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Racconti di Dominazionesenza censuratette enormi

Penetrazioni profonde – Capitolo 4

Marco
    Dorottia alza la voce per farsi sentire sopra le note ad alto volume del brano “Sweet Dreams” degli Eurythmics che il dj ha appena messo. «Ecco le mie amiche!» La ragazza le saluta con la mano come una bambina. I due ridicoli codini biondi non fanno altro che aumentare l’impressione che abbia cinque o sei anni.
    Se non anagraficamente, almeno a livello cognitivo.
    Le tre amiche interrompono il loro chiacchiericcio e voltano il capo verso di noi. Sembrano le finaliste della gara del sorriso meno convincente. Nemmeno loro sopportano Dorottia, come chiunque altro, ma qualche cosa nella natura femminile impedisce loro di tenerla lontana: sono dell’idea che la tengano – sopportino – nel loro gruppo perché, rispetto a lei, sembrano delle fotomodelle.
    Quella che dovrebbe essere la mia ragazza si volta verso di me. Ha le guance gonfie che sembra un personaggio dei vecchi cartoni animati con il mal di denti, le manca solo il fazzoletto che le copre il volto e annodato sulla testa.
    “Io una come lei la scoperei solo a pecora”, dicono per prendermi per il culo. Non sanno che hanno ragione e lo faccio davvero, anche perché sembra essere stata piallata, lì davanti: i capezzoli sono la cosa che più sporge sul suo petto, a parte le costole.
    Alza la voce, perché le sue “amiche” possano sentirla trattarmi male. Mi scaccia con la mano. «Adesso abbiamo cose importanti da dirci, un maschio non le capirebbe!» Sono otto anni che è in Italia e non ha ancora perso il pesante accento dell’Est Europa, soprattutto quando si arrabbia.
    Non reagisco nemmeno, non mi va di litigare alla festa. Già il fatto che me la schiodo di dosso mi rende solo felice. Metto le mani in tasca. «Certo, ma non farti problemi a chiamarmi quando avrete problemi con cose complicate come le sottrazioni.»
    Mi mostra il dito medio. «Vai a cagare!» Si gira e va verso le sue vittime stringendo i pugni e pestando i piedi.
    Manco il culo è bello. Dalle sue parti sono tutte delle fighe fotoniche e lei sembra uno dei troll del cartone animato dove cantano… Mia sorella Alice, quando l’aveva vista, aveva detto che dovevo essere davvero disperato.
    Le tre poveracce dimostrano di meritarsi il primo posto a pari merito del “sorriso meno convincente”. Rachele non si trattiene e alza pure gli occhi al cielo. Sorrido, non so se per il fatto che si sorbiranno loro la mia ragazza o perché sono delle gran belle fregne e preferirei chiunque di loro alla mia “ragazza”.
    Ma ho poco da essere felice: alla fine della serata, Dorottia sarà ancora con me e quelle tre forse con qualcun altro.
    La casa dei Favaro non è ancora piena, e diverse ragazze sono ancora all’esterno, a godersi il tepore della serata di maggio: ora delle dieci ci sarà tanta di quella fregna che magari riuscirò a concludere qualcosa e spassarmela anch’io.
    Mi avvicino al buffet. Ci sono una sfilza di bottiglie in vetro di alcolici disposti come soldati in parata sul tavolo – il figlio dei Favaro non si tratta male, bisogna ammetterlo -, di plastica per le bibite gassate e ciotole piene di patatine, cioccolatini e vassoi di stuzzichini. L’anno scorso non c’era il dj ma un barman che preparava drink. Non si faceva nemmeno troppi problemi se dimostravi diciotto anni o meno quando gli chiedevi qualcosa con l’alcool.
    Non so da dove si comincia a farsi uno spritz e non ho nessuna intenzione di impararlo adesso guardando un video di YouTube. Prendo un bicchiere di carta e lo metto sotto la spina della botticella di birra. Meglio andarci piano, quest’anno. Al risveglio della ciuca dello scorso mi sono svegliato rincoglionito accanto a Dorottia, lei sobria e sverginata. Chiudo gli occhi e scuoto la testa: non vorrei che questa volta mi vada pure peggio.
    La bionda della quinta ragioneria si avvicina e prende una lattina di tè freddo. Non ha le bocce più grosse che abbia mai visto, ma è comunque meglio di Dorottia.
    Sollevo il bicchiere verso di lei, come a brindare. «Ehi, come va?»
    Mi risponde con una smorfia schifata. Prende la bibita e si allontana verso un gruppo di ragazzi e ragazze che chiacchierano e ridono per come mi ha trattato.
