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Racconti Erotici Lesbo

Amica mia

By 8 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Il ticchettio della sveglia che si trovava sul comodino di Federica
infastidiva a tal punto Serena da impedirle di prendere sonno. Restava immobile nel letto per non svegliare la sua amica che, al contrario, abituata da anni a quel rumore ipnotizzante, si era
addormentata appena avevano spento l’abat jour azzurra.
Serena accarezzava con la mano appoggiata sul cuscino i lunghi capelli ricci di Federica e con soddisfazione pensò che profumavano dello shampoo alla pesca che le aveva regalato in occasione del compleanno festeggiato solo
pochi giorni prima.
E così coccolando la sua amica, Serena ripercorse con la mente le ore appena trascorse insieme a Federica, chiedendosi ancora una volta se fosse stato tutto frutto della sua fantasia o l’inizio di una nuova realtà.

Lei e Federica si erano conosciute un mese e mezzo prima di quella notte, durante una serata in compagnia di amici comuni. Il loro affiatamento era stato immediato, nonostante i dieci anni che le separavano anagraficamente: stessa voglia di divertirsi, stesse passioni, stessa spontaneità negli atteggiamenti che, anche quando erano provocanti, non divenivano mai volgari.
Certamente non erano due persone che potevano passare inosservate: se nell’una si poteva ammirare la femminilità matura e consapevole, nell’altra quello che colpiva era la spontaneità e la freschezza della giovinezza; la folta chioma riccia che Federica a stento riusciva a tenere sotto controllo con pinze di ogni forma e colore contrastava e allo stesso tempo completava la figura caratterizzata da una capigliatura corta e sbarazzina come quella
di Serena. Come nel carattere, anche fisicamente le ragazze sembravano completarsi a vicenda: cercare di insinuarsi in quell’incastro perfetto sembrava davvero impossibile ed infatti difficilmente qualcuno cercava di intromettersi tra di loro.

Serena ammirava Federica, vedeva in lei ciò che avrebbe voluto diventare alla sua età: brillante, apprezzata e rispettata sul lavoro, sensuale e dinamica. Federica, dal canto suo, era attratta da quella femmina adulta imprigionata nel corpo di una splendida ragazza, dalla carica erotica che la sua nuova amica era in grado di centellinare con una naturalezza ed una spontaneità che la rendevano davvero irresistibile.

Si frequentavano abitualmente con una cadenza quasi giornaliera. Parlavano di tutto e Serena era felice di aver finalmente trovato una persona con la quale si sentisse libera di esprimersi e di confidarsi senza essere giudicata. Da Federica si sentiva protetta, coccolata, capita… amata. Sì, anche amata. Quella loro continua ricerca di un contatto fisico, le carezze
che si scambiavano mentre chiacchieravano, i baci sempre più vicini agli angoli delle labbra più che alla guancia… tutto questo la rendeva felice.
Serena aveva sempre odiato le sue amiche che passeggiavano per strada tenendosi per mano o che si divertivano come bambine che giocano a fare “le signore”, con smancerie insopportabili. Eppure da quando aveva conosciuto
Federica sentiva il bisogno di toccarla e di farsi toccare. In maniera innocente, certo: ma quelle strette di mano o quelle carezze appena accennate riuscivano a turbarla come mai le era successo prima.

