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LE CONSEGUENZA DI UN DIVORZIO – PARTE I

By 2 Febbraio 2023No Comments

Chiedo scusa ma per un mio errore ho caricato la seconda parte del racconto invece della prima, che è questa che potete leggere di seguito

L’udienza era appena finita ed il Giudice aveva appena letto la sentenza, che assegnava alla mia cliente, la Sig.ra S., la casa coniugale ed un ricco assegno mensile di 2800 euro a carico dell’ex marito, Sig. G.
Avevo fatto un buon lavoro e ne ero orgoglioso, perché tale sentenza era il frutto del deposito di alcuni documenti che dimostravano, sostanzialmente, che il reddito vero del Sig. G. non era quello dichiarato all’Agenzia delle Entrate, circostanza che mette sempre di cattivo umore il Giudice.
Fuori dall’aula del giudice, io e la mia cliente chiacchieravamo soddisfatti, l’atmosfera dall’altra parte era invece piuttosto tesa, con l’aggravante che la Sig.ra S. cercava in tutti i modi un contatto fisico col sottoscritto, a mezza strada fra il voler far ingelosire il fu marito ed una reale voglia di cazzo che non riusciva a mascherare del tutto.
La mia cliente si era vestita veramente in maniera arrapante: una gonna alle ginocchia che valorizzava un culo alto, bello sodo, non grasso ma nemmeno magro, con una deliziosa forma a mandolino, ed una camicetta di color panna che, aperta nei bottoni giusti, metteva in evidenza due magnifiche tette; era veramente una gran bella donna, con un fisico scolpito da anni di palestra ed una faccia che lasciava intuire una passione per i pompini.
Una volta la Sig.ra S. mi beccò a guardarla lascivamente il culo, ma in tutta risposta mi fece solo un divertito occhiolino.
Il giudice aveva anche condannato il povero marito a pagarmi le spese legali, liquidate in complessivi euro 3000 oltre accessori, al che io sorrisi ancora più soddisfatto.
“vittoria su tutta la linea, no?” dissi alla Sig.ra S., che per tutta risposta si passò la lingua fra le labbra e mi fece il terzo occhiolino della mattina.
“che troietta”, pensai tutto contento.
“ti mando l’IBAN della mia assistita per i pagamenti e poi anche il conteggio del mio compenso”, quasi urlai alla collega che, assieme al povero G., stavano cercando di raggiungere l’uscita il più in fretta possibile.
Alzai le spalle e guardai la mia cliente, che se ne stava tutta dritta mettendo ben in vista le tette ed il sedere, forse per umiliare il povero marito una volta di più: a certa gente la vittoria non basta, devono anche infierire sul nemico per goderne appieno.
“complimenti, avvocato, grazie mille” mi disse la S., avvicinandosi al sottoscritto ed appoggiando una mano sul mio braccio.
“dovere, signora, dovere, sono contento che sia andata bene, ha praticamente accolto tutte le nostre richieste”.
“ed ora che facciamo? Quando prendo i soldi?” chiese avida la S.
Guardai l’orologio.
“ora, se permette, è quasi mezzogiorno e mezza e potrei invitarla a pranzo, così festeggiamo la vittoria, che ne dice? Poi le spiego cosa succede per il resto”, le proposi, anche per verificare se all’atteggiamento da puttanella corrispondesse una reale predisposizione.
“molto volentieri, tanto paga mio marito” rispose ridendo.
Risi anche io.
“anzi” aggiunse la S. dopo averci pensato un secondo “potrebbe venire a casa mia, tanto è libera ora, mio figlio è a scuola, che ne pensa avvocato? Così stiamo più tranquilli”.
Sorrisi ed ovviamente accettai.
Prendemmo le rispettive macchine e la seguii sotto casa, poi salimmo assieme sull’ascensore, dove decisi di forzare la mano, tanto avevo capito il soggetto, e l’attirai verso di me.
“non pensa che meriti un premio?”, le sussurrai all’orecchio.
“che premio vorrebbe avvocato? Non le bastano i soldi che si prende?” rispose lei, fingendo di svincolarsi ma restando invece sempre vicina al sottoscritto.
“no” le risposi iniziando a sbaciucchiarla sul collo “credo di meritare molto di più!”.
