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Questa è una cosa accaduta ad una mia ex. A volte mi piace mettermi nei panni di una donna nel raccontare, anche se sono un uomo.
Se qualcuna vuole esprimermi un parere in privato coltranejohn39@gmail.com

L’episodio – mi ha detto Giada – è successo a capodanno, diversi anni fa. Non mi è accaduto più niente del genere e quindi è rimasto un momento isolato della mia vita erotica, a cui penso molto spesso.

Ero in montagna, in baita, con la mia compagnia di allora. Qualcuno era ancora studente, come me, qualcuno già impegnato nel lavoro. Avevamo fra i 20 e i 30 anni, io ero una delle più giovani. A noi si era aggiunta all’ultimo momento anche una coppia più vecchia, sui quaranta. Lei di origini tedesche, anche se parlava perfettamente l’italiano; bionda, veramente molto bella e sicura di sé. Lui sportivo, gioviale, il tipo di persona abituata ad avere a che fare con tante persone diverse, quindi per niente in imbarazzo a mescolarsi a noi. Erano lì perché li aveva invitati Giulia, la proprietaria della baita. Li aveva conosciuti durante una trasferta di lavoro, Giulia era stagista in una società di telecomunicazioni. Le avevano detto che avrebbero passato il capodanno sulle piste da sci, e lei aveva pensato di invitarli.
Eravamo in tutto una dozzina. Di ragazze oltre a me c’erano ovviamente Giulia, con il suo ragazzo, e Silvana, anche lei accompagnata. Io ero l’unica single, per cui avevo messo in conto che prima o poi qualcuno si sarebbe fatto avanti. A me interessava solo Sergio, anche lui studente. Però, pur essendo a sua volta single, e pur essendo io all’epoca, senza falsa modestia, molto carina, fino a quel momento non si era mai sbilanciato.

La notte di San Silvestro è iniziata come al solito, seduti attorno a un tavolone a bere e mangiare. Poi siamo passati ai giochi di società. Dopo un po’, la nuova venuta, la tedesca, ha detto che conosceva giochi un po’ più divertenti.
La proposta, unita all’alcol, ha creato un clima elettrico, anche se fino ad allora in compagnia non avevamo mai fatto certe cose. Ci siamo messi per terra, sopra a delle coperte, a giocare a strip-dadi, una variante dello strip poker. Dopo un’ora eravamo tutti in mutande, le ragazze anche senza reggiseno. Stranamente, nessuno si era tirato indietro, ognuno sembrava a proprio agio, o forse non voleva mostrarsi in difficoltà di fronte agli sconosciuti.
Ma andando avanti a giocare erano emerse le diverse personalità: chi tendeva a coprirsi, chi sembrava impaziente di spogliarsi, chi, come me, faceva del suo meglio per ostentare disinvoltura, anche se quando mi sono tolta il reggiseno sono arrossita, e mi hanno preso in giro. Almeno, avevo i seni più belli, a parte forse quelli della tedesca, che aveva un fisico statuario. Tra l’altro, lei era l’unica donna ad avere messo, sotto, un tanga (io avevo scelto un coordinato viola, con i pizzi). In quanto alle altre, i seni di Giulia erano quasi inesistenti mentre quelli di Stefania un po’ a pera.
Giunti a quel punto, comunque, ci siamo fermati. Faceva caldo, la stufa aveva pompato tutto il giorno. Tutti attendevamo che qualcuno facesse il passo successivo.
Ovviamente a farlo è stata la tedesca, che ha portato con nonchalance il discorso su argomenti sempre più spinti, fino a parlare di orgasmo. Si capiva benissimo che lei e suo marito di situazioni del genere ne avevano vissute parecchie. A turno ognuno ha detto la sua. Io ho confessato che mi ci voleva molto tempo, per venire, e ho aggiunto che quasi mai i ragazzi avevano tutta quella pazienza. Ovviamente i maschi presenti si sono schermiti, e mi hanno assicurato che se fosse toccato a loro mi avrebbero dedicato anche tutto un pomeriggio.
– Un pomeriggio è anche troppo – ho commentato.
– Hai mai provato con un vibratore? – mi ha chiesto la tedesca a bruciapelo.
Ho risposto di no. Ed era vero, mi erano sempre bastate le dita.
– Dovresti.
– Quando ne avrò l’occasione.
Ha inclinato la testa e si è alzata, per andare nell’altra stanza, dove avevamo messo borse e zaini. In piedi, così, vista da dietro, era uno spettacolo, e infatti nessuno ha fiatato.
E’ tornata quasi subito con un oggetto in mano. Era un dildo, non volevo crederci. Era rosa, con delle venature, di dimensioni normali, solo poco più grande dei cazzi che avevo visto fino a quel momento. Col senno di poi, siccome loro dormivano in albergo, mi sono resa conto che se l’era portato dietro apposta, che aveva pensato di farlo entrare nei suoi “giochi”, prima o poi.
Le reazioni, di nuovo, sono state diverse. I ragazzi sono scoppiati a ridere, i ragazzi ridono sempre, vuoi perché si divertono, vuoi per mascherare il disagio. Le ragazze non sapevano se fare una faccia divertita o disturbata. In quanto a suo marito, sembrava molto rilassato, ma gli avevo sbirciato fra le gambe e aveva un bozzo sotto gli slip, probabilmente la vista di noi ragazze quasi nude aveva fatto il suo effetto. O forse lo eccitava che sua moglie si mostrasse tanto disinibita con noi.

Come mi aspettavo, me lo ha passato, facendomi un sorriso. Io l’ho preso, l’ho tastato, cercando di sembrare tranquilla, nonostante i commenti.
– Scaldalo un po’ con le mani, è pulito – mi ha chiesto, sempre con il suo tono tranquillo. Perché avrei dovuto? Dal suo sguardo mi sono resa conto che la sua non era stata una goliardata, che aveva qualcosa in mente.
Visto che restavo immobile, con questo affare stretto nel pugno, mi hanno allungato una bottiglia di wodka, da cui ho fatto un lungo sorso.
– Allora, giochiamo? – ha ripreso lei.
– Che gioco? – ha detto Sergio, che era seduto di fronte a me. Non l’avevo mai visto così spogliato. Sul petto non aveva neanche un pelo.
– Quanto manca a mezzanotte?
– Vediamo…uh, però, solo 20 minuti – le ha risposto il marito.
– Allora, Silvia. Il gioco sarebbe…farti venire prima di mezzanotte.
– Come? – . Pensavo di avere capito male.
– Vedrai che il mio dildo fa miracoli.
Se avessi commentato: siete matti, datevi una calmata, penso che tutto sarebbe finito lì. Ci saremmo rivestiti e avremmo iniziato a tirare fuori i calici per il brindisi.
– Tanto non verrei neanche una volta – ho aggiunto, invece, pensando di sdrammatizzare.
– Chi lo sa. – ha osservato Sergio – Vediamo.
Mi stava mettendo alla prova pure lui. Con un sorrisino.
– Allora? – ha ripreso la donna. – E’ un gioco, siete tutti amici.
– Ma stai dicendo sul serio?
– E’ capodanno, bisogna fare qualche pazzia. Vero?
Un coro di assensi ha accolto le sue ultime parole.
A quel punto Sergio si è alzato, e così ho potuto vedere benissimo anche la sua, di erezione, sotto il boxer. Si è posizionato alle mie spalle e ha iniziato a toccarmi i capelli.
– E’ un gioco – mi ha sussurrato all’orecchio. Evidentemente tutti sapevano che avevo una cotta per lui, lui compreso. Che stupida, ero, a farmi trattare così.
– Perché non lo fai tu, allora?
– Ma io non ho problemi a venire.
– Bene, allora è fatta – ha detto a questo punto l’uomo.
– Fatta cosa? – ho esclamato.
– Mettiamola in mezzo – ha detto la donna. Poi, come se si fosse ricordata che c’ero anch’io: – Ci penso io, stai tranquilla, rilassati…

Altre mani oltre a quelle di Sergio hanno iniziato a sfiorarmi, sulle ginocchia, sui fianchi, forse anche quelle delle ragazze. Provavo a respingerle ma, come dire, in un certo senso ero divertita, perché erano solo carezze, non prepotenze. Ecco, se a questo punto avessero provato davvero a forzarmi, a costringermi, avrei resistito. Invece, così, la situazione continuava a mantenere un carattere giocoso, di scherzo, forse un po’ crudele, ma non realmente violento. Lo ammetto, una parte di me era lusingata da tante attenzioni. Ad un certo punto Sergio mi ha fatto il solletico sui fianchi, e quel gesto è stata la svolta, perché per sottrarmi a lui sono rotolata sul tappeto, proprio dove mi aveva detto di mettermi la tedesca, in mezzo al cerchio.
E’ stato come in un sogno. Mi sono ritrovata sdraiata sulla schiena, e qualcuno ha cercato subito di togliermi le mutande, non Sergio, che si era riposizionato dietro di me, e che mi ha fatto mettere la testa fra le sue ginocchia. Ma la donna ha detto: intanto lasciale.
A sua volta, si è piazzata in ginocchio davanti alle mie gambe, che erano ancora semichiuse, oltre che piegate ad angolo retto. Me le ha allargate dolcemente, spingendo sulle ginocchia. Ho allungato le mani per coprirmi ma Sergio, da dietro, me le ha afferrata, intrecciando le mie dita alle sue. Poi la donna ha iniziato a passarmi il dildo sulla pancia. Doveva averlo cosparso di lubrificante, perché ho sentito una sensazione umida, sotto l’ombelico. Il cuore mi batteva all’impazzata.
– Basta, dai – ho detto, a Sergio, credo.
– Cosa?
– Stiamo esagerando.
– Chiudi gli occhi.
Ho obbedito.
– Brava. Quanto manca?
– 15 minuti – ha risposto Giulia.
– Dovremo rallentare – ha commentato.
Come rallentare? Per cosa?
Comunque, la tedesca sembrava proprio non avere fretta. Con la grossa cappella del dildo ha sfiorato il bordo di pizzo delle mie mutande, lo ha percorso tutto, da un fianco all’altro. Poi è scesa fra le mie cosce, fino alle labbra della vulva, protette solo da quella sottile barriera di cotone. Mi sentivo bagnata e ho pensato che si doveva vedere un bel po’, là sotto, adesso.
A quel punto lo ha acceso. Il ronzio dell’attrezzo mi ha preso di sprovvista. Lo ha spostato verso l’alto, a cercarmi il clitoride. Ho sentito come una scarica percorrermi il corpo, e non sono riuscita a trattenere un gemito, cercando di divincolarmi. Lo ha tolto subito, per passarmelo sulle cosce, poi più in basso, fino a sfiorarmi l’ano.
– Un cuscino – ha ordinato. – No, è troppo grosso. Quello lì, sì.
Sempre tenendo gli occhi chiusi, ho capito quello che cercava di fare e istintivamente ho sollevato il bacino per agevolarla. Ha messo il cuscino sotto il mio sedere, facendomi sentire ancora più esposta e alla sua mercé. Ma in quella posizione tenere la testa sulle ginocchia di Sergio diventava scomodo. Lui lo ha capito.
– Attenta – ha detto, tirandosi indietro, e poi sorreggendomi per la nuca finché non si è appoggiata dolcemente sulla coperta.
Quindi mi ha accarezzato i capelli, poi il collo, fino ai capezzoli, che ha iniziato a titillare solo con un dito.
Stavo morendo di vergogna, ma al tempo stesso ormai volevo a qualcosa di più. Non mi importava che fossero lì, seduti davanti a me, che si stessero godendo lo spettacolo dei miei capezzoli eretti, che cogliessero i movimenti involontari del mio pube, che adesso andava a sua volta alla ricerca di un contatto con quel pene finto, ma avrebbe potuto essere vero.
– Quanto manca?
– Dieci minuti.
Togliamogliele, ha detto la donna.

Mi hanno sfilato l’ultimo indumento, mi hanno aperto un po’ di più le gambe. Il mio sesso ora era completamente esposto, con i pochi peli che avevo risparmiato alla depilazione. Grondava. Il dildo però ha fatto un percorso lunghissimo per raggiungerlo. E’ partito dalle caviglie, è risalito lungo le cosce, come se fosse dotato di vita propria. Si è soffermato di nuovo all’attaccatura delle natiche, senza forzarla, ma abbastanza perché sentissi la vibrazione anche in quel punto. Poi è risalito fino al solco della vagina, strappandomi altri gemiti. Ha indugiato sulle mie pieghe, sull’esterno e poi l’interno delle grandi labbra. Mi sembrava di impazzire.
Volevo sentirlo dentro, nella rosa, nel rosso.

L’eccitazione attorno a me era quasi palpabile, una serie di onde che mi investivano. Dei ragazzi con i loro cazzi eretti, che io immaginavo solo perché ancora non avevo il coraggio di aprire gli occhi, del marito della donna, che avrebbe di certo approfittato volentieri della situazione, e persino delle ragazze, persino loro a quel punto dovevano essere allagate, ma non dicevano niente, non parlavano.
Sergio mi stava stringendo i capezzoli con due dita – se era solo lui, e qualcuno non lo stava aiutando – mentre il dildo trasformava i miei gemiti in aah, aah. Poi la donna lo ha spostato sul punto più sensibile, facendomi inarcare.
– Quando manca?
– Cinque minuti.
– Bene.
Si è spostata sull’esterno della vagina, prima da una parte, poi dall’altra. Ha fatto questa cosa due o tre volte.
– Ti prego – l’ho implorata.
– Cosa?
– Per favore.
– Sei sicura?
– Sì, ti prego.
– Sicura sicura?
– Sììì.
– E voi siete d’accordo?
Un tripudio di sì. Mani sulle mie tette, sulle mie ginocchia.
– Vieni, allora, gioia, te lo sei meritato.
Lo ha messo al massimo e me lo ha tenuto sopra, senza spostarlo. L’ho sentito arrivare. Ho goduto mordendomi le labbra, poi gridando, è stata una liberazione. Con le mani stringevo la coperta. È stato un orgasmo fortissimo e col senno di poi più volte mi sono detta: me lo ha procurato una donna, una sconosciuta, con un affare di plastica.
Lei ha continuato a tenere il vibratore lì in mezzo, solo, non più sul clitoride, e a velocità ridotta, mentre Sergio mi accarezzava ancora i capelli. Doveva avere i testicoli in fiamme, ormai.

Alla fine – mi ha detto Giada, sospirando – mi sono girata e ho affondato il viso fra le sue cosce. Senza controllo, sono scoppiata a piangere per la tensione. Più tardi, mi sono resa conto che avevo lasciato su quelle cosce tutto il mio trucco. C’è stato uno scroscio finale di applausi.
A questo punto glielo avrei anche preso in bocca ma la voce dell’uomo, con il suo forte accento tedesco, mi ha fermata. Mancano ancora dieci secondi, ha detto. Nove, otto, sette…

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