Ritornavo al paese di collina, meta delle vacanze della mia fanciullezza, dopo svariati anni in cui non vi mettevo più piede. Quel borgo un tempo ridente – ma ora non più meta dei turisti che apprezzano altri luoghi – viveva una decadenza sia pure dignitosa. Un posto grazioso ma malinconico nel ricordo di tempi più floridi, frequentato per lo più da anziani che avevano conservato piccole proprietà per la villeggiatura. Certo era tranquillo, forse troppo, ma avevo pensato che potesse costituire per me una sorta di buen ritiro in cui mettere in ordine i miei pensieri e sviluppare idee per i miei progetti futuri: in completa solitudine mi riposavo, facevo lunghe passeggiate per prati e boschi, riflettevo. Non ero tranquilla perché se professionalmente mi sentivo realizzata, col mio uomo le cose non andavano altrettanto bene; per meglio dire eravamo in crisi e anche la nostra intesa sessuale aveva decisamente perso di vigore e interesse.
L’unico ristorante del luogo, una linda e semplice trattoria, era in quei giorni la mia usuale meta per un semplice spuntino; durante il pranzo i tavolini disposti sotto un pergolato consentivano una buona visuale sulla vallata boscosa e di godere di una piacevole temperatura per la costante ventilazione. La clientela si limitava a poche persone, eccetto la domenica in cui il paese si popolava un po’. Dal primo giorno della mia frequentazione notai una donna piuttosto distinta, Frida, con cui fu naturale stabilire un rapporto di conoscenza; così iniziammo a pranzare insieme e a trattenerci in prolungate discussioni.
La donna era decisamente interessante: piuttosto alta, fisico asciutto, volto dai lineamenti regolari e dall’espressione decisa, buona conversatrice. C’era però qualcosa di strano che non riuscivo a definire, a decifrare in quella persona, ma era in fondo un dettaglio insignificante.
Non avevo mai considerato l’interesse che Frida nutriva nei miei confronti, se non quando se ne uscì con un’affermazione improvvisa, rivelatrice delle sue pulsioni fino ad allora trattenute e che mi sorprese:
– Che bei piedini che hai!
Quel giorno stavo indossando dei sandali aperti che contribuivano a valorizzare le mie estremità.
Mi si aprirono gli occhi rendendomi conto, da quel momento, che Frida mi fissava spinta da un’attrazione che non capivo come non avessi colto prima, data la sua evidenza. La mia t-shirt attillata che non riusciva a celare il rigoglio dei miei seni, le mie gambe abbronzate dalle sottili caviglie, erano scrutate con bramosia dai suoi occhi. Il suo approccio si fece sempre più diretto e privo di fronzoli: mi voleva decisamente e lo dichiarava. Uscite dal ristorante la conversazione continuò e lei divenne più incalzante nella sua azione seduttiva riuscendo a piegarmi, a rendermi succube psicologicamente. Poi la stoccata finale, andava al sodo lei:
– Ti aspetto alle 17 da me.
Rimasi a bocca aperta, senza reagire e non diedi risposta alla sua avance.
Rimasta sola considerai dapprima di declinare l’invito, perché il rapporto saffico non apparteneva alla mia esperienza e non mi aveva mai suscitato interesse ma, ponderando con più calma la situazione, decisi di sperimentare questa nuova avventura. Il punto era che più che la mia morbosa curiosità, di fatto, la personalità di Frida aveva finito per pervadermi e che questo sentirmi assoggettata mi provocava un torbido piacere. Con questo sconvolgimento raggiunsi, dopo una breve passeggiata, la casa di Frida.
Entrai: l’arredamento, che non aveva nulla di elegante, appariva addirittura postribolare.
Rimasi senza parole quando, con franchezza, mi accolse in questa maniera:
– Quindi mi lascerai disporre di te, questo pomeriggio!
Arrossii per l’emozione e lo sconcerto e avvertii un tremore alle gambe quando Frida mi afferrò con le sue mani – che mi resi conto – erano enormi. Mi condusse senza tante cerimonie nella sua camera da letto ed io mi lasciai fare docilmente. Sapevo di addentrarmi in un territorio depravato ma intrigante.
Fu su di me, mi baciò, la sua lingua ardente invase la mia bocca.
– Sarai la mia puttana oggi e ti piacerà, vedrai.
Mi fece sedere sul suo letto e, lasciando trasparire un evidente piacere, prese a spogliarmi lentamente facendosi dalle cinghiette dei sandali e via via fino a che fui totalmente denudata. Ero visibilmente in imbarazzo nell’essere scrutata così libidinosamente da Frida tanto che, istintivamente, posi le mie mani a schermo e a protezione delle mie tette e della mia intimità; non che io sia una santarellina, ma la situazione era totalmente inedita per me.
Lei, ancora completamente vestita, commentò ridendo con la sua voce dal tono particolare:
– Vedo davanti a me proprio un’appetitosa maialina che gioca a fare la ritrosa verginella; con le tue morbide, conturbanti forme che cerchi di nascondere così pudicamente sei ancora meglio di quanto io potessi immaginare.
Rivelando un vigore non comune mi distese brutalmente sul letto e prese a giocare con il mio corpo strapazzandomi, leccandomi e succhiandomi come un’ossessa.
– Ti mangio tutta!
Si tolse camicetta e reggiseno mostrando due tette troppo perfette da non far pensare a una sapiente mano chirurgica. Si portò alle mie spalle e, dopo avermi strizzato le tette e i capezzoli, si dedicò alla mia figa: con una mano mi massaggiava vorticosamente il clitoride e con l’altra mano dentro la mia vagina esplorava fino a scoprirlo il mio punto G – di cui mai avevo avuto consapevolezza -. Ero passiva a quell’azione ma provavo un piacere sublime che si palesò con uno squirting esplosivo. Frida si affrettò, portando la sua faccia fra le mie cosce, ad accogliere a bocca aperta quel getto caldo che spruzzava violento. Mi leccò oscenamente mente i miei umori continuavano a gocciolare ed io gridavo infoiata. Ero felice di come Frida mi usava per far sesso, ben consapevole che nessuno come una donna sa, cosa a una donna piace veramente
– Ora tocca a te -, mi sussurrò.
Cominciai a mia volta a leccarle il seno e Frida nella penombra della stanza si tolse i pantaloni che ancora indossava. Quando già mi apprestavo a restituirle il favore di un bel lavoro di bocca scoprii con sorpresa che fra le sue cosce si ergeva un membro durissimo. Mi spiegai allora la stranezza della voce di Frida e l’enormità delle sue mani. Eccitatissima succhiai quel pene e provai una forte emozione quando il trans cominciò a penetrarmi. Un cazzo durissimo mi stantuffava mentre le nostre tette si strusciavano fra loro in una sarabanda erotica. Accadeva qualcosa di misterioso e straordinario: un corpo femminile su cui era innestata una durissima verga mi scopava con foga.
Adesso voglio prendermi il tuo meraviglioso posteriore e incularti -, mi intimò con un tono a cui non potevo che ubbidire.
Si mostrò molto abile e leccandomi il culetto mi strappò gridolini gioiosi, mentre io, ero ansiosa di quello che mi attendeva.
Fui alla mercé di quel cazzo sempre eretto, potente che mi apriva senza pietà il culo: gemevo, imploravo per il dolore delle mie carni violate ma, in preda a un’emozione indescrivibile, soprattutto godevo, godevo, godevo. Finalmente il suo cazzo, che sembrava non dovesse fermarsi mai, riversò la sua calda crema dentro me che urlavo per l’estasi raggiunta e giacemmo per qualche tempo senza più forze.
Tornata a casa, mentre mi facevo una doccia, pensai soddisfatta che l’indomani sarei tornata in città riposata, ritemprata e conclusi che la settimana che si era dipanata nella scontatezza aveva avuto però una conclusione memorabile.
grammaticalmente pessimo........
Ciao Ruben, sei un mito! Hai un modo di scrivere che mi fa eccitare! La penso esattamente come te. Se…
Ti ringrazio, sono felice che ti piacciano. Vedremo cosa penserai dei prossimi episodi, quando si chiuderà anche la sottotrama di…
Davvero molto bello. Piacevole come gli altri e decisamente pregno di sentimenti espressi senza risultare melensi o ripetitivi. D'impatto leggiadro,…
Come ti ho detto, in pochi e poche sanno sa scrivere in maniera così eccitante sia dare un senso ad…