Le misi una mano sul suo bel culetto ed iniziai a palpeggiarlo con ardore, mentre lei mormorava scuse poco convinte, considerando che con le mani aveva iniziato a toccarmi l’uccello; quindi la girai e iniziai a strofinare il mio cazzo sulle sue chiappe, mentre con le mani le toccavo le tette.
“avevo in mente questo premio”, le sussurrai all’orecchio spingendo sempre di più l’uccello sul sedere “e credo di essermelo meritato, no?”
“ma avvocato, cosa sta facendo….” fece finta di protestare la S., ma le sue azioni smentivano le sue parole, considerando che non solo si stava facendo toccare oscenamente le tette, ma muoveva ritmicamente il suo culo per maggiormente sollecitare il mio cazzo.
L’ascensore si fermò e ci catapultammo dentro casa dove, dopo una breve occhiata in giro, buttati giubbotto e borsa vicino al divano, la presi e la misi con le spalle contro una colonna al centro della stanza.
Continuai a baciarla, prima sul collo e poi in bocca e mentre le nostre lingue si esploravano reciprocamente, le mie mani continuavano a palpeggiare senza ritegno le sue tette.
“sono naturali?” chiesi
“come mamma le ha fatte” rispose
“voglio vederle” le dissi all’orecchio.
La S. non si fece pregare: si sbottonò la camicetta, si slacciò il reggiseno, mi prese la testa e la portò all’altezza giusta.
“controlli, controlli bene” disse mettendomi la faccia fra i suoi seni.
Ovviamente non ci fu bisogno di darmi nessun altro incoraggiamento, iniziai a leccare e ciucciare senza più pudore quei bei seni naturali che la S. mi stava gentilmente offrendo.
Mordicchiai i capezzoli, poi scesi e, giunto all’altezza dei suoi fianchi, mi fermai.
“togliti la gonna” ordinai.
La S. eseguì l’ordine con una certa lentezza, per farmi assaporare il momento, finché non potei ammirare il perfetto intimo che la mia saggia cliente aveva indossato, ovvero un perizoma in pizzo nero, con reggicalze abbinato: esattamente il completo che preferivo.
Gli diedi un bacetto sulla fighetta, che iniziava a bagnarsi.
“girati, voglio vedere il tuo culo” ordinai e la S. eseguì.
Le mie aspettative furono ampiamente confermate: la mia cliente aveva un culo fantastico ed il perizoma ne esaltava le forme.
Gli aprii un po’ le natiche ed iniziai a sbaciucchiare tutto quello che potevo, poi la S. si girò, si tolse le mutande e mi fece il dono di farmi vedere la sua bella ed elegante figa, tutta rasata.
“leccamela” mi ordinò ed io eseguii, con passione perché il sesso orale mi è sempre piaciuto farlo.
Iniziai piano a leccarle la passerina, che aveva un buon odore ed un buon sapore, passando la lingua su e giù senza smettere mai, poi alternai leccate di lingua all’inserimento della stessa nella figa, ormai del tutto bagnata, della mia cliente, che non poté far altro che prendermi la testa e spingermela forte contro il suo stesso sesso.
A questo punto lasciai andare ogni freno inibitore e morsi, mangiai e mi godetti la figa bella bagnata della Sig.ra S., che stava godendo come la bella troietta che avevo capito fosse.
Quando sentii che era pronta, abbassai le mani dalle tette, che non avevo mai smesso di toccare, e le infilai prima un dito poi un secondo dentro la figa, che le accolse senza problema alcuno essendo ormai troppo bagnata e grondante umori.
“scopami, avvocato” disse la S., a mezza strada fra un ordine ed una preghiera.
Mi alzai e la girai, in modo che il suo bel culo e la sua figa fradicia fossero all’altezza giusta per il mio cazzo, ormai bello duro e pronto a penetrare nel sesso caldo della cliente.
Mi abbassai i pantaloni, lo tirai fuori e lo strofinai un po’ sulla figa della S.
“scopami, avvocato” ripeté la S., che aveva appoggiato le mani alla colonna per offrirmi il suo corpo e che fremeva impaziente per accogliere il mio bel cazzo dentro di sé.