    Volto il capo, non voglio vederli. Non sarà questa troia a rovinarmi la serata. Mi appoggio al buffet, non c’è nemmeno una persona accanto a me. Sembra si sia fatto una terra di nessuno vicino al tavolo, nemmeno fossi appestato.
    Bevo un sorso di birra.
    Forse dovrei davvero ubriacarmi e tentare di nuovo la fortuna. Brutte come la troll non credo ce ne siano comunque altre.
    Tra i gruppetti c’è pure Alessandro, anche lui è rimasto single nonostante sia considerato uno dei più bei ragazzi in giro. Pure Dorottia sostiene sia così bello… non capirò mai cos’abbia di così particolare. Il biondo sta meglio ad una donna che ad un uomo. E poi lui… boh, sembra così delicato, un fighetto.
    Una ragazza gli si avvicina, una moretta bassa ma che non butterei via affatto. Lei gli parla, lui annuisce. Ognuno dei due prende il proprio telefono e scrivono qualcosa, si staranno scambiando il numero di telefono. Lei lo saluta, si allontana sorridendo e sembra camminare ad un palmo da terra.
    Come cazzo farà? Da me si allontanano, lui le attira come un magnete. Forse… forse se mi avvicinassi a lui potrei…
    Mi stacco dal tavolo e mi incammino nella sua direzione. Sta controllando il suo telefono, soddisfatto. Avrà una lista di nomi femminili lunga quanto i vecchi elenchi telefonici. «Ehi, Ale!»
    Lui sussulta, solleva gli occhi dallo schermo. Spegne lo smartphone e lo fa sparire in una tasca. Mica te li mangio, i numeri di telefono delle tue troiette…
    Scocca le dita e mi punta contro l’indice, il suo modo tipico di salutare. «Mitico Marco, come va?»
    Sollevo le spalle. Sono qui con quel babbuino con le trecce e mi sembra di essere una merda in mezzo alle farfalle, come può andare? «Alla grande. Bella festa, vero?»
    «L’anno scorso c’era più figa, mi sa.» Beve un sorso dal suo bicchiere.
    Le ultime note di “All That she wants” degli Ace of Base echeggiano nel salone, inizia il ritmo di “Mr. Vain” dei Culture Best. Appoggio il bicchiere alle labbra e mando giù un sorso di birra. Devo capire dove suona il dj, mi piace il repertorio di brani che ha scelto.
    Alessandro si guarda attorno, beve un altro sorso. Mi aspettavo un maggiore scambio di battute tra noi, mi sembra di essere rimasto al tavolo, ma è anche vero che non ho idea di cosa dire. Di cosa parla un figo? Donne? Le auto che comprerà quando sarà ricco?
    Lui si imbambola, fissa qualcosa o qualcuno, sorride. È andato, il bicchiere che ha in mano si sta inclinando e la Coca Cola si avvicina al bordo.
    Lo colpisco con il gomito. Lui trasalisce. «Oh, Alessandro, torna sulla Terra… Stavi per rovesciare il bicchiere.»
    Alessandro si passa una mano sui capelli biondi, raddrizza la bibita. «Sì… stavo guardando le tette di Giada… quanto cazzo è figa?»
    Lancio un’occhiata nel corridoio. La bionda tettona procede indifferente a tutto e a tutti, seguita da quella cozza di Sofia, che le sta parlando di qualcosa. Una è messa male quasi quanto Dorottia, l’altra, quando le ho proposto di uscire, un paio di mesi fa, mi ha guardato come se fossi stato un ratto uscito dalle fogne. “Sono la ragazza di Alessio, non lo sai?”
    Troia. Ma chi ti vuole?
    «Chi, la Maccaferri? Mia sorella è sua amica e dice che è una rompicoglioni frigida, non la sopporta nessuno.» Ma nel loro caso, la tengono nel loro gruppo perché è tanto figa che tutti i ragazzi si voltano per guardarla, e le altre tre rimangono nel campo visivo.
    Alessandro annuisce, solleva il bicchiere, come ad un brindisi. «Certo.»
    Torniamo nel silenzio scandito dalle note di “Another Night” di… no, di questo non mi ricordo chi è il cantante. Ma ha un gran ritmo, come si può ascoltare altra musica? Peccato che Dorottia voglia solo quella merda del giorno d’oggi che passano sempre alla radio…
    Un paio di tette, gran belle tette, fanno la loro comparsa dalla porta d’ingresso. Attaccata c’è quella fregna della Bonetti, la dimostrazione che le dee esistono.
