PadronVale e la punizione
di Tom
La Padrona fu di parola. Aveva promesso che Alex sarebbe divenuta il suo gabinetto ed in pochi giorni era riuscita a sottomettere la schiava abbastanza da farle acquisire il suo miserabile compito di latrina.
A qualsiasi ora del giorno e della notte la schiava poteva essere chiamata dalla Dea, che la costringeva ad inginocchiarsi sul pavimento, le infialava l’imbuto in bocca e orinava nella sua gola.
Alex era giunta ad un livello tale di adorazione per quella sua Padrona da trovare quasi piacevole il sapore della pipì di Vale e d’altra parte la Dominatrice aveva voluto accelerare i tempi di ammaestramento della serva impedendole di bere acqua e qualsiasi altra bibita, nel frattempo. La serva poteva scegliere fra la sete e la pipì.
Il giorno dell’incidente Alex era più nervosa del solito. La scuola andava male ed al lavoro non guadagnava più abbastanza per potersi permettere di comperare altri regali per la Padrona.
Quando quel giorno la Dea provò il bisogno di orinare chiamò Alex, la artigliò per i capelli e le si sedette in faccia.
-‘Oggi proviamo senza imbuto’- disse.
-‘Si Padrona’- rispose Alex spalancando quanto più possibile la bocca.
E senza attendere oltre la Padrona si scaricò. Ma, un po’ per il nervosismo della schiava, un po’ per l’inesperienza a dover raccogliere la pipì senza l’aiuto dell’imbuto, successe che qualche goccia del liquido cadde sul pavimento e qualche altra sulle scarpe di Vale.
La Padrona si alzò di scatto dopo essersi liberata, furibonda.
-‘Stronza!’- gridò ”Guarda cosa hai combinato! Sulle mie scarpe!’-
-‘Perdono Pad”-
Vale la colpì con un violento calcio in faccia.
-‘Sciacquati la bocca e torna qua’- ordinò.
La serva corse in bagno, si ripulì la lingua con l’acqua corrente e poi tornò altrettanto velocemente dalla Signora, inginocchiandosi di fronte a lei tanto in basso da sfiorare il pavimento con la fronte.
Vale le schiacciò la testa sulle mattonelle e premette il piede sulla nuca di Alex.
-‘Lecca le mie scarpe!’-
-‘Si Padrona’-
Alex eseguì l’ordine. Pulì minuziosamente le calzature dal tacco alto della Dea, per fortuna l’orina non era caduta sulla pelle della Padrona, ma solo sulla superficie della scarpa destra.
Vale seguì con uno sguardo di gelido disprezzo l’operazione della serva.
-‘Cretina! Ti rendi conto del rischio che ho corso per colpa della tua incapacità!’-
-‘Si Padrona’-
-‘Lecca anche il pavimento’-
-‘Si Padrona’-
Alex leccò le gocce di orina dal pavimento mentre Vale le assestava calci nel fianco e le premeva il tacco sul collo.
Quando la serva ebbe finito Vale le ordinò di seguirla fuori casa, sul vialetto che portava alla strada. La fece andare in garage a prendere una grossa tavola di legno lunga due metri e larga uno.
-‘Sdraiati per terra’-
-‘Si Padrona’-
-‘Metti la tavola sul corpo’-
-‘Fatto Padrona’-
Alex si sdraiò sulla ghiaia e si mise la tavola sopra la pancia ed il petto. Il lato lungo della tavola era perpendicolare al suo corpo. Il legno la copriva dal collo fin quasi al ginocchio e sporgeva di circa un metro alla sua sinistra ed altrettanto alla sua destra. Attese alcuni secondi. Non capiva cosa volesse farle la Padrona con una tavola sul petto, probabilmente calpestarla. Ma con la tavola di mezzo la Dea non avrebbe potuto usare i suoi temibili tacchi per penetrare la pelle della serva incapace. Che razza di punizione sarebbe stata?
Poi Alex comprese. Si udì il suono di uno scooter che si metteva in moto e PadronVale sbucò dal garage in sella al suo motore.
-‘Ora stai ferma’- disse la Dominatrice.
-‘Si Padrona’-
Lo scooter salì sopra la tavola, gravando col suo peso e con quello della Padrona sul torace della serva. Vale rallentò apposta, una volta che le due ruote furono entrambe sul legno, in modo da mantenere l’equilibrio e da prolungare la sofferenza della serva il più a lungo possibile.
La schiava sentì da prima una forte pressione alla spalla e al fianco sinistro (lo scooter veniva dalla sua sinistra) poi un dolore fortissimo allo sterno ed al petto. Per un secondo il motore fu immobile sopra di lei, Vale riusciva a tenerlo in bilico sulla tavola e sulla serva senza apparente sforzo.
Alex gemette, la pressione era impegnativa. Vale fece procedere il veicolo, lo fece scendere dalla tavola e la serva avvertì subito una liberatoria diminuzione di forza diretta contro di se.
La Padrona andò avanti per qualche metro, fece manovra e tornò indietro, ripassando per la seconda volta sul petto della schiava.
Alex questa volta gridò.
-‘Basta Padrona! Mi sta schiacciando le costole’-
Vale frenò mentre lo scooter si trovava ancora sopra la tavola con tutte e due le ruote e appoggiò un piede sulla superficie del legno per puntellarsi.
-‘Cosa dici schiava?’-
-‘La prego, mi dispiace per la mia mancanza di poco fa”-
-‘E allora?’-
-‘Così finirà con il rompermi qualche osso’-
Sempre a sedere sullo scooter e con un piede giù sulla tavola la Padrona si chinò verso la faccia della serva.
Alex sudava vistosamente, era rossa in volto ed aveva gli occhi sbarrati.
-‘Ti ho forse dato il permesso di romperti un osso?’-
-‘No Padrona’- balbettò Alex con aria affranta.
-‘E ti ho mai detto di interrompermi mentre ti sto impartendo la tua giusta punizione?’-
-‘No Padrona’-
-‘Chiedi scusa’-
-‘Scusi Padrona’-
Vale avvicinò il piede alla bocca della serva, poggiandole la suola sulle labbra e strofinandola in avanti ed indietro come se si trattasse di uno zerbino.
-‘Fa ancora male?’- chiese Vale.
Alex tentò di annuire ma la Padrona col piedino mosse la testa della schiava in modo da farle fare un cenno di diniego col capo.
-‘No, eh? Allora continuiamo!’- esclamò sorridente la Padrona.
-‘No Padrona, la prego’- mormorò Alex.
Vale le tirò un calcio in testa.
