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Trio

*IO TRA DI VOI**

By 30 Maggio 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

Alla fine del febbraio scorso mi persuadesti a trascorrere una settimana in montagna a Dolonne, Courmayeur, ospiti di un tuo vecchio amico, di cui mi parlavi spesso, che non avevo ancora conosciuto.
Non amo la montagna e soprattutto Courmayeur : mi ricorda le estati interminabili che mi costringevano a passare quassù da bimba, sorvegliata a vista, sulle note della misteriosa litania :
‘Per i tuoi polmoni, cara, ci vuole la montagna’
E io odiavo il Monte Bianco, che mi incombeva addosso minaccioso ogni volta che uscivo sul balcone del Pavillon, albergo d’elezione della mia famiglia.

Ho sempre amato il mare, e tutto ciò che con quest’ultimo ha attinenza; infatti, da quegli anni lontani della mia fanciullezza, non ero più tornata a Courmayeur che per brevi soggiorni. Ma ora avevo deciso di assecondarti: anche se non amavo lo sci, avrei potuto sempre stendermi al sole e abbronzarmi, in mezzo alla neve, riposarmi , rimpinzarmi di torta alle pere e cioccolato della pasticceria Dolce Voglia e soprattutto conoscere Jaques, questo tuo amico così speciale
che mi incuriosiva molto.
Pensavo a tutto questo nel nostro lungo viaggio in macchina, in cui facemmo solo due soste.
Ormai stavamo per arrivare, fuori la notte era buia e fredda, percepivo la neve intorno a noi, come in attesa; sicuramente avrebbe ricominciato a scendere presto.

‘Quando conoscerai Jaques mi darai ragione, vedrai; è il tipo dell’intellettuale, quello che ti piace tanto, ma è più freddo dell’Alaska; io gli voglio bene come un fratello, e lui ne vuole a me, dai tempi dell’Università, ma quanto a donne”
Appizzai l’orecchio, e mi feci attenta:
‘ Quanto a donne?’
‘Beh, ne ha avute pochissime, ora per esempio è solo, dopo che si è mollato con Francesca, e sono passati mesi; Courmayeur di questa stagione è il paradiso della ficae lui tutto il giorno se ne sta sui campi da sci, la notte la passa in solitaria; ma ti pare normale? a volte penso, e non sono il solo, che gli interessino più gli uomini delle donne, ma che non voglia ammetterlo’ forse gli fate paura, che dici?’
‘Dico che voi uomini non cambiate mai, se uno non si butta sulla prima ‘fica’, come ci chiamate , che sia almeno passabile, deve essere sicuramente gay.
Forse lui deve solo trovare chi l’attizza veramente e nel momento giusto ; non vedo l’ora di conoscerlo, mi hai incuriosito’

Smettesti di parlare, ormai eravamo arrivati; ci fermammo di fronte ad una antica grossa casa in sassi, che ricordavo di avere notate in passato.
Tutte le luci del piano terra erano accese; mentre scendevo dalla macchina, la grande porta d’ingresso si spalancò e io affrettai il passo, per sfuggire al freddo intenso che mi toglieva il respiro.
Mentre tu prendevi i bagagli, andai incontro al giovane uomo che con un gran sorriso mi accoglieva, a braccia aperte.
‘Sei Fede, vero? Max mi ha tanto parlato di te, che mi pare di conoscerti”
Rimanemmo un attimo a guardarci negli occhi, mentre le sue mani sulle mie spalle mi trasmettevano un chiaro inaspettato messaggio: mi piaci, ti aspettavo, da tanto , tanto tempo….
Io, inconsciamente, passai la lingua sulle labbra, un aperto improvviso segnale di desiderio corrisposto.
Ti ho voluto da morire, in quel momento, Jaques: avevi un’aria così giovane, smilzo nel maglione nero troppo grande, gli occhi grigi più belli del mondo dietro i classici occhiali seriosi.
Alto come me, le nostre labbra erano a pochi centimetri di distanza, potevo sentire il tuo fiato caldo e ‘
‘Ehi, Jaques, vieni ad aiutarmi, questa donna si porta dietro la casa, quando si muove”
La voce di Massimo ruppe l’incanto:
‘A dopo’ mormorasti.
‘Si’ risposi sommessa.
Vi abbracciaste, con grandi pacche sulle spalle; fu allora che mi venne l’inconsulta incontrollabile voglia di avervi tutte e due insieme: si trattava di trovare il modo.

