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Minerva McGrannitt e Cali – La giusta punizione

By 13 Gennaio 2025One Comment

Cali era ferma davanti alla porta dello studio della McGrannitt, il cuore che le martellava nel petto. La divisa impeccabile di Hogwarts aderiva perfettamente al suo corpo, ma un tremito la percorreva, sottile e incontrollabile. Aveva ricevuto il permesso di saltare le lezioni per essere lì, e questo rendeva chiaro che il motivo era serio. Non poteva ignorare un sospetto: forse la McGrannitt sapeva qualcosa. Forse tutto.
I ricordi della notte precedente le affioravano nella mente in frammenti confusi, pulsanti di calore e vergogna. Al Ballo del Ceppo, Harry, il suo cavaliere, aveva mostrato ben poco interesse per lei. Irritata, delusa, si era lasciata trascinare da altri. Sorrisi, sguardi insistenti, mani che le sfioravano il fianco sotto il sari tradizionale indiano, una bevanda dopo l’altra… si era sentita viva, libera, persino audace.
Ricordava un momento preciso: uno dei ragazzi le aveva chiesto le mutandine come trofeo. Il pensiero le fece contrarre le cosce. Aveva riso, civettuola, e con una destrezza quasi magica era riuscita a sfilarle senza che nessuno se ne accorgesse. Ricordava il ragazzo che portava il tessuto alla bocca, inspirandone il profumo intimo con occhi colmi di desiderio. Quel ricordo le fece pizzicare le labbra.
Poi, il vuoto. O quasi. Frammenti le si agitavano nella memoria: il bagno, il freddo del pavimento sotto le ginocchia. Le mani di qualcuno le tenevano i capelli mentre la sua bocca lavorava instancabile, affamata, come le aveva insegnato Padma. Ricordava il sapore salato, la sensazione di riempirsi fino in fondo alla gola, e il calore vischioso che non aveva sprecato, deglutendo tutto con un piacere malcelato. Uno, forse due ragazzi, uno dopo l’altro. I loro gemiti ancora riecheggiavano nella sua mente.
Ma tutto questo la McGrannitt non poteva saperlo. Nessuno avrebbe parlato. Nessuno avrebbe mai osato tradire quel segreto. Eppure, lì, davanti alla porta chiusa, Cali tremava. Il pensiero che l’insegnante avesse intuito qualcosa le provocava un brivido che si mischiava a un’ombra di eccitazione. Perché, nonostante tutto, quel richiamo improvviso sembrava carico di un presagio che la inquietava e, in fondo, la attraeva.
Cali alzò la mano, pronta a bussare, ma la voce di Minerva McGrannitt, fredda e tagliente come un’incantesimo ben lanciato, risuonò dall’interno.
“Entra,” ordinò. La porta si aprì magicamente di fronte a lei, rivelando l’interno dello studio.
Con un respiro profondo, Cali varcò la soglia, cercando di mascherare l’inquietudine dietro un’aria il più possibile impassibile. Il cuore le batteva forte nel petto, ma le sue parole furono calme, quasi indifferenti.
“Mi ha chiamata, professoressa?”
Minerva alzò appena lo sguardo. Gli occhi verdi della donna la scrutarono con una calma glaciale, ma al tempo stesso carica di una tensione sotterranea che Cali percepì come un lampo lungo la schiena.
“Miss Patil,” disse con una voce che sembrava carezzare e graffiare allo stesso tempo. “Fermati al centro della stanza.”
Cali obbedì, i passi decisi ma il corpo che tradiva un lieve tremito. Si fermò dove indicato, rimanendo in piedi, le mani lungo i fianchi. Il silenzio cadde pesante, interrotto solo dal grattare della piuma della McGrannitt contro la pergamena. Minerva era seduta alla sua scrivania, avvolta in un mantello scuro che scivolava fino al pavimento, lasciando intravedere un abito nero perfettamente aderente al suo corpo. Il tessuto sottolineava con discrezione il seno piccolo e il punto vita sottile, accennando appena alle curve nascoste sotto il rigore dell’apparenza.
Scriveva con un’attenzione chirurgica, senza degnarla di uno sguardo. Eppure, la sola presenza di quella donna sembrava sovrastare l’intera stanza. Cali si sforzava di mantenere il controllo, ma il calore della tensione le saliva lungo il collo, fino alle guance.
Lei non poteva sapere.
Ripeté quelle parole nella mente come un mantra. Nessuno avrebbe mai parlato, ne era certa. Eppure, il silenzio di Minerva, quel modo calcolato di ignorarla mentre il tempo si allungava, le faceva venire dubbi. Lo sa? Mi ha scoperta? O mi sta solo testando?
Ogni secondo di attesa sembrava trascinare con sé un’eternità. Cali sentiva il peso di quegli occhi magnetici che, pur senza guardarla, sembravano già possedere ogni segreto. Il corpo della strega tremava impercettibilmente, mentre una parte di lei non poteva fare a meno di sentire un’inquietante attrazione per l’autorità ferrea che la McGrannitt emanava con naturalezza.
Il grattare della piuma sul pergameno continuava, lento e ritmico, mentre Minerva McGrannitt, senza alzare lo sguardo, parlò con quella voce ferma e autoritaria che sembrava capace di mettere a nudo ogni anima.
“Miss Patil, sai perché ti ho convocata?”
Cali scosse leggermente la testa, cercando di mantenere un tono calmo.
“No, professoressa.”
Un lungo silenzio seguì la risposta. Minerva non si affrettò a interromperlo, come se il tempo fosse una sua esclusiva prerogativa. Continuava a scrivere, i movimenti della piuma meticolosi, precisi, quasi ipnotici. Poi, con una calma spietata, iniziò a parlare.
“La fiducia, Miss Patil, è una delle qualità più preziose che possiamo offrire o ricevere. È il fondamento di qualsiasi relazione umana o magica, che si tratti di un’amicizia, un’alleanza o persino un rapporto tra un insegnante e uno studente. È fragile, delicata. Eppure, quando viene tradita, si frantuma con un rumore così assordante che echeggia a lungo.”
La sua voce era priva di emozione, ma il peso delle parole si faceva sentire in ogni sillaba. Cali sentiva i brividi risalirle lungo la schiena, ma rimase immobile, le mani tese lungo i fianchi.
“La fiducia porta con sé responsabilità,” continuò Minerva, “e con la responsabilità giunge la maturità, un concetto che alcune giovani streghe e maghi sembrano dimenticare, abbagliati dal desiderio di piacere o dal fascino delle distrazioni.”
Cali abbassò leggermente lo sguardo, cercando di nascondere l’agitazione che iniziava a pulsarle nel petto. Il tono della McGrannitt era impassibile, privo di accuse esplicite, ma ogni parola sembrava perforare la sua difesa. Lo sa? Mi sta mettendo alla prova?
Minerva intinse la piuma nel calamaio, senza fermarsi, e proseguì.
“Siamo qui, Miss Patil, non solo per insegnarvi incantesimi e pozioni, ma per prepararvi a comprendere le conseguenze delle vostre azioni. Ogni scelta che fate riflette su di voi, sulla vostra famiglia e sulla comunità magica che rappresentate. Questo vale per ciò che fate in classe… e anche fuori da essa.”
Le ultime parole si posarono nell’aria come una piuma su un lago calmo, creando increspature che Cali percepì nel petto. La mente della giovane strega correva. Quanto sa? Quanto sta cercando di farmi confessare?
Minerva McGrannitt alzò lo sguardo, fissando Cali con una serietà che sembrava congelare l’aria nella stanza. Poi, con un gesto calcolato, prese una manciata di sfere dalla ciotola sulla scrivania e le lasciò cadere sul tappeto davanti alla ragazza. Le sfere rotolarono con un suono morbido, fermandosi in modo innaturalmente perfetto, formando un cerchio con gli spazi tra di esse calcolati con precisione geometrica.
“Cali, togli la divisa.”
La voce della McGrannitt era calma, ma intrisa di un’autorità che non ammetteva repliche. Cali sgranò gli occhi, incapace di credere alle sue orecchie.
“Come, professoressa?” balbettò, incerta.
Lo sguardo di Minerva si fece più penetrante, come se stesse scavando direttamente nell’anima della ragazza. La sua voce, questa volta, tuonò come un ordine definitivo:
“Ho detto: togli la divisa. Subito.”
Un brivido di paura attraversò il corpo di Cali, facendole contrarre lo stomaco. Sentiva il cuore battere forte nel petto, ma qualcosa nel tono della McGrannitt le fece capire che opporsi sarebbe stato inutile, forse persino pericoloso. Con un respiro tremante, si decise.
Le sue mani si mossero esitanti verso il mantello. Lo slacciò con delicatezza, sentendo il peso leggero del tessuto scivolare giù dalle sue spalle, lasciando il suo corpo scoperto nella parte superiore, con la camicetta bianca ancora abbottonata. Lo piegò con cura, appoggiandolo su una sedia vicina.
Passò poi alla cravatta. Le dita, sottili ma nervose, afferrarono il nodo stretto sotto il collo. Tirò con delicatezza, sciogliendolo lentamente, e la cravatta scivolò via, un sottile nastro che lasciò intravedere il primo segno di vulnerabilità.
Con movimenti misurati, iniziò a sbottonare la camicetta. Un bottone alla volta, le dita tremavano leggermente mentre la stoffa si apriva, rivelando centimetro dopo centimetro la pelle liscia e ambrata del suo décolleté. Quando l’ultimo bottone fu slacciato, la camicetta scivolò via, lasciando scoperti il reggiseno e le spalle delicate.
Poi toccò alla gonna. Cali abbassò le mani lungo i fianchi, trovando la cerniera nascosta. Tirò con lentezza, lasciando che la gonna si allentasse e scivolasse lungo le sue gambe lunghe, accumulandosi come un cerchio di tessuto ai suoi piedi. Rimase ferma per un istante, con il reggiseno bianco e le calze scure che contrastavano con il calore della sua pelle.
Il respiro di Cali si fece più profondo mentre allungava una mano dietro la schiena per slacciare il reggiseno. Con un movimento fluido, lo sganciò, lasciando che le spalline scivolassero lungo le braccia. Il reggiseno cadde a terra, e i suoi seni pieni furono finalmente liberi, svelando una curva perfetta, con i capezzoli scuri che si inturgidirono leggermente a contatto con l’aria fresca della stanza.
Le calze furono le successive. Si chinò, scivolando con le dita lungo le cosce toniche, tirando giù il tessuto una gamba alla volta. Ogni movimento era lento e metodico, e le calze si accumularono come due strisce sottili ai suoi piedi. Rimase in piedi, indossando solo le mutandine, il cuore che batteva all’impazzata.
Con un ultimo respiro profondo, abbassò le mani sui fianchi, afferrando il bordo delle mutandine. Esitò un istante, poi iniziò a scivolarle giù lungo le gambe, sentendo l’aria fresca accarezzare la sua pelle nuda. Le mutandine si posarono sul tappeto, e Cali si rialzò lentamente, completamente esposta sotto lo sguardo intenso della McGrannitt.
Ora stava lì, vulnerabile, senza un filo di stoffa a coprirla. La pelle di Cali brillava leggermente sotto la luce soffusa dello studio, e la tensione nella stanza sembrava raggiungere un punto di rottura. Non osava alzare lo sguardo, ma sentiva il peso di quello della McGrannitt che sembrava scrutare ogni centimetro del suo corpo, silenziosa e impenetrabile.
“Bene,” disse Minerva McGrannitt, la voce fredda come il marmo. “Ora, inginocchiati sulle sfere.”
Cali esitò per un istante, lo sguardo che si abbassò su quel cerchio di biglie perfettamente allineate sul tappeto. Sapeva che non c’era spazio per il dubbio o la ribellione. Con un respiro profondo, si abbassò lentamente, piegando le ginocchia e posandole sulle sfere fredde e dure. Non appena il peso del suo corpo si trasferì, un’ondata di dolore si irradiò attraverso le sue gambe. Strinse leggermente gli occhi, ma si costrinse a mantenere il controllo, sapendo che ogni segno di debolezza sarebbe stato notato.
La McGrannitt tornò alla sua scrivania, lasciando che il silenzio nella stanza si prolungasse, riempiendolo di tensione. Poi, con il tono severo e controllato che sembrava penetrare ogni fibra del corpo di Cali, riprese il suo discorso sulla fiducia.
“La fiducia, Miss Patil, non è mai scontata. È un privilegio che si guadagna con azioni, non parole. Ma soprattutto, è un vincolo. Un vincolo che ci lega agli altri e, in ultima analisi, a noi stessi.”
Minerva si avvicinò lentamente, i passi decisi e misurati. Il suono dei suoi tacchi sul pavimento sembrava sincronizzato con il dolore che pulsava sotto le ginocchia di Cali.
“Quando la fiducia viene infranta,” continuò, “non si spezza solo il legame tra due persone. Si rompe un equilibrio, un ordine. E, Miss Patil, sai quanto io tenga all’ordine.”
Cali ascoltava, ma la sua mente iniziò a vagare nonostante il dolore che le s’impadroniva delle gambe. I ricordi della notte precedente le tornarono alla mente in lampi vividi: il bagno, il pavimento freddo sotto di lei, le mani che le tenevano la testa mentre si piegava per compiacere i ragazzi uno dopo l’altro. L’immagine le bruciava nella mente come una fiamma, e si chiese se la McGrannitt sapesse davvero qualcosa o se tutto questo fosse solo un crudele caso.
“Ti vedo distratta,” disse improvvisamente Minerva, interrompendo i pensieri di Cali. La strega alzò lo sguardo di scatto, incontrando quegli occhi verdi penetranti che sembravano potersi insinuare nei suoi segreti più profondi. “Forse hai qualcosa da confessare?”
La domanda si posò nell’aria come un veleno sottile, insinuandosi nella mente di Cali. Il dolore delle biglie sotto le ginocchia era ormai un fuoco vivo, ma lei serrò i denti, determinata a resistere. Non parlerò. Lei non sa niente. Nessuno parlerà.
“No, professoressa,” disse con voce che tremava appena, ma che cercò di mantenere ferma. “Non ho nulla da confessare.”
Minerva rimase in silenzio per un lungo momento, fissandola con uno sguardo che sembrava scavare sotto la sua pelle. Poi, lentamente, le labbra della McGrannitt si piegarono in un sorriso sottile, quasi impercettibile, ma che aveva qualcosa di inquietante.
“Mi fa piacere che tu stia resistendo,” disse infine, tornando al tono calmo e controllato. “La tua forza di volontà è ammirevole, Miss Patil. Ma non preoccuparti. Abbiamo ancora tempo. Voglio che tu capisca veramente il concetto che sto cercando di insegnarti. E se per farlo dovrò insistere, lo farò con grande piacere.”
Le parole si insinuarono nella mente di Cali come una promessa velata. Sapeva che la McGrannitt non avrebbe ceduto facilmente, e la consapevolezza di questo le fece contrarre lo stomaco. Tuttavia, si rifiutava di crollare. Il dolore delle biglie continuava a pulsare nelle sue ginocchia, ma la sua determinazione ardeva come una fiamma incrollabile. Non parlerò. Non mi spezzerà.
Minerva McGrannitt si alzò lentamente, il mantello scuro che seguiva il movimento del suo corpo con una grazia quasi sovrannaturale. Con un gesto fluido della mano, un frustino in pelle di troll si materializzò nell’aria, fluttuando brevemente prima che le sue dita lunghe ed eleganti lo afferrassero con sicurezza. Minerva si avvicinò a Cali con passo misurato, ogni passo accentuava la tensione già densa nella stanza.
“Allora, Miss Patil,” iniziò, la voce ferma e pericolosamente calma, “com’è andata la sera del ballo? Ti ho vista piuttosto… distante dal tuo cavaliere. Non è forse uno dei campioni di Hogwarts? Harry Potter, se non erro.”
Il nome risuonò nell’aria, e Cali sentì una nuova ondata di nervosismo attraversarle il corpo. Sospetta qualcosa. Dolorante, con le ginocchia che pulsavano per il peso e la pressione delle biglie, cercò di comporsi.
“È andata… bene, professoressa,” iniziò, ma Minerva alzò un sopracciglio, un chiaro segnale che la superficialità della risposta non sarebbe stata tollerata. Cali si affrettò ad aggiungere altro.
“Harry è stato gentile, ma… sembrava distratto. Non aveva molta voglia di ballare.”
“Capisco,” disse Minerva, il tono privo di emozione mentre faceva scorrere il frustino tra le dita, accarezzandone la superficie ruvida. “E quindi ti sei sentita trascurata, Miss Patil? Cosa hai deciso di fare, quindi?”
Cali esitò, sentendo il calore risalirle alle guance. Il dolore alle ginocchia era lancinante ormai, ma cercò di concentrarsi.
“Ho ballato con altri, professoressa. È stato solo per divertirmi, niente di serio,” disse in fretta, sperando che la risposta fosse sufficiente.
Minerva inclinò leggermente la testa, lo sguardo che si fece più intenso. Poi, con un cenno impercettibile della mano, le sfere che punivano Cali rotolarono via, tornando docilmente nella ciotola sulla scrivania.
“Hai fatto bene a dirmi la verità,” disse Minerva, con un accenno di soddisfazione nella voce. “Ma c’è ancora qualcosa che non mi torna. Dopo aver ballato… cos’altro hai fatto?”
Cali si irrigidì, il cuore che accelerava mentre cercava di mantenere la calma.
“Niente, professoressa,” mentì, la voce che si spezzò appena. “Non ho fatto nulla di particolare.”
Minerva rimase in silenzio per un istante che parve interminabile, il frustino che passava tra le sue mani con una lentezza calcolata. Poi, con un sorriso sottile, indicò la sedia di fronte alla scrivania.
“Bene. Allora, Miss Patil, voglio che tu prenda quella sedia e ti metta sopra con un ginocchio.”
Cali obbedì, sebbene le gambe ancora doloranti protestassero ad ogni movimento. Si alzò con cautela e si avvicinò alla sedia, appoggiando le mani sullo schienale prima di salire con un ginocchio, come richiesto. Il freddo del legno sotto la pelle nuda era un brusco contrasto rispetto al calore che il dolore aveva lasciato nelle sue ginocchia.
Cali si trovava inginocchiata sulla sedia, le mani che si aggrappavano allo schienale per mantenere l’equilibrio. La schiena era inarcata, i lunghi capelli scuri che le ricadevano sulle spalle, e il sedere sporgeva leggermente all’indietro, esposto, vulnerabile. Sentiva la pelle calda, attraversata da brividi di tensione, mentre Minerva McGrannitt si avvicinava con il frustino in mano, il passo misurato e autoritario che faceva eco nell’aria carica di tensione.
“Te lo chiedo di nuovo, Miss Patil,” iniziò Minerva, la voce bassa e tagliente come una lama affilata. “Cosa hai fatto dopo? Voglio sapere la verità. Tutta.”
Cali serrò le labbra, cercando di non lasciarsi intimidire dallo sguardo severo che percepiva alle sue spalle. Il dolore alle ginocchia era scomparso, sostituito da una nuova forma di disagio: il peso delle parole non dette, dei ricordi che pulsavano nella sua mente come un segreto proibito.
“Non ho fatto nulla di particolare, professoressa,” disse finalmente, la voce esitante, quasi un sussurro.
Minerva si avvicinò di un passo, il frustino che scivolava tra le sue dita con un movimento lento e ipnotico.
“Niente di particolare?” ripeté, come per assaporare la frase. “Miss Patil, questo non è il genere di risposta che mi aspetto da te. Voglio più dettagli.”
Cali deglutì, il respiro che si fece più pesante.
“Forse… ho ballato un po’ con altri,” ammise infine, cercando di mantenere la calma. “Mi sono lasciata andare. Solo un pochino.”
Minerva si fermò dietro di lei, il frustino che si appoggiava leggermente sul bordo della sedia. Il tocco era appena percettibile, ma sufficiente a far rabbrividire Cali.
“Lasciata andare, dici?” mormorò Minerva, il tono velatamente ironico. “Cosa intendi per ‘lasciata andare’?”
Cali sentiva il viso bruciare, e un’ondata di calore le attraversò il corpo. Quanto sa? Sta solo cercando di farmi confessare?
“Non so… ho bevuto qualcosa,” continuò, cercando di scegliere le parole con attenzione. “Forse mi sono comportata in modo un po’ sciocco.”
“Un po’ sciocco,” ripeté Minerva, la voce carica di una calma pericolosa. Il frustino si alzò leggermente e sfiorò l’aria con un movimento delicato, quasi silenzioso, prima di tornare a posarsi con leggerezza contro la pelle esposta di Cali. “Miss Patil, continuo a sentire vaghezze. Sai bene che non tollero la mancanza di chiarezza.”
Cali serrò le mani sullo schienale della sedia, le nocche che diventavano bianche mentre cercava di contenere il tremore. Ogni parola che usciva dalla bocca della McGrannitt sembrava avvolgerla in una rete sempre più stretta. Il cuore le martellava nel petto, ma si costrinse a restare ferma, consapevole che cedere sarebbe stato peggio.
Il primo colpo si abbatté con un suono secco e deciso sulla natica esposta di Cali. Il dolore esplose immediatamente, come una fiamma che si diffondeva sulla pelle tesa e vulnerabile. Il corpo della ragazza sussultò, un urlo strozzato che sfuggì dalle sue labbra senza che potesse controllarlo. Le mani si strinsero con forza allo schienale della sedia, le nocche bianche per lo sforzo di resistere.
“Brucia, vero?” disse Minerva, la voce calma e glaciale che contrastava con il gesto violento. Il suo sorriso sottile, quasi sadico, tradiva un piacere sinistro nell’osservare le reazioni di Cali.
Non c’era tregua. Il secondo colpo arrivò subito dopo, stavolta sulla natica opposta, con la stessa precisione e intensità. Cali urlò di nuovo, il dolore le strappò un gemito involontario, e il suo corpo si inarcò, cercando istintivamente di sfuggire alla punizione. Ma non c’era scampo.
“Te lo chiedo ancora, Miss Patil,” disse Minerva, il frustino che ondeggiava pigramente nella sua mano, come un predatore che attende il momento giusto per attaccare. “Cosa hai fatto dopo? Voglio sapere tutto. Ogni dettaglio.”
Cali, con le lacrime che le scendevano sulle guance, cercò di parlare, la voce spezzata dall’emozione e dal dolore.
“Forse… forse ho giocato un po’ con un paio di amici,” confessò, il tono quasi supplichevole. “Forse ho baciato uno di loro.”
Il sorriso della McGrannitt si fece più ampio, un’ombra di malizia che attraversava i suoi occhi verdi. “Giocato, dici? E baciato? È questo tutto ciò che hai fatto, Miss Patil?”
Cali scosse la testa, il respiro affannoso mentre cercava di trovare una risposta che potesse placare la donna.
“Non… non ricordo,” balbettò, ma la frase le morì in gola quando il frustino colpì di nuovo, questa volta con più forza, un colpo preciso al centro della natica destra.
L’urlo di Cali riempì la stanza, il suo corpo che tremava sotto il peso del dolore. Ogni colpo sembrava scavare sempre più a fondo nella sua resistenza, lasciando una traccia indelebile sia sulla pelle che nella sua mente.
“Non ricordi, eh?” Minerva inclinò leggermente la testa, il tono che si fece più tagliente, quasi predatorio. “Lascia che ti aiuti a ricordare, allora.”
Un altro colpo si abbatté con precisione sulle natiche esposte di Cali, strappandole un urlo che risuonò nella stanza. Il dolore si irradiava attraverso il suo corpo, un fuoco vivo che sembrava consumare ogni briciolo di resistenza rimasta. Le sue mani si strinsero ancora più forte allo schienale della sedia, mentre le lacrime le rigavano il viso.
“Non sopporto le ragazze che si comportano come sgualdrine,” disse Minerva con voce tagliente, che non lasciava spazio a dubbi. “Soprattutto quelle della casa di Grifondoro, Miss Patil. Una casa di cui sono personalmente responsabile. Mi aspetto che le sue ragazze si distinguano per dignità, coraggio e integrità.”
Ogni parola di Minerva era come un coltello che penetrava nella mente di Cali, incidendo ulteriormente il peso della vergogna e del dolore. E poi arrivò un altro colpo. Secco, deciso, e altrettanto implacabile. Il corpo di Cali si contrasse, un altro urlo soffocato sfuggì dalle sue labbra, il respiro che si fece irregolare e affannoso.
“Te lo chiedo di nuovo, Miss Patil. Cosa hai fatto?”
Il silenzio nella stanza fu rotto solo dai singhiozzi tremanti della giovane strega. Il dolore era troppo, e la resistenza che aveva tentato di mantenere si stava sgretolando sotto il peso delle parole e delle punizioni. Cali, tremante, alla fine crollò.
“Le… le mutandine,” confessò con voce spezzata, le guance inondate di lacrime. “Le ho tolte. Un ragazzo me le ha chieste… e gliele ho date.”
Minerva inclinò leggermente la testa, il sorriso sadico che tornò a disegnarsi sulle sue labbra.
“Ah, le mutandine. Interessante,” disse con un tono che mischiava severità e ironia. “E cos’altro, Miss Patil? Non penso che sia tutto.”
Il frustino si sollevò di nuovo, questa volta colpendo con più intensità, lasciando una nuova striscia rossa sulle natiche già segnate di Cali. Un urlo disperato riempì l’aria, e il suo corpo si contorse istintivamente, cercando di sfuggire al dolore, ma senza successo.
La McGrannitt si fermò per un momento, osservando il culetto sodo di Cali, ormai decorato da strisce rosse che spiccavano sulla sua pelle ambrata. Il respiro della ragazza era spezzato, e la sua voce tremante riuscì appena a sussurrare:
“I… i bagni…”
Minerva sollevò un sopracciglio, un bagliore di interesse che le attraversò gli occhi verdi.
“Ah, i bagni,” ripeté con calma, accarezzando il frustino tra le dita. “Continua, Miss Patil. Cosa è successo nei bagni?”
Cali sollevò lo sguardo per un istante, solo per incrociare quegli occhi verdi penetranti che sembravano ipnotizzarla. Non riusciva più a resistere, la resistenza si era ormai sgretolata sotto il peso del dolore, della vergogna e, inspiegabilmente, di un piacere che cresceva dentro di lei, nonostante tutto.
“Quando sono entrata nei bagni,” iniziò, la voce tremante, “ero ancora confusa… avevo bevuto, ma sapevo cosa stava succedendo. Uno dei ragazzi mi ha seguita, poi un altro. Mi hanno chiesto di… inginocchiarmi.”
Minerva non disse nulla, ma il suo silenzio era carico di aspettativa. Cali proseguì, la voce che si faceva più bassa mentre i dettagli le riaffioravano alla mente, vividi e ineludibili.
“Mi sono inginocchiata sul pavimento freddo,” continuò, le lacrime che le rigavano il viso, ma con una strana scintilla che si accendeva nei suoi occhi. “Uno di loro si è slacciato i pantaloni… e io… io l’ho preso in bocca. L’ho fatto fino in fondo. Sentivo il sapore salato, il calore, e… non mi sono fermata. Ho fatto tutto quello che volevano.”
Minerva rimase immobile, il frustino che si muoveva appena tra le sue dita, come se scandisse ogni parola pronunciata da Cali.
“E poi?” incalzò la professoressa, la voce ora bassa, quasi un sussurro. “Hai finito con uno, e poi?”
Cali chiuse gli occhi, il cuore che batteva come un tamburo. Il ricordo le bruciava nella mente, ma, contro ogni logica, sentiva il calore nel suo ventre trasformarsi in qualcosa di diverso. Nonostante il dolore alle natiche segnate, nonostante la paura e la vergogna, la sua fica iniziò a pulsare, e il calore tra le gambe divenne impossibile da ignorare.
“Poi è venuto l’altro,” continuò, la voce sempre più tremante. “Lui era… più grande. Mi teneva i capelli mentre lo prendevo. Era così profondo che pensavo di soffocare, ma non mi sono fermata. Ho fatto in modo che fossero soddisfatti entrambi, fino all’ultima… goccia.”
Minerva non distolse lo sguardo da Cali, i suoi occhi che brillavano di un’intensità che la ragazza non riusciva a sostenere. Il corpo di Cali tremava, non solo per il dolore, ma per quella pulsazione insistente che si faceva sempre più forte tra le gambe. Sapeva che Minerva poteva vedere tutto, poteva percepire il suo stato, il desiderio che si mescolava al tormento.
“E ora, Miss Patil,” disse Minerva, il tono pericolosamente calmo, “dimmi. È stato piacevole? Ti è piaciuto comportarti così?”
Cali serrò le labbra, ma non riuscì a mentire. Il suo corpo la tradiva, il calore crescente che le saliva dalle gambe alla pancia era impossibile da ignorare. Il silenzio nella stanza era assordante, e Minerva rimase immobile, aspettando la risposta che sapeva sarebbe arrivata.
Minerva osservava Cali con attenzione, ogni movimento della giovane strega era per lei una conferma del controllo che esercitava su di lei. Il frustino scivolò con lentezza sulle natiche segnate di Cali, seguendo le curve con precisione chirurgica, soffermandosi su ogni striscia rossa come a sottolineare la sua autorità. Più volte lo fece scorrere, sempre più verso l’interno, sfiorando il punto più vulnerabile, là dove la pelle era più sensibile.
Cali tremava, il suo corpo rispondeva involontariamente a ogni tocco, e Minerva se ne accorse. “Te lo chiedo di nuovo,” disse, la voce bassa e carica di una pericolosa calma. “Ti è piaciuto comportarti così? Ti è piaciuto essere una sgualdrina?”
Cali cercò di resistere, ma il corpo la tradiva. Il frustino che si avvicinava sempre più verso l’interno delle cosce le faceva perdere ogni barlume di controllo. Alla fine, con un filo di voce, confessò: “Sì… sì, mi è piaciuto.”
Minerva inclinò la testa, il sorriso sottile sulle labbra. “Non basta, Miss Patil,” disse, il tono ora più duro. “Dillo chiaramente. A voce alta. Voglio sentirti dire la verità.”
Il frustino scivolò ancora, questa volta indugiando con la punta proprio tra le cosce di Cali, là dove era impossibile nascondere quanto fosse bagnata. Minerva lo sfiorò appena, ma quel tocco fece sussultare Cali, strappandole un gemito involontario di piacere.
“Dillo,” insistette Minerva, la voce ora più tagliente.
Cali chiuse gli occhi, il viso arrossato dalla vergogna e dal piacere che le montava dentro. Alla fine, incapace di resistere oltre, gridò: “Mi è piaciuto comportarmi da sgualdrina!”
La stanza rimase in silenzio per un attimo, interrotto solo dal respiro affannoso di Cali. Minerva sorrise soddisfatta, avvicinandosi ancora di più. Fece scorrere lentamente la punta del frustino lungo la fessura bagnata della ragazza, lasciandolo indugiare dove il calore era più intenso.
“E perché, Miss Patil?” chiese, il tono ora basso, quasi un sussurro che si insinuava direttamente nella mente di Cali.
Cali tremò, il corpo scosso da un misto di paura e piacere. Ogni fibra del suo essere sembrava divisa tra il desiderio di resistere e quello di abbandonarsi completamente. Minerva non le lasciava via di scampo, il frustino che continuava a muoversi con lentezza crudele tra le sue cosce, strappandole un altro gemito soffocato.
Cali respirava a fatica, il corpo scosso da brividi che le percorrevano la schiena e le gambe. La voce le tremava, spezzata dall’emozione e dal piacere crescente che Minerva non smetteva di alimentare. Ogni parola sembrava uscire a fatica, come se fosse trascinata fuori da un desiderio che ormai non riusciva più a trattenere.
“Perchè…” ansimò, abbassando lo sguardo mentre le lacrime le rigavano ancora le guance. “Perché sono solo una sgualdrina. Una… puttanella vogliosa.”
Le ultime parole le uscirono quasi come un gemito, cariche di vergogna e desiderio. Cali si sentì tremare sotto il peso della sua confessione, ma non riusciva più a fermarsi. Le sue mani si aggrapparono più forte allo schienale della sedia, mentre il frustino continuava il suo movimento lento e crudele tra le sue gambe. La punta sfiorava la fessura umida, tracciando linee che accendevano il suo corpo come scintille su una polveriera.
“Voglio sentirlo ancora,” disse Minerva, la voce bassa e carica di autorità. Il suo sguardo si fece più intenso, come se fosse pronta a spogliare Cali non solo dei suoi segreti ma anche della sua dignità, pezzo dopo pezzo. “Di’ quello che sei, Miss Patil. Dillo chiaramente.”
Cali gemette, il corpo che tremava visibilmente. Il frustino, che scivolava con lentezza lungo la sua fessura bagnata, sembrava un’estensione della volontà della McGrannitt. Ogni tocco era un promemoria del controllo assoluto che esercitava su di lei.
“Sono… una sgualdrina,” ripeté, la voce che si alzava appena sopra un sussurro. “Una puttanella vogliosa. Mi piace… mi piace che mi usino così.”
Ti piace essere chiamata così?” chiese Minerva, il tono quasi divertito ma intriso di una malizia che fece rabbrividire Cali.
“Sì,” ansimò Cali, ormai completamente sopraffatta. Ogni fibra del suo corpo sembrava rispondere a quella domanda, ogni brivido, ogni gemito era una conferma. “Mi piace… adoro sentirmi chiamare così.”
Minerva si fermò, lasciando il frustino appoggiato sulla schiena di Cali, come a imprimere l’ultima traccia del suo controllo. Poi, senza dire una parola, si allontanò leggermente. Dietro la giovane strega, iniziò a sciogliere il nodo che chiudeva il suo mantello, facendolo scivolare a terra con grazia. Il suono del tessuto che toccava il pavimento fu l’unico rumore nella stanza, a parte il respiro ancora affannoso di Cali.
“Dimmi, Miss Patil,” disse Minerva con un tono calmo ma intriso di una forza che non lasciava spazio a repliche. “Sai cosa devono fare le puttanelle come te?”
Cali alzò appena lo sguardo, cercando di rispondere nonostante il tremore che le percorreva il corpo. “No, Miss McGrannitt,” sussurrò, la voce spezzata e colma di anticipazione.
Minerva sorrise, un sorriso che era una miscela di soddisfazione e malizia, mentre sfilava con lentezza il suo abito scuro. Ogni movimento era misurato, ogni gesto sembrava carico di un’intenzione precisa. Quando fu completamente nuda, la sua figura si stagliava con eleganza e autorità nella luce soffusa della stanza. La pelle chiara risplendeva debolmente, mentre i suoi capezzoli, duri e sensibili, riflettevano la stessa eccitazione che vedeva in Cali.
“Le puttanelle come te,” disse, la voce ora più bassa e carica di una sensualità pericolosa, “sono nate per dare piacere. E soffrire per i propri padroni.”
Cali annuì lentamente, le labbra tremanti, mentre le sue mani si strinsero ancora di più allo schienale della sedia. “Sì… voglio questo,” confessò, il suo tono spezzato da un desiderio che ormai non riusciva più a nascondere.
Minerva non aspettò altro. Fece un passo avanti e, con un movimento rapido e deciso, la sua mano si abbatté sulla natica destra di Cali. Il suono dello schiaffo riempì la stanza, seguito immediatamente dall’urlo della giovane strega. Il dolore si mescolò al piacere, un’ondata calda che si irradiò dalla sua pelle al centro del suo essere.
“Ne vuoi ancora, vero?” ordinò Minerva, la voce un sussurro severo.
Cali, con il respiro affannoso, trovò la forza di parlare. “Si! Ancora la prego, Miss McGrannitt… colpitemi ancora.”
Il sorriso di Minerva si fece più ampio, e senza esitazione la sua mano colpì di nuovo, questa volta sulla natica opposta. Il culo di Cali si stava arrossando visibilmente, le linee delle dita di Minerva stampate come un marchio d’autorità sulla sua pelle.
Cali urlò di nuovo, ma il suo corpo reagiva diversamente. I capezzoli erano duri come chiodi, ogni colpo sembrava amplificare la sua eccitazione. Sentiva il calore tra le gambe crescere, la sua fica pulsare incontrollabile, mentre ogni colpo le strappava un nuovo gemito.
Minerva lo notò, il sorriso che non lasciava le sue labbra. Anche il suo corpo rispondeva alla scena: i suoi capezzoli erano altrettanto duri, sensibili al tocco dell’aria fresca. Si chinò leggermente, il respiro caldo che sfiorò l’orecchio di Cali mentre le sussurrava:
“Ti piace, vero? Ti piace sentirti una sgualdrina che merita di essere punita?”
Cali annuì freneticamente, incapace di rispondere a parole, ma il suo corpo parlava per lei. La pelle arrossata, il respiro affannoso, i capezzoli tesi e la fessura umida erano una confessione silenziosa e inequivocabile.
Un altro colpo ruppe il silenzio della stanza, secco, deciso, seguito dal gemito soffocato di Cali. Il dolore e il piacere si mescolavano in un vortice che la lasciava senza fiato, il corpo completamente arreso a quella danza di controllo e desiderio.
Minerva si fermò per un istante, la mano ancora calda dal contatto con la pelle arrossata della giovane strega. Le sue labbra si incurvarono in un sorriso soddisfatto, mentre il frustino era stato ormai abbandonato, non più necessario per piegare la volontà di Cali.
“Dimmi, Miss Patil,” chiese Minerva, la voce bassa e carica di autorità. “Sei pronta ad essere usata? Sei pronta a diventare ciò che una lurida cagna come te desidera essere?”
Cali, con il corpo che tremava di eccitazione e di aspettativa, non riuscì a trattenere le parole che sgorgarono dalle sue labbra, cariche di supplica.
“Sì, Miss McGrannitt… la prego. Mi usi come una lurida cagna. Mi colpisca, mi punisca… faccia di me ciò che vuole, purché io possa compiacerla.”
Minerva rise piano, un suono basso, profondo, che sembrava vibrarle nel petto. “Bene,” disse con un tono soddisfatto. “Allora sdraiati. Sul tappeto. Con le cosce spalancate.”
Cali obbedì immediatamente, il respiro irregolare mentre si spostava dalla sedia al pavimento. Il tappeto sotto di lei era morbido, ma freddo, un contrasto netto con il calore che le ardeva dentro. Quando si stese completamente, con le gambe aperte in segno di completa sottomissione, sollevò lo sguardo verso Minerva… e fu allora che la vide.
Minerva McGrannitt era nuda, completamente esposta, la sua figura di donna matura perfettamente in armonia tra esperienza e forza. La pelle chiara, segnata appena da lievi tracce del tempo, era un contrasto affascinante con il portamento elegante e autoritario che continuava a emanare. I seni, piccoli ma sodi, con capezzoli tesi, rivelavano il suo stesso stato di eccitazione. Il ventre piatto, le gambe lunghe e toniche, e un triangolo ben curato tra le cosce completavano un’immagine che trasudava sicurezza e potere.
Cali rimase a bocca aperta per un istante, incapace di distogliere lo sguardo. Si sentiva piccola, vulnerabile e, al tempo stesso, completamente attratta. Si sdraiò sul tappeto come richiesto, le gambe spalancate, il petto che si sollevava e abbassava rapidamente mentre attendeva, in silenzio, il prossimo comando.
Minerva si inginocchiò accanto a lei, il suo sorriso sottile ancora stampato sul volto. Non disse nulla, ma fece scivolare un dito lungo il corpo di Cali, iniziando dal petto. La pelle della giovane strega si contrasse al contatto, ogni nervo sembrava svegliarsi sotto quel tocco leggero ma carico di intenzione.
Il dito di Minerva si mosse con lentezza, disegnando un percorso dal seno sinistro, dove sfiorò appena il capezzolo teso, fino al ventre piatto. Le unghie, appena accennate, graffiavano dolcemente la pelle, lasciando una scia di brividi ovunque passassero. Quando raggiunse la fessura umida di Cali, si fermò per un istante, il dito che indugiava sul bordo, tracciando cerchi lenti ma decisi.
Cali trattenne il respiro, il corpo teso come una corda pronta a spezzarsi. Ogni fibra del suo essere era concentrata su quel tocco, sulle unghie di Minerva che la graffiavano leggermente e sulla promessa di ciò che sarebbe arrivato.
Minerva prese di nuovo il frustino, questa volta con un’aria più decisa, e lo fece scorrere con lentezza lungo il corpo di Cali, fermandosi sui suoi seni tesi e poi sulla sua fessura ormai inondata. “Ora ti punirò come meriti, Miss Patil,” disse, la voce piena di controllo e malizia. “Ti spezzerò, finché non diventerai una brava ragazza. Dopo ogni colpo, voglio sentirti urlare cosa sei. Usa le parole che hai nel cuore… e non ripeterti.”
Cali annuì freneticamente, il corpo teso e pronto, le gambe spalancate sul tappeto. Il primo colpo arrivò sul suo seno destro, il dolore che si irradiò come una fiamma bruciante.
“Ahhh! Sono una cagna in calore!” gridò, il corpo che si contorceva sotto l’impatto.
Il secondo colpo si abbatté sull’altro seno, più forte, strappandole un urlo ancora più acuto.
“Sono una puttanella obbediente!” ansimò, i capezzoli ora inturgiditi dalla combinazione di dolore e piacere.
Il frustino si spostò sul suo ventre piatto, il colpo successivo che lasciò una linea rossa ben visibile sulla sua pelle.
“Sono una troia senza speranza!” gemette, la voce spezzata dalla vergogna e dall’eccitazione.
Un altro colpo, più in basso, quasi a sfiorare il monte di Venere.
“Una sgualdrina nata per essere punita!” gridò Cali, il corpo che tremava per il contrasto tra il dolore e la pulsazione costante della sua fessura.
Il quinto colpo fu più deciso, mirato a metà tra il ventre e la sua fica pulsante.
“Sono una schiava del piacere!” urlò, il corpo che si inarcò, lasciando trasparire quanto quelle parole fossero vere.
Minerva non si fermò, il frustino si abbatté di nuovo, più vicino alla sua intimità, il suono dello schiocco che riempì la stanza.
“Sono una bambina cattiva che ama essere punita!” gridò Cali, con il viso arrossato e il respiro affannoso.
Il settimo colpo sfiorò appena il bordo della sua fessura, un mix di dolore e anticipazione che la fece contorcere.
“Sono un giocattolo per la sua soddisfazione, Miss McGrannitt!” gemette, le lacrime di eccitazione e vergogna che le rigavano il viso.
L’ottavo colpo fu deciso e preciso, colpendo la parte interna delle sue cosce, così vicine al suo centro pulsante da farle quasi perdere il controllo.
“Sono una troia che vive per servire!” ansimò, le gambe che tremavano visibilmente.
Il nono colpo, ancora più vicino alla sua fessura ormai grondante, strappò a Cali un grido ancora più intenso.
“Sono una sgualdrina senza vergogna, Miss McGrannitt!”
E infine, il decimo colpo si abbatté direttamente sulla sua intimità umida, il frustino che lasciò una scia visibile e una sensazione che mescolava dolore e piacere in modo insopportabile.
“Ahhh! Sono la sua lurida cagna, nata per essere usata e punita!” gridò Cali, il corpo che si inarcava sul tappeto mentre ogni fibra del suo essere rispondeva alla punizione.
Minerva osservò la sua creazione con un sorriso soddisfatto, ogni colpo che aveva lasciato segni visibili sul corpo della giovane strega, e ogni parola che aveva strappato a Cali una conferma del suo dominio. Ora, più che mai, Cali era completamente sua.
Il corpo di Cali giaceva sul tappeto, segnato da strisce rosse che si intrecciavano sulla sua pelle ambrata. Ogni linea raccontava la storia di un colpo, di una confessione, di una sottomissione. I capezzoli erano gonfi e tesi, la fessura pulsava, bagnata, con le labbra intumescente che tradivano la sua eccitazione incontenibile. L’interno delle sue cosce brillava di umori, e il profumo inebriante della sua intimità riempiva l’aria, rendendola densa di desiderio.
Minerva si alzò con grazia, il corpo maturo e nudo che trasudava autorità ed esperienza. Con passi lenti e misurati si posizionò sopra Cali, il tappeto sotto di lei che sembrava il palco perfetto per la sua supremazia. Si inginocchiò, le cosce forti e ben modellate che incorniciavano il volto della giovane strega, le ginocchia ai lati della sua testa. Il calore del suo corpo era palpabile, e l’aroma intenso della sua intimità si mescolava a quello di Cali, creando una combinazione che avrebbe stordito chiunque.
“Adesso, puttanella,” ordinò Minerva, la voce bassa ma carica di aspettativa, “fammi godere. Con quella bocca che sai usare così bene. Voglio sentire ogni tuo sforzo per compiacermi.”
Cali ansimò, la testa che si sollevava leggermente mentre le mani si spostavano sulle cosce di Minerva, le dita che sfioravano la pelle liscia e calda. “Sì, Miss McGrannitt,” sussurrò, la voce tremante di eccitazione e desiderio. Poi, senza esitazione, iniziò.
La sua bocca si posò sulla fessura umida e calda di Minerva, la lingua che tracciava cerchi lenti e precisi, esplorando ogni piega con attenzione e devozione. Il sapore era intenso, diverso da quello delle ragazze con cui aveva condiviso momenti intimi nei dormitori di Grifondoro. Con loro, tutto era stato più giovane, più curioso, ma ora… ora c’era qualcosa di più profondo, più potente.
Minerva sospirò, la testa leggermente inclinata all’indietro mentre una mano si spostava sui suoi seni, accarezzandoli con movimenti lenti. “Sì… così,” mormorò, il suo tono un misto di approvazione e desiderio crescente. “Mostrami cosa sai fare, Cali. Voglio sentire quanto sei brava con quella lingua.”
Cali intensificò i movimenti, la lingua che si immergeva più a fondo, trovando ogni punto sensibile con una precisione quasi magica. Le sue mani si aggrapparono alle cosce di Minerva, cercando di tenerla ferma mentre lavorava con dedizione e fervore. Ogni gemito che sfuggiva dalle labbra di Minerva era una ricompensa, un segnale che stava facendo esattamente ciò che doveva.
“Brava cagnetta,” sussurrò Minerva, lo sguardo abbassato per osservare il volto di Cali immerso nella sua intimità. “Continua. Non fermarti finché non avrò goduto.”
Il profumo intenso, la posizione di completa sottomissione, e l’autorità di Minerva rendevano l’esperienza per Cali unica, travolgente.
Minerva ansimava, il respiro che si faceva sempre più corto e i gemiti che uscivano dalle sue labbra con una frequenza crescente. La lingua di Cali si muoveva con una dedizione quasi febbrile, esplorando ogni piega della sua intimità, alternando movimenti lenti e profondi a rapidi e decisi. Minerva non si trattenne: il piacere cresceva, si accumulava in ogni fibra del suo corpo, e quando sentì l’orgasmo salire, lo annunciò con un gemito basso e gutturale.
“Sì… brava, troietta,” mormorò, la voce carica di piacere e soddisfazione. “La mia brava puttanella… continua così… non fermarti.”
La sua mano si abbassò, scivolando tra le gambe di Cali. Le dita esperte trovarono subito il suo clitoride gonfio e pulsante, sfiorandolo con movimenti circolari che la fecero sussultare. Cali gemette contro la carne calda di Minerva, i suoi gemiti soffocati solo dalla dedizione con cui continuava a servirla.
Minerva non si fermò. Le sue dita si mossero con precisione chirurgica, scivolando tra le labbra bagnate di Cali e penetrandola con decisione. Le spinse dentro con un ritmo lento all’inizio, poi sempre più veloce, il suono dei gemiti di Cali che si mescolava ai suoi. Ogni affondo sembrava sincronizzato con il piacere che Minerva stessa stava provando, un circolo vizioso che le avvolgeva entrambe.
Quando l’orgasmo arrivò, Minerva urlò, il corpo che tremava mentre si abbandonava completamente al piacere. Cali bevve tutto senza esitazione, il sapore di Minerva che si mescolava al suo desiderio di compiacere la sua padrona. Il calore dell’orgasmo di Minerva sembrava irradiarsi anche su di lei, amplificando il suo stesso piacere.
Le dita di Minerva non si fermarono, continuando a muoversi dentro Cali con ritmo incessante, mentre il pollice premeva sul suo clitoride con una precisione devastante. Cali sentì il piacere crescere rapidamente, ogni fibra del suo corpo tesa verso quel punto di rottura.
“Ohhh… Miss McGrannitt!” gemette Cali, il corpo che si contorse sotto il tocco esperto della sua padrona. L’orgasmo la colpì come un’onda travolgente, facendo tremare le sue gambe e strappandole un grido che riempì la stanza.
Quando anche Cali si abbandonò completamente al piacere, Minerva estrasse lentamente le dita, ora bagnate e luccicanti degli umori della giovane strega. Si portò le dita alla bocca, assaporandole con lentezza e un sorriso soddisfatto.
“Sei davvero una brava troietta,” disse Minerva con un tono calmo e compiaciuto, mentre leccava ogni traccia dell’orgasmo di Cali dalle sue dita. “Ma hai ancora tanto da imparare.”
Cali giaceva sul tappeto, il corpo esausto ma soddisfatto, con il respiro affannoso e le guance arrossate. Sapeva che quella notte non sarebbe finita lì, ma era pronta a dimostrare, ancora una volta, che poteva essere all’altezza delle aspettative della sua padrona.
Minerva si alzò lentamente, il corpo maturo e nudo che emanava una sensualità autoritaria, mentre guardava Cali distesa sul tappeto. La ragazza ansimava ancora, il petto che si sollevava e abbassava con movimenti rapidi, il corpo segnato dalle strisce rosse che decoravano la sua pelle ambrata. Ogni segno raccontava una storia di punizione, sottomissione e piacere. Minerva si soffermò su quella visione con un sorriso soddisfatto che rivelava il piacere profondo di ciò che aveva appena orchestrato.
“Alzati, Miss Patil,” disse con tono basso ma autoritario, il suono della sua voce che sembrava scivolare direttamente sul corpo di Cali come un comando irresistibile. “Rivestiti. Per oggi abbiamo finito, ma le vere lezioni devono ancora cominciare. E credimi, tornerai a desiderarle.”
Cali si mosse lentamente, ogni muscolo del suo corpo ancora scosso dall’orgasmo appena vissuto. Si inginocchiò davanti alla sua padrona, i suoi occhi lucidi e adoranti, pieni di devozione. Senza esitazione, si chinò in avanti, le labbra morbide che si posarono sui piedi nudi di Minerva. Il tocco era delicato, carico di umiltà e gratitudine.
“Grazie, Miss McGrannitt,” sussurrò Cali, la voce tremante di emozione e desiderio. “Grazie per avermi educata… e per avermi rimessa al mio posto.”.”

Minerva osservò la scena con un sorriso malizioso, la sua figura imponente sopra la giovane strega inginocchiata. “Brava ragazza,” disse, la voce un sussurro che sembrava accarezzare l’aria. “Ma non pensare che il tuo addestramento sia completo. Questo è solo l’inizio.”
Cali si sollevò lentamente, il corpo ancora dolorante e martoriato, ma la mente completamente soggiogata dall’autorità della donna. Raggiunse i suoi vestiti piegati e iniziò a rivestirsi, ogni gesto che faceva sembrava un atto di devozione. Si infilò la camicetta bianca con cura, gemendo piano quando il tessuto sfiorò i suoi seni gonfi e sensibili, decorati dai segni della punizione. La gonna avvolse i suoi fianchi come un abbraccio, mentre la cravatta veniva annodata con mani tremanti. Durante tutto il processo, sentiva gli occhi verdi di Minerva su di lei, attenti, penetranti, come se stessero valutando ogni suo movimento.
Quando fu completamente vestita, Minerva fece un passo avanti e con voce calma, ma intrisa di sottintesi, disse:

“Sele ferite ti causano dolore, vai da Madama Chips in infermeria. Non esitare a mostrare i segni o a dire cosa è successo. Lei conosce i miei metodi educativi e sa come prendersi cura delle ragazze che le mando.”
Il sottinteso era chiaro, e un brivido percorse la schiena di Cali. Non avrebbe mai immaginato che anche Madama Chips fosse consapevole di ciò che accadeva nei piani alti dell’Accademia, ma le parole di Minerva non lasciavano dubbi. Cali annuì con rispetto. “Sì, Miss McGrannitt. Farò come dice.”
Minerva fece un altro cenno, questa volta per congedarla. “Ora vai. E ricorda: mi aspetto che applichi ciò che hai imparato oggi, dentro e fuori la mia classe. Non deludermi, Miss Patil.”
Cali abbassò la testa in segno di rispetto, poi uscì dalla stanza con passi lenti ma sicuri, il corpo che ancora pulsava per il dolore e il piacere mescolati, e il cuore colmo di un misto di paura e desiderio per la prossima lezione con Miss McGrannitt.
Una volta sola, Minerva si lasciò cadere con grazia sulla sua sedia, il corpo ancora nudo e rilassato, ma con un’eccitazione che pulsava sotto la superficie. Si appoggiò allo schienale, le cosce che si aprivano lentamente, rivelando la sua intimità ancora umida e sensibile. Con un movimento languido, fece scorrere una mano lungo il proprio ventre, le dita che trovarono facilmente la sua fessura bagnata. Iniziò a sfiorarsi delicatamente, lasciando che il piacere la invadesse ancora, mentre ripensava alle grida di Cali, al suo corpo segnato, alla dedizione con cui aveva usato la lingua per compiacerla.
Un gemito basso le sfuggì dalle labbra, e con un sorriso malizioso, Minerva mormorò tra sé: “Una vera troietta, come poche se ne vedono…”
Poi, senza smettere di toccarsi, sollevò lo sguardo verso una porta laterale, che fino a quel momento sembrava un semplice armadio. Con un tono deciso e autoritario, disse: “Ora puoi entrare.”
La porta si aprì lentamente, e dalla penombra emerse la figura di Albus Silente, il direttore di Hogwarts. Alto, imponente, con il mantello che ondeggiava leggermente dietro di lui, si avvicinò con calma. I suoi occhi azzurri brillavano dietro i mezzi occhiali a mezzaluna, ma non avevano la consueta aria paterna. In quel momento, il suo sguardo era fisso su Minerva, osservandola mentre si accarezzava con lentezza e deliberazione.
“Allora,” disse Minerva con un sorriso compiaciuto, il tono divertito e provocatorio. “Ti è piaciuto lo spettacolo, Albus?”
Silente si avvicinò con calma, le mani che si posavano con noncuranza sul bordo della scrivania, il suo sguardo intenso che non lasciava mai il corpo della donna. “Molto,” rispose, la voce bassa ma sicura. “Quella Cali… è una creatura incredibile. Davvero una troietta nata. Non c’è dubbio. Hai fatto un lavoro magistrale con lei, Minerva.”
Minerva rise, un suono basso e vibrante, mentre le sue dita si muovevano più lentamente, quasi a voler prolungare il piacere. “Non è stato difficile,” disse, il sorriso che si allargava. “Ma non è ancora pronta. Ci sono ancora tante lezioni da darle, tante cose che deve imparare.”
Silente sorrise, con quell’aria di complicità che pochi avevano mai visto. “Quando lo sarà,” disse, inclinando leggermente la testa, “mi aspetto che tu me la porti. Vorrei essere il primo a… testare i suoi progressi.”
Minerva rise di nuovo, le sue dita che si fermarono per un momento mentre lo fissava con uno sguardo malizioso. “Oh, non preoccuparti,” disse con tono rassicurante ma carico di promesse. “Appena sarà pronta, te la manderò. E ti assicuro che saprà come compiacerti… come solo una troietta come lei può fare.”
Minerva si portò le dita alla bocca, leccandole con lentezza, e fissò Silente con un sorriso complice. “Sai, Albus,” disse, con il tono calmo e autoritario che la caratterizzava, “Cali è solo l’inizio. Ci sono altre ragazze che necessitano di… educazione. E ognuna richiederà un trattamento unico, per tirar fuori la loro vera natura.”
Silente annuì lentamente, un sorriso enigmatico che attraversò il suo volto. “Sono curioso di sentire chi hai in mente, Minerva. Parlami delle altre. Quali pensi possano essere plasmate al meglio?”
Minerva lasciò che un sorriso lento e perverso le si allargasse sulle labbra mentre si passava le dita sul ventre, il suo tono caldo e vellutato. “Padma Patil, la sorella di Cali,” iniziò, il suo sguardo perso nell’immagine che stava evocando, “così perfetta, così composta. Sempre pronta a mostrare al mondo il suo controllo impeccabile. Ma sai, Albus… è proprio quel controllo che voglio spezzare. Voglio vederlo sgretolarsi sotto le mie mani, pezzo dopo pezzo, finché non sarà lei stessa a implorarmi di annientarlo.”
Minerva si sporse leggermente in avanti, le dita che si muovevano pigramente lungo la sua fessura umida mentre parlava. “La immagino inginocchiata davanti a me, il suo petto spinto in avanti da un corsetto magico che le stringe la vita, facendola tremare ad ogni respiro. Un collare stretto al collo, una catena che tengo tra le mani, pronta a tirarla verso di me ogni volta che cerca di alzare lo sguardo. Le sue mani sono legate dietro la schiena, i polsi che si muovono appena mentre cerca di resistere al desiderio che le brucia dentro.”
Minerva rise piano, un suono basso e vibrante che riempì la stanza. “Ma non è solo la punizione, Albus. È il piacere che voglio darle, il piacere di perdere il controllo. Immaginala, con i capezzoli decorati da morsetti magici che si stringono ogni volta che si muove troppo. Ogni sussulto, ogni gemito che scappa dalle sue labbra, diventa un segno della sua resa. E quando le mie mani scorrono lungo la sua pelle, quando le dita si fermano sulla sua fica già bagnata, la sua compostezza si dissolve completamente. Voglio sentirla ansimare mentre confessa che non è altro che una cagna vogliosa che vive per compiacere.”
Minerva si leccò lentamente le labbra, il suo sorriso che si fece più largo. “E poi, Albus, voglio portarla al punto di rottura. La tirerò verso di me con la catena, la costringerò a usare quella bocca perfetta per dimostrarmi quanto desidera servire. Ma non sarà solo sottomessa. Voglio vederla godere di questa sottomissione. Voglio che il piacere la travolga, che il suo corpo si inarchi e si spezzi mentre geme contro di me, il suo piacere amplificato dal dolore e dall’umiliazione.”
Si abbandonò contro lo schienale, le dita che tracciavano lentamente percorsi lungo la sua pelle, il respiro che si fece più pesante mentre continuava. “E quando sarà completamente arresa, quando confesserà che non desidera altro che essere la mia cagna devota, allora le darò il permesso di venire. Voglio vedere il suo corpo tremare mentre urla il mio nome, mentre il piacere la travolge come una tempesta. Perché solo allora, Albus, capirà che la vera libertà si trova nella sottomissione.”
Silente rise piano, il suono basso e complice che riempì la stanza. “Minerva, devo dire che sai rendere ogni tua creazione… perfetta. Padma non saprà mai cosa l’ha colpita, ma sono certo che sarà meraviglioso vederla spezzarsi e rinascere sotto di te.”
“Oh, lo sarà,” rispose Minerva con un sorriso soddisfatto, le sue dita che tracciavano cerchi più intensi lungo la propria fessura. “E quando sarà pronta, Albus, sarà tua. Docile, devota, e con il corpo e la mente allenati a compiacere in modi che nemmeno lei avrebbe mai immaginato.”
Silente inclinò la testa, un sorriso complice che si allargò sulle sue labbra mentre continuava a fissare Minerva. Il suo sguardo percorse lentamente il suo corpo nudo, ogni curva, ogni gesto deliberato delle sue dita che si muovevano lungo la sua pelle con una sensualità ipnotica. Non distolse mai lo sguardo, nemmeno quando la sua mano scivolò con naturalezza sotto la tunica, trovando il suo membro duro e pulsante.
“E poi… chi altro?” chiese con un tono calmo, ma che tradiva un desiderio crescente. Le sue dita iniziarono a muoversi lentamente, accarezzando la lunghezza del suo cazzo con un ritmo languido, mentre i suoi occhi non perdevano un solo dettaglio di ciò che Minerva stava facendo. “Minerva, hai un talento unico per… educare queste ragazze. Sono curioso di sapere chi sarà la prossima a finire sotto le tue mani esperte.”
Minerva si lasciò andare contro lo schienale della sedia, le dita che tracciavano lentamente cerchi lungo la sua pelle nuda, il sorriso che si fece più ampio mentre evocava l’immagine. “Ah, Ginny Weasley,” mormorò, il tono basso e carico di una promessa oscura. “La piccola ribelle, sempre pronta a combattere, a sfidare tutto e tutti. Ma sai, Albus, c’è qualcosa di straordinario in una guerriera come lei. Il modo in cui il suo corpo reagisce al dolore… lo trasforma, lo accetta. Non lo evita, lo desidera. E io voglio mostrarglielo. Voglio che scopra quanto piacere si nasconde nel dolore, quanto il suo spirito si esalta quando viene messa alla prova.”
Silente sorrise, inclinando leggermente la testa. “Ginny che accetta il piacere del dolore? Questo sarà interessante.”
Minerva rise piano, un suono basso e vibrante. “Immaginala, Albus: a quattro zampe, con una coda magica che si muove tra le sue natiche perfette infilata a forza nel suo buchino dietro…, ogni scossa una scarica che le fa tremare le gambe. Un morso incantato tra i denti, le sue mani e le ginocchia che premono contro il pavimento mentre cerca di mantenere l’equilibrio. Ma ogni passo è una sfida. Voglio vederla combattere contro se stessa, il suo corpo che reagisce involontariamente a ogni tocco, ogni colpo. Ogni volta che tenta di ribellarsi, il frustino le colpisce le cosce, lasciando una scia rossa che brucia… ma sai, Albus, brucia nel modo giusto. Perché Ginny non vuole arrendersi facilmente. È una combattente, e voglio farla combattere fino a quando il piacere non sarà troppo intenso, troppo avvolgente.”
Minerva si chinò leggermente in avanti, le sue parole si fecero più lente, più deliberate. “Pensa a quando il suo corpo inizierà a cedere. Quando il dolore che le attraversa la pelle si trasformerà in un calore che la farà ansimare, gemere. Voglio vederla alzare quegli occhi fieri verso di me, pieni di sfida e supplica allo stesso tempo. E quando le sue labbra si apriranno per confessare che non riesce più a distinguere il piacere dal dolore… sarà allora che la conquisterò completamente.”
Silente si sporse leggermente in avanti, il suo sorriso che si fece più largo. “E cosa farai una volta che crollerà, Minerva? Quando ammetterà di voler tutto questo?”
Minerva rise di nuovo, un suono che vibrò nella stanza. “Oh, Albus, è lì che inizia il vero divertimento. Voglio vederla strisciare verso di me, le sue labbra che si posano sui miei piedi in segno di resa. Ma non sarà una resa passiva. No, voglio che lo desideri, che implori di essere spinta ancora oltre. E allora la legherò, le mani tirate sopra la testa, il suo corpo completamente esposto. Voglio frustarla con forza, tracciare linee rosse lungo il suo ventre, i suoi seni, le sue cosce, e guardarla mentre ogni colpo la porta più vicino all’estasi.”
Minerva chiuse gli occhi per un momento, il suo sorriso che si fece languido mentre continuava. “E quando sarà sull’orlo, quando il suo corpo tremerà e ogni fibra di lei griderà per il rilascio, allora la ricompenserò. Voglio vedere il suo piacere esplodere, voglio sentirla urlare il mio nome mentre il suo orgasmo la travolge come una tempesta. Perché, Albus, Ginny è una guerriera, e il suo piacere è più intenso quando nasce dal dolore.”
Silente annuì lentamente, il suo sguardo pieno di complicità. “Minerva, devo dire che hai un talento unico per capire il cuore delle ragazze. Ginny non sarà più una ribelle, ma una guerriera che combatte per compiacere chi la domina.”
“Oh si, Albus,” rispose Minerva, con un sorriso soddisfatto, “quando avrò finito con lei, sarà una cagna addestrata, pronta a servire con la stessa intensità con cui combatteva.”
Silente fece un passo avanti, la sua figura imponente ora a pochi centimetri da Minerva, il suo sguardo che si abbassava per seguire i movimenti delle dita della donna. Si appoggiò alla scrivania, senza smettere di fissare la donna, mentre l’altra continuava a muoversi pigramente lungo il proprio corpo, un gesto quasi distratto ma carico di tensione.
Minerva lo osservò da sotto le ciglia socchiuse, senza smettere di accarezzarsi. Le sue dita scivolavano lente e precise lungo la fessura lucida e umida, il suono del suo piacere che riempiva lo spazio tra di loro. Si spostò leggermente sulla sedia, aprendo di più le gambe, offrendo a Silente una visione completa del suo corpo abbandonato al desiderio.
Silente inclinò la testa, il suo tono calmo ma intriso di una curiosità maliziosa. “Dimmi, Minerva,” mormorò, il suo sguardo che si fermò per un istante sulla mano della donna, “hai altre candidate in mente? O forse la tua lista è già completa?”
Minerva rise piano, un suono basso e gutturale che sembrava vibrare nell’aria. Le sue dita si fermarono per un momento, le unghie che graffiavano leggermente la pelle interna della sua coscia, prima di tornare al punto di partenza. “Albus,” iniziò, la sua voce calda e carica di intenzione, “ce n’è un’ultima. L’unica che bramo davvero… Hermione Granger.”
Il nome sembrò riempire la stanza, come un incantesimo sussurrato. Silente sollevò un sopracciglio, il suo sorriso enigmatico che si allargò appena. “Hermione,” ripeté, la parola che sembrava rotolare lentamente dalla sua lingua. “La tua stella più brillante. Una scelta interessante… ma non del tutto sorprendente.”
Minerva continuò a toccarsi, le sue dita che si muovevano con maggiore intensità mentre parlava. “Hermione è speciale, Albus,” mormorò, i suoi occhi che si socchiusero per un istante mentre un gemito le sfuggiva dalle labbra. “La sua mente è un’opera d’arte. Ma sai cosa la rende ancora più irresistibile? La sua incapacità di abbandonarsi. Vuole sempre avere il controllo, vuole sempre sapere tutto. Voglio spogliarla di quel controllo, pezzo dopo pezzo, finché non sarà nuda davanti a me, non solo nel corpo, ma anche nella mente.”
Silente si chinò leggermente in avanti, il suo sguardo che si fece più penetrante. “E come pensi di spezzarla, Minerva? Di mostrare a Hermione Granger che anche lei può essere… addestrata?”
“Oh, lo so,” rispose Minerva, il sorriso che si fece più perverso. “Ed è proprio questo che rende tutto così… eccitante. La immagino legata con corde magiche che rispondono solo alla mia voce. Ogni volta che tenta di ribellarsi, ogni volta che pensa di poter riprendere il controllo, le corde si stringeranno intorno al suo corpo, facendole sentire quanto è inutile resistere. Le gambe divaricate, il suo corpo completamente esposto, pronto a ricevere ogni piacere e ogni tortura che ho in mente.”
Minerva si leccò lentamente le labbra, il suo tono che si fece più intenso. “Ma non mi fermerò alle corde. Voglio usare con lei un plug magico che si espande lentamente, inserito nel suo buchetto più stretto, facendola sentire piena mentre si muove leggermente, cercando di adattarsi al crescente piacere e dolore. Ogni volta che geme o prova a protestare, il plug si ingrandisce di poco, riempiendola sempre di più, costringendola a sentire ogni millimetro. Ma non sarà sola in questo piacere. Voglio inserirle un vibratore incantato nella fica, che pulsi in sincronia con il plug, un ritmo lento e costante. Ogni volta che il plug aumenta di dimensione, il vibratore aumenta la sua vibrazione. Ad un certo punto sarà completamente aperta, incapace di distinguere il dolore dal piacere. Ogni contrazione del suo corpo sarà una preghiera non detta, una supplica per essere portata ancora oltre.”
Silente sorrise, il suo sguardo che si accese di curiosità. “E quando raggiungerà il suo limite, Minerva? Quando ammetterà di volere tutto questo?”
Minerva rise piano, un suono basso e sensuale. “Quando sarà sul punto di crollare, Albus, la spingerò ancora oltre. Voglio che risolva enigmi, che decifri incantesimi mentre sente il suo corpo tradirla. Ogni errore, ogni momento di esitazione, intensificherà le sensazioni ed aumenterà e dimensioni fino a che il suo culetto non sarà rotto e sanguinante. Voglio vederla soffrire fino a che la tortura non sarà il suo piacere piu grande…, il suo corpo che si tende contro le corde, le sue labbra che si aprono in un gemito incontrollabile. E quando finalmente mi implorerà di farla venire, quando confesserà che non può più resistere, allora le permetterò di raggiungere il culmine… ma non prima di averla spinta al confine del sopportabile e anche oltre.”
Minerva si abbandonò contro lo schienale, le dita che tracciavano lentamente cerchi sulla sua fessura umida, il sorriso che si fece più languido mentre continuava. “E sai cosa sarà magnifico, Albus? Guardarla scoprire quanto le piace. Guardarla realizzare che il suo corpo e la sua mente appartengono a me, che il controllo non è altro che un’illusione. E quando finalmente si abbandonerà completamente, sarà una visione: il suo corpo che si inarca, i suoi gemiti che riempiono la stanza, mentre il piacere la travolge da ogni lato.”
Silente rise piano, un suono basso e pieno di complicità. “Minerva, devo dire che il tuo talento per scoprire e modellare le ragazze è davvero unico. Hermione sarà perfetta una volta che avrai finito con lei.”
“Oh, lo sarà,” rispose Minerva con un sorriso soddisfatto, le sue dita che si muovevano con lentezza lungo il proprio ventre. “E quando sarà pronta, Albus, anche lei sarà tua. Una ragazza che ha scoperto il piacere estremo, la dolce agonia del dolore, e che vive solo per compiacere chiunque sappia dominarla e farle male.”
Silente, ascoltando ogni parola di Minerva e osservandola lì, nuda, con il corpo che si muoveva in un ritmo lento e sensuale, non riuscì più a trattenersi. Il suo respiro si fece più pesante, e con un gesto deciso scostò la tunica, rivelando la sua eccitazione. Il cazzo, magro e venoso, spuntò con forza, duro come il bambù, pulsante sotto la luce fioca della stanza.
Minerva sollevò lo sguardo, il sorriso malizioso che si fece più ampio mentre le sue dita continuavano a giocare con la sua fessura umida. “Oh, Albus,” mormorò con tono provocatorio, i suoi occhi che si fermarono sul membro eretto. “Sembra che sentir parlare di quelle ragazze abbia avuto… un bell’effetto su di te.”
Silente sorrise appena, inclinando la testa senza dire una parola. Attese, il suo sguardo fisso su di lei, sapendo che non aveva bisogno di chiedere. Minerva sapeva esattamente cosa fare.
Senza fretta, si alzò dalla sedia con movimenti languidi, il suo corpo ancora lucido di eccitazione. Si inginocchiò davanti a lui, le ginocchia che si posarono sul tappeto morbido, mentre le sue mani si appoggiavano leggere sulle cosce dell’uomo. Lo fissò per un momento, il suo sorriso che si fece ancora più malizioso, prima di chinarsi lentamente in avanti.
Le sue labbra si aprirono per accogliere il suo membro, la lingua che lo sfiorò con delicatezza prima di avvolgerlo completamente. Il calore della sua bocca fece tremare Silente per un istante, le sue mani che si strinsero ai bordi della scrivania mentre cercava di mantenere il controllo. Minerva iniziò a muoversi con ritmo, la testa che si sollevava e si abbassava con una precisione deliberata, la sua lingua che seguiva ogni vena, ogni pulsazione del cazzo tra le sue labbra.
Con una mano, continuò a giocare con se stessa, le dita che scivolavano sul suo clitoride gonfio, mentre ogni gemito soffocato dalla sua bocca si mescolava ai suoni umidi e ritmici che riempivano la stanza. Ogni movimento della sua testa era sincronizzato con i cerchi sempre più intensi che disegnava sulla sua fessura, il piacere che cresceva dentro di lei insieme all’eccitazione che sentiva nell’uomo.
Silente guardò verso il basso, i suoi occhi pieni di una combinazione di potere e desiderio mentre osservava Minerva prendere il suo cazzo con una dedizione che lo lasciava senza fiato. “Sei sempre così… impeccabile, Minerva,” mormorò, la voce bassa e tremante. “Una vera maestra, in ogni senso.”
Minerva rispose con un gemito gutturale, le sue labbra che si strinsero intorno al membro mentre aumentava il ritmo. Le sue dita sul clitoride si muovevano più velocemente, ogni tocco un’esplosione di piacere che la portava più vicina al culmine. La stanza era satura di tensione, il loro respiro affannoso e i gemiti che riempivano l’aria, mentre entrambi si avvicinavano al limite.
Quando sentì il cazzo di Silente pulsare tra le sue labbra, un sorriso soddisfatto si formò sul viso di Minerva, anche mentre continuava a succhiarlo con intensità crescente. Le sue dita si fermarono per un momento, tremando contro la sua fessura, prima di premere ancora più forte, portandola verso l’orgasmo che la travolse in un’ondata calda e inarrestabile.
Silente grugnì profondamente, il suo corpo che iniziava a tremare sotto le attenzioni esperte di Minerva. La sua lingua si muoveva con precisione feroce, avvolgendo e accarezzando ogni parte del suo cazzo duro, mentre le sue dita sul proprio clitoride si facevano più veloci, più insistenti. La tensione nella stanza era palpabile, un crescendo di piacere che stava per esplodere.
L’uomo, con il respiro spezzato, lasciò sfuggire un avvertimento soffocato. “Minerva… sto per venire.”
La donna, senza fermarsi, pizzicò con decisione il proprio clitoride, il dolore dolce che si mescolava al piacere mentre sentiva il primo fiotto di sperma schizzarle contro la gola calda. Con un movimento esperto, lo accolse tutto, ogni goccia che si riversava nella sua bocca. E proprio in quel momento, anche lei crollò sotto il peso del proprio orgasmo, il suo corpo che tremava violentemente mentre gemiti soffocati le sfuggivano tra le labbra occupate.
Il piacere era totale, assoluto, un’esplosione che attraversava entrambi. Minerva continuò a succhiarlo, ogni movimento della sua lingua un misto di adorazione e dedizione, mentre ingoiava avidamente ogni residuo del piacere dell’uomo. Non si fermò finché il cazzo non fu completamente ripulito, lucido e privo di ogni traccia del loro incontro.
Silente si appoggiò alla scrivania, il respiro affannoso, mentre osservava Minerva sollevarsi lentamente, le labbra ancora arrossate e lucide, lo sguardo pieno di una devozione che lo fece sorridere. “Minerva,” disse con tono basso, il suo sorriso che si allargò, “sei sempre stata la prima tra tutte… la più perfetta delle mie troie.”
Minerva lo guardò con occhi pieni di un amore perverso e assoluto, il suo sorriso soddisfatto mentre rispondeva con voce ferma e dolce. “Grazie, Padrone.”
Silente si mise a posto la tunica con movimenti lenti e misurati, il suo sguardo che non lasciava mai quello della donna. Poi, con un sorriso enigmatico e soddisfatto, si voltò verso la porta. “Continua così, Minerva,” disse prima di uscire, la sua figura che spariva nel corridoio, lasciando la stanza intrisa della loro presenza.
Minerva rimase lì per un momento, il corpo ancora pulsante dal piacere. Si alzò lentamente, un sorriso soddisfatto che le si formò sulle labbra mentre iniziava a rivestirsi, ogni movimento un gesto di calma e controllo ritrovato. Sapeva che era stata impeccabile, come sempre. E ora, con la mente già proiettata sui suoi piani per Hermione, Padma e Ginny, si sentiva pronta per il prossimo capitolo del loro perverso gioco.

Questa fanfiction di Harry Potter è un’opera di fantasia creata esclusivamente per scopi di intrattenimento. I personaggi, gli eventi e le situazioni descritti sono immaginari o ispirati a opere esistenti, e non sono intesi a rappresentare la realtà o persone reali. Tutti i diritti sui personaggi originali appartenenti a opere di terze parti restano di proprietà dei rispettivi creatori. L’autore non si assume responsabilità per eventuali fraintendimenti o interpretazioni del contenuto. Ogni elemento è stato scritto nel rispetto della creatività narrativa e senza intento offensivo o dannoso.

Buona lettura e scrivete nei commenti cosa ne pensate. Accetto consigli e suggerimenti, anche per eventuali racconti futuri.

One Comment

  • Rebis Rebis ha detto:

    Interessante. Mi piace come hai caratterizzato la MacGrannitt. Inoltre trovo molto bello che tu abbia voluto sfruttare il personaggio di Cali Patil per questa storia (ammetto che ho una predilezione per le donne e le ragazze indiane e africane. non so perché).
    Ho notato che hai attribuito anche a Silente un ruolo attivo non indifferente. Devo dire che non mi dispiace, anche considerando le ultime indiscrezioni lanciate dalla Rowling riguardo il suo orientamento.
    Sarò onesto: ho visto molte parodie erotiche di Harry Potter, ma le tue sono peculiari. Vedremo le prossime!

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