    Scuoto la testa, non riesco a credere esistano ragazze così belle… non devono nemmeno fare parte della stessa specie della troll. «Quella sì che è una bella fregna e non fa la difficile a darla!»
    Fabiana si ferma, si guarda attorno, si volta. Il retro dei suoi jeans è pieno come le mie mutande alla sua vista.
    Non riesco a distogliere lo sguardo, quei due glutei sono un capolavoro. «Va che culo, come me lo scoperei!»
    Alessandro emette una risata. «Con tutti quelli che se lo scopano, deve avere il buco del culo largo come il traforo del Frejus. Incularla dev’essere simile a cadere in un pozzo, ti trovi all’improvviso nel vuoto e…»
    Lo fulmino con lo sguardo. Va’ a farti fottere, bastardo… Vittoria non era nemmeno lontanamente al suo livello, e nemmeno la troietta che era qui un attimo fa a mendicare la tua attenzione.
    Lo stronzo non mi considera nemmeno, si mette a fare qualcosa che dovrebbe essere qualcuno che precipita ma sembra un idiota che nuota in una vasca di palline. È talmente preso a fare il coglione che la sua Coca Cola trabocca dal bicchiere e piove sul pavimento.
    Mi sa che è messo peggio di me, e sta bevendo roba analcolica… Cosa ci perdo il mio tempo, qui?

    Butto giù la birra rimasta nel bicchiere. «Vado a vedere cosa sta facendo Dorottia.»
    Alle mie spalle, Alessandro mormora qualcosa che somiglia ad un “ok”.
    Un altro stronzo da cui stare lontano. Come riusciranno ad essere così infami e a dormire di notte? Mi avvio verso la zona dove ho lasciato la mia troll. Magari ci provasse davvero con Alessandro e mi lasciasse…
    Lancio un’occhiata a Fabiana, che si è avvicinata al buffet, il suo sedere in vista come una luna nel cielo della notte… Metterci le mani, separare le due chiappe muscolose, il suo buco del culo e la figa davanti a me, il mio cazzo in tiro…
    Un ragazzo le si avvicina, le contempla il sedere, le parla. Fabiana volta la testa, sorride, un sorriso di circostanza, prende un bicchiere e inizia a spillare della birra senza ascoltare quello che gli sta dicendo l’altro.
    Le luci sparate dai faretti accanto al dj mi accecano, sbatto gli occhi. Iniziano le prime note di… “Don’t You Want Me”, giusto? Un paio di ragazzi ed una ragazza si muovono come quei gonfiabili che mettono fuori dai negozi alle inaugurazioni e ridono… sono ridicoli, ma si stanno divertendo molto più di me.
    Mi infilo tra la folla evitando di prendere e restituire troppe gomitate, e raggiungo la mia palla al piede. Non so da dove l’abbia preso, ma le è comparso un bicchiere di carta in mano. Dev’essere alcool: lo trangugia come se fosse acqua fresca, ma, per quanto lo regga abbastanza bene, ha il vizio di alzare davvero troppo il gomito. La sua voce sgraziata quanto il suo corpo gracchia in una risata stridula.
    Le altre tre ragazze sembrano avere una paralisi facciale con quei sorrisi fasulli, si lanciano occhiate di straforo piene di imbarazzo, chiedendosi con lo sguardo come sganciare Dorottia e poter tornare a farsi rimorchiare dai ragazzi presenti alla festa.
    Si è formato un anello di vuoto, dove non si avvicina nessuno, attorno alle quattro ragazze. No, adesso sono cinque…
    Lei volta il capo verso di me, i suoi lunghi capelli d’oro ondeggiano, i suoi occhi azzurri incontrano i miei e mi sorride. Il cuore mi perde un colpo. Jennifer!
    Mi ritrovo fermo come uno stoccafisso ad ammirarla, contemplo il suo corpo ma le uniche immagini che mi passano nella mente sono le fantasie erotiche che alimentano le seghe quando penso a lei. Questa sera è ancora più bella di quando viene a studiare da mia sorella… È maggiorenne, adesso, giusto?
    «E allora, ostoba barom, vuoi restare lì a bloccare il passaggio?»
    La voce insulsa di Dorottia mi scuote dalla magia. Le scocco un’occhiataccia, mi trattengo dal risponderle a tono davanti alle ragazze. Non parleranno ungherese, ma non ci vuole molto per capire che mi ha insultato, di nuovo, davanti a tutti. La sua risata graffia l’aria come se fosse una lavagna.
