Cristina si trovò spinta fuori dalla sala.
I tre la portarono dentro un ufficio, vicino la biglietteria.
Il bigliettaio e il giovane la tenevano per le braccia, mantenendosi al suo fianco, uno a destra e l’altro a sinistra. Il professore le si parò davanti. Le disse, con voce calma:
“Cristina, vederti dentro la sala mi ha sorpreso. I tuoi lo sanno che sei qui?”
Sapeva già la risposta, era certo che la ragazza fosse entrata di sua iniziativa, ma quello era il modo per soggiogarla da subito. Cristina rimase zitta.
“ come se avessi risposto, Cristina, non preoccuparti. Come ci sei finita qui dentro? Stavolta devi rispondere, non mi fare arrabbiare. Non voglio fare sapere ai tuoi genitori che ti ho visto entrare in questo cinema a luci rosse e che ti ho seguita per riportarti fuori subito.”
Sentendo quelle parole, Cristina si sentì persa. Era lei che aveva seguito il professore e Lucia, entrati nel cinema prima di lei.
Era lei che li aveva visti, insieme agli altri, fare cose sconce, ma i suoi genitori non le avrebbero mai creduto. Avrebbero creduto al professore.
Balbettando raccontò tutto, da quando si era accorta di loro per strada a quando aveva deciso di seguire la compagna dentro al cinema.
Il professore le sorrise e le accarezzò una guancia.
“Cristina cara, la curiosità è un conto ma tu, cara, sei entrata e ti sei nascosta a guardare. Non sei andata via… dimmi la verità…. Ti piaceva guardare quello che stavamo facendo alla tua compagna?” Le parlava e la mano scivolava sul collo e, dal collo, sui fianchi. Le sfilò il golfino, le sbottonò la camicia e gliela tolse. Tornò ad accarezzarle il torace. La ragazza non gli rispose, ma lui continuò: “volevi esserci tu al posto di Lucia, vero?”
Cristina si ritrovò docile e passiva come lui desiderava, mentre le sue mani non facevano altro che aumentare in lei un’insolita sensazione di piacere che non aveva mai provato prima, se non da sola.
Ogni parte della giovane era aperta ed esposta al vagare delle sue mani che, come serpenti, scorrevano sul suo corpo. I suoi seni, ancora difesi da una una sottile striscia di stoffa, furono l’occupazione delle mani del professore, le quali a un certo punto presero a scendere lungo il ventre, scivolarono sotto la gonna, violarono l’elastico delle mutandine, finché non sentirono il morbido cespuglietto che guarniva il monte, ancora simbolo della più casta innocenza di Cristina.
Le sue dita si dilettavano ad attorcigliare i ricci di quel boschetto ma, non contento di avere conquistato tutto ciò, il professore tentò di impossessarsi anche della fighetta, e iniziò a frugare, a insinuarsi, e alla fine introdusse un dito proprio nella fessura.
Lo fece procedendo con piccoli movimenti che, a differenza del bigliettaio, infiammarono la ragazzina al punto di non opporre la resistenza, dettata dalla paura, che avrebbe dovuto spingerla a gridare aiuto contro quegli assalti, contro quegli uomini.
In quei momenti, Cristina non si chiese perché fosse lì e che le stesse facendo il professore. Voleva solo che quelle mani non si fermassero mai. I palpeggiamenti avevano acceso un fuoco nuovo dentro di lei, proprio dove le mani di quell’uomo, più grande di suo padre, le prime mani, dopo il bigliettaio, erano impegnate a tastare, a premere, a chiudere e riaprire le labbra, con un dito dentro che la stava sconquassando. E lui le sussurrava parole che ingigantivano la sua eccitazione.
“Dolce ragazzina … sei vergine…lo sento… quanto vorrei essere io colui che ti renderà donna…. farti provare quanto può essere bello sentirsi piena del mio membro…. la tua carne… fresca… morbida… mai violata…percossa dai miei affondi…”
Cristina era confusa e fuori di sé e tutte quelle sensazioni mai provate prima, erano troppo.
I suoi sensi erano accesi in una passione che l’aveva isolata da ogni cosa. Non si sentiva più prigioniera dei due uomini ai suoi lati, tutta lei era concentrata su di un dito, un solo dito e iniziò a dimenare il bacino, seguendo il ritmo del dito.
“ Fammela baciare…. la tua pelle è soda…è vellutata,… lascia che baci questa tenera fessura”
Cristina sentì la punta della lingua toccarla lì, passarle di sopra, tentare di intrufolarsi lì dove il dito proseguiva nel suo sali e scendi.
Non riuscì a trattenersi…e fu una pozza di umori quella che riversò nella bocca del professore.
A quel punto, approfittando dell’orgasmo della ragazza in corso, il professore le prese una mano e la portò dove Cristina non avrebbe potuto mai immaginare.
Sguardi di intesa erano corsi tra il professore e il giovane, e lui era pronto.
Un crescendo di sensazioni già vissute da me. Racconto ben scritto il cui seguito non si riesce ad intuire ma che promette ulteriori sorprese.
Mi emoziona ripercorrere le impressioni della sala buia di un cinema dove i sensi si infiammano nella trasgressione che travolge la paura ed il ritegno.
Attendo il prossimo episodio con piacevole ansia.
Lu.