Quella sera avevano deciso di concedersi un’uscita tutta per loro, stufe per una volta di dover sempre tener testa al ruolo un po’ voluto e un po’ imposto di “animatrici” della compagnia.
Il locale cominciava a riempirsi, Serena e Federica sedevano a un tavolino posizionato in un angolo intimo e riparato da un paravento nero e blu dalla vista della maggior parte dei ragazzi che entravano e uscivano dalla porta del pub.
Chiacchieravano del più e del meno, ostentando una tranquillità che in realtà era estranea ad entrambe: occorse più di un’ora prima che Federica, aiutata forse dalla pinta abbondante di un birra rossa doppio malto che non era abituata a bere, rompesse il ghiaccio: “Sere, hai mai avuto voglia… sì, insomma… hai mai provato attrazione per una donna?”
Gli occhi di Serena rimasero per qualche secondo inchiodati a quelli di Federica senza riuscire ad esprimere altro che sorpresa ed un fortissimo imbarazzo.
“Beh… che discorsi fai… insomma, io sono etero, cazzo!”
Serena si maledisse nello stesso istante in cui finì di parlare. Che cosa diavolo le era saltato in mente? Perché una risposta così acida? Così stupida…
Federica cercò di mascherare il forte imbarazzo che provava trangugiando una generosa sorsata di birra e chiedendosi silenziosamente che fine avessero fatto quella schiettezza e quella complicità che avevano caratterizzato il loro rapporto sin dal principio. “Scusami Sere, non volevo farti innervosire”
La voce bassa ed intimidita di Federica fu come una secchiata di acqua gelida in pieno volto per Serena: “Mio dio Federica, ma che stiamo facendo?
Siamo ridicole!”.
Le due ragazze scoppiarono in una fragorosa risata, godendosi quel momento di ormai inaspettato riavvicinamento.

Serena era a conoscenza della passione di Federica per le belle donne anche se, forse per timore della risposta, forse per una certa gelosia che non voleva ammettere nemmeno con se stessa, non le aveva mai chiesto se avesse mai messo in pratica quelle fantasie. Serena a volte si era trovata a fantasticare su come dovesse essere trovarsi tra le braccia di una donna del genere, viverne le voglie e le fantasie, scoprirne notte dopo notte i segreti più intimi, farsi trasportare da lei emotivamente e fisicamente; si era chiesta anche se quelle tenerezze che si scambiavano fossero un modo di Federica per metterla alla prova, ma alla fine si era convinta di essere troppo “acerba” e con poche esperienze per una donna come lei.