    Le altre quattro lasciano scomparire il loro sorriso posticcio, le loro labbra si arricciano come se avessero assaggiato qualcosa di amaro mentre Dorottia è voltata verso di me. Non la sopportano per nulla.
    Ma io sto facendo lo stesso la figura del debole, che si fa sottomettere da una stronzetta alta la metà di me.
    «Renditi utile.» Dorottia allunga il bicchiere verso di me e lo scuote come se fosse un campanello a mostrare che è vuoto. «Visto che come amante non vali nulla, fatti valere come cameriere e riempilo.» Si mette di nuovo a ridere. Le altre quattro sono imbarazzate, si guardano tra di loro, come a decidere come comportarsi.
    La troll mi lancia il bicchiere contro il petto. Non lo prendo e cade sul pavimento, rotola per un tratto formando una curva.
    Mi guarda come se fossi scemo. «Cos’hai, ti sei drogato, deficiente?»
    Le dita mi fanno male tanto forte le stringo. Non deve permettersi di parlarmi in questo modo davanti ad altre persone. Soprattutto non davanti a Jennifer, lei è…
    Lei apre bocca. «Dorottia, non trattarlo in quel modo!»
    Gli intestini mi si liquefanno, sto per farmela addosso. Lei fa quello che io non ho i coglioni di fare…
    La troll si volta verso Jennifer. «Lo tratto come cazzo mi pare! È il mio ragazzo ed è solo un fallito.»
    «Lo conosco, ed è un bravo rag—»
    «Lo vuoi?» Dorottia fa una vocina per prenderla in giro. «Sono certa che se ti piace un fallito come lui, allora lo sei anche tu, Jenny-Jenny.»
    La ragazza accusa il colpo, diventa rossa in volto. Le tre ragazze accanto iniziano ad agitarsi, si aspettano di essere attaccate anche loro.
    Non dovevi permetterti, stronza. Spingo le braccia dietro il corpo per assicurarmi che non le userò sulla troll, per non colpirla a sangue davanti a tutti. «Non parlare in quel modo a Jennifer!»
    Dorottia si volta verso di me, sorpresa. «Ma hai anche le palle, mezzasega?»
    Qualcuno dei presenti si gira a guardarci, ma la musica alta soffoca le parole della troll già a pochi metri da noi. Quei pochi, comunque, sono una folla troppo grande perché io resti qui a farmi offendere. E la presenza di Jennifer mi impedisce di prendere a pugni la stronza.
    «Vattene al diavolo, Dorottia! Non ho intenzione di passare un altro istante con te!»
    Lei sorride. Ha gli occhi rossi, è ubriaca. «Ma vattene tu, posso avere qualsiasi uomo che voglio.»
    Una delle ragazze alle sue spalle trattiene una risata, un’altra scuote la mano a pigna e dà di gomito a Jennifer, che mi fissa come se fosse stata lei stessa offesa.
    Inghiotto la rabbia che sta per esplodermi nel petto e mi volto. Mi infilo nella folla che sta ballando. Che vada a cagare, quella troia!
    «Bravo, barom, fuggi, che tanto non…» La voce della troll viene inghiottita dalla barriera di ballerini della domenica e soppressa dalla musica martellante che percuote il salone.
     Passo tra ragazzi sudati e puzzolenti, qualcuno non si fa da parte e lo spintono. Che vada a farsi fottere anche lui. Non ho intenzione di vedere mai più quella troia, non si faccia mai più sentire o…
    O cosa? Non le metterei mai le mani addosso, non ho nemmeno il coraggio di lavarle la faccia a insulti. Ho fatto una figura da stronzo davanti a Jennifer… andrà a dirlo a mia sorella? Lei odia Dorottia, la considera una ragazza squallida, che non dovrei nemmeno guardare, ma con chi altro potrei…
    Esco dalla folla, respiro di nuovo. Ho un peso sullo stomaco come quando ho fatto indigestione, la gola chiusa e mi bruciano gli occhi. Tanto varrebbe ubriacarmi, ma non vorrei risvegliarmi di nuovo con una come Dorottia accanto. O proprio lei un’altra volta…
    Accanto al buffet c’è ancora Fabiana. Sta prendendo qualcosa da bere. Il suo culo è pura perfezione, pagherei per poterlo scopare. Sarebbe la cosa da fare dopo aver lasciato quel mostro di Dorottia… la vendetta perfetta.