-‘Zitta, rimani sdraiata e non ti muovere’-
Alex sospirò sconfitta.
-‘Ti do il permesso di urlare. Non trovi che io sia una Padroncina proprio gentile?’-
-‘Si Padrona’-
-‘Ringraziami’- disse Vale rimettendo il piede sulla bocca di Alex.
-‘Grazie Padrona’- disse la serva e baciò la suola della scarpa.
Vale scese dalla tavola, fece manovra e tornò indietro un’altra volta, poi compì un quarto ed un quinto passaggio.
Rimase a giocare per circa un quarto d’ora.
La schiava sotto di lei piangeva e si lamentava. Di tanto in tanto parve soffocare ma la Padrona, inflessibile, continuò.
-‘Ora basta, devo andare in paese!’- disse Vale scendendo dallo scooter.
-‘Levati questa tavola di dosso e rimettila in garage!’- ordinò.
-‘Si Padrona’-
Alex era completamente distrutta, le faceva male dovunque, dal collo alle gambe ma non aveva ossa rotte per fortuna.
Vale gli si avvicinò in sella allo scooter. La schiava si era appena tolta di dosso la tavola ma non era ancora riuscita a rimettersi in piedi.
-‘Cagna’-
-‘Si Padrona’-
-‘Leccami la scarpe’-
-‘Si Padrona’-
Alex si trascinò ai piedi della Dea e leccò pian piano la punta della scarpa destra.
-‘Più veloce’-
-‘Si’mi spiace Padrona’-
-‘Uffa, che incapace! Una punizione così leggera ti ha già demolita. Fai pena’-
Le tirò un calcio in bocca.
-‘Vattene in casa, vai, e rimetti in ordine la mia cameretta. E questa notte la trascorrerai chiusa nello sgabuzzino a leccare tutti i miei stivali’-
Se ne andò lasciando la schiava in ginocchio dietro di se.
Tom7520@hotmail.com
PadronVale ed il footing mattutino
di Tom
Quando Vale tornò a casa, quella mattina, la schiava la stava attendendo sulla porta, in ginocchio a quattro zampe.
La Padrona aveva iniziato, da qualche giorno a quella parte, a fare un po’ di footing mattutino. Partiva da casa alle sei, all’alba praticamente, dopo esseri fatta svegliare dalla serva (che le leccava i piedi sotto le coperte) e tornava verso le sette. Faceva la doccia e mangiava la sua colazione (la sottomessa provvedeva a farle trovare le fette biscottate ben imburrate con la marmellata ed il cappuccino caldo e fumante).
Quel giorno qualcosa non quadrava. La Padrona fu di ritorno poco dopo le sei e mezza.
-‘Padrona!’- esclamò Alex agitata. Le corse incontro tutta preoccupata ”Si è fatta male? Cosa le è successo?’-
-‘Maledetti! Hanno interrotto la strada, quei cani!’- rispose la Padrona, infuriata ”Oggi ho corso poco’-
Alex annuì.
-‘Bè, che aspetti, troia?’- ruggì Vale ”Anche se non ho terminato la mia oretta di corsa ho i piedini sudati lo stesso. Muoviti, allora, stessa procedura delle altre volte. Leccami le scarpe per iniziare!’-
Alex si chinò di più e baciò la punta delle scarpe della Padrona. Erano impolverate qua e là, presentavano qualche piccola macchia di terra e fango.
Vale si sedette comodamente sul divano, si tolse la maglietta sudata ed i pantaloncini, restando in slip e reggiseno. La schiava, inchinata nella più scomoda delle posizioni le leccò le scarpe; la sua lingua raschiò ogni granello di polvere anche fra i lacci di stoffa e sul bordo di gomma dura delle suole. Poi passò alle croste di fango. Avevano un sapore terribile ed erano molto coriacee. Alex le dovette rompere con i denti, stando ben attenta a non danneggiare le scarpe, e succhiarle poi fra le labbra.
-‘Queste scarpe sono sempre sporche’- protestò Vale ”Che cazzo di lingua hai? Datti da fare!’-
-‘Ma’Padrona’-
Le scarpe erano pulite, logore per le lunghe corse dei giorni passati ma ben pulite.
-‘Sotto, intendo!’- urlò la Padrona, sollevando la scarpa sinistra ”La suola! Come puoi pretendere che la Principessa Vale vada in giro con delle scarpe così sozze? Sono montata su ogni genere di schifezza lungo la strada. Lecca, datti da fare!’-
Alex le leccò la suola delle scarpe, vincendo la naturale ripugnanza provata di fronte alle polveri, le tracce di mota ed i sassolini incastrati fra le tacche di gomma.
C’erano anche tracce di foglie, ai bordi delle suole, schiacciate e macerate, di colore nerastro e dal sapore terribilmente amaro.
Alex non solo asportò tutto, ma per far in modo che le preziose calzature della Padrona non si sporcassero nuovamente ad ogni passaggio della lingua ingoiò ogni cosa.
Quando Vale si fu stancata del lavoro linguale della schiava le lanciò un calcio in faccia.
-‘Stenditi con la faccia rivolta verso l’alto’- ordinò.
La schiava obbedì.
-‘Tu lo sai che cos’è il trampling?’- chiese la Padrona.
-‘Si Padrona’-
-‘Non credo!’- esclamò la Dea e saltò sulla pancia della serva, a piedi uniti, spezzandole il fiato e piegandola in due. La calpestò a lungo, praticamente fino alle sette. Il tempo risparmiato al footing di quella mattina fu recuperato correndo sullo stomaco della serva. Quando Vale si fermò la schiava non sentiva più alcun dolore, tanto si era assuefatta al male. La sua pancia era tutta rossa e striata dai lividi, perché la Padrona aveva fatto ben attenzione a calcare la punta delle scarpe ed i talloni.
Infine la Dea mise un piede sulla faccia di Alex e premette con forza.
-‘Bene, ora mi sento meglio. Ho fatto la mia corsetta!’- disse.
La schiava non poteva rispondere perché, benché non avesse mosso un passo, non aveva più fiato in corpo.
-‘Sei anche morbida, più della strada’senz’altro! Faccio meno fatica a correre su di te. Da oggi credo che ti userò spesso’- rise ”Dopo cagna, cesso e cavalla, anche zerbino’sei proprio una nullità’-
-‘S’s’si P’Pa”-
-‘Zitta, stronza’- disse Vale, rimettendosi a sedere sul divano e allungando le belle gambe allenate, coperte da un sottile velo di sudore.