Fu Serena a riprendere la conversazione, non prima di aver bevuto l’ultimo sorso dalla sua pinta di birra.
“Ok, ok Fede, ricominciamo, vuoi? Allora… beh, sì, a volte mi è capitato di fare un pensierino su alcune ragazze, però non ci ho mai fatto caso più di tanto e le situazioni non sono mai state tali da permettere che quei pensieri potessero realizzarsi. Insomma, non mi sono mai posta il problema.
Certo, la curiosità c’è, e tanta. Ma come non vado a caccia di uomini, tanto meno mi va di farlo con le donne. E… tu? Hai mai avuto una storia con una donna?”
Federica le sorrise con un’espressione che da sola valeva più di mille risposte, Serena per un istante sentì un brivido di fastidio salire lungo la schiena e cercò di mascherarlo come meglio poteva.
“Fedeeeee! Cazzo, ma sei bastarda!!!! Dai, adesso voglio che mi racconti tutto… beh, vabbè, quasi tutto… voglio sapere… com’è?”
Federica la interrogò con gli occhi, fingendo di non capire.
“Ma sì, dai! Com’è… una donna. Insomma: l’hai baciata? L’hai toccata? Che effetto fa?”
Serena sembrava veramente elettrizzata e Federica pensò una volta di più a quanto le piacesse quel suo essere così innocentemente spontanea e allo stesso tempo così attraente…
“Beh… è diverso, ovvio! La cosa più bella sai qual è? E’ baciarla,
toccarla. Insomma: pensa a quando baci un uomo sul collo o a quando gli accarezzi una coscia. Nella migliore delle ipotesi devi sopportare il fastidio dei peli, ma se non stai attenta rischi di strapparti via la pelle con la sua barba magari di un paio di giorni. Ecco, con una donna queste sono sensazioni che scompaiono. Senti soltanto un profumo delizioso… più buono di quello della pelle di un maschio, più delicato almeno… ed è…
come posso spiegarti… morbida, ecco. Quello che ti colpisce più di tutto è la morbidezza della pelle. Potresti continuare per ore a baciare il collo di una ragazza, sai?”
Serena ascoltava rapita le parole della sua amica cercando di immaginare un contatto fisico come quello descritto da Federica.
“Vuoi provare?”
Serena ascoltò sbigottita quelle parole, incerta se fossero state soltanto il frutto della propria fantasia o se Federica le avesse realmente pronunciate.
“Dico sul serio, Sere: vuoi provare?”
Federica la accarezzò su una guancia; Serena adorava essere coccolata come una bambina e chiuse gli occhi abbandonandosi a quel breve e piacevole momento.
“Sere?”
“Eh? Sì… Fede… ma provare cosa?”
Serena stava facendo mille scongiuri perché Federica stesse davvero pensando a quello a cui stava incessantemente pensando anche lei.
“Vuoi provare a baciarmi sul collo? Così… per vedere com’è”
Bingo!
“Fede, ma sei sicura? E se ci vedono?”
Serena si sentiva quasi ridicola a recitare questa farsa, ma le scocciava farsi vedere troppo remissiva.
“Non essere sciocca, Sere. Qui non ci vede nessuno… e poi è solo un piccolo bacio, che male c’è?”
Serena si avvicinò con una lentezza quasi esasperante al collo di Federica, combattuta tra la voglia di “assaggiarla” e una specie di blocco psicologico che le impediva di soddisfare la sua curiosità senza remore.
La sfiorò appena con le labbra chiuse nell’incavo tra il collo e la spalla, lasciando sulla pelle di Federica una traccia del suo lucidalabbra.
“Oddio Fede, scusa! Ti ho sporcata! Che scema che sono… ”
Federica le accarezzò i capelli: “Non preoccuparti piccola, è trasparente, non si vede… non ti fermare.”
Non ti fermare… erano le parole che usava sempre il ragazzo di Serena quando stava per goderle in bocca. Le sembrò che ci fosse un che di perverso in questa associazione di idee, ma fu una spinta in più per continuare.
Ritornò sulla traccia appiccicosa del gloss e da lì si spostò lentamente verso l’orecchio di Federica. Arrivata all’altezza del ciondolo dell’ orecchino la tentazione di giocarci fu troppo forte e Serena sentì la sua amica gemere impercettibilmente nel momento in cui la sua lingua le sfiorò il collo, mentre giocava muovendo il cerchietto metallico nel foro dell’ orecchio di Federica. La sua pelle era salata di sudore ed acida di profumo,
eppure il sapore era tutt’altro che sgradevole sulla lingua di Serena.