    Ma Fabiana non mi rivolgerebbe la parola, mi riderebbe in faccia se solo provassi a parlarle. Lei è abituata a fighi, non a mezze seghe come me… Non sono… No, sono abbastanza arrabbiato per andare lì, parlarle e conquistarla con il mio…
    Due ragazze si avvicinano a lei e iniziano a parlarle. Una è la lesbica del quinto… qualcosa… l’altra la tipa che corre dietro ad Alessandro – Sara, giusto? -, carina ma con il ragazzo come chiodo fisso nella testa. Le tre volte che le ho parlato aveva solo lui come argomento. Chiedono qualcosa a Fabiana, lei risponde e inizia a parlare di qualcosa con Sara.
    Il mio tentativo, folle, insensato, di approcciare Fabiana è appena andato a farsi fottere per colpa di una lesbica e di una stalker.
    Sospiro. Chissà com’è avere una ragazza che ti segue e pensa sempre a te? Non mi dispiacerebbe averne una che—
    «Marco…» Una voce femminile proviene dalle mie spalle.
    Ho un sussulto al petto.
    Mi volto. Jennifer mi sta raggiungendo: deve aver lasciato il gruppo di ragazze e mi ha seguito. Cosa vuole?
    Lei mi sorride. Perché? Sono appena stato insultato dalla troll e lei mi sorride? Mi sta prendendo in giro?
    «Marco,» si ferma davanti a me, abbassa lo sguardo. Stringe le labbra e se le morde… sta cercando di non ridermi in faccia? «mi spiace per come ti ha trattato Dorottia…»
    «Mhm.» Cosa ne vuoi sapere tu? Se solo sapessi come mi tratta di solito quella troia… «Grazie», mi ricordo di aggiungere. È una come loro anche lei, ma è anche amica di mia sorella e…
    Lo andrà a raccontare a lei! Mi sputtanerà quando la rincontrerà a scuola lunedì. O gliel’ha già scritto, ne sono certo, e starà ridendo come una matta.
    Mi segavo pensando a te, Jennifer, ma sei una troia anche tu come loro. No, sei pure peggio!
    Lei continua a importunarmi, non vuole mollarmi. «Cosa ne pensi della musica che mette il dj, Marco? Mi farebbe piacere conoscere meglio questo genere, sembra molto piacev—»
    Sollevo le spalle, non me ne frega più un cazzo della musica. Anzi, non posso più sopportarla, è roba da vecchi. «Fa schifo.»
    Jennifer resta a bocca aperta per un istante. È confusa. «Davvero? Ero certa di sentirla provenire spesso dalle finestre della tua camera quando—»
    Quanto vuole fare la maestrina, questa troia, parlando difficile… «Beh, ti sbagli, non l’ascolto.» Getterò i cd e cancellerò le playlist su Spotify di disco ed Euromusic quando questa serata di merda sarà finita. ‘fanculo, non ascolterò più musica per il resto della mia esistenza.
    La ragazza distoglie lo sguardo per un istante. «Ah, capisco…»
    Vai a rompere i coglioni a qualcun altro… «Me ne torno a casa.»
    Lei annuisce, si morde ancora le labbra per non ridere. Non alza lo sguardo. «Sì, anch’io. Ciao, Marco.»
    «Sì, ciao.»
    Lei si volta e si allontana, la testa bassa. Scompare nella folla di ballerini improvvisati. E anche questa è fuori dalle palle…
    Attorno al tavolo delle bevande ci sono parecchie persone, ma di Fabiana, la lesbica e la stalker non c’è traccia. Mi avvicino per controllare, sgomito per raggiungere le birre e ne prendo una in bottiglia e faccio scorrere lo sguardo da un capo all’altro del buffet: no, nemmeno l’ombra delle tre.
    Perfetto, quella rompicoglioni di Jennifer me le ha fatte perdere. Fanculo anche a lei! Potevo scoparmela, e invece anche questa sera mi dovrò sparare una sega guardando PornHub… Porca puttana!
    Stappo la bottiglia di birra e la mando giù tutta in una volta. Le bollicine mi pizzicano il naso, il sapore della bevanda mi stravolge. È roba straniera, l’etichetta ha scritte che sembrano di qualche alfabeto dell’Estremo Oriente. È vomitevole, è troppo forte.
    Abbandono la bottiglia sul tavolo del buffet e mi allontano. Adesso mi viene pure da vomitare. Considerando com’è andata la sera, fino ad ora, mancherebbe solo che mi metta a rigettare sul pavimento, davanti a tutti… Un rutto mi sale dallo stomaco, mi riempie la bocca e gonfia le guance e lo esalo dal naso.
    Sì, meglio uscire.