-‘Levami le scarpe e leccami i piedi. Prima coi calzini indosso e poi senza!’-
La schiava si rimise sulle quattro zampe a fatica. Prese con le dita il capo delle stringhe della scarpetta destra e fece per tirare ma Vale la precedette e la colpì con l’altra gamba, in pieno viso. Alex vide tutto opaco per un attimo.
-‘Con la bocca!’- esclamò la Dea ”Tu non mi devi mai toccare con quelle mani merdose che ti ritrovi’ne me ne le mie cose!’-
-‘Si Padrona’mi dispiace’chiedo perdono”-
-‘Va bene, va bene’ora datti da fare altrimenti ti schiaccio la gola a calci’-
La schiava sciolse i nodi delle scarpe con le labbra, poi tolse le scarpe tirando il margine del tallone. Facendo questo si fece anche male alla bocca perché mentre sfilava le calzature la Padrona dondolava e muoveva le gambe.
Alex stese le mani sul pavimento, con le palme rivolte verso il basso e lasciò che la sua bella Signora vi ponesse sopra i morbidi piedini.
I calzini erano di spugna bianca ed erano ben sudati. Alex li leccò con ardore e trasporto ma la dominatrice non provò sollievo da questo perché la lingua non si sentiva bene attraverso la stoffa. Vale allontanò bruscamente la sguattera.
-‘Incapace, basta! Toglimi i calzini!’- ordinò.
La schiava lo fece, prendendo con delicatezza le calze per il bordo. Con i denti, naturalmente. Scoprì il piedino, che era si sudato, ma affatto maleodorante.
Leccò. Asportò ogni traccia di sudore e sporco. La sua lingua si intrufolò anche fra le dita e soprattutto curò le piante e la parte al di sotto delle dita ed il tallone. C’erano qua e là dei grumi di pelo dovuti al cotone dei calzini che si staccava dal tessuto durante la corsa e la serva li ingoiò con devozione.
-‘Brava cagnetta leccapiedi, lo vedi che quando vuoi la sai usare la lingua?’- disse Vale con aria maliziosa ”Perché, quando avevo i calzini non ci mettevi lo stesso impegno? Non ti piacevano i miei calzini? Preferisci leccare direttamente la pelle dei miei piedini, vero?’-
-‘Si Padrona’-
-‘Lecca, non ti distrarre’eh, si, non posso darti torto, dopotutto. Sei proprio una cagnetta, buon solo per leccarmi i piedi sudati!’- disse Vale.
Lasciò che l’inferiore le leccasse i piedi per qualche altro minuto, poi si ricordò di non avere ancora fatto la doccia.
-‘Oh, accidenti! Mi stavo così divertendo che non mi sono ricordata di fare la doccia! Colpa tua, troia!’
Si alzò stando in piedi sulle mani della schiava, che sopportò il peso della Padrona con stoica determinazione.
Vale si mise le ciabatte e si avviò verso il bagno. Giunta sulla porta si accorse di avere ancora i calzini in mano. Si fermò.
-‘Hai già preparato la doccia? Asciugamani ed accappatoio?’-
-‘Si Padrona’-
-‘E la colazione?’-
-‘Bè.. no, Padrona’è tornata troppo presto’-
-‘Taci, vacca. Mentre io faccio la doccia tu preparami le fette biscottate ed il cappuccino. Ma prima vieni qui!’-
Fece un bolo dei calzini sudati che stringeva in mano.
-‘Devi imparare a voler bene anche a ciò che indosso. I miei calzini, ad esempio. Prima li hai snobbati. Apri bocca!’-
La schiava obbedì. Vale le sbatté in bocca i calzini sudati.
-‘Chiudi bocca e va a prepararmi il cappuccino con i calzini in bocca. Ti aiuterà a respirare. Guai a te se li togli’-
Alex, non potendo rispondere, annuì con il capo.
Vale rise e se ne andò in bagno. La schiava assaporò il sudore della sua Padrona mentre lavorava ai fornelli. Quel sapore, che altri avrebbero definito acre e disgustoso, rappresentò per lei un nettare divino. Quando Vale uscì dal bagno la colazione era già pronta.
Tom7520@hotmail.com
PadronVale ed il campetto
di Tom
Quel giorno Vale tornò a casa piuttosto agitata. -‘Accidenti!’- esclamò ”Toccano tutte a me!’-
Si sdraiò sul divano e si tolse i mocassini. Aveva ancora i calzini di cotone bianchi ai piedi. Alex le si avvicinò a quattro zampe, con cautela, e le si fermò davanti in ginocchio.
-‘Che cosa la turba, mia Padrona? Posso esserle d’aiuto?’- chiese la schiava.
Vale sbuffò. ”Domani c’è la finale del torneo di calcetto femminile ed il campetto è tutta una serie di dossi e di buche. C’è bisogno che qualcuno lo pareggi’solo che per farlo occorre prendere quel macigno di rullo che pesa uno sproposito e andare avanti ed indietro per tutto il campo. Una noia mortale…e anche faticoso per giunta!”-.
Alex annuì. ”Posso farlo io se lo desidera!’-
La Padrona la squadrò scrupolosamente. Far fare il pesante lavoro alla schiava: vi aveva già pensato, ovviamente, ma il problema non si limitava solo a questo. Vale non voleva infatti privarsi della schiava per tutta la sera. Dopo qualche secondo la dominatrice sorrise
”Ho trovato!’- esclamò ”Si, mi aiuterai tu’-
Così dicendo scese i piedi dal divano e li sbatté, sudati e bellissimi, sulla faccia della serva. Alex li baciò con affetto ma fece appena in tempo a sfiorarli che Vale li tolse subito dalla sua portata.
-‘Andiamo al campetto’- ordinò.
Prima di andare la dominatrice si recò in camera sua. La serva la udì armeggiare con qualcosa, aprire e chiudere alcuni cassetti. Quando Vale uscì di camera portava una borsa da ginnastica azzurra con se. Apparentemente, da come la sollevava, il contenitore era stato riempito con oggetti leggeri ma, sulla natura degli stessi, Alex non si sarebbe pronunciata. Finalmente si mossero alla volta del campetto.
Vi arrivarono dopo pochi minuti con l’auto della Padrona. Alex era alla guida e Vale, seduta sul sedile posteriore durante tutto il tragitto, le aveva tenuti i piedi ai lati della testa,.
Il campo era un piccolo quadrato di terra rossa ed era veramente come l’aveva descritto la Padrona: ondulato e disfatto. Al margine del campo vi era un piccolo deposito dalle pareti di lamiera. La Padrona condusse la schiava fino alla porta a due ante di quest’ultimo.
-‘Il rullo è là dentro. Prendilo e tiralo fuori!’- ordinò.