Avevo un uomo a cui ero molto legata ma che non mi accendeva più come una volta e un altro, appena conosciuto, che mi faceva bagnare al semplice tocco delle mani, come se lo aspettassi da sempre.
E i due erano molto molto amici, come fratelli.
Sarebbe stato necessario ‘anche’ un po’ d’alcool, per far infrangere ai due il tabù della loro amicizia.
Fu più semplice di quanto pensassi.
La casa mi accolse splendida, grande, calda ; Jaques ci accompagnò alla nostra camera
pregandoci di fare in fretta, perchè la cena era quasi pronta.
Aveva cucinato lui, era ansioso di farci assaggiare la sua specialità, la ‘ polenta concia ‘.
Pensai che era l’occasione adatta al mio vestito di lana rosso, ancora ‘vergine’.
E’ un completo gonna-pull corto, di colore rosso cupo; una fila di bottoni piccoli, neri e lucidi scende dalla clavicola sinistra fino al fondo della gonna, lunga a metà polpaccio, con la breve interruzione di una striscia di pelle nuda, scura, l’inizio del ventre piatto.
Decisi di fare le cose in grande: una pesante cintura di anelli metallici intrecciati diede splendore alla mia pelle eternamente abbronzata, separando i due pezzi del vestito.
Poi aprii i primi bottoni del pull e gli ultimi della gonna, in modo da far balenare un seno e una coscia: adoro mostrare il mio corpo, ne sono orgogliosa, sempre e comunque.
E il nostro anfitrione doveva vedermi al mio meglio, perché lo volevo: il ricordo delle sue mani sulle spalle era una promessa di future sensuali delizie.
Tacchi alti , trucco gotico e gioielli assortiti ( i miei feticci portafortuna) completavano l’insieme.

Come Max mi vide, capì tutto, ne sono sicura; per questo mi circondò le spalle con un braccio, in segno di possesso.
Jaques ci venne incontro, guardandomi ammirato; ora era lui a passarsi nervosamente
la lingua sulle labbra, mentre i suoi occhi mi lanciavano chiari messaggi.
Ruppi il silenzio:
‘Che profumo; come hai fatto a indovinare che la polenta concia è uno dei miei piatti preferiti?’

‘Beh, mi sono informato e ho saputo che adori il formaggio, e allora”
In effetti nell’aria aleggiava l’intenso profumo di toma e fontina , insieme a quello caldo e pesante del mais cotto.
Sulla tavola troneggiava anche un Jambon de Bosses, il prosciutto crudo speziato con erbe di montagna , caratteristico del posto, vera passione di Massimo.
Appena seduti, attaccammo voracemente a mangiare, eravamo affamati tutti e tre, e la conversazione divenne caotica; già eccitati ci sforzavamo di riempire gli eventuali silenzi.
A questo contribuì l’eccellente vino rosso di Donnas , l’ideale compagno della polenta concia.
I due uomini dimostrarono di saperlo apprezzare.
Io sono astemia, l’acqua minerale delle sorgenti intorno a Courmayeur per me è buona come il vino.
Terminata la cena, in cui si parlò di tutto e di niente, sia Jaques che Max avevano il volto arrossato e gli occhi lucidi mentre rievocavano i bei tempi dell’Università.
Così mi alzai dicendo:
‘Perché non vi mettete sul divano, il caffé lo faccio io e ve lo porto; prima sistemo la tavola, in fondo qualche cosa dovrò pur fare per sdebitarmi dell’ospitalità”
‘Buona idea’disse Jaques’ ho giusto una bottiglia di grappa alla pera da assaggiare’
Sistemati i piatti nella lavastoviglie, preparai il caffè ; quando fu pronto, liberai altri bottoni del mio vestito e con il vassoio in mano mi ripresentai ai due uomini, che nel frattempo, sbracati sul divano, vicini vicini, si stavano facendo di grappa alle pere, persi nelle loro confidenze.

‘Posso?’ dissi posando il vassoio sul piccolo tavolino e facendomi posto tra di loro.

Mi guardarono, videro il mio corpo seminudo balenare tra il rosso del vestito ed io sentii, prepotente, l’odore del sesso passare tra di noi, come una corda che ci stava legando stretti; dietro le mie spalle le loro braccia si incrociarono e io mi appoggiai all’indietro sul divano sbottonando anche gli ultimi bottoni del pull: il seno abbondante e nudo stava lì, tra di loro, come una provocazione.
Silenzio assoluto.
Fui io che accarezzandoli sul collo, piegai i loro visi sui capezzoli turgidi, eccitati, dolenti.
Resistettero, inizialmente, guardandosi negli occhi, quelli neri di Max in quelli grigi di Jaques, poi cominciarono a succhiarmi con frenesia, mentre io li stringevo a me, tutti e due con lo stesso desiderio.
Jaques infilò una mano nello spacco della gonna e mi trovò: lo imprigionai tra le cosce.
Decisi che dovevamo muoverci di lì, ci voleva un posto più comodo.
‘Andiamo a letto’ ordinai a bassa voce.
Ci alzammo, abbracciati , anzi loro si appoggiavano a me, l’alcool e l’eccitazione li faceva barcollare.
Jaques aprì una porta vicino alla stanza da pranzo: era una grande camera da letto; accese solo una piccola luce, nell’angolo.
Ci spogliammo velocissimi; notai che i ragazzi erano già eccitati e pronti, così pensai che se non avessi regolato il traffico, sarebbe finito tutto troppo presto.
Anche io avevo i sensi in overdose, ma decisi di prolungare l’attesa, per aumentare il piacere.