    La sera è fresca fuori dalla porta. Le note di “Scatman” vengono attutite quando la chiudo. Un paio di capannelli di ragazzi e ragazze sono nel giardino a fumare e chiacchierare senza essere disturbati dalla musica a palla, o telefonano a qualcuno. Le luci delle lampade e quelle a incasso rendono il parco una serie di livelli di ombre, solo i sentieri sono ben visibili. Ne prendo uno che sembra allontanarsi dalla casa e mi inoltro nella notte.
    Mi bastano pochi passi per sentirmi già meglio. L’aria aperta e un po’ di silenzio sono un toccasana, ma meglio non rischiare: mi siedo ad una panchina in un angolo buio. Sospiro: che serata di merda…
    Un pipistrello fa un giro della morte davanti a me, sale di quota e cade in picchiata. Un insetto sulla sua traiettoria scompare come se non fosse mai esistito. Siamo troppo lontani dal centro di Caregan perché giunga quel fastidioso sottofondo da cittadina, ed è sostituito dal verso di qualche animale notturno, forse un…
    La finestra al piano terra dall’altra parte del prato si apre e due figure ne escono, un suono di qualcosa simile a patatine schiacciate si solleva sotto i loro piedi quando li mettono tra le piantine ancora piccole che un giorno formeranno la siepe. Sembrano due ragazze… sono forse…
    Si abbassano e corrono fino ad una vera siepe, nascondendovisi dietro. Non mi hanno notato, e non ho intenzione che lo facciano. L’essere rimaste nella luce della camera le rende quasi cieche nel buio della notte. Mi immobilizzo e non fiato.
    Una delle due, la biondina, si mette meglio sui calcagni. «Adesso cosa facciamo?» Sussurra appena, ma sono certo che è la voce di Sara.
    L’altra è Alba, la lesbica, impossibile non riconoscere il suo modo di vestirsi stravagante. «Tu ti cerchi una fontana nel giardino e ti lavi la faccia…»
    Aggrotto le sopracciglia. Cosa diavolo hanno fatto quelle due, nella stanza? Vuoi vedere che Sara ha scoperto che, dopotutto, il cazzo di Alessandro non è il suo… Il fiato mi si mozza, il cuore mi balza in gola. Erano in tre, le troie! Con loro c’era anche Fabiana! È rimasta nella camera? Il rettangolo di luce da cui sono uscite le due nel giardino non lascia intuire movimenti, se c’è rimasto qualcuno cosa sta facendo?
    Le foglie della siepe frusciano, Alba si alza in piedi e, restando dietro il muro vegetale, fa un cenno a Sara. «Andiamo…»
    L’altra la segue e si allontanano verso l’uscita. «Dove?»
    La risposta è solo un sussurro che non capisco, portato via dalla brezza della sera. Chissene frega, l’importante è che quelle due se ne siano andate e mi lascino la via libera.
    Mi alzo senza fare rumore, mi avvicino all’angolo della siepe e sbircio a sinistra e a destra: di Alba, o come si chiama, e di Sara nemmeno l’ombra, e non sembra esserci in giro nessun altro. Chiudo la distanza che mi separa dal muro della casa, l’erba del prato assorbe il suono delle mie scarpe, i trucioli nell’aiuola fanno un fracasso quando li calpesto.
    Mi appoggio al muro, accanto alla finestra. Una falena scampata ai pipistrelli entra nella stanza, ronza verso il lampadario. Lampadario che illumina il corpo di una donna mezza nuda, il suo culo all’aria.
    Il cuore mi balza in gola, mi blocca il respiro. «Porca puttana…» É Fabiana quella distesa sul letto!
    Non ci posso credere, lei è lì, a un metro da me, addormentata, o svenuta… Mi basterebbe…
    Appoggio una mano sul davanzale, sollevo un piede dall’aiuola. A pochi centimetri dal suolo mi fermo. Deglutisco. Le mutande mi si sono riempite, il battito del cuore mi riempie le orecchie, la bocca si è seccata… ma non posso farlo. Lei è lì, nuda, indifesa, preda possibile di persone che non avrebbero pietà di lei. E io…
    Il piede continua il suo movimento, la gamba scavalca la finestra.
    Io devo proteggerla.
    Anche l’altro piede si appoggia sul pavimento della camera e sono dentro.
    Inalo. Sono solo con Fabiana, nuda, indifesa.
    Io la proteggerò.
    Io…
    Il culo di Fabiana è pura poesia, una sinfonia perfetta. Le sue cosce tornite accompagnano lo sguardo verso lo spacco tra le chiappe, una valle segreta che custodisce un tesoro che…
    La finestra è ancora aperta, la chiudo. Non voglio che altri insetti possano entrare.
