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Trio

*COME TU MI VUOI**

By 17 Agosto 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

Come al solito siamo in ritardo.
Lo so che si tratta di una cena molto noiosa, almeno per te, ma visto che hai voluto accompagnarmi…
Ora cerchi di recuperare il tempo perduto (perduto?) correndo in macchina troppo in fretta; non dico nulla, solo prego con fervore i miei dei. Sei silenzioso, le mani salde sul volante e al solo guardarle, quelle mani, mi sale alla bocca un singhiozzo, come di piacere trattenuto, che maschero con un colpo di tosse, mentre non posso fare a meno di ritornare con la mente all’ultima mezz’ora appena trascorsa.
E’ sempre la stessa storia, anche se abbiamo appena fatto l’amore il vedermi truccata, pettinata e vestita al di fuori della mia solita ” divisa” da lavoro in tutta la sua austerità, ti eccita e la tua eccitazione è talmente forte da coinvolgermi subito.
Così mi prendi dove ci troviamo, tra un rapido calar di pantaloni, uno sfilare di slip e giochi di equilibrio su tacchi alti e tavolini traballanti. Ma stasera è stato diverso: non hai aspettato che fossi vestita: ero in bagno in mutandine e reggiseno intenta a passarmi il rimmel sulle ciglia, operazione delicatissima, quando hai bussato e:
-Scusami, posso entrare solo un attimo?-
-Certo, vieni- rispondo io, chinata in avanti sul lavabo verso lo specchio per terminare in bellezza la mia opera.
Ti ho guardato alle mie spalle, fascinoso nel vestito scuro, e ho visto la tua bocca:non sorrideva, anzi aveva una piega caparbia, quasi irosa.
Stavo per chiederti che cosa volessi quando mi hai abbracciato da dietro, le mani sui seni, rigido contro il mio sedere, la bocca sul collo a sfiorare la pelle lì dove è più sensibile.
Ho lasciato andare l’astuccio, aderendo a te, che intanto mi cercavi con mano febbrile per penetrarmi con delicatezza, in quel modo che mi fa impazzire.
E lo sai.
Poi mi hai spinta in avanti, mi hai sfilato gli slip, e con un colpo solo mi sei entrato dentro.
Ho rialzato il viso e mi sono guardata allo specchio: rifletteva una giovane donna dall’espressione contratta, quasi sofferente; ecco perché i francesi chiamano l’orgasmo , quell’attimo in cui usciamo da noi stessi per annullarci completamente,”la piccola morte”.
Allora mi hai abbassato con forza la testa contro lo spigolo del lavabo, per entrarmi dentro più a fondo e rimanere lì, rigido dentro di me, a riempirmi del tuo seme, senza un gemito, solo premendo contro il tuo il mio ventre, fino a farmi male.
Io sono rimasta sull’orlo del precipizio, volevo venire con tutte le mie forze, ho cercato la tua mano, ma tu uscendo da me rapidamente mi hai fatto voltare, sedere sul coperchio della tazza per poi inginocchiarti di fronte alle mie gambe aperte.
Le cosce sulle tue spalle hai cominciato a pascerti del mio sesso bagnato di te, mentre io cominciavo a tremare, sempre più forte, fino a che il piacere mi ha liberato.
Ah…il sesso goduto così a fondo diventa veramente il dolce meraviglioso violento magico sciamano che toglie ogni male.
Poi ci siamo ripresi, ricomposti, rivestiti e così il tempo è passato.

Meno male , siamo arrivati a destinazione.
Sistemata la macchina , tu mi apri la portiera e io ti chiedo:
-Per favore, guardami bene, sono a posto?-
e tu, un’occhiata alla profonda scollatura e una alle labbra:
-Mai stata così bella, ma ti si legge in faccia che hai appena fatto l’amore, hai l’aria soddisfatta di un gattone che ha ben mangiato, anzi , ad ascoltar bene, si può sentire la tua micia che fa le fusa… –
Ridiamo, mi baci sul naso poi stretti l’uno all’altra ci presentiamo all’entrata della grande sala, in cui tanti miei colleghi siedono già ai loro posti, intenti a divorare antipasti.
Qualcuno si alza, per salutarci e in quel mentre ti vedo.
Non avresti dovuto esserci a questa cena, ti pensavo a Milano.
E invece eccoti là, i tuoi capelli biondo oro antico da cherubino sono una fiamma che mi brucia letteralmente , anche a distanza.
Parlo con qualcuno che non guardo neppure in viso, mentre tu, come evocata dal desiderio, ti volti, mi vedi, ti alzi e vieni verso di noi.
Dio, come sei bella: indossi un vestito viola, un viola caldo, virante al fuscia, che spicca sulla tua pelle biancacremosa; è un vestito anni ’50, molto aderente, con scollatura quadrata profonda, ai due angoli due semilune di strass; lo spacco nella gonna , che ti permette di camminare, è discreto, ma un’altra piccola luna dimostra che può essere allungato a piacere.
Sei piccolina, nonostante i tacchi alti, piccola e morbida, un dipinto di Renoir: il seno sembra esplodere dalla stoffa, i fianchi ondeggiano al tuo cammino, il ventre morbido, un poco sporgente è per me un’attrazione fatale.
E mi tornano in mente quei versi di Saffo:

-Ed ora spicca
tra le donne di Lidia come quando,
tramontato il sole,
la luna dalle dita di rosa vince tutti gli astri,
e ferma la sua luce sul salso mare
ed ugualmente
anche sui campi in fiore-

Non posso fare a meno di notare gli sguardi dei maschi che ti seguono con evidente piacere e quelli delle donne, che lo fanno con altrettanta evidente acidità.
Il ricordo del nostro tempo insieme mi fa molli le gambe.
Mi saluti, baciandomi la guancia, saluti Francesco, con un abbraccio cameratesco, poi:

-Dai , venite a sedervi al nostro tavolo, ci sono dei posti liberi; sai Fede son contenta di rivederti, per questo ho fatto di tutto per esserci stasera, anche se Dario non voleva portarmi, diceva che mi sarei annoiata-.
Io sorrido, ripensando ai nostri due giorni di qualche settimana fa passati insieme nel rifugio in mezzo ai boschi: ricordo il tuo profumo, il tuo corpo nudo e…
Ti seguiamo, e tu fai in modo di sederti vicino a me;
-Stasera le donne con le donne e gli uomini con gli uomini, a chiacchere, intendo- dici, maliziosa.
E la cena inizia mentre noi due cerchiamo di essere il più possibile normali, ma è difficile: si sono aperte le porte di un Universo femminile che esclude quello maschile.
Ora gli sguardi vanno insistenti alla scollatura, alla bocca, sono affascinata dalla tua mandibola che mastica così graziosamente, dalla punta della lingua che si fa strada a tratti sulle labbra rosse per ripulirle di un residuo di cibo, dal tuo seno che si alza nel respiro; e lo stesso succede a te, parliamo del più e del meno, ma in verità vorremmo dire :
-Ti voglio, andiamocene da qui, freghiamocene di tutti-
E invece, non so il perché, mi esce di bocca la confessione:
-Ho appena fatto l’amore con il mio uomo, e mi è piaciuto tantissimo-
-Me ne sono accorta , si vede, per questo ti voglio ancora di più- mi mormori all’orecchio, accompagnando le parole brucianti con una leccatina rapida come quella di un minuscolo felino.
Mi alzo in piedi di scatto e :
-Scusate, non mi sento molto bene, esco un attimo..-
-Ti accompagno, son cose di donne, torniamo subito –
Questa è la frase magica, “le cose di donne” mettono a tacere i maschi, consentendo loro di tornare in pace ai loro discorsi.

Mi avvio verso i bagni ma arrivate in fondo al corridoio mi prendi per mano e giriamo a sinistra per trovarci di fronte alla porta che da sull’enorme terrazzo, certo un po’ freddino, ma per questo deserto;
-Andiamo?- chiedi, la mano sulla maniglia della vetrata.
Non rispondo, apri tu, richiudi e ci troviamo al freddo, mentre intorno a noi si alzano le scure ombre di cipressi piantati in enormi vasi, che corrono lungo tutto il bordo della terrazza.
Allora ti spingo tra un vaso e l’altro, contro il muro.
Finalmente posso baciarti e intanto ti cerco febbrilmente i seni, mentre il mio ventre preme contro il tuo, in una richiesta urgente e inappellabile.
Tu mi sollevi la gonna e la tua mano piccola si intrufola tra i ricci del delta mentre io, abbassata la tua scollatura, posso prendere in bocca quei seni che mi fanno impazzire, succhiando i capezzoli come fossero caramelle.
Poi è tutto un accarezzare, frusciare di stoffe, odori di donna in calore mescolati a quelli di costosi profumi, quando…
-Lena, Fede, siete qui?- è la voce di Dario, l’uomo di Annalena
Ci stacchiamo, ci guardiamo e scoppiamo a ridere: siamo in uno stato pietoso, capelli arruffati, tette che fuoriescono dalle scollature, gonne in subbuglio.
Ma soprattutto ora ci accorgiamo del grecale, che si è messo a soffiare da vento maligno e freddo quale è.
-Mamma, che gelo- mormori tu, dando un ultimo bacetto ai miei seni, prima di farli tornare al loro posto.
Trafelate, ridacchiando andiamo verso Dario che guardandoci continua:
-Segreti di donne non li capirò mai. C’è un vento da polmonite qui, in casa signore via…-
Abbracciate a lui, ridendo complici, torniamo al nostro tavolo.


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