Così ci stendemmo sul letto, io in mezzo; cominciai ad accarezzare lentamente i loro sessi, che bruciavano nelle mie mani.
Gemendo, si voltarono tutti e due verso di me.
‘Baciami Max’implorai
e a Jaques:
‘Accarezzami’
Jaques mi baciò il seno, leccandomi dolcemente i capezzoli , mentre accarezzava il mio ventre, lisciandolo, come fosse stoffa preziosa, per scendere più in basso e penetrarmi all’improvviso e con forza con le dita; mi inarcai, gemendo.
‘Fede’mi soffiò nell’orecchio’ ti voglio, anche se non so quanto resisterò dentro di te, ti prego, ti prego”
Aprii le cosce, in segno di resa; e me lo trovai sopra, dentro, a riempirmi della sua carne; sentivo le pareti della mia vagina allargarsi per accoglierlo e l’orgasmo salira dentro di me, come una marea.
‘Puttana, troia..’ l’insulto di Massimo non fece altro che acuire il mio piacere.
Ricominciò a mordermi le labbra, a mangiarmi la lingua, mentre strusciava con frenesia il sesso contro il mio fianco.
Jaques stava per riempirmi, me ne accorsi dalla maggior rigidità del suo pene, che cercava di spingersi sempre più a fondo.
Infatti, con un grido, arrivò al piacere: e mi parve che il suo seme avesse il calore del sole; trattenni l’orgasmo restando immobile.
Poi scivolò via, lasciandomi ansimante, irrigidita.

Fu allora che Max mi rivoltò con furia per leccarmi a fondo tra le natiche , anche se non ce n’era
bisogno, eccitata e aperta com’ero.
Poi iniziò a penetrarmi, mentre io mormoravo oscenità, completamente stravolta.
Jaques, il viso sotto al mio, cominciò a baciarmi, poi a succhiarmi le tette, per scendere fino al ventre e al sesso.
Mi mancò il respiro dal piacere.

Intanto Massimo mi stringeva i seni doloranti con le mani.
Allora, alzando leggermente il busto mormorai :
‘Jaques, voglio anche te, vi voglio dentro tutti e due”
Il tempo di impalarmi su su di lui , per risentirlo di nuovo in me e poi fummo un corpo unico con tre teste, ci muovevamo in sintonia, vedevo con la mente i due falli nel mio ventre appoggiati l’uno all’altro, divisi solo da una sottile parete di carne.
Ricominciai a baciare Jaques , ormai le mie labbra erano gonfie e insensibili;
Quando mormorai :
‘Abbracciami, io…’ non so a chi mi rivolgessi.
So solo che mi ritrovai avviluppata in quattro braccia maschili, stretta da soffocare.
‘La donna sandwich’pensai, prima di cadere a testa in giù nel pozzo del piacere.
Anche i miei due uomini si svuotarono in me , quasi simultaneamente.
Poi giacemmo sul letto sfiniti, uno addosso all’altro.
La prima a parlare fui io :
‘ Vado a farmi una doccia’
Sotto il getto potente dell’acqua calda la mia felicità era assoluta, il mio corpo cantava e il mio cervello finalmente taceva.
Quando ne ebbi abbastanza, mi asciugai e mi avvicinai alla finestra; scostai le tende e mi accorsi che nevicava: bianco su bianco.
Infreddolita tornai in camera: un pesante dolciastro odore di sesso mi colpì .

Max e Jaques dormivano alla grande, sedere contro sedere; risi :
‘Capirai’ mi dissi ‘ tra l’alcool e il sesso ‘chi li sveglia questi?’
Mi infilai al caldo, tra loro due, e per occupare meno spazio aderii alla schiena di Max in posizione ‘cucchiaio’; subito Jaques , nel sonno, si voltò e fece lo stesso con me: me lo ritrovai incollato al sedere.
‘Ed eccomi di nuovo donna sandwich…fose dovremo parlare , ma c’è tempo, domani è un altro giorno ‘ mormorai tra me ridacchiando e sprofondai nel sonno.


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