Le due settimane sembrava che non passassero mai, come sempre succede in questi casi. Gli incontri con zio Domenico divennero sempre più rari a causa del suo lavoro, io continuavo a lavorare nel bistrot vicino casa seguendo i soliti turni flessibili. Ultimamente iniziavano ad essere anche troppo flessibili, non mi lasciavano un attimo di tempo libero e venivo chiamato in continuazione a tutte le ore. Iniziavo seriamente a stancarmi. Ad una settimana esatta dalla partenza di zia, andai a parlare con il proprietario del bistrot per dare le dimissioni. Dissi che avevo trovato un altro lavoro, completamente diverso da quello, ben pagato e perciò dovevo andar via. Lui capì, disse che ero giovane ed era un bene che avessi trovato un nuovo lavoro.
“Sei giovane, è giusto che tu vada incontro ai tuoi sogni e che prenda la vita per il collo!” disse mentre mi salutava augurandomi buona fortuna. Fu molto gentile e mi concesse di andare in ferie già dalla settimana successiva, proprio quando zia sarebbe partita, per smaltire i giorni di ferie che avevo accumulato fino a quel momento in attesa dei quindici giorni necessari per le dimissioni. Facendo i conti ci rientravo alla perfezione, una settimana di ferie (proprio i giorni in cui zia sarebbe stata via) e la settimana dopo quando lei sarebbe rientrata a casa, le dimissioni sarebbero risultate effettive.
Non dissi nulla ai miei genitori, l’unica persona a cui lo dissi fu zio Domenico. Mi resi subito conto che la cosa mi avrebbe aiutato durante la settimana in zia Maddalena sarebbe partita. Già avevo tutto in mente, avrei detto ai miei genitori che andavo a lavorare e invece sarei stato a casa di zio ad aspettarlo oppure direttamente tra le sue braccia.
Era il piano perfetto insomma!
Mentre stavo lavorando sentì il telefono vibrare, mi resi conto che era un messaggio di zio, lo lessi dopo aver portato un tagliere di salumi ad una giovane coppia seduta ad un tavolino all’esterno del locale.
“Ciao tesoro mio, oggi se non ricordo male lavori a pranzo. Vediamoci al solito posto per le 19:00 così ti do qualche aggiornamento riguardo la prossima settimana e ti do un piccolo assaggio di quello che ti aspetta quando saremmo soli io e te. Un bacio tesoro.”
Lessi velocemente il messaggio mentre mi nascondevo nel magazzino del locale, gli risposi che mi sarei fatto trovare sulla solita scala anti incendio a quell’ora e gli mandai i soliti cuori.
Quando finì il turno tornai a casa, feci la doccia per eliminare l’odore di fritto che mi portavo spesso a casa dopo il lavoro, colpa della cucina del bistrot, e come al solito ripetei la solita routine fatta di depilazione e clistere. Quando ebbi finito mi chiusi in camera e iniziai a fare qualche esercizio veloce per rassodare i glutei, avevo iniziato a farli da qualche giorno sperando che mi aiutassero un po’ a rassodare il mio culetto in aggiunta ai leggins push up. La cosa sembrava stesse funzionando anche se forse era solo suggestione ma io non mollavo. Dissi a mia madre che sarei andato a fare il solito aperitivo con gli amici per giustificare la mia solita fuga con zio Domenico. Mamma non sospettava nulla ma iniziava a trovare strano il fatto che facessi così tanti aperitivi anche se del resto fino ad ora non è che avessi avuto chissà quanta vita sociale, giustificai la cosa dicendo che i miei amici finivano di studiare o tornavano dall’università quasi tutti alla stessa ora e quindi ne approfittavamo per vederci al volo davanti ad un aperitivo. Senz’altro lei era felice del fatto che avessimo mantenuto i rapporti di amicizia anche dopo la scuola e mi lasciava fare, anche papà la tranquillizzava ripetendole che era una cosa normale per la mia età e che anche loro da giovani facevano le stesse cose.