Alex entrò. Il rullo era un grosso cilindro di ferro, cavo ma ugualmente assai pesante, largo un metro e mezzo e alto mezzo metro. Alle sue estremità era fissata una imbracatura a Y e le braccia della stessa erano fissate ai lati del rullo.
La ragazza prese l’asta del manico dell’attrezzo e tirò con forza l’oggetto. Con un cigolio raschiante il rullo si mosse e iniziò a strisciare sulla ghiaia.
Quando la schiava uscì fuori dalla capanna Vale era ancora fuori, ad attendere.
-‘Non dovrei impiegare molto, Padrona!’- disse Alex ”Lei può aspettarmi sulle panchine ai bordi del campo!’-
Vale le tirò uno schiaffo senza alcun preavviso ”Che fai, merda, mi dai dei consigli?’-
-‘N.. no, mi scusi, Padrona.. non volevo che si annoiasse!’-
-‘E non mi annoierò di certo, cagna’- rise Vale ”Non vedi cos’ho portato?’-
Tirò fuori dalla borsa l’oggetto che aveva portato da casa, un frustino da equitazione.
Indicò una sedia di quelle di legno e ferro come usano nelle scuole, abbandonata ai lati del campo.
-‘Prendi quella’- ordinò ad Alex. La schiava obbedì e quando fu di ritorno dalla Padrona, accanto al rullo c’era distesa una corda.
-‘Prendi la corda e fissa la sedia al rullo, in modo che io mi ci possa sedere’-
Alex annodò strettamente le gambe della sedia all’incrocio delle braccia della Y. Vale vi salì sopra, si mise comoda, e verificò che la corda fosse ben tirata. Quando fu certa di non poter cadere durante i lavoro schioccò il frustino sulla superficie di metallo del cilindro.
-‘Avanti, non farmi perdere tempo!’- urlò con freddezza la Signora ”Prendi il rullo e comincia a darti da fare!’-
Alex sollevò il manico dell’attrezzo e spinse. La Padrona, alle sue spalle, sollevò le belle gambe e appoggiò i tacchi sulle spalle della schiava, affondando senza paura di farle male le punte nelle carni.
Un piede era a destra ed uno a sinistra della nuca della sottomessa.
-‘Ora cammina!’- esclamò Vale e sferzò il fianco di Alex ad un palmo di distanza al di sotto del proprio tacco destro con il frustino. La schiava represse un gridolino.
-‘Ascoltami bene’- disse Vale ”Se premo contemporaneamente con tutti e due i tacchi tu vai a dritto, se premo più forte il destro giri a destra, mentre se pigio il sinistro volti a sinistra, hai capito?’-
-‘Si Padrona’- ansimò Alex.
-‘E tutte le volte che rallenterai ti colpirò con la frusta, bada bene! Sicché vedi di lavorare ala svelta!’-
-‘Si Signora, farò del mio meglio’-
La schiava spinse con forza. Vale sedeva come una regina sul trono su di una seggiola sganasciata, puntando i talloni contro le spalle della serva, divertendosi a punzecchiare le scapole di Alex con i tacchi e frustandone le natiche ed i fianchi ogni volta che la noia cominciava a far presa.
Il rullo prese a stendere ogni metro di terra rossa, appianando ogni rialzo e riempiendo ogni avvallamento. Ma ben presto lo sforzo si fece sentire sulle braccia e sulla schiena della sottomessa.
L’attrezzo infatti era già di per se molto pesante ed impegnava a fondo Alex, in più Vale aggravava il peso dell’oggetto e certo la pressione dei suoi tacchi e le frustate non aiutavano molto la schiava.
-‘Coraggio!’- disse ad un certo punto la Padrona ”Stai rallentando!’-
Calò una frustata ed Alex si sforzo di accelerare il passo, benché ogni suo muscolo urlasse di dolore e la sua colonna vertebrale fosse in agonia.
-‘A destra!’- esclamò Vale, punzonando la spalla della schiava con tanta forza da provocarle una piccola escoriazione.
La schiava emise un mugolio rantolante e la giovane dominatrice ne rise.
-‘Che c’è’non ce la fai più, forse?’- chiese con malizia la Padrona ”Guardati, stai sudando come uno scaricatore di porto in agosto! E quel che è peggio mi stai sporcando le suole dei sandaletti, animale che non sei altro!’-
-‘M’mi.. anf’ anf’spia’spiace’ anf”-
-‘Non sprecarti a parlare’- disse la Padrona ”Sgobba e basta, che è tardi e ho voglia di tornare a casa!’-
-‘S.. si.. anf’ anf”-
Vale la frustò.
-‘Sbrigati, cagna! Mi sto annoiando!’-
Alex cercò di andare più rapidamente ma le braccia e facevano troppo male e si limitò a mantenere la medesima andatura. Vale le diede un calcio dietro la testa. Poi un altro. Calò la frusta sul collo di Alex. Di nuovo un calcio, questa volta con tutti e due i piedi uniti.
Alex sentì le membra cedergli, ma se fosse caduta la Padrona sarebbe caduta con lei! Allora strinse i denti, contrasse i muscoli e tentò con tutta se stessa di resistere. Il cuore le esplodeva in petto, i battiti erano tanto forti da martellarle la gola e provocarle la nausea. Soffocò un conato di vomito.
Incurante della fatica della sua schiava PadronVale continuò a calpestare la testa di Alex, a frustarla e a ridere di lei.
-‘Forza cavallina!’- esclamò ilare ”Trotta! Finisci il tuo lavoro, animaletto, che poi ti do la biada! Dai, dai, bestiolina!’-
Alex riprese a spingere il rullo. Ormai il più era fatto, bastava solo ripassare in certi punti al margine del campo.
-‘Brava la mia schiava!’- esclamò Vale a lavoro ultimato. Non appena fu scesa dal seggiolino legato al rullo la serva, sentendo di essere allo stremo, lasciò cadere il manico dell’attrezzo e cadde lei stessa davanti alla porta del magazzino, faccia in avanti.
Vale la vide distesa ai suoi piedi, d’istinto le salì con tutto il suo pesa sulla schiena facendo ben attenzione a far sentire i suoi tacchi appuntiti. Alex invece pareva non sentire più alcun male, ovunque la Padrona le calpestasse dalla gola della sottomessa non fuoriuscì atro che un ansimare profondo e doloroso.
