È martedi e siamo in nove all’ incontro. Dieci, per l’ esattezza. Quattro donne e cinque uomini. Il decimo é il dottor Herzog, che ci guarda come scimmie nel suo zoo personale.
Siamo seduti in cerchio su sedie da conferenza blu elettrico, la stanza è spoglia e sembra un’ aula di liceo. Il freddo del mobilio cosí anonimo e neutro tenta di spegnere, o almeno calmare, il fuoco di lussuria che consuma i presenti.
In questa stanza tutti quanti condividono la stessa croce: hanno un problema con il sesso, una dipendenza.
Tutti tranne il dottor Herzog, lui è il nostro terapeuta. La nostra guida spirituale. Il nostro Totem.
Lui siede su una sedia vera. Con i braccioli e l’ imbottitura. Picchietta con la penna sul taccuino rileggendo i suoi appunti e non ci degna di uno sguardo, mentre attendiamo Diana per cominciare la seduta di gruppo.
Diana é l’ undicisimo membro di questa tavola rotonda di arrapati cronici. Si sta aspettando lei.
Arriva sempre per ultima, quindici minuti in ritardo se gli dice bene.
Può mancare chiunque, ma senza Diana non si comincia mai.
La principessa degli erotomani.
In realtà, io non ho nessuna dipendenza dal sesso, è il secondo incontro a cui partecipo e oggi sono qui solo per vedere Diana.
Mi ritengo un uomo nel fiore degli anni con un’ alta libido, come tanti altri. Stamattina appena sveglio mi sono masturbato, come tutti, alle 11 ho fatto sesso con la signora Larsen a casa sua. Di solito mi chiama quando è furiosa con il marito, cioè a giorni alterni, dicendo che sono la sua dolce vendetta.
Sfilze di culi mi passeggiavano davanti mentre pranzavo sulla terrazza del solito ristorante in cittá, e ognuno chiedeva di essere guardato. Culi di adolescenti, culi a balconcino o sformati, anche culi di signore anziane, perché no.
Durante il pomeriggio poi mi sono masturbato altre quattro volte.
Ora sono qui all’ incontro, con l’ intenzione di condividere il mio prossimo orgasmo con qualcun’ altro.
Una donna, possibilmente. Diana, magari.
Su un giornale della settimana scorsa si parlava dell’ innovativa terapia di gruppo del dottor Herzog, e ho pensato che qui avrei potuto rimediare qualche scopata senza eccessivo impegno.
Il dottore sembrava sinceramente interessato quando gli ho raccontato delle mie abitudini sessuali e sono stato subito inserito nel progetto senza troppe domande.
Alla mia destra sto tenendo una sedia libera, in caldo, per quando Diana si degnerà di varcare la porta, onorandoci della sua presenza.
Diana, la madre superiora dei masturbatori seriali.
Direttamente di fronte a me é seduto il prete. La sua identità é riservata, onde evitare lo scandalo pubblico. Dicono venga addirittura dalla Francia.
Si passa la mano fra i capelli grigiobianchi lucenti. Ha la mascella squadrata e glabra, e porta degli occhialini tondi a metà naso. Ispira fiducia.
La diocesi gli ha dato l’ ultimatum: deve rispettare il voto di castità, o dovrà restituire la tonaca.
Le brave donne del paesello a lui assegnato parlano tra loro. Parlano delle sue avance, e le signore che le avance le hanno accettate, spettegolano delle sue qualità di amante. Ma un prete che predica bene, dovrebbe astenersi dal razzolare male. Per questo motivo é seduto qui, anche lui sulla sua sedia blu elettrico.
Nel mentre che Diana si fa attendere, il seno di Mary riempie la camicietta e riempie i miei occhi. Solitamente é seduta accanto al prete, come se inconsciamente volesse redimersi dai suoi peccati.
I capelli neri le scorrono dalle spalle fino alla scollatura, é morbida e molto attraente. Siede timidamente sulla sua sedia scomoda, vestita come una segretaria.
I suo seno balla e lei grida e stringe forte le lenzuola mentre il prete la fotte a missionaria, come Dio comanda.
La scena mi passa davanti agli occhi come frammenti di un film. Qui se vieni guardato da qualcun’ altro puoi star sicuro che ti sta immaginando nudo. Mary sta sentendo i miei occhi accarezzarla dappertutto, e non credo le dispiaccia.
Mary ha un problema con la masturbazione. Ha bisogno di toccarsi ad ogni ora del giorno e della notte. Ma non come noi persone normali che lo facciamo sei- sette volte al giorno, lei brucia orgasmi come fossero sigarette.
Parliamo di almeno venti volte al ogni giorno. La sua fame é insaziabile. Il suo fuoco indomabile.
Ogni tre quarti d’ ora scappa in bagno e torna con il sorriso. Dopo la decima volta ha la passera infuocata, gonfia e rossa come un peperone, e la cosa la fa godere ancora di piú.
Lavorava come receptionist in un Hotel quattro stelle, di quelli con i mobili in noce, il pavimento in marmo bianco, e le luci spot cosi bianche che sembrava di stare in paradiso.
Era sempre estremamente gentile e accomodante con chiunque e sempre rossa in viso. Lo stress del lavoro sembrava non toccarla minimamente, camminava sulle nuvole. Vedeva le vicissitudini della vita da lontano, piccole come le case viste da un aereo.
Accanto a lei, quando c’ era estremo silenzio, si percepiva un ronzio sordo simile a quello delle vecchie lampade al neon.
Per quanto fosse abituata a darsi un contegno, i sospiri sommessi e le microespressioni del viso spesso tradivano il suo segreto. Ma nessuno dei suoi colleghi poteva immaginare che avesse un ovetto vibrante rosa dentro di lei, che le dava scosse in tutto il corpo mentre consegnava chiavi e compilava registri.
Covava quell’ ovetto rosa così a lungo, all’ umido e al caldo, che non stupirebbe se ne fosse nato un pulcino.
Quel giorno la aspettava il turno di notte, e di notte la reception era casa sua. Se fosse sceso l’ ascensore l’ avrebbe sentito almeno quaranta secondi in anticipo e se qualcuno da fuori avesse voluto entrare, era constretto ad annunciarsi suonando il campanello.
Tiró le pesanti tende a coprire le vetrate che davano sulla strada. Era finalmente sola nella sua intimità.
Ormai dopo tutta una giornata di onorato servizio l’ ovetto rosa era sfinito e voleva essere caricato, perció a Mery non rimase che arrangiarsi alla vecchia maniera.
Si svaccó sulla sedia reclinata della sua postazione, a gambe poco aperte con i pantaloni sbottonati e abbassati appena a metà sedere. Sotto il suo dito la rotellina del mouse gracchiava scorrendo le anteprime dei video zozzi sullo schermo, mentre con due dita trattava allo stesso modo il clitoride attraverso le mutandine rosa di cotone.
Si tolse le scarpe e le calze, continuando a scorrere sul mouse e sulla mutanda. Il freddo del marmo sotto i piedi si scontrava con il calore che le prendeva piano piano tutto il corpo.
Nell’ anteprima due omaccioni ben piazzati che montano una ragazzina bionda. Cliccò sul video.
Mentre il video iniziava, premeva sempre piú forte con le dita sugli slip. Il tessuto diventava sempre piú bagnato, cosí bagnato che a toccarlo trasudava. Si tolse anche i pantaloni e sfilò le mutandine, lasciandole cadere sul pavimento sotto la scrivania.
Ora indossava solo il tallieur, dalla vita in su era una normale receptionist, mentre di sotto era nuda come mamma l’ ha fatta.
Il sedere nudo poggiava sulla pelle bianca della sedia. Quasi sdraiata sullo lo schienale alto reclinato all’ indietro si accomodò con le gambe spalancate e i piedi sul bordo scrivania in radica.
Si passó le due dita fra le labbra, ormai fradice e aperte, per poi premerle in profondità, mentre con l’ altra mano continuava a toccarsi il clitoride. Guardava il video e di tanto in tanto lanciava l’occhio sulla luce sopra l’ ascensore, che da un momento all’ altro poteva illuminarsi dandole solo qualche decina di secondi per rivestirsi e farsi trovare seduta composta nella sua professionalità.
Non sarebbero mai bastati.
L’ idea che le porte dell’ ascensore si aprissero, rivelando ad un cliente qualsiasi la visione di lei in quello stato cosí vergognoso, le faceva battere il cuore in gola e la faceva bagnare piú del video sullo schermo.
Gemeva a bassa voce, impaurita che qualcuno la sentisse. La biondina nel video ora veniva scopata davanti e dietro contemporaneamente, e anche il sedere di Mary, bagnato dagli umori che colavano dalla passera, chiedeva attenzioni.
Continuando a toccarsi davanti chiuse le gambe appogiandole di lato sul bracciolo della sedia, e si penetrò prima con uno, poi con due dita anche dietro.
Con le gambe chiuse sulla sua mano si massaggiava il clitoride e passava le dita intorno e in mezzo alle labbra paffute della sua passera arrossata. Ad ogni ondata di piacere, sputava umori densi che grondavano tra le natiche, rendendo il buco stretto sempre piú morbido, accogliente e eccitato, sotto colpi delle dita.
Ora in preda al piacere l’ ascensore non lo guardava piú, gemeva piú forte e non le importava di essere scoperta. Non le importava piú di nulla. Esistevano solo il suo culo, le sue dita dentro, i maschi del video, e l’ orgasmo che stava arrivando.
Vedendo la ragazzina bionda nel video venire urlando e dicendo sconcerie, riempita da entrambi i buchi come lei, strinse le gambe tremolanti sulla mano e ebbe anche lei il suo meritato orgasmo, meno rumoroso ma ugualmente intenso.
Fù uno di una lunga serie. Quella notte, come tutte le altre del resto, le sue gambe sono state piú tempo sulla scrivania che a terra. Piú tempo nude che vestite.
La luce dell’ ascensore non si accese mai, e nessuno suonò il campanello.
Il problema nacque il mattino dopo, quando lei era gia a casa nel suo letto a riposare.
Un cliente abituale piuttosto importante si lamentava con la direzione di aver subito un furto nella sua stanza. Quello, preso dall’ isteria, aveva chiamato la polizia e non di meno che il suo avvocato. La logica soluzione era controllare tutti insieme le telecamere di sicurezza, per far contento nell’ immediato il cliente starnazzante.
Lei a quella maledetta telecamera non ci aveva mai badato, ne ignorava completamente l’ esistenza.
Nell’ ufficio del direttore quel giorno c’ erano, in ordine: i proprietari dell’ Hotel: marito e moglie, il cliente derubato, il suo avvocato, e due poliziotti.
Quella piccola telecamera, quasi invisibile, se ne stava aggrappata come un avvoltoio sul soffitto, puntata sulla postazione della nostra Mary, lei in primo piano e sullo sfondo il resto della reception.
Erano tutti impalati e sconvolti davanti allo schermo a guardare il film porno amatoriale di Mary che con le gambe spalancate amoreggiava con se stessa tutta la notte.
I due poliziotti ridacchiavano, l’ avvocato si trattenne.
I due direttori, vecchi e bigotti, pietrificati. Non sapevano quale parola dire per prima.
Essendo il filmato della reception la chiave per risolvere il caso, furono costretti a continuare la visione sopportando l’ ovvio imbarazzo.
L’ unica fortuna nella tragedia fu che, in quel momento , Mary non era piú di turno, altrimenti ci sarebbe stata anche lei in quella stanza a guardarsi.
La sera stessa ricevette la lettera di licenziamento, con effetto immediato. Nessuno le parló, almeno a voce, del video, ma parlavano gli sguardi giudicanti dei direttori. Nella lettera si accennava a “comportamenti non consoni al luogo di lavoro” e si ripeteva la parola”telecamera” almeno quattro volte.
Poi si é scoperto che il cliente non aveva subito nessun furto ma era solo vittima della propria sbadataggine, la collana che reclamava gli era caduta tra il letto e il comodino. L’ha ritrovata il personale delle pulizie piú tardi e gliel’ ha prontamente restituita.
E cosí c’ é una sedia blu anche per Mary, in questo tempio di pervertiti.
Nel frattempo Diana é arrivata all’ incontro, diciotto minuti di ritardo. Saluta a bassa voce, guardando rapida il dottore, i presenti, e poi me.
La duchessa degli allupati.
Si siede al posto che le ho riservato, alla mia destra, e finalmente si può cominciare.
…continua…
Mamma mia ruben, mamma mia... Ti prego, scrivimi a gioiliad1985[at]gmail.com , mi piacerebbe condividere con te le mie esperienze…
ciao ruben, mi puoi scrivere a gioiliad1985[at]gmail.com ? mi piacerebbe condividere con te le mie esperienze...
Davvero incredibilmente eccitante, avrei qualche domanda da farvi..se vi andasse mi trovate a questa email grossgiulio@yahoo.com
certoo, contattami qui Asiadu01er@gmail.com
le tue storie mi eccitano tantissimo ma avrei una curiosità che vorrei chiederti in privato: è possibile scriverti via mail?