Federica si muoveva sul divanetto come se cercasse di raggiungere il corpo della sua compagna ma qualcosa glielo impedisse e, proprio nel tentativo di liberarsi da quelle invisibili catene, le sue labbra si trovarono
vicinissime al volto di Serena; la ragazza sentì il fiato caldo dell’amica sulla sua guancia e si voltò verso la sorgente di quel tepore.
Il loro bacio non fu come Serena se lo era immaginato, timido ed impacciato, da “prima volta”: le labbra di Federica si schiusero insieme alle sue e le loro lingue cominciarono a cercarsi furiosamente.
La paura di Federica di essere troppo aggressiva nei confronti della sua amica svanì in una bolla di sapone: aveva voglia di lei, voleva che quel loro gioco continuasse.
I sensi delle due ragazze si chiusero a qualsiasi evento accadesse al di fuori della fusione dei loro corpi, le voci degli altri clienti del pub si fecero sempre più lontane fino a scomparire del tutto. Ognuna giocava con la
pelle dell’altra accarezzandola e pizzicandola, mordendola e baciandola.
Era Federica ad accollarsi l’onere del primo passo, seguita a ruota da Serena alla quale forse mancava più la voglia che il coraggio di farsi avanti per prima: in fin dei conti le piaceva avere il ruolo dell’allieva alle prima armi. Così fu Federica a scostare per prima la stoffa del miniabito di Serena per toccare la pelle dei suoi seni, fu sempre lei la prima a giocare con la stoffa umida degli slip dell’amica; e Serena la imitava, come un tigrotto che mentre gioca cerca di imitare le movenze della madre che ha visto cacciare pochi istanti prima.
Serena scivolò sul divanetto allargando appena le cosce e Federica la penetrò con tre dita in un colpo solo, godendo a pieno del soffocato urlo di piacere che riuscì a strapparle. Serena era morbida, umida, calda: mai come in quel momento Federica desiderò con tutte le sue forze di essere un uomo.
Voleva possederla, ma non con un fallo di plastica: voleva scoparla, farla godere e sentire il suo orgasmo caldo avvolgere una parte del suo corpo, una parte viva… non una sua stupida estensione di gomma. Con le dita bagnate strofinò il sesso di Serena inumidendole i peli ricci del pube e scendendo
nuovamente; si spostò piano fino a raggiungere l’ano, cominciò a stuzzicarlo con il dito medio, lo bagnò con gli umori raccolti pochi istanti prima. Una morsa le prese lo stomaco quando sentì quel buco così stretto dilatarsi, la voglia di prenderla ormai la stava devastando. Ma non lì, non era possibile.
Il paravento che proteggeva la loro intimità agli occhi della gente non era certo sufficiente.
Federica decise di concedersi soltanto un ultimo sfizio: voleva portare Serena sull’orlo dell’orgasmo, voleva vedere i suoi occhi implorarla di non staccarsi mai da lei.
“Godi, piccola mia, godi. Mai nessun altro saprà farti godere così, lo sai?
Lo sai che sei mia? Lo sai che le mie dita ti stanno scopando in culo e in fica davanti a un sacco di gente?”
Per un istante Federica temette di aver veramente pronunciato quelle parole, ma dall’espressione immutata di Serena capì che quei pensieri erano ancora al sicuro nella sua testa.
La sua mano si muoveva con lenta decisione sotto gli slip di Serena, le sue dita la possedevano forzando le contrazioni dei suoi muscoli interni: “Godi,
amore mio, godi”.
Il respiro di Serena si era fatto così affannoso da far pensare ad
un’imminente crisi di pianto e soltanto allora Federica tornò con lo sguardo ad osservarla in volto: aveva gli occhi chiusi e
le labbra semiaperte, era un’icona di piacere. Bellissima.
Uscì dal suo corpo. Serena la guardò con aria interrogativa e delusa. Federica aveva raggiunto il suo scopo. Era sua, adesso.
“Sere, piccola, andiamocene, vieni da me, ti prego”.

Il sole di giugno entrava caldo dalle finestre lasciate semiaperte da Federica.
Le due ragazze si erano svegliate da poco e si muovevano con la lentezza del sonno che ancora non se ne è andato del tutto.
Serena stava affettando un grosso ananas per la colazione e Federica le si avvicinò da dietro cingendole la vita in un morbido abbraccio al quale, però, Serena rispose con un brusco movimento di dolore.
“Cazzo Fede… attenta, mi fa male!”
Federica sollevò la maglietta dell’amica quel tanto che le fu necessario per osservare la ferita che come uno strano tatuaggio decorava l’incavo tra la schiena e il sedere.
“Scusami piccola… Ce l’hai con me?”
Serena interruppe il suo lavoro e si voltò verso Federica per baciarla: “Ma no che non ce l’ho con te, scema! E’ stato bello, lo sai… solo che mi fa ancora male e il disinfettante brucia!”
Si baciarono di nuovo, finché Serena non tornò ad occuparsi del suo ananas e Federica cominciò ad apparecchiare la tavola per la colazione con due tovagliette di plastica all’americana a forma di Gatto Silvestro e Speedy
Gonzales.
“Piccola, scegli: gatto o topo?”
Serena scoppiò a ridere: “Fede sei tu la specialista in graffi, ti spetta Silvestro di diritto: io comincerò a familiarizzare con il ratto messicano!”
Federica sorseggiò la spremuta che si trovava già sul tavolo nella caraffa di vetro blu: “Serena so che arriverai ad odiarmi di questo passo, ma devo essere certa che sia DAVVERO tutto a posto. La notte scorsa è successo un casino… beh, un gran bel casino, a dire il vero… forse la situazione ci
è sfuggita di mano, mi è sfuggita di mano, forse… sì, insomma, non voglio crearti casini, forse avrei…”
Serena interruppe la cascata di parole della sua amica: “Fede, ti prego, smettila: non hai sbagliato niente. Davvero. Per me quello che è successo fra di noi è stato bello. E importante. Soprattutto importante. Mi è sembrato di rivivere la scena di ‘Natural born killers’, ti ricordi?, quando si sposano sul ponte sospeso… cavoli, me la sono sognata mille e mille volte. Insomma, non me l’aspettavo, ovvio… ”
“Sere ascolta… ”
Serena si mise a sedere vicino all’amica: “No, Federica, ti prego, lasciami finire prima, ok? Ti stavo dicendo: non mi aspettavo niente di tutto quello che è successo, dal nostro bacio al pub fino all’essermi svegliata vicino a te stamattina. Eppure non cambierei una virgola di tutto quello che c’è stato”.
Il volto di Federica si distese in un sorriso fatto di serenità: “Ok piccola. Hai vinto! Tesoro, prendo un sorso di spremuta e una fetta di ananas e scappo. Ho una riunione fra meno di un’ora. Ti trovo qui per pranzo?”

