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Racconti Erotici Lesbo

Il modo migliore di usare una scrivania.

By 22 Dicembre 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Quella che sto per raccontare è una storia realmente accaduta. Credo che la verità renda tutto più eccitante.

21/10/11
Una settimana fa ho scoperto di aver vinto una borsa

di studio alquanto prestigiosa in Svezia. La prima immagine che mi è passata davanti è stata di me a novanta con uno svedese dalle spalle larghe a prendermi da dietro e una bionda con le gambe aperte sotto al mio viso. Poi ho pensato che fosse anche una buona opportunità scolastica; così il giorno dopo ho chiamato la professoressa relatrice per gli scambi internazionali.-Voce fantastica, calma e ferma. Timbro basso e sensualissimo-Avevo un appuntamento nel suo ufficio l’indomani. Avrei dovuto sostenere una prova in inglese e espletare qualche formalità burocratica.Come per qualsiasi tipo di esame, ho optato per qualcosa che aumentasse il mio ascendente sull’interlocutore. Nulla di volgare. Solo per suggerire. Per insinuare pensieri apparentemente immotivati nella mente della persona che stai penetrando con lo sguardo. Stivaletto basso nero con calzettina a vista, poi via di cambia nuda e coscia liscia fino all’inizio del maglione-vestito, lungo abbastanza per coprire tutto, se volevo, o per scoprire anche, a mio piacimento.

 Ed eccomi lì, nell’ufficio stabilito, all’ora stabilita. C’è una scrivania in mogano a separarmi dalla mia interlocutrice. Appena entrata nella stanza avevo riconosciuto la sua voce, e pochi secondi dopo mi ero riuscita ad abituare alla profondità dei suoi occhi neri. Il seno trasbordante dal tailleur mi crea ancora qualche problema di concentrazione, e per non farmi beccare con gli occhi incollati a quella carne tonda e perfetta mi concentro sulle venature del legno, o sui fogli sparsi davanti a noi.Mi ricompongo, in fondo devo sostenere un esame. E lei è lì per decidere sul mio futuro, non per saltarmi addosso (“O sì?”). La professoressa esordisce subito parlandomi in inglese, e non ho molto tempo per apprezzare la sua pronuncia perfetta, dato che mi obbliga a concentrarmi sul contenuto del discorso. Si passa a temi più specifici. Parlare di variabili casuali in inglese non è facilissimo, ma riesco a farlo discretamente e nel contempo a guardare la mia professoressa un po’ meglio. E’ giovane, bella  come solo le donne intelligenti sanno essere; ha un’autorità insolita, sembra a suo agio nel completo elegante che porta, e le sue enormi tette mi sembrano un po’ troppo in vista. Sì, decisamente. Che l’abbia fatto apposta? E lo specchio messo nel posto giusto per permettermi di perdermi nelle linee delle sue gambe, dalle caviglie fino alla piega interna della coscia?Mi guarda forte. Io continuo a parlare, ma faccio del mio meglio per concentrare il mio sguardo nelle sue pupille. Ho sempre adorato gli occhi scuri. Mi interrompe improvvisamente:”I’ve always loved blue eyes. I’m fond of your eyes color. So intense, so deep.” Una cosa del genere. Sono piacevolmente stupita, le dico che a me invece fanno letteralmente impazzire i suoi (“They drive me crazy”, scegliendo parole non compromettenti ma allusive). La vedo inarcarsi leggermente verso di me mostrando ancor di più le sue tette. Sembrano morbidissime e sento che questo pensiero mi rende umida fra le gambe. Sono facilmente provocabile, lo so. Le sorrido, consapevole che i miei denti perfetti e la mia bocca carnosa ispirino più di qualche bacio. Lei si lecca il labbro superiore.Che sia tutto nella mia mente? (In fondo è una stimata professoressa, mi aveva vista per la prima volta venti minuti prima).No. E’arrapata almeno quanto me, si vede. Lo so. Mi serve solo una stupida scusa per scoparmela su questa maledetta scrivania entro cinque minuti. Vediamo. Devo avvicinarmi. Le propongo di rivedere un modulo di equipollenza, è scritto abbastanza confusamente da giustificare il nostro avvicinamento all’angolo del tavolo. Siamo braccio contro braccio, le guardo le mani pensando a come riuscirà a muoverle dentro e fuori la mia fighetta, a farmici venire. Mi arriva a ondate il suo profumo intriso del suo odore; mi fa gocciolare e mi sento l’interno coscia grondante.

E poi si decide. Fa la mossa rivelatrice. Gesticolando, mi prende la mano e la stringe. Si ammutolisce. Mi guarda. Non è difficile capire cosa le passa per la testa ormai; è agitata e sembra impaziente. Lascio che sia lei a sbilanciarsi del tutto. La sto ancora guardando mentre si avvicina, leggermente imbarazzata, fino a sfiorarmi le labbra con le sue. Fingo incertezza. Godo nel vederla così disorientata e fragile. Scommetto che se aspettassi qualche secondo si scuserebbe, rossa in viso. Ma qualche secondo è troppo, troppo, come è troppa la mia eccitazione. Le metto una mano dietro la nuca e le spingo il viso contro il mio, violentemente, voglio che mi penetri la bocca con la lingua, voglio tutta la sua bocca riversata nella mia. Mi alzo dalla sedia, trascinandola con me sulla scrivania, finalmente. Le nostre bocche non si staccano mai. Apre leggermente le gambe e mi ci sdraio in mezzo, premendo il pube contro il suo. Inizia a muovere il bacino, cristo quant’è troia, penso, chissà quant’è bagnata. Le stacco in qualche modo la gonna, non ricordo bene come, eravamo arrapate come cagne e ci tremavano le mani. Passo le mie dita nelle sue mutande, scoprendola liscia e totalmente grondante. Fa lo stesso con me. Lei geme, le spingo due dita dentro aiutandomi col peso del corpo. E’ proprio troia e questa volta glielo dico;  lei non riesce a rispondere, si limita ad ansimare e a dimenare il corpo, attirandomi a sé, facendo scivolare le sue mani sotto la mia maglia, sul mio culo, contro la mia figa. Mi masturba il clitoride come solo una puttana sa fare e inizio veramente a non capire più nulla. Non so come faccia ma ogni suo movimento mi scuote il corpo da dentro, mi sconvolge e stravolge: raggiungo il piacere.Mi vedo lì, a fottermi la mia professoressa, io mezza nuda sopra di lei, con le rispettive mani nella figa dell’altra, a gemere facendoci godere come animali. Nella stanza di là un paio di segretarie e alcuni studenti proseguono la loro vita universitaria; di qua invece il paradiso e l’inferno, l’eccitazione massima, la lussuria pura.Voglio leccargiela. Mi abbasso. Le mordicchio l’interno coscia, il pube. Annuso la sua figa che si tende verso di me,silenziosa e disperata preghiera. Indugio ancora un attimo respirandole addosso e avvicinandomi piano. Poi una breve leccata al clitoride oscenamente eretto. Lei trema di piacere. Un’altra leccata. Un’altra, un’altra ancora. Le prendo il clitoride in bocca e lo circondo con le mie labbra carnose, succhiandolo fino a provocarle contrazioni involontarie in tutto il corpo. Le stantuffo la figa con due dita mentre continuo a leccarla. Impazzisce. Si dimena e geme forte, e io continuo e lei geme e si agita e trema e si dimena, e io continuo ancora con più forza. Viene.

Un bacio, il tempo di rivestirmi, e sono già uscita.

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