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Avevo appena completato la pulizia della cucina, quando sento aprire la porta e, subito dopo, l’inconfondibile rumore dei suoi tacchi sul pavimento.
S- Sbrigati, preparami la vasca, ho bisogno di un bagno caldo. Sei stato in lavanderia? E alle poste? Guarda che non ti tengo qua per cazzeggiare, te lo devi guadagnare lo stipendio.
Cosa hai fatto per cena?
L. Le lasagne, signora Simona – risposi prontamente.
Mi trattava di merda, ma ne aveva il diritto.
Quando ci siamo conosciuti era tutto diverso. Lei era la figlia di un imprenditore facoltoso, era laureata in legge ed aveva il suo studio legale ormai ben avviato, e per qualche motivo si era innamorata di me.
Ci siamo frequentati per alcuni anni e le cose andavano bene. Facevamo sesso abbastanza spesso, ma senza fare scintille. Lei è sempre stata molto carina, un bel culo tondo, formosa al punto giusto e con un seno grosso e pesante, una 5a piena ma al tempo stesso sodo, sostenuto e con bellissimi capezzoli rosati e sporgenti.
Quando eravamo poco più che trentenni suo padre, gravemente malato, venne a mancare e lei ereditò la sua fortuna.
L’anno successivo il matrimonio e una svolta: un posto di rilievo nello studio, anche se la mia laurea non valeva molto e non ero ancora riuscito a passare l’esame di abilitazione.
Conducevo una vita agiata, bei vestiti, ristoranti alla moda, auto di lusso, la donna di servizio fissa a casa, che ovviamente era di Simona, e anche un certo numero di ragazze intorno, attratte chiaramente dalle disponibilità economiche di cui spavaldamente facevo sfoggio.
Simona è sempre stata una donna pratica e determinata. Mi aveva scelto contro la volontà di suo padre, al quale non piacevo, e prima del matrimonio mi aveva sottoposto un contratto prematrimoniale, che firmai dopo averlo letto ma senza capirlo veramente a fondo.
Tutto filò liscio fino a che conobbi Claudia, una cameriera di 22 anni che lavorava in un bar nei pressi dello studio. Mi atteggiavo come un capo, anche se non ero nemmeno un avvocato, e questo bastò a farla cadere nelle mie braccia.
Era una porcellina bisessuale, come la sua compagna, e finimmo a letto in tre, con loro che facevano ogni genere di porcate ed io nel mezzo. il sogno di ogni uomo.
Quello che non sapevo è che filmavano gli incontri e un bel giorno presentarono il conto, chiedendomi di effettuare una consegna di droga al posto loro.
Tu sei un avvocato – mi dissero – nessuno sospetterà di te. Se non lo fai, non solo non ci vedrai più, ma faremo in modo che tua moglie abbia i file dei video.
Provai in tutti i modi di dissuaderle, fino ad offrire loro dei soldi in contanti anche se Simona avrebbe visto il prelevamento e me ne avrebbe chiesto conto, ma la cifra che mi chiesero era elevatissima e così accettai di fare la consegna.
Fu il più grosso errore della mia vita.
Dopo l’arresto Simona si occupò del caso, inizialmente con l’intento di aiutarmi, ma avendo accesso a tutte le prove venne in possesso dei filmati e scatenò la sua rabbia contro di me.
Finii in carcere per 6 mesi in attesa di giudizio e solo grazie ad un accordo che Simona riuscì a fare con la procura, e che prevedeva il pagamento di 500 mila euro, riuscii ad uscire.
Subito dopo mi lasciò avviando la pratica di divorzio e buttandomi fuori casa.
Una clausola dell’accordo prematrimoniale prevedeva che in caso di un reato penale io perdessi gli alimenti, così mi ritrovai senza lavoro e senza denaro.
Ero in una situazione veramente difficile. Con un precedente penale così pesante non trovavo lavoro, e la cauzione mi imponeva di pagare mensilmente quasi duemila euro.
Rischiavo di tornare in carcere, e così supplicai Simona di trovarmi un lavoro qualsiasi, avrei fatto qualsiasi cosa.
Una settimana dopo mi assunse lei con un contatto di collaborazione domestica: ero diventato il suo uomo di servizio.
Lei pagava la rata del debito, in cambio io mi occupavo di ogni mestiere domestico, esattamente come una donna di servizio.
Mi impose di darle del lei, mi trattava con tono freddo e distaccato, a volte insultandomi, ed era esigentissima.
Dovetti sistemare una brandina in lavanderia, che diventò anche la mia camera da letto ed
anche la stanza dove consumavo i miei pasti.
Iniziai così una vita di fatica, senza svaghi, senza poter fare nulla e frequentare nessuno perché non avevo denaro.
Lavoravo 13-14 ore al giorno, 6 giorni su 7, e nel giorno libero mi mandava via. Non mi voleva a casa quando non lavoravo. Potevo uscire ma senza soldi finivo per passeggiare come un barbone per la città.
Provai a cercare un lavoro, ma non avermi mai potuto mantenermi e pagare il debito con uno stipendio normale. E non potevo nemmeno cercare lavoro in un altro studio legale, nessuno mi avrebbe assunto.
Dovevo uscire da quella situazione, ma non vedevo alcuna via, a parte tornare in carcere.

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