Serena imboccò la sua amica con un pezzo del frutto che aveva appena finito di affettare e le baciò le labbra saporite di ananas: “Dove vuoi che vada? Ho un paio d’ore di lezione e poi torno qui: lasciami le chiavi, tanto torno sicuramente prima io”.

Federica le accarezzò i capelli: “Non ti farei uscire mai, sai? Vorrei averti qui solo per me, solo mia. Che stupida che sono, eh?”

“Ma io sono solo tua! Dai, adesso muoviti. Mettiti la mini verde, distruggili quei bastardi!”

Federica si diresse verso la camera da letto e dopo mezz’ora si chiuse la porta d’ingresso alle spalle urlando un “Ciao amore!” che molto probabilmente fu udito anche dai vicini del piano superiore.

Serena sistemò la cucina e si diresse a sua volta in camera. Si tolse la maglietta e lo specchio a figura intera nell’angolo tra l’armadio e la finestra le restituì l’immagine della sua schiena sfregiata. Cercò di ricordare quegli istanti trascorsi solo da poche ore eppure così confusi, filtrando le emozioni e le sensazioni che si accavallavano senza sosta nella sua mente. Si stupì ripensando a come si era lasciata manipolare da Federica, a quanto fosse stato per lei facile giocare col suo corpo.

Passò l’indice sulla ferita.

“Ma come hai fatto, Fede? Un gesto così te lo puoi aspettare da un uomo, da qualcuno che può usare questa specie di violenza su di te perché è fisicamente più grosso e può
sopraffarti. Ma tu… tu sei come me, hai la pelle liscia come la mia, le labbra morbide, le mani piccole: con un calcio avrei potuto cacciarti da quel letto, scappare via da te. Ma ti ho lasciata fare. Ti volevo femmina e maschio insieme. Dolce e morbida come una donna, ma rude e cattiva come un uomo. E in quel gesto c’era tutto. Mi hai legata per immobilizzarmi e sfregiare la mia pelle, ho sentito questo taglio bruciarmi
dentro fino a farmi piangere; hai succhiato il mio sangue e poi mi sei venuta a baciare. Ho seriamente pensato di vomitare, sai? Avrei voluto cacciarti,
dirti che sei una pazza scatenata e che queste schifezze le devi andare a fare a qualcun’altra… poi però ti ho… sentita, mi sono tornate in mente le tue parole, quel desiderio di ‘avermi dentro’ che mi aveva fatta sentire così importante e speciale ai tuoi occhi. Ti voglio bene, Fede”.
Serena osservò le piccole tracce di sangue rappreso che le dipingevano quello strano tatuaggio: “Adesso sono dentro di te. Per sempre. Tua. Più di un’amica, più di un’amante. Il mio sangue è dentro di te. Prenditi cura della tua bambina”.

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