“ogni desiderio della mia cliente è un ordine per me”, risposi e nel rispondere infilai con prepotenza tutto il mio arnese dentro la sua figa.
La S. urlò e continuò ad urlare perché la scopai con gusto e con foga, alternando ritmo e profondità delle penetrazioni ed ogni tanto schiaffeggiando quel bel culo che sembrava non aspettare altro.
La S. ebbe un primo orgasmo e cercò di svicolare, ma a me non bastava: per quello che le avevo fatto ottenere, avevo tutto il diritto di ricevere il trattamento completo.
La presi per i capelli e la tirai verso di me.
“lo sai cosa mi prendo ora, no?” le chiesi.
“non ti basta la mia figa?” chiese, fra il malizioso ed il preoccupato.
“no”
Poi tolsi il cazzo dalla figa e iniziai a strofinarlo sul buchetto del culo della S.
“apra la mia borsa” ordinai “e prenda quella bella cremina che vede nella tasca interna”.
La S. obbedì e strabuzzò gli occhi quando vide che si trattava di semplice vasellina.
“avvocato, lei è veramente un porco!” ribadì il concetto.
“sì, ha ragione” confermai, iniziando a spalmare la vasellina sul culetto della cliente e ad infilare dentro un dito, per preparare il terreno a qualcosa di più grosso.
“Ma fa sempre così con tutte le clienti?” sospirò la troietta, che aveva capito che se lo sarebbe presa nel culo, ma che stava iniziando a godere del trattamento.
Passai un bel po’ di vasellina sul mio cazzo duro, tolsi il dito ed iniziai a penetrare con la punta il bel culetto, ora accogliente, della cliente.
“non con tutte” spiegai, continuando a spingere il cazzo dentro al culo “solo con alcune, devono essere soddisfatte alcune condizioni”.
“e quali sarebbero?” mugugnò la S., il cui culo iniziava ad adattarsi al mio uccello che lo stava sapientemente violando.
“prima di tutto devo aver vinto la causa ed essermelo meritato” declami un po’ pomposamente.
“e poi?” chiese la S., ormai del tutto eccitata
“e poi la cliente deve essere una bella figa, perché il mio cazzo è molto esigente” conclusi “e lei lo è!”.
E nel dire queste cose infilai del tutto il cazzo dentro il culo quasi aperto della cliente, che urlò, poi le misi le mani in bocca e, come se fosse una puledra in calore quale in effetti era, continuai a scoparla sempre più forte e sempre in profondità.
“sfondamelo avvocato!” urlò dopo un po’ la S. ed io fui costretto ad assecondare le richieste della mia cliente, il cui culo ormai del tutto aperto era completamente in balia del mio cazzo, che entrava ed usciva dal suo buco senza nessuna pietà.
Tolsi il cazzo all’improvviso ed ammirai l’opera: il culo della S. era aperto e pulsava.
“servizio legale completo, direi” scherzai
“porco” mi insultò lei.
Le diedi uno schiaffetto sulle chiappe.
“lo apra e lo tenga aperto, che non ho ancora finito”.
La S. sospirò fra il desiderio e la rassegnazione, ma diligentemente aprì le natiche con le mani e le tenne aperte.
“mi piacciono le clienti che fanno quello che l’avvocato gli dice di fare” le sussurrai all’orecchio.
Poi le infilai nuovamente e di prepotenza il cazzo tutto dentro l’ano ormai oscenamente spalancato e me la scopai a fondo e duramente, disinteressandomi del tutto se le stavo facendo male o se stava godendo: andai avanti finché non venni, senza rimorso alcuno.
Le riempii il culetto con il mio sperma e rimasi ancora un po’ dentro, per svuotarmi del tutto e perché quella sensazione di continuare ad essere ancora dentro il corpo della donna mi piaceva da matti.
La S. si sfilò e, sorreggendo il mio cazzo con la mano, si avvicinò fino a baciarmi.
“soddisfatto avvocato?” mi sussurrò.
“ma certo” risposi con un sorriso, continuando a palparle il culetto che tante soddisfazioni mi aveva appena dato.
Mi guardai intorno.
“ancora affamato?” chiese.
“prendiamo del sushi?” risposi sempre sorridendo
Anche lei mi sorrise e, dopo aver annuito, si passò la lingua sulle labbra.

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