-‘Certo che sei ridotta proprio male, cara cagnolina. E pensa che avrei dovuto farlo io questo schifo di lavoro! Ma siamo matti? Io, la Padrona Vale, un’operaia? In ogni caso in questo stato non puoi salire in macchina con me! E comunque non sulla mia auto. Sei sudata e puzzi da fare schifo!’-
Alex cercò di sollevare la testa ma Vale le posò sopra un piede e le schiacciò il viso nella terra rossa del campetto. Ruotò il piede.
-‘Riprendi fiato e torna a casa. Guarda che prima di farti rivedere da me dovrai essere in uno stato un po’ più presentabile, troietta!’-
Restò per qualche altro secondo ancora con tutto il suo peso sul capo di Alex, infine scese.
-‘Peccato tu non possa tornare con me, stasera. Avevo tante cose da farti fare’.rassettare la mia cameretta, pulire il bagno’anche i miei mi danno un sacco di cose noiose e faticose da fare! O bè! Sarà per domani mattina! Svegliami alle otto, come sai, e quando torni non fare rumore. Se mi svegli guai a te!’-
Si voltò e si allontanò.
-‘Ciao ciao sguattera!’-
I suoi tacchi alti calcarono la terra rossa appena spianata del campetto, lasciando due serie di piccole impronte in direzione dell’ingresso. La schiava cercò di parlare ma la sua bocca era impastata del terriccio entro il quale Vale l’aveva spinta un attimo prima e la sua gola pareva paralizzata.
Mentre il suono ovattato dei passi della Padrona si faceva più flebile Alex, sfinita, si addormentò.
Tom7520@hotmail.com
PadronVale e l’altalena
di Tom
Quando Alex giunse a casa di Vale, la padrona era fuori in giardino. Stava passeggiando sull’erba del prato a piedi nudi.
L’aria era calda ed umida, un’afa insopportabile regnava: la Dea indossava una T-shirt bianca e un paio di pantaloncini corti. Accortasi dell’arrivo della schiava si avviò verso casa, indossando degli zoccoletti leggeri, di quelli che lasciano quasi del tutto scoperto il piede. Non portava calzini.
-‘Buon giorno Padrona!’- salutò Alex inginocchiandosi al cospetto della Dea.
Vale la guardò dall’alto in basso con distacco, come se la sola presenza di quell’essere inferiore le facesse venire caldo.
-‘Ciao, serva. Sai che oggi fa proprio caldo? Dio mio, è insopportabile!’-
-‘Ha ragione Padrona’- rispose Alex ”Forse potrei rinfrescarle almeno i piedi, se Lei me lo consentisse’- Guardò con insistenza le bellissime estremità di Vale, anelando di potervi posare sopra le proprie labbra, di adorarle come si conviene ai piedi di una divinità.
Vale ci pensò un momento.
-‘No, non ne ho voglia’- disse, con aria annoiata ”Avrei più che altro piacere di sentire il vento fresco fra i capelli, di rilassarmi sotto una brezza leggera”-
Alex esitò. Come poteva esaudire il desiderio della Padrona?
-‘Andiamo al parco!’- esclamò all’improvviso la Padrona.
-‘Al parco?’- chiese Alex ”Dov’è?’-
-‘Lo so io. Tu monta in macchina, davanti. Guiderai tu. La strada te la indico io’-
Alex obbedì. Come ormai la Padrona l’aveva abituata a fare la schiava si sedette al volante e attese che la Dea si fosse accomodata sul sedile posteriore, proprio dietro di lei. Vale mise le caviglie ai lati della testa di Alex e con un colpetto la incitò a muoversi.
La serva accese il motore, fece manovra e, prima di entrare in strada, voltando la testa di lato per vedere che non sopraggiungessero altre vetture osò sfiorare con le labbra socchiuse il piedino destro della Padrona, e senza il permesso della Dea. Vale, tuttavia, fece finta di nulla.
Condusse la serva fino al parco, che aveva un ampio parcheggio adiacente alla via. Alex parcheggiò, scese ed aprì la portiera alla Padrona.
-‘Brava cagna’- disse Vale ”Ora guardiamo di trovare un angolino di prato tutto per noi’-
-‘Si Padrona’- rispose Alex.
Non fu difficile. Il parco era un appezzamento di terreno verdeggiante dal profilo lievemente ondulato, con alberi e grandi siepi che delimitavano lo spazio in quadrati e in campi dove, dall’uno, fosse difficile intravedere cosa succedesse in quelli adiacenti. Molti di essi inoltre erano privi di persone.
Vale ed Alex si aggirarono un po’ fra i prati e le mura di sempreverdi ed alla fine la Padrona scelse di restare in una piccola raccolta sulla sommità di un dosso dalla cima piatta. Attorno a loro una grande siepe di ginepro delimitava la base del rilievo ed in mezzo al prato era stata posta un’altalena. Quest’ultima era una struttura di metallo alta un paio di metri, con un’intelaiatura composta da due V capovolte unite ai vertici da una stretta sbarra di ferro dalla quale due catenelle rosse che si andavano ad incastrare nei braccioli di un piccolo sellino dal fondo imbottito.
-‘Che idea mi è venuta!’- esclamò la Padrona con entusiasmo ”Da quanto tempo non gioco un po’ sull’altalena! Vieni qui, puttanella!’-
Si sedette sul seggiolino dell’altalena e sollevò i piedi dall’erba. Le catene erano vecchie e logore, cigolarono ma non si ruppero.
-‘Sembra solida’- disse Vale ”OK. Ho voglia di andare un pochino sull’altalena!’-
Alex annuì, si portò alle spalle della Dea e appoggiò le mani dietro al poggia- schiena, pronta a dare la spinta alla propria Padrona.
-‘Ma che fai?’- la fermò la Dominatrice.
-‘Si’.bè, nulla. Pensavo volesse che la spingessi io’- mormorò Alex, con una punta di mortificazione nella voce.
-‘E quando te l’avrei chiesto, eh?’- la rimproverò Vale ”A questo penso da sola. Mettiti in ginocchio davanti a me, piuttosto’-
Alex fece il giro dell’altalena, si portò di fronte alla Padrona e le si prostrò davanti. La sua faccia era situata all’altezza delle ginocchia di Vale. La Padrona sollevò i piedi e distese le gambe, appoggiando le suole degli zoccoli sul viso di Alex. Il naso della schiava venne ad essere schiacciato fra i bordi di legno delle raffinate calzature della Dominatrice ed i tacchi di legno le calcavano il mento provocandole dolore.