    Mi siedo sul letto, metto le mani sulle gambe. Farò la guardia a Fabiana finché non si sarà svegliata. Non avrà nulla da temere da nessuno. Resterò qui fino a quando…
    La curva dei glutei è meravigliosa, nemmeno un artista potrebbe fare qualcosa di simile. Le gambe sono chiuse, nascondono entrambi i fori che…
    Deglutisco.
    Mi alzo in piedi, controllo la porta che dà sul corridoio. È chiusa a chiave. Meglio, Fabiana non rischia che qualcuno possa entrare. Appoggio un dito sull’interruttore e la luce scompare. La stanza piomba nel buio. Nessuno potrà vedere che è qui e…
    L’illuminazione del giardino che entra dalla finestra è appena sufficiente a far indovinare le forme nella stanza. Sembra mettere in risalto il culo di Fabiana.
    Nessuno ci può vedere. Nessuno può vedermi mentre abbasso la zip dei jeans e lascio libero il cazzo di sgranchirsi, stirarsi nell’eccitazione causata da quello spettacolo. Mi fa male rinchiuso nelle mutande.
    Mi riavvicino al letto, mi risiedo dov’ero un attimo fa…
    Sbatto le palpebre. Che effetto fa toccare un culo così bello?
    La mano con le dita aperte si appoggia su un gluteo, lo stringe appena, il cazzo diventa più duro, sembra voglia squarciare il tubo di pelle che lo contiene. Il cuore batte come se suonasse la carica all’assalto con un tamburo.
    Anche l’altra mano si appoggia sulla chiappa rimasta libera. È quasi come palpare un paio di tette… Un paio di tette con un buco in mezzo. Un buco da fottere…
    Le discosto con delicatezza; Fabiana russa e non dà segno di accorgersi di nulla. Il buco del culo è nell’ombra, invisibile.
    La mente è vuota e i coglioni pieni. Il cazzo in tiro come mai prima d’ora…
    Salgo sul letto gattonando sulle gambe attorno a quelle di Fabiana.
    Lei non saprà nulla, non saprà nulla nessuno. È come se non sarà successo.
    Mi hanno trattato male tutti, questa sera. Quella stronza di Dorottia, quella cagna di Jennifer che andrà a spifferare tutto a mia sorella, Alessandro, quelle troie che mi trattano come una merda…
    Una soddisfazione me la merito. Non saprà nulla nessuno, solo io. È come se non sarà successo.
    La mia cappella trova il buco del culo di Fabiana al primo tentativo: è il destino che lo vuole. È asciutto, nessuno sembra essersela inculata, almeno questa sera. Non fa resistenza, entro dentro il suo corpo senza sforzo: il suo intestino caldo, bollente, inghiotte il mio cazzo.
    Mi sporgo avanti, la copro come un cane copre una cagna quando la monta. Le afferro le grosse tette. Sono meglio delle sue chiappe. Molto meglio. Il cuore ne fa rimbombare una. È una sensazione divina.
    L’eccitazione sta raggiungendo livelli che mai ho provato con la troll…
    Spingo con il bacino, sprofondo nel retto di Fabiana. Inalo profumo di pelle, di sesso selvaggio, di troie scopate. «Porca puttana, che meraviglia…» Potrei restare così per sempre.
    Il corpo perfetto della troia si muove avanti e indietro ad ogni mio movimento, non emette un singolo verso ma continua con un russare appena udibile. Le appoggio un bacio su una guancia. Cazzo, quanto è bella! Sembra un sogno.
    Le afferro la gola. «Siete tutte delle troie…» le ringhio in un orecchio, «non meritate altro che essere scopate come delle cagne.» La sfondo più forte, più in profondità. Sto per cedere, non sono mai stato così veloce… Mi eccita troppo il culo di questa puttana!
    Vorrei continuare per delle ore, godermi il corpo di Fabiana per sempre, dimenticare Dorottia, Jennifer, chiunque altra, ma sta per succedere.
    È dolore e piacere allo stesso tempo, è come fuoco invece di sborra quello che sta attraversando il cazzo. Esce nemmeno sia una pisciata, liquido e continuo, quasi venga spremuto da un sacchetto. Il mio piacere si riversa nell’intestino di Fabiana, l’odore di sesso riempie la stanza, mi stordisce: la testa mi gira, sto cadendo ma sono sdraiato sul letto. Il cuore mi batte come martellate su una lastra di ferro, mi rimbomba nella testa e nelle viscere.
    Sospiro un paio di volte, chiudo gli occhi. Il corpo di Fabiana è caldo, mi stringo a lei. Non riesco ancora a credere a cosa mi è appena successo… ho scopato la ragazza più bella che conosco!
    Mi muovo e faccio uscire il cazzo dal retto della ragazza, il suo ano sembra baciare la mia cappella mentre sguscio fuori. È un dispiacere abbandonare quell’antro meraviglioso, ma…
    Metto via il cazzo bagnato, mi chiudo la zip dei pantaloni. Nel buio quasi fondo non vedo nulla uscire dall’ano di Fabiana, e lei russa ancora. Mi mordo le labbra, non posso lasciarla di certo così, mezza nuda: sarebbe maleducato. Le afferro le mutandine a metà delle gambe e gliele sollevo con qualche difficoltà. Si impuntano contro le pieghe del copriletto sfatto – devono aver fatto una gran scopata, questa e le altre due troie. I pantaloni sono anche peggio, mi tocca sollevarli a scatti; Fabiana rantola qualcosa un paio di volte agli strattoni più forti.
    La volto sulla schiena: le tette ballonzolano prive di costrizioni. Anche nell’ombra sono meravigliose. Abbandono la zip e le afferro, le stringo. Le mie dita affondano nelle poppe, è come toccare il paradiso…
    Sospiro nel lasciarle. Scuoto la testa con i jeans che diventano stretti per l’eccitazione. Spero di toccarle di nuovo, un giorno. Mi sembra un crimine abbassare la maglietta e coprire quei due capolavori.
    «Finiamo di vestir—»
    Qualcosa stride alle mie spalle. È il suono di una chiave che sta entrando nella toppa e prova a girare.
    «Ma chi cazzo ha lasciato la chiave?» Sembra la voce del figlio dei Favaro. La serratura fa ancora rumore, la porta sbatte.
    Porca puttana! Vuole entrare! E io sono solo con Fabiana, ubriaca, in una stanza buia.
    Una seconda voce proviene da dietro la porta. «Magari si può passare dal bagno.»
    Balzo giù dal letto, corro alla finestra e la apro. L’aria fredda entra nella stanza, va a sbattere contro il sudore che ho sulla pelle.
    Scavalco e finisco nei trucioli che scrocchiano sotto le scarpe con un fragore. Merda, mi sentiranno! Balzo sul prato e mi getto dietro un cespuglio di rose.
    La finestra si illumina. «Che ci fai qui?» La voce del giovane Favaro proviene dalla stanza.
    Un paio di battiti di cuore rimbombano nelle orecchie e una seconda voce, più adulta, segue la prima. «Mi sembra bella ubriaca, la bionda.»
    «Almeno non ha vomitato sul letto… Devono essersi dati da fare, eh. Ehi, sveglia…»
    Sgattaiolo nelle ombre lontano dal rettangolo di luce che si è formato sull’erba del prato e passo dietro la siepe. Il figlio dei Favaro compare sulla finestra, si guarda attorno, non vede nessuno e chiude i vetri. Un motorino ronza e la tapparella si abbassa, nascondendo Fabiana seduta, una mano alla testa, che scuote confusa.
    Percorro abbassato il giardino, restando nell’ombra, fino quasi all’ingresso. Mi fermo con il cuore che batte ancora all’impazzata e rabbrividisco per l’aria fredda. Non posso credere a quello che è successo… Ho scopato il culo di Fabiana! È stato fantastico!
    Mi metto bene in piedi, mi schiarisco la voce. Sorrido. Se ho potuto farlo una volta, se ho potuto fare sesso con una ragazza così meravigliosa, chissà quante altre potrò averne? Mi basterà presentarmi da loro con la consapevolezza che posso fare qualcosa di simile e saranno mie.
    Raggiungo il vialetto, i lampioncini posti a qualche metro l’uno dall’altro lo illuminano a giorno. Qualche ragazzo e ragazza si muove verso l’uscita. Controllo l’ora sul cellulare: sono le 23:17. Mi avvio alla macchina.
    Jennifer… scoperò Jennifer, la farò godere come mai ha provato. Sarà la mia schiava. Anche la sua amica, come si chiama… e Giada! Sì, anche Giada sarà mia! Mia sorella può definirla una frigida rompicoglioni, ma sarà anche lei una mia—
    «Alla buon’ora, barom!» La voce stridula della troll mi distoglie dai miei sogni. Dorottia ha il culo secco contro la macchina, uno scarponcino appoggiato alla portiera. Tutti i presenti nel parcheggio si voltano a guