a guardarmi imbambolato. Seccata gliele strappo di mano e mi avvio all’uscita.

‘Allora che fai?’
Rimane indietro indeciso sul da farsi, penso che non mi seguirà, che il gioco sia finito. Poi però si decide e mi trotterella dietro come un cagnolino.
Sorrido maliziosamente mentre in testa si affollano pensieri indecenti e mi avvio decisa verso il bagno delle ragazze come il giorno prima.
Non incontriamo nessuno, ma è comunque restio a entrare. Esattamente come il giorno prima, devo trascinarlo dentro a forza.

Mi siedo sul coperchio del water e lo guardo.
‘Spogliati!’
Il posto e’ angusto e gli ho lasciato poco spazio. Riesce in qualche modo a togliersi i pantaloni e le mutande.
Osservo il cazzo ergersi dritto e in avanti. Lo accarezzo e l’osservo mentre vibra e sobbalza alla carezza lieve che gli ho fatto.

‘Spogliami!’
Gli sussurro mentre mi metto in piedi. E’ incredulo. Il suo sguardo e’ carico di desiderio, di voglia. Non gli e’ stato agevole nell’angusto spazio abbassarmi i pantaloni e poi le mutandine.
Mi sentivo ansimare e con il cuore che mi batteva forte nel sentire le sue mani accarezzarmi le gambe mentre le piccole mutandine scivolavano a terra.

Con i pantaloni le manovre sono più difficili, ma in pochi minuti riesco a farmeli togliere e li appoggio sul suo zaino che ho deciso di usare come tappetino. Sfilate le mutandine gliele prendo e posso notare che sono davvero fradice.

Ora sono di nuovo seduta sulla tazza offrendogli la vulva dischiusa a pochi centimetri dalla sua faccia. Il suo respiro mi solletica il pube aggiungendo nuovi stimoli alle mie dita che accarezzano le piccole labbra.

Sono perfettamente conscia che mi sta osservando in un modo che prima di lui, ben poche persone hanno potuto farlo.

‘Oggi ti guido io’ gli sussurro con il fiato pesante.
Lui non dice niente, si limita ad annuire osservando bramoso lo spettacolo che gli offro.
‘Annusa il mio profumo. Ti piace?’
Mi fa quasi impazzire sentire l’aria solleticarmi il clitoride mentre lui aspira a pochi centimetri dalla mia bollente pelle.

‘Osserva bene come sono fatta.- Apro le dita in modo da divaricare le umide labbra vaginali.- Stai per affondare la tua lingua in queste calde labbra. Stai per infilare il naso in questi peli riccioluti.’

Lo afferro per i capelli e lo tiro in basso. Appena la sua lingua è a contatto della mia vagina comincia a leccare con foga.

Mi sorprendo di quanto sia migliorato, le lappate sono più decise e profonde.
‘più su.. più su’ continuo a ripetere come una litania mentre sento il piacere crescermi sempre più.

Finalmente trova il mio clitoride e rimango folgorata. Una scossa si dipana seguendo la colonna vertebrale. La sento che mi fa rizzare i peli sulla nuca e poi mi esplode nella testa. Stringo ancora di più la sua testa contro di me affondando le mani lei suoi capelli.

Non so per quanto tempo andiamo avanti, ma quando giungo al culmine l’orgasmo esplode dirompente appagando tutto il piacere accumulato durante la mattinata.

Non mi basta e gli ordino di non smettere e di scendere. Sento che sto venendo come un torrente e voglio che mi beva. La sua lingua corre e saetta vorticosa. La sento che mi lappa facendomi impazzire sondandomi sempre più in profondità. Quando arriva alla pelle tra la patata e l’altro buchetto mi scuote una nuova ondata di piacere e lo faccio di nuovo salire verso il monte di Venere.

Il secondo orgasmo è meno intenso ma dura più a lungo. Mi godo ogni colpo di lingua fino a quando non mi ha pulita per bene da ogni goccia di ciprigna. Si discosta per lamentarsi che gli fa male la lingua, ma io non voglio che smetta e lo tengo schiacciato contro il clitoride e poi in basso in modo da leccare e succhiare tutto.

Quando sono soddisfatta lo allontano spingendolo via e lo faccio alzare. Ora ho il suo cazzo in piena erezione perfettamente di fronte a me. Con un dito spargo la goccia che si è formata sulla punta. Comincio ad accarezzarlo lungo tutta la lunghezza mentre con l’altra mano soppeso le palle. Non passa molto che incomincia a pulsare e io mi fermo immediatamente osservando come il cazzo sobbalzi e vibri.

Lui geme contrariato si porta una mano in avanti per finire quello che ho interrotto, ma gliela fermo dandogli uno schiaffo sul dorso.
‘Non mi deluderai proprio ora’ Le parole mi escono appena percettibili a causa dell’orgasmo che mi ha svuotato. Non avrei mai pensa di poter godere così tanto solo con la lingua.
‘Ma… Avevi detto che mi davi un premio…’ Rimbrotta incredulo ed eccitato come non mai.

‘Farmi una sega in faccia sarebbe il premio? Ma come ti permetti? Sei proprio un maiale!’
Decisamente mortificato e si limita a distogliere lo sguardo.
‘Però hai ragione sei stato bravo e un premio ci vuole…’ Gli dico addolcendo la voce.

Ci penso per un po’ e quando vedo le mie mutandine mi viene un’idea. Le raccolgo e gliele porgo.
‘Sono tue. Mettile!’ Soddisfatta dell’idea bizzarra che ho avuto e lo guardo sorridendo maliziosamente.

Lui le prende, ma resta a fissarmi incredulo. La delusione che gli si dipinge sul volto è lampante e si rifiuta di indossarle.
‘Non si rifiuta un regalo. Oltre a porco sei pure maleducato.’ Gli dico esprimendo tutto il disprezzo che posso.
.
Gliele stappo di mano e gli afferro una caviglia costringendolo a lasciarsele indossare da me. Sono troppo strette, ma tirando un poco riesco a farle arrivare all’altezza delle anche. Il cazzo ancora in erezione non è per niente coperto. Riesco a far entrare le palle che vengono strette non poco dal cotone trasparente per quanto è bagnato.
‘Voilà! Sei proprio una bellezza.’ Dico divertita piegandomi a baciare il glade ancora pulsante

‘Lo faccio per te sai? Mi dovresti ringraziare’
‘Ma veramente”
‘Ringraziami!’
‘G..grazie’
faccio per alzarmi ma mi trattiene.
‘Che c’è?’ chiedo seccata scrollandomi di dosso le sue mani.
‘ecco.. cioè.. noi cosa?’
‘NOI?’
‘Si.. no’ cioè scusa’ io cosa sarei’ per te”
‘Tu non sei un cazzo. Anzi in effetti solo il tuo cazzo è qualcosa. Capito?’
Lo guardo dritto negli occhi e scorgo che si limita ad annuire mestamente.
‘Vorresti diventare di più?’

Non risponde ma nei suoi occhi si accende una luce che non ha bisogno di parole.
‘Allora per esserlo devi imparare e io ti sto insegnando.’

Mi rivesto con le mutandine asciutte che mi ha riportato e infilo i pantaloni appoggiandomi a lui schiacciandolo contro la parete.
‘Ti aspetto fuori datti una mossa.’

Esco portandomi via le sue mutande e buttandole nel primo cestino che trovo.

———————

Un ringraziamento particolare a Maxtaxi per il continuo aiuto e sostegno Sorrido nel pensare che lui sta indossando le mie mutandine bagnate e che stia impregnando del mio odore il cazzo. Ho un brivido di eccitazione nel pensare a cosa abbiamo fatto e a quanto ho goduto.

Lo aspetto all’ingresso principale e dopo qualche minuto lo vedo arrivare. Dal modo in cui cammina deduco che le mutandine gli danno non poco fastidio. Mi aspettavo che se le sarebbe tolte ma la sua obbedienza supera ogni mia aspettativa.

Si dirige nella mia direzione ma viene fermato da una ragazza. Niente di che, un tipino gracile, non molto alta. La sua faccia mi ricorda quella di un topo.
Dal suo atteggiamento capisco che si conosco già. Nel suo sguardo c’è qualcosa che non mi piace, è abbastanza chiaro che lei vorrebbe essergli più che amica. Anche lui si sforza di nascondere un certo imbarazzo, forse anche lui’

Quando vedo che si scambiano il numero di cellulare mi si stringe lo stomaco, devo combattere l’istinto di precipitarmi tra loro e portarlo via. Mi dico di non essere sciocca, lui è soltanto un gioco per me niente di più. Non ho il diritto di intromettermi. E allora perché me la prendo così?
‘Perché lui è mio, ecco perché!’

Finalmente si separano e lui dopo avermi individuata mi si avvicina.
‘C..Che c’è?’ mi chiede impaurito quando nota la mia espressione contrariata.
‘Niente! Vieni.’ cerco di sembrare indifferente ma il tono di voce mi tradisce.

Senza più dire una parola andiamo in biblioteca.
Ci mettiamo all’ultimo tavolo in fondo lontani dai pochi altri studenti, uno di fronte all’altra.
è decisamente sulle spine, a ogni mio movimento sobbalza preoccupato nonostante io mi limiti a studiare ignorandolo il più possibile.

A un certo punto mi accorgo che siamo rimasti soli nella stanza. Guardo l’ora stupendomi che sia già passata l’una. Lui sembra essersi tranquillizzato, assorto nella lettura.
L’idea delle mie mutandine torna a solleticarmi e non posso fare a meno di sorridere maliziosamente.
Mi sfilo la scarpa destra e faccio volteggiare il piede sotto il tavolo fino a farlo atterrare senza complimenti sul suo pacco.
Lui sobbalza lasciandosi sfuggire un urlo di sorpresa. Appena solleva lo sguardo gli poso l’indice sulle labbra indicandogli il cartello che invita al silenzio.
Intanto con il piede continuo a premere contro la sua consistenza.
‘mmm ancora duro. Ti piace proprio il mio regalino.’ Gli sussurro maliziosamente.
Lui avvampa in volto senza rispondermi. Allora comincio a muovere il piede accarezzando il pacco un paio di volte. Il gioco mi diverte ma sono ancora arrabbiata per potermi eccitare come mi aspettavo. Lui invece non sembra avere questi problemi e prima che succeda qualche pasticcio nei pantaloni smetto quella piacevole tortura.

‘Non hai fame?’ gli chiedo senza attendere veramente la risposta.
Metto a posto i libri e mi alzo facendomi di nuovo seguire da lui.
Penso di dirigermi al solito bar a pochi metri dall’università ma vedendolo camminare a disagio decido di andare un po’ più lontano accelerando l’andatura. Lui non protesta anche se gli leggo negli occhi tutta l’impazienza di potersi fermare.

Rompo il silenzio solo dopo aver mangiato.
‘Chi era quella?’
Lui ci mette un po’ a capire di chi sto parlando ma poi mi risponde, soppesando le parole con un velo di preoccupazione.
‘Chiara’ l’ho conosciuta ieri’
‘Ti piace?’
‘Eeh? No ma figurati’
‘Non mentirmi ti ho visto come la guardavi’
Un attimo di silenzio poi capisce cosa intendo e abbassa gli occhi arrossendo.
‘Non è come credi’
la sua reazione mi incuriosisce e gli faccio segno di continuare.
‘Ero preoccupato che si accorgesse che sotto’ sì insomma stringono da matti e”
Mi scappa una risata per il sollievo che lo imbarazza ancora di più. Quindi mi avvicino a lui e comincio a sussurragli con il tono più dolce che riesco.
‘Dopo le andiamo a togliere tranquillo’ faccio una breve pausa lasciandogli assimilare il significato di quelle parole. ‘Però mi hai fatto arrabbiare e dovrai farti perdonare. Forse non hai capito bene. Tu sei mio adesso, non sto facendo tutto questo per dividerti con la prima troia che ti si strofina contro. Capito?’
Intimidito annuisce, quindi paghiamo il pranzo e torniamo all’università.

Il pomeriggio ci sono poche lezioni e in poco tempo trovo un’aula vuota. Impaziente lo faccio entrare e chiudo la porta.

Impaziente non perdo tempo e mi faccio spogliare di nuovo da lui rimanendo nuda dalla vita in giù. Lascio che ne approfitti per accarezzarmi i fianchi e le cosce dandomi stimoli piacevoli.
Mi siedo alla cattedra e lo guardo mentre si spoglia tutto come gli ho chiesto. Nonostante non sia la prima volta che gli vedo il cazzo sembra più imbarazzato del solito.

Gli sorrido maliziosa facendolo avvicinare. Appena è alla mia portata comincio ad accarezzare il cazzo e lo scroto. Poi lo impugno e lo abbasso leggermente portandomelo alla bocca per una lunga e lenta leccata da metà asta fino alla punta. Assaporo compiaciuta il suo sapore forte mentre un fuoco di eccitazione comincia a divampare tra le mie cosce.

Riprendo una seconda leccata ma devo interrompermi sentendolo già vibrare e pulsare. Quando si calma gli do un ultimo fugace colpo di lingua sul filetto e poi mi allontano compiaciuta del suo gemito di disappunto.

Lo faccio inginocchiare e lui mi guarda entusiasta per quello che sto per chiedergli. Rimane però sorpreso quando gli porgo il mio piede nudo, invece di accoglierlo al mio ventre.
‘Bacialo’

Mi guarda esterrefatto, quasi perplesso per la richiesta che gli ho fatto.

“Bacialo.” Ripeto osservandolo maliziosamente dritto negli occhi.

Delicatamente appoggia una mano sotto il polpaccio e l’altra sotto la caviglia, e in una lentezza da sogno se lo porta alla bocca poggiando le labbra dischiuse sulla pianta, appena sotto le dita.
‘mmm.. si.. bacia’ bacia’ ‘ continuo a sussurrare con gli occhi chiusi, quasi in trance.
Lui continua a darmi piccoli baci in diversi punti. Si fa più audace e mi fa sentire la punta della lingua e, vedendo che non mi oppongo, alterna i baci a vere e proprie leccate. Un brivido di eccitazione mi scuote e comincio stuzzicarmi clitoride. Comincio a gemere impudicamente incapace di trattenermi.

Lo fermo prendendogli una mano e guidandola sulla patatina. Le mie dita guidano le sue in un movimento circolare dal clitoride alle grandi labbra e poi via via più giù fino all’ingresso della vagina.
Le nostre mani continuano questa danza lungo il mio sesso diverse volte inzaccherandosi dei miei umori.

Mi fermo per un attimo portandogli la mia mano alla bocca perché possa assaggiarmi.
Subito dopo ricominciamo questa volta invitandolo a far scorrere il medio all’interno lentamente. Mi sento bollente e finalmente l’orgasmo mi raggiunge in ondate di piacere che mi lasciano senza fiato.

Lo allontano di nuovo e di nuovo il mio sguardo si posa sulla sua erezione. Mi mordo il labbro inferiore, lo voglio ma mi costringo a non concedergli ancora quell’idillio.

‘Guarda che pasticcio, puliscimi’ gli ordino indicando la mia vulva fradicia.
Immediatamente si getta tra le mie cosce e comincia a leccare e bere ogni goccia della mia ciprigna. Le leccate sono decise e voraci e presto sento di nuovo il piacere divampare dentro di me.

‘mmm che bravo. Meriti un premio’
E così dicendo rialasso la vescica lasciando che un un getto di pipì lo colpisca in faccia.
Sorpreso si ritrae. Mi aspetto una qualche reazione di disgusto ma forse non è in condizione di realizzare del tutto. Rimane a fissarmi con bramosia mentre l’arco della mia pioggia dorata lo colpisce sul torace e sul pene.

Mi guarda implorante con il cazzo stretto nel pugno trattenendosi dal segarsi. Io mi avvicino allungando una mano per soppesargli lo scroto.
‘Le hai proprio piene vero?’ gli chiedo strizzandogliele appena.
Lui continua a guardarmi negli occhi annuendo quasi impercettibilmente.
‘Allora va bene’ gli dico rimettendomi a sedere per godermi lo spettacolo dall’alto.
Senza aspettare oltre comincia a segarsi con foga. Dopo qualche secondo un roco gemito annuncia il suo orgasmo. Dalla cappella violacea parte un primo schizzo che rischia di colpirmi una coscia seguito da altri meno violenti ma decisamente più abbondanti che gli colano sulla mano e sul pavimento.

Rimaniamo fermi guardandoci a vicenda per qualche secondo prima che mi decida ad alzarmi e rivestirmi invitandolo a fare altrettanto.

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