-‘Sei solo un piedistallo per darmi lo slancio’- disse la Padrona ”E vedi di resistere’-
Piegò sensibilmente le ginocchia e si diede la spinta. Alex cercò di non andare all’indietro, di non cedere, perché la Padrona non avrebbe avuto lo slancio necessario. La pressione dei bordi dei tacchi le provocò una leggera abrasione sotto il labbro superiore. Vale, comodamente seduta sull’altalena, volò in alto e poi ricadde verso il basso, beandosi dell’aria che le agitava i morbidi capelli castani, sempre tenendo i piedi uniti e le gambe distese in avanti.
La suola degli zoccoletti colpì la faccia della schiava con violenza. Alex balzò all’indietro, cadendo di schiena, intontita.
-‘Che cosa stai facendo?’- disse incollerita Vale ”Tu devi stare ferma!’-
-‘M’mi scusi, Padrona’-
-‘Forza, rimettiti come prima!’- ordinò la Padrona, ed il tono della sua voce non ammetteva repliche.
-‘Ma fa male’- uggiolò la schiava come un cane che si duole per una bastonata.
-‘E a me cosa vuoi che importi, cagna? Obbedisci e zitta!’-
La serva si rimise in posizione, Vale le appoggiò nuovamente le suole in faccia e si diede la spinta. Ripiombò giù a piedi uniti, colpendo Alex con tale forza da farla volare indietro per due metri.
-‘Cagna di merda! Ora basta! Possibile che tu sia tanto incapace?’- urlò Vale.
Alex si rialzò. La sua faccia presentava già lividi ed escoriazioni. Il sopracciglio destro era pesto e violaceo, le sue labbra erano solcate da un rivolo sanguinolento che sgorgava placidamente dall’angolo a sinistra della bocca.
-‘M.. mi dispiace, Padrona, ma proprio non sono abbastanza forte per”- mugugnò l’inferiore.
-‘Uffa’che imbranata!’- esclamò Vale ”Va bene, voglio venirti in aiuto!’-
Si tolse gli zoccoli.
-‘Ora però devi resistere assolutamente, mignotta!’-
Alex esitò un attimo, poi s’inginocchiò per la terza volta davanti alla Padrona e chiuse gli occhi. Vale le appoggiò le piante dei piedi sul viso, i talloni sulle labbra, le dita sulla fronte. Immediatamente Alex provò un profondo senso di sollievo. La pelle delle piante della Padrona era morbida e fresca. Il contatto con la faccia distrutta della serva giovò alla schiava, che d’improvviso ritrovò le forze perdute. Poi, con un pietoso gesto di devozione, prima che la Padrona si desse lo slancio, dischiuse le labbra e leccò i talloni della Dominatrice.
-‘Basta!’- comandò seccamente Vale, infastidita. Alex smise immediatamente.
La Padrona si diede lo slancio ed Alex questa volta resistette senza fatica, poi piombò sul volto della schiava e quest’ultima sopportò l’urto, per la prima volta. Le nobili estremità della Dominatrice ammortizzarono il colpo, le sue gambe si piegarono nuovamente un poco per prendere un secondo slancio. Vale si risollevò in aria, ricadde e si ridiede una nuova spinta e si risollevò ancora in aria.
Una volta, due’.trascorse qualche minuto. Alex crollò dopo una ventina di colpi, perché alla fin fine gli sforzi di tutte le volte che i piedi della Dea l’avevano colpita in faccia ne avevano fiaccato la resistenza, ma per sua fortuna la Padrona sembrò averne abbastanza di quel gioco.
-‘Va bene, basta, mi sono divertita abbastanza’. Disse, con grande sollievo della schiava.
-‘E per farti contenta ho deciso di dare ascolto al tuo consiglio di prima!’-
Alex non ricordava più cos’avesse consigliato alla sua Dea ”Come, Padrona?’-
-‘Non volevi rinfrescarmi i piedini con la lingua?’- chiese la Dominatrice con aria furba ”E’ da quando siamo partite da casa che non ne vedi l’ora, vero?’-
-‘S.. si, Padrona’-
Vale allungò le gambe verso il viso di Alex fino a sfiorarlo, con le dita le prese alcune ciocche di capelli della folta criniera della serva e si divertì a stirarli.
-‘Forza, allora!’- ordinò ”Lecca!’-
Alex prese il piede sinistro della Padrona fra le mani, come un gioielliere prende un pregiatissimo diamante, si avvicinò ad esso con le labbra e lo baciò sul dorso.
Lecco le dita, la pianta ed il tallone. Passò all’altro piedino, morbido ed elegante, fino a che la pelle non fu ben pulita dal sudore e dai frammenti d’erba che vi si erano attaccati.
Alex era distrutta, traballava ed ansimava. I suoi occhi avevano ricevuto dei colpi molto forti dai talloni della Dominatrice ed ora la vista era annebbiata. Il naso era stato pigiato fin quasi al punto di rottura, sotto le risate divertite della Signora, ed era un miracolo che non si fosse rotto.
Vale, incurante di ciò, pretese che Alex le leccasse i piedi bene come al solito, incoraggiandola con frasi di scherno ed offese. Alla fine, quando la giovane Dea si considerò soddisfatta allontanò Alex con un calcio in faccia.
-‘Torniamo a casa’- ordinò la Padrona.
Seguita da una schiava intontita e lacrimante la Dominatrice si avviò all’auto. Alex le aprì la portiera ma, un attimo prima che la Padrona si fosse accomodata sul sedile mormorò: -‘Non credo d’essere in grado di guidare, ho la vista appannata’tutti quei calci, sa”-
Vale la prese per le guance con una mano e osservò la faccia pesta.
-‘Non sei in grado di guidare, eh? Guai a te se mi graffi la macchina!’-
-‘Padrona, io ce la metterò tutta, ma”-
-‘Silenzio! Non mi servi a nulla, bastarda!’- urlò Vale. Spinse la schiava lontano da se e si sedette al posto di guida ”Tornatene a casa a piedi, da sola’
Alex crollò in ginocchio, priva di energie. La prospettiva di dover tornare a casa a piedi le aveva recato il colpo di grazia.
-‘E domani vedi di fare qualcosa per quella faccia di merda che ti ritrovi. Fai senso!’- disse con disprezzo la Padrona. Mise in moto e se ne andò.
Tom7520@hotmail.com
PadronVale e l’amaca
di Tom
Tom7520@hotmail.com
Era un agosto spaventosamente torrido. In cerca di refrigerio la Padrona aveva preso l’abitudine di stendersi quotidianamente sull’amaca in giardino durante le ore del pomeriggio. L’ombra dei grandi pini che ornavano il giardino di casa sua era fresca e riposante. Il compito della schiava era quello di farle vento con un ventaglio per tutto il tempo, ritta in piedi e, sotto precise istruzioni della Dea, in pieno Sole, in modo da renderle più difficoltoso il suo compito.
Purtroppo un brutto giorno uno degli alberi a cui era legato un capo della robusta corda che sorregge l’amaca fu tagliato. I suoi rami sporgevano sulla strada adiacente e avrebbero presto creato un disagio alle vetture.
-‘E ora come mi arrangio?’- si domandò la Padrona.
-‘C’è la sdraio, Padrona’- consigliò la schiava.
-‘Sulla sdraio? Ma sei scema o cosa? Stattene zitta, che è meglio”-
-‘Scusi Padrona’-
-‘Mmmm’no, a qualcosa puoi servire anche te. Sarai tu il tronco che sorreggeva la mia amaca!’- esclamò Vale.
La schiava la guardò con aria perplessa ed incerta. Che cosa le avrebbe fatto fare la Dea, questa volta?
-‘Seguimi’- ordinò Vale. Portò la serva in giardino, esattamente all’albero abbattuto. L’amaca era lì, ancora legata ad un grosso fusto di pino ad un capo e libera dall’altra estremità.
-‘Ora’- disse la Dea ”tu reggerai il capo libero dell’amaca con i denti mentre io riposerò’-
L’albero pericoloso era stato segato all’altezza di un metro da terra; la Padrona fece mettere in ginocchio Alex vicino ad esso, le fece abbracciare il troncone dell’albero e le legò il capo libero della corda attorno alla sua nuca ed alla bocca.
-‘Devi stare ferma, hai capito?’- domandò Vale ”Adesso io mi siederò sull’amaca come ho sempre fatto, solo che stavolta uno dei due sostegni sarai tu. Stringi bene la corda con i denti e non provare a mollare, altrimenti cado a terra’-
-‘S’sci’Paghronha”- rispose Alex con la corda in bocca.
Non aveva fatto in tempo a dirlo che la Sovrana, tranquilla come se quella fosse la cosa più naturale del mondo, si sedette sull’amaca.
Il peso improvvisamente applicato attorno alla sua nuca ed alla bocca stirarono il collo di Alex all’indietro. La schiava sentì le sue labbra che venivano sfregate violentemente dal ruvido tessuto della corda, il suo corpo scivolò per alcuni centimetri all’indietro.
Vale avvertì che la serva non era assolutamente un appiglio rigido come il tronco che aveva sempre sostenuta l’amaca.
-‘Brutta stronza, che cazzo fai? Vuoi farmi cadere?’-
-‘N’gnho”- mugolò la schiava.
-‘Stringi più forte le braccia attorno al tronco e reggi l’amaca, cagna!’-
Detto questo sollevò anche i piedi da terra e si sdraiò completamente sul suo elastico giaciglio.
Come se quello che aveva appena dovuto sopportare non fosse stato abbastanza crudele la schiava avvertì il doloroso peso sostenuto dal suo collo farsi ancora più insopportabile.
Deglutì e le sembrò di ingoiare ferro. Gli occhi le sembrarono schizzare fuori dalle orbite, la lingua le si seccò in pochi secondi. Un sapore acre di terra e sangue le invase la bocca.
Dietro di lei la Padrona se ne stava beata e rilassata sull’amaca, aveva i piedi puntati verso la serva e ne vedeva la testa attraverso gli spazi fra le affusolate dita.
-‘Sei una vera cagna, sai schiavetta?’- rise ”Ma come si fa ad essere così disgraziate?’-
Si molleggiò sull’amaca con morbidi colpetti delle anche, ben sapendo che quel semplice movimento causava grande dolore alla serva. Quell’ondeggiare muoveva un po’ di aria intorno al suo corpo e ora che la serva non poteva più ventilarla col ventaglio era proprio quello che ci voleva per stare freschi. Inoltre quei movimenti, benché alla Padrona non costassero la minima fatica, provocavano delle atroci fitte di dolore alle labbra della serva.
Alex si aggrappò con tutte le sue forze al tronco, fino ad affondare le unghie nella corteccia scabra. Da dietro le giunse la cristallina risata della Padrona.
-‘Ah ah’guarda che gambe magnifiche che ho’- disse Vale sollevando una gamba verso l’alto e puntando il piedino alla volta degli alberi. ”Sono una ragazza perfetta. Non mi manca nulla. Ho un fisico invidiabile, sono bellissima, tutti mi amano e mi adorano. E poi sono brava a scuola, all’Università ho solo buonissimi voti, e sono di famiglia benestante’-
Sollevò anche l’altra gamba ed iniziò a fare la ‘bicicletta’ in aria. Ogni scossone, ogni movimento del suo, in effetti bellissimo, corpo provocava in Alex delle fitte terribili.
-‘L’ ho detto, sono una ragazza perfetta. Angelica. Ho una vita invidiabile. E d’altra parte anche tu, mia cara, fai una vita invidiabile’-
Rise e distese le sue belle gambe.
-‘Non te ne rendi conto? Sei la mia serva. Sai quanti vorrebbero essere al tuo posto? Sai quanti, e quante, vorrebbero essere lì, adesso, con un cappio in bocca e le braccia attorno a quell’albero decapitato a sorreggere la mia meravigliosa persona? Centinaia, forse migliaia. Quante schiave che ho, in giro per l’Italia, non puoi saperlo. Prima di te c’è stata Fabiana, e prima di Fabiana è stata la volta di Lucia, di Michela, di Federica”-
Alex ascoltava con interesse, o meglio, avrebbe ascoltato con interesse se la stretta attorno alla sua testa non le avesse provocato tanto dolore.
-‘La mia prima serva’- disse ad un certo punto Vale ”Mi pare che si chiamasse Pamela. Si, Pamela. La conobbi al mare che non avevo neanche dieci anni. Giocavamo in spiaggia ogni giorno. Una volta stavamo giocando a seppellirci nella sabbia, hai presente? Al primo giro toccò a lei essere seppellita. Scavò la buca e ci si sdraiò dentro. Io la ricoprii tutta a parte la testa, che sporgeva da terra. Quando ebbi finito mi alzai in piedi e la guardai. Sai, per me fu una folgorazione”-
Il sapore di sangue nella bocca di Alex si fece più forte. La stretta della corda le stava, oltre che martoriando e deformando le labbra, anche facendo male ai denti. E la pressione del cappio sulla nuca le stava togliendo la circolazione. Cominciò a vedere le immagini sbiadite, i colori si fecero più tenui.
-‘Sto svenendo lentamente’- si ritrovò a pensare la serva. Era una sensazione davvero strana.
-‘Vedere la mia amica’.beh, fino ad allora era stata un’amica’.lì, inerme con la faccia a pochi centimetri dai miei piedi mi diede un brivido lungo la spina dorsale. Ed un fremito sul basso ventre. Sai a cosa alludo, vero? Lei non aveva ancora capito cosa mi stava passando per la testa. Sollevai un piede e glielo posi sulla testa. Avevo messo un piede sulla testa di una mia amica, capisci? E quella fu la prima volta. Poi la gamba che tenevo sollevata, come se avesse avuto una volontà propria, iniziò a premere più forte nei suoi capelli. Lei si lamentò, non si divertiva più. Mi disse di tirarla fuori dalla sabbia ed io le risposi che se voleva venir fuori dalla buca avrebbe dovuto prima baciarmi i piedi. E sai quella? Si rifiutò. ‘Che schifo’ disse. Bah, ‘o me li lecchi o resti dove sei’, le dissi. Ci pensò un po’ e poi accettò. Un bacino sul piedino destro, un bacino sul piedino sinistro. Ma a me non bastò. Me li feci baciare ancora e poi ancora. Andai a prendere una sedia a sdraio e mi sedetti davanti a lei, in modo da stare bella comoda, come ora, ed avere i piedini a portata delle sue labbra di schiava inferiore’-
La Padrona si stiracchiò sull’amaca, distese le sue belle membra e si rilassò.
-‘La costrinsi a continuare. Lei dopo un po’ cominciò a lamentarsi, non voleva più farlo. Allora io le dissi ‘ancora un po’, però non più bacini, ora devi leccarli’, e lei, non ci crederai, ma anche se di malavoglia me li leccò per davvero. Mi leccò i piedi. Non resistevo più, glieli muovevo da sotto la bocca, la stuzzicavo dandole dei colpetti sul viso con le punte, la graffiavo leggermente con l’unghia dell’alluce. Poi le infilai direttamente un piede in bocca. Era l’ultima prova a cui la volevo sottoporre per quel giorno. Lei cercò di ribellarsi, però. Ma sai perché? Mica per il piede in bocca in se per se’no, davvero. E’ che fra le dita c’era un sacco di sabbia. Me ne accorsi perché dopo averle sfilato il piedino dalle labbra lei iniziò a sputacchiare. Era il momento della stoccata di classe finale. ‘Non hai preso in bocca il mio piedino, eh? Allora ora per punizione’ e le misi a pochi centimetri dal viso le piante dei piedi ‘mi dovrai leccare la sabbia dalle piante dei piedi’. Tergiversò, protestò, si rifiutò di farlo. Non aveva ancora capito che il gioco le era sfuggito di mano e che doveva per forza obbedire ai miei voleri. Leccò, alla fine, lo sai? Leccò ed anche bene. Mi fece un servizio con i fiocchi, non era rimasto un granello di sabbia sui talloni e fra le dita. Io la ringraziai. Si, quel giorno diventai una dominatrice’anzi, la Dominatrice’ma mi mancava ancora l’esperienza. Ringraziare una schiava, ti rendi conto di cosa ho fatto? Le schiave come te non si ringraziano davvero. Si sfruttano, si usano. Si fanno soffrire per divertirsi giusto un po’ ma non vanno mai ringraziate, o lodate, altrimenti potrebbero farsi venire strani pensieri in testa tipo quello di essere tutto sommato degli esseri umani e non degli oggetti quali invece sono. E’ dovere di ogni buona Padrona tenere le proprie schiave costantemente sotto le suole delle scarpe, è indispensabile. E ti assicuro che questo piace da impazzire a tutte noi. A me, a Silvia, ad Erica’Dopo quella prima volta ve ne sono state altre, sia con Pamela che con altre bambine. Già a dodici anni scelsi come mie vittime preferite le studentesse universitarie. Quelle fra i diciotto ed i ventisei anni. E non sai quanto umiliante sia per una bella ragazza di vent’anni sapere di essere alla mercé di una bambina di dodici. La mia prima schiava universitaria si chiamava Ilaria ed aveva ventitre anni. Quando le confessai di averne undici meno di lei le sue labbra avevano già avuto l’onore di incontrare i miei delicati piedini ed il mio sedere’come feci a sottomettere una ragazza tanto più grande di me? Beh, questa è un’altra storia. In seguito ho scoperto che, sebbene tutte le persone di questo mondo siano a me certamente inferiori, vi sono alcune ragazze con un carisma non indifferente. Una di loro è Silvia, tu la conosci. E dopo di lei ho conosciute Patrizia, Erica, Francesca, Marta e le altre. Erica ha anche una sorellina di nome Chiara che promette proprio bene come dominatrice. Ha solo sedici anni ma domina già quelle della tua età come se ci fosse abituata.
Non è alla mia altezza, ovviamente e neppure all’altezza di me stessa quando avevo la sua età, però la devo tenere d’occhio. Non vorrei che alzasse troppo la cresta’.Ma tu mi ascolti quando parlo?! No, eh? Bah! Che peso morto che sei! Basta, mi hai annoiata. Senza il ventaglio che mi fa vento starmene qui a poltrire o sdraiata in salotto a guardare la TV è la stessa cosa. Ma almeno in casa avrei te che mi lecchi il culo. OK, andiamocene, sei contenta?’-
Mise i piedi sul prato ed il contatto con gli steli d’erba le solleticò le piante. Calzò le ciabatte infradito e si alzò. Immediatamente Alex, sentendo venir meno il peso sull’amaca, mollò la presa del tronco e cadde sul prato.
Vale le si avvicinò ”Togliti la corda dalla bocca’-
Alex lo fece e con la corda sputò un grumo di saliva e sangue che le si era formato nel palato.
-‘Che schifo!’- esclamò con disgusto la Padrona ”Come ti permetti di insozzarmi il prato col tuo sangue?’- le schiacciò la testa sotto ad un piede mandando a sbattere la faccia della serva sul punto in cui il sangue era caduto.
-‘Non mi dirai che sei già stanca’- le salì sulla testa con entrambi i piedi ”Stronza’-
La scavalcò e se ne andò in casa.
-‘Tu sciacquati la bocca ed il muso. Io sono in salotto, sul divano. Quando sarai in condizioni presentabili vieni subito dentro, mi verrai a leccare il culo. Ah, poi per farti perdonare d’aver insozzato il mio prato stanotte, quando tutti dormiranno, luciderai tutte le mie scarpe con la lingua, suola compresa’-
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grazie amore
Non credo di aver avuto il paicere, ma grazie intanto della lettura.
Leggendo i tuoi racconti continua a venirmi in mente Potter Fesso dei Gem Boi