Andai verso la scala anti incendio, aprì la porta lentamente per non farmi sentire da nessuno ed andai al solito posto. Aspettai il solito messaggio di zio che mi avvisava del suo arrivo, quando arrivò mi tolsi i pantaloni (avevo messo di nuovo i leggins sotto) e li misi piegati nel solito angolo. Quei minuti di attesa mi facevano saltare il cuore in gola, restare lì, tutto solo con i leggins addosso era una cosa che mi eccitava e mi spaventava allo stesso tempo. Sentì i passi (e se non fosse stato zio Domenico….?), il cuore batteva sempre più forte dall’eccitazione, non riuscivo ancora ad abituarmi. Alla fine arrivò. Gli corsi incontro e lo abbracciai, subito ci baciammo e sentì la sua lingua muoversi come faceva sempre nella mia bocca.
“Allora tesoro mio, come stai?” mi chiese zio mentre le sue mani scendevano sul mio culetto.
“Tutto bene zio, ancora qualche giorno di lavoro e poi sono libero finalmente…” risposi.
“Non vedi l’ora eh? Te lo leggo negli occhi tesoro… Anche io sto morendo dalla voglia lo sai?” aveva ragione, mi aveva letto nel pensiero.
“Si zio, non vedo l’ora che zia se ne vada e ci lasci da soli, muoio dalla voglia….” avevo iniziato ad accarezzare i suoi pantaloni, con la mano cercavo di entrare dentro per toccarlo e sentirlo crescere, zio se ne accorse e si slacciò i pantaloni velocemente. La mia mano entrò completamente nelle mutande, arrivavo a prenderlo in mano e a sentire tutto il suo calore.
“Ti ho già preparato un mazzo di chiavi tesoro, quando zia sarà partita ti avviserò così potrai entrare in casa e metterti comoda. L’idea di rientrare a casa e trovarti tutta vestita che mi aspetti mi fa impazzire. Ti voglio come la prima volta tesoro… Voglio che ti fai bella per me.” la sua lingua tornò subito nella mia bocca mentre io continuavo a masturbarlo e sentivo il suo cazzo crescere tra le mie mani.
“Ora scendi sotto che ti do un assaggio di quello che ti aspetta la prossima settimana…” mi spinse verso il basso e in pochi secondi il suo cazzo mi entrò in bocca, lo infilò lui stesso di corsa. Sentivo che pulsava di voglia e piacere. Iniziai a muovere la bocca avanti e indietro, il cazzo spingeva per farsi strada verso la mia gola e la mia lingua lo accoglieva con i soliti movimenti. Sentivo di nuovo il suo sapore che mi era mancato così tanto in quei giorni. Le sue mani mi tenevano la testa saldamente e la muovevano. Lo sentivo che iniziava a mugolare dal piacere. Non mi dava nemmeno il tempo di riprendere fiato, iniziò a muovere la mia testa sempre più veloce, con un colpo secco lo affondò fino alla gola, mi tenne fermo per qualche secondo e poi uscì di corsa. Rimise il cazzo nella mia bocca con un movimento rapido e poi riprese ad affondarlo nella gola per qualche secondo. Poi uscì di nuovo, rientrò ancora, poi ancora e ancora e ancora. Ora il suo cazzo iniziava a raccogliere sempre di più la mia saliva, era tutto lucido. Era il cazzo più bello del mondo. La bava mi colava sempre di più ogni volta che lo tirava fuori dalla bocca. Iniziò a scoparmi la bocca, oramai avevo iniziato ad abituarmi a quello stantuffo continuo che mi arrivava quasi fino in gola, stavo diventando bravo a prenderlo in bocca.
“Si tesoro mio si…. Ti scopo la bocca tesoro. Questo è solo l’inizio, preparati perché la prossima settimana te la scoperò molto di più, vedrai piccola mia come ti scoperò!” lo sentivo mugugnare dal piacere. Mi abbassai i leggins e tirai fuori il mio cazzo che oramai iniziava a star stretto nelle solite mutandine. Iniziai a masturbarmi dopo aver raccolto velocemente un po’ di saliva dagli angoli della mia bocca, ne bastò poca per lubrificarmi il cazzo e far scivolare la mia mano su e giù velocemente. Zio oramai ea completamente partito, sentivo che era troppo eccitato, non mi avrebbe scopato, sarebbe venuto direttamente nella mia bocca. Mi masturbavo così velocemente la pelle del prepuzio si era completamente arrotolata sotto la cappella lasciandola scoperta, presi altra saliva e ripresi a muovere la mano. Stinsi la cappella e iniziai a strofinare con la mano, sentivo il piacere che saliva a ondate sempre più forti, era tutto un formicolio. Ero sull’orlo dell’orgasmo. Cercavo di muovere la lingua più che potevo per leccare la parte inferiore del cazzo di zio per farlo venire e intanto iniziavo a stringere le gambe per via delle contrazioni dovute all’orgasmo che stavo per raggiungere.
“Si amore mio si! Eccolo che arriva… vengo!” farfugliò zio in preda al piacere mentre le prime gocce di sborra calda esplodevano nella mia bocca. Poi arrivò un altro schizzo, un altro e poi un altro ancora. In pochi secondi arrivarono pochi ma enormi schizzi di sperma che mi riempirono la bocca. Il sapore mi invase le papille gustative, solo sentire quel calore e quel sapore pungente bastò a farmi raggiungere l’orgasmo. Mi ritrovai con la mano piena di sperma denso e caldo.
Zio tirò fuori il cazzo dalla mia bocca, tenendo la bocca leggermente aperta per non far colare a terra quella delizia lo vidi soddisfatto di come mi aveva appena riempito.
Con la mano ancora sul cazzo feci attenzione a raccogliere tutto lo sperma che avevo appena spruzzato, portai la mano sotto la bocca e mentre guardavo fisso zio negli occhi feci colare tutto nel palmo della mano tirando fuori la lingua.
Il suo sperma si mischiò al mio, con la lingua ancora di fuori e grondante succo d’amore, iniziai a leccare tutto. Con poche leccate ripulì tutto il palmo e ingoiai quel delizioso mix di sperma. Zio mi guardava estasiato.
“Certo che sei proprio una vera maialina tesoro mio, quasi non ti riconosco più…. e pensare che la prima volta che ti ho vista davanti a me con i vestiti di zia addosso quasi non riuscivi a guardarmi in faccia. E invece adesso guarda come sei golosa!” mi accarezzava il viso delicatamente.
“Lo faccio per te zio, è merito tuo. Tu mi hai aiutato ad essere me stesso…” gli risposi.
“Non chiamarmi più zio, chiamami Domenico.” mi disse.
“Va bene. E’ merito tuo Domenico se sono riuscito a tirar fuori questa parte mi di me.” mi alzai e lo abbracciai.
“Ti adoro così come sei tesoro mio e la prossima settimana vedrai che questa meravigliosa parte di te finalmente si sentirà libera, te lo prometto.” mi baciò.
Restammo abbracciati qualche istante, sentivo il suo cuore che batteva forte, anche il mio batteva forte dopo quello che mi aveva appena detto. Zio si tirò su i pantaloni ed io mi rivestì velocemente. Poco prima di salutarci mi diede una copia delle chiavi di casa.
“Quando zia partirà ti avviserò così potrai venire a casa con calma, ora devo scappare tesoro mio, ci sentiamo.” mi baciò e ci salutammo. Tornai a casa di corsa, questa volta non dovevo fare il solito giochetto con il bicchiere per gustarmi tutto il succo di zio. A cena mangiai pochissimo, ero ancora tutto eccitato per via dell’imminente partenza di zia, addirittura avevo ancora le chiavi che mi aveva dato zio nella tasca dei jeans e sotto indossavo ancora i leggins. Dopo aver sparecchiato andai a cambiarmi velocemente in camera, mi tolsi i leggins e le mutandine, rimisi tutto nel solito zainetto insieme al mazzo di chiavi. Stavo per mettermi comodo in pigiama quando ricevetti una chiamata, i miei amici mi chiedevano se ero libero per prendere una birra al solito pub. Non avevo molta voglia, il cuore mi batteva ancora forte dall’eccitazione ma alla fine accettai pensando che sarebbe stata una buona occasione per non far sospettare di nulla i miei. Mi avrebbe aiutato a mantenere un’apparenza di “normalità” ai loro occhi e magari si sarebbero un po’ tranquillizzati visto che ogni tanto li sentivo parlare di nascosto del fatto che continuavo a non uscire di casa se non per lavorare e per i tanti “aperitivi” che facevo prima di cena.
Mi rivestì, presi chiavi, portafoglio e telefono e dissi ai miei che sarei uscito, mamma fece qualche storia ma ovviamente papà la tranquillizzò.
Arrivai a piedi al pub, gli altri erano già arrivati, mi sedetti al tavolo e lentamente bevvi la mia birra. Feci passare la serata parlando del più e del meno, accennai al fatto che volevo lasciare il lavoro al bistrot per via degli orari scomodi, ricevetti la loro approvazione e tra un commento su qualche ragazza o cameriera che passava e una critica sui nuovi acquisti dei giocatori delle loro squadre del cuore, la serata scivolò via. Io ovviamente non partecipavo attivamente, il calcio non mi è mai interessato più di tanto.
Usciti dal pub facemmo una passeggiata nel quartiere, i ragazzi avevano voglia di un panino dal solito paninaro dove andavamo sempre, io non presi nulla da mangiare perché mi ero messo in testa di perdere qualche chilo e mettermi in forma per zio Domenico. Quando finirono lo spuntino di mezzanotte tornammo tutti a casa. Aprì la porta cercando di non fare rumore e andai ad infilarmi nel letto. Naturalmente c’era il solito pensiero che non mi abbandonava per nessun motivo e così dovetti ricorrere nuovamente alla solita masturbazione. Mi abbassai i pantaloni e movendomi sotto le lenzuola con una mano salda sul mio pisellino e un’altra che stuzzicava e premeva contro il mio ano, iniziai a darmi piacere. Sputai sulla mano per lubrificare un po’ il buco del culetto, rilassai lo sfintere e in un attimo ecco che due dita stavano entrando dentro di me. Feci lo stesso con l’altra mano, cercando di massaggiare la cappella come avevo fatto alcune ore prima mentre succhiavo il cazzo di zio Domenico e il tutto funzionò alla perfezione. Immaginavo che le dita fossero quelle di zio, anche se non riuscivo ad arrivare alla prostata il solo pensiero che fossero le sue bastava per farmi eccitare, la mano bagnata sulla cappella fece il resto e poco dopo un rapido schizzo di sperma l’aveva bagnata nuovamente. Nonostante tutte le contrazioni continuai a masturbarmi fino a raggiungere il limite della sopportazione. Quando non ne potei più, sfilai le dita dal mio culo e una dopo l’altra le leccai per assaporare completamente il succo anale che aveva appena iniziato ad uscire, poi leccai la mano con lo sperma. Mi resi conto che oramai non riuscivo più ad addormentarmi se prima non mi masturbavo in quel modo pensando a zio. L’adrenalina scemò e caddi in un sonno profondo.
Suonò la sveglia, dopo essermi rotolato ancora un po’ nel letto mi alzai. A casa non c’era nessuno feci colazione con calma, andai a lavarmi e tornai in camera. Mi spogliai e presi il mio zainetto segreto, tirai fuori uno dei completino che mi aveva regalato zio, un due pezzi in pizzo e cotone, molto semplice e sobrio e lo indossai. Regolai le spalline del reggiseno per farlo calzare meglio, sistemi i bordi di pizzo dello slip per farli aderire meglio al mio culetto e feci scivolare appena al mutandina tra le chiappe per lasciarle un po’ scoperte. Andai in camera dei miei per guardarmi davanti al grande specchio sull’anta dell’armadio. Quel completo non lo avevo mai messo, eppure non mi stava male, ovviamente prediligevo quello leopardato perché sapevo che avrebbe eccitato zio Domenico molto di più. Aprì l’armadio di mamma e trovai una busta con dentro alcuni pacchetti di calze, il giorno prima evidentemente era passata dalla sua amica che vendeva l’intimo al mercato comunale e aveva fatto scorta dei soliti collant che usava sempre. C’erano dodici pacchetti di collant marroni da venti a trenta denari, ne presi un paio da 20 in prestito, ero sicuro che mamma non ci avrebbe fatto caso. Aprì la confezione, tirai fuori le calze, mi sedetti sul letto e le indossai una gamba alla volta, tirai su e sistemai l’elastico in vita. Mi guardai allo specchio, sistemando le grinze che si erano formate sulle gambe, mi stavano benissimo. Avevano un bellissimo disegno di pizzo che imitava una mutandina e andava a confondersi con lo slip che già indossavo, il nero dello slip e il marrone chiaro della calza si mischiavano alla perfezione, mi accarezzai il culetto tutto fasciato dalla calza, stringendolo un po’ per vedere come l’effetto delle calze lo rendevano al tatto. Mi girai e mi piegai in avanti, mostrando allo specchio il culo, era proprio una bella scena. Richiusi l’armadio, accartocciai la confezione vuota e la buttai in fondo al cestino della mia stanza facendo attenzione che non si vedesse. Provai alcune decolleté di mamma, sempre davanti allo specchio e facendo qualche passo in corridoio. Muovevo i fianchi, sculettavo immaginando che zio mi vedesse per darmi la sua approvazione. Mi tolsi il reggiseno e feci un’altra sfilata in corridoio. Me ne stavo su quei tacchi neri da dodici, tutto nudo con solo le calze e gli slip. Ovviamente l’erezione non tardò ad arrivare. Tornai in camera e vidi l’immagine allo specchio. Mi sciolsi e sistemai i capelli facendo la solita riga da un lato, oramai iniziavano ad essere abbastanza lunghi e non avevano più quella forma a caschetto ma mi piacevano lo stesso. Toccai l’erezione, il cazzo se ne stava tutto dritto, tendente a destra e chiuso per bene nelle mutandine, non ci feci caso. Mi dissi che se volevo godermi al meglio la settimana che avevo davanti dovevo imparare a non badare alle erezioni che mi gonfiavano le mutandine, solo zio Domenico si sarebbe occupato di farmelo venire duro e solo lui ci avrebbe giocato se ne aveva voglia, io dovevo dedicarmi solo e unicamente al suo cazzo. Gli orgasmi anali che avevo avuto grazie a lui erano stati di gran lunga più intensi di quelli che normalmente avevo durante la classica masturbazione manuale, per questo avrei scelto di godere solo in quel modo.
Insomma… mi sarei comportato un po’ come una donna a tutti gli effetti.
Convinto di tutto ciò, tolsi le scarpe e le rimisi al loro posto, ignorando completamente la mia erezione, infatti dopo poco iniziò a calmarsi e a sparire. Andai a sdraiarmi sul mio letto, mentre me ne stavo con le gambe alzate contro il muro a guardare le mie gambe velate ebbi un’idea, mi alzai e mi vestì di corsa. Uscì di casa e camminando velocemente arrivai al grande negozio cinese dietro la via di casa. Entrai e facendo finta di curiosare mi infilai tra gli scaffali, la signora cinese che stava in cassa non mi staccò gli occhi di dosso finchè non sparì del tutto tra le corsie. Sapevo già quello che stavo cercando, ma l’imbarazzo comunque mi frenava, soprattutto quando incrociai altre persone che cercavano di orientarsi in mezzo a quegli scaffali pieni zeppi di roba di ogni tipo. Fingendo di cercare qualcosa andai lentamente verso il reparto dei vestiti, continuavo a guardarmi intorno facendo finta di niente finchè non arrivai allo scaffale delle scarpe, ce n’erano di tutti i tipi, da ginnastica, eleganti, da uomo e da donna… Così tante che non sapevo proprio che fare, finchè non le vidi. Eccole, davanti a me, un bellissimo paio di decolletè rosse in vernice. La punta dritta, il tacco alto e fino. Erano stupende. Mi toccai una gamba sentendo i jeans a contatto con il nylon dei collant. Quelle scarpe erano perfette per me, già me le immaginavo ai piedi. Il prezzo non era nemmeno troppo alto.
Senza pensarci su guardai rapidamente le scatole impilate sotto la scarpa esposta, trovai subito il numero trentanove, presi la scatola e dopo averla aperta e guardato le scarpe riposte dentro, andai alla cassa facendo finta di niente.
La signora cinese mi guardò, forse un po’ meravigliata per l’articolo che le avevo portato ma non disse nulla, chiese il totale e io tirando fuori il portafoglio pagai in fretta, la signora imbustò la scatola e in pochi secondi ero fuori che camminavo verso casa con la busta in mano. Tornai a casa, andai diretto in camera e presi lo zainetto segreto. Tirai fuori la scatola dalla busta, sopra c’era disegnato un cuore rosso con scritto “Red Passion”. Per un attimo fui preso dal panico, lo zainetto sembrava troppo piccolo per le scarpe, ma poi appena le tolsi dalla scatola mi resi conto che mi sbagliavo. Mi spogliai completamente, rimasi solo con le calze e il reggiseno. Presi le scarpe e le provai, calzavano bene anche se le sentivo leggermente strette, sicuramente si sarebbero allentate indossandole. Mi sedetti sul letto e mi guardai i piedi, il rosso fiammante delle scarpe quasi mi accecava da quanto erano lucide, la suola color crema era immacolata, quasi mi dispiaceva farle toccare il pavimento e farle sporcare un passo dopo l’altro. Mi alzai in piedi e iniziai a camminare. I tacchi nuovi risuonavano acuti ad ogni passo, sentivo la pianta del piede che poggiava sul suolo senza un minimo di sostegno, non era una sensazione piacevole, anzi, faceva piuttosto male. Mi fermai, guardai le scarpe, cavolo se erano belle! Sentivo il dolore sulla pianta del piede che aumentava. Andai di corsa verso la scarpiera, trovai una scatola dove mamma teneva tutta una serie di lacci da scarpe, frugai dentro e trovai anche alcune confezioni di cuscinetti gel per scarpe con tacco. Ne trovai subito una che faceva al caso mio. Aprì la bustina, mi tolsi le scarpe e applicai i cuscinetti, quando rimisi le scarpe sentì il la scarpa molto più morbida. “Che sollievo…” dissi tra me e me.
Ripresi a camminare facendo passi molto più brevi e marcati. Facevo avanti e indietro nel corridoio, iniziai a sentire il tacco che premeva sul tallone, quel tacco era decisamente più alto dei soliti dodici o tredici centimetri che usavano mamma o zia, erano molto più alte. Capì subito che se volevo godermele, dovevo imparare a camminarci, a tutti i costi. Ripresi la camminata cercando di non pensare ai talloni che mi facevano male.
“Certo saranno pure belle ma fanno un male….” dissi sottovoce cercando di non pensare al dolore. Andai a cercare altri cuscinetti gel da me nella zona del tallone, con quelli sembravano meno dolorose. Mi consolai pensando alla faccia che avrebbe fatto zio quando mi avrebbe visto con quelle scarpe ai piedi. Lo smalto rosso era d’obbligo, non potevo certo indossarle senza. Continuai a sculettare per casa, sperando di ammorbidire un po’ le scarpe, dopo quasi un’ora di camminata e con i piedini doloranti mi spogliai, piegai le calze, le mutandine e il reggiseno e misi tutto nello zainetto, per fortuna le scarpe entravano senza occupare troppo spazio. Misi tutto al solito posto, e dopo aver messo la tuta da casa scesi a buttare la busta con la scatola delle scarpe per far sparire le prove del mio acquisto. Tornai a casa e guardai l’orologio, era quasi ora di pranzo, a breve mamma sarebbe tornata a casa. Facendo finta di niente mi vestì e uscì come se dovessi andare a lavoro. Invece di andare al bistrot andai al grande parco a pochi isolati da casa, mi fermai a prendere un panino al chiosco vicino l’ingresso del parco e poi andai a sdraiarmi sotto un albero in una delle zone più tranquille del parco. Di solito in estate quella zona era la meta preferita degli studenti e degli amanti dei pic-nic all’aperto ma ora che era quasi autunno era semi deserta. Mi sdraiai sul prato, dopo aver mangiato il panino mi addormentai per qualche minuto e passai lì le ore di quello che una volta era il mio turno al bistrot, feci lo stesso nei giorni seguenti mentre i miei genitori mi immaginavano a lavoro. Alla fine, arrivò il fatidico giorno della partenza. Zia e la mamma si sentirono la sera prima, zia disse a mamma dei soliti dettagli riguardo la partenza e di quanto non le andasse di partire e di quanto secondo lei quel viaggio fosse inutile. Per me invece era tutto l’opposto…!
Lunedì mattina mi svegliai con il suo buongiorno, come sempre.
“Buongiorno tesoro. Vieni a casa quando vuoi, io oggi tornerò verso le quattro a casa. Fatti trovare come solo tu sai fare…”
Tutto eccitato andai a fare una colazione veloce. Per fortuna che non c’era nessuno a casa, sia mamma che papà erano già usciti per andare a lavoro, altrimenti credo che la mia esplosiva felicità li avrebbe insospettiti. Dopo aver mangiato andai a lavarmi, feci il solito controllo dei peli superflui (l’ultima volta me n’erano sfuggiti un po’ e dovetti rimediare) e la solita pulizia rettale. Entrai in doccia e ne uscì dopo più di un’ora, passai tutto il tempo a lavarmi e toccarmi mentre in preda all’eccitazione pensavo a cosa mi aspettava. Non resistetti alla tentazione e con l’acqua che scorreva iniziai ad infilare un dito dopo l’altro nel culo. Mentre me ne stavo chinato verso il la parete della doccia spingevo con le dita per aprirmi sempre di più. Con una mano potevo sentire l’ano dilatarsi e con l’altra tenevo il doccino sempre fisso sul buco, strusciandolo e riempiendomi il culetto di acqua per sentirmi pieno ed appagato. Il pisellino faceva su e giù, a tratti duro a tratti moscio, ma io non gli badavo e mi concentravo solo sul culo. La sensazione del culetto pieno era diventata una gioia oramai, già mi pregustavo con la bava alla bocca cosa mi aspettava nel pomeriggio. Mi resi conto di aver passato troppo tempo sotto la doccia e uscì ad asciugarmi. Non badai all’erezione che avevo, la ignorai. Mi sarei masturbato molto volentieri ma lasciai che la voglia restasse insoddisfatta, attesti finchè il mio cazzo non si calmò, il cuore smettesse di battere così forte e l’eccitazione non tornasse a nascondersi nel sottobosco di felicità, impazienza e passione. Mi asciugai i capelli, provando e riprovando più volte diverse acconciature facendo la riga prima da un lato e poi dall’altra, facendomi una coda, uno chignon dietro la testa oppure uno per lato con una bella riga in mezzo provando magari a lasciare due ciocche che penzolavano ai lati del mio viso. Alla fine vinse la solita riga laterale, avrei sicuramente avuto modo di provare altre pettinature durante la settimana.
Prendendomela comoda misi nuovamente lo smalto ai piedi, ovviamente il solito rosso. Feci tutto con la massima calma, senza quasi guardare l’orologio, sapevo che sarei uscito tranquillamente fingendo di andare a lavoro, avrei poi mandato un messaggio ai miei genitori per dirgli che dopo pranzo sarei rimasto fuori casa e sarei tornato più tardi, forse anche dopo cena, così avrei passato l’intero pomeriggio con zio Domenico senza problemi. Presi il mio zainetto segreto dall’armadio e senza perdere tempo andai a casa di zio, di corsa come se ci fosse il rischio che qualcuno potesse vedermi e scoprirmi. Entrai lentamente sena fare rumore per paura che qualcuno potesse sentirmi. All’ingresso trovai un biglietto che lui mi aveva lasciato prima di uscire quella mattina per ricordarmi di fare come se fossi a casa mia e di sentirmi “libera”.
Ci volle un po’ ma lentamente mi lasciai andare e lo presi in parola. Andai in camera e mi spogliai completamente, presi dallo zainetto il completino nero e le collant e indossai il tutto. Iniziai a sentirmi più a mio agio. Zia aveva lasciato una vestaglia nera appesa dietro la porta, la notai subito e la feci mia. Con quella addosso andava ancora meglio e quando misi un paio di sandali che trovai ai piedi del letto fu tutto perfetto. Erano dei semplici sandali color crema con una leggera zeppa ed una fascia con un fiocco sul davanti ma erano comodissimi. Iniziai a girare così per casa, per fortuna le tapparelle erano tutte abbassate, mentre stringevo leggermente la cintura della vestaglia in vita lasciando aperta la scollatura. Sentivo il pizzo dei bordi della vestaglia a contatto con la pelle, quel leggero prurito e l’odore del profumo di zia Maddalena… Andai a sdraiarmi sul letto, piegai le gambe e le incrociai, alzai appena un piede e vidi il sandalo che iniziò a dondolare mentre lo tenevo con le dita dei piedi. Stare lì era bellissimo, senza niente e nessuno, semplicemente essere, in quel momento e lì. Le ore passavano e io ero lì in attesa, ogni tanto mi accarezzavo le gambe, mi sistemavo le spalline del reggiseno e aspettavo che lui mi avvisasse per dirmi che stava arrivando, alla fine arrivò il messaggio. Tra una mezz’oretta massimo sarebbe tornato a casa. Mi alzai dal letto e andai in bagno, aprì il cassetto dei trucchi di zia e dopo una leggera passata di fondo tinta misi il mascara, feci un rapido contorno agli occhi con la matita e misi il rossetto rosso. Tutto di corsa, giusto per non essere completamente “sciatto”. Sistemai i capelli come al solito e andai in salone ad aspettarlo. I minuti sembravano non passare mai, eppure mancava poco. Alla fine sentì la serratura scattare e la porta si aprì.
(Racconto tratto da una storia vera. I nomi dei personaggi e alcune vicende sono stati modificati per proteggere la privacy dei diretti interessati. Per qualsiasi informazione, suggerimento o domanda potete scrivere a: forbidden.fantasy@outlook.com )
Stupendo
Ciao purtroppo non sono brava nello scritto, Se vuoi scrivermi in privato . delo.susanna@gmail.com
Per un bohemienne come me, che ama l’abbandono completo al piacere e alle trasgressioni senza limiti, questa è forse la…
Ho temuto che non continuassi… sarebbe stato un vero peccato, il racconto è davvero interessante
Grazie, ne sono lusingato. E' da poco che lo faccio, ma lo trovo divertente. Tu scrivi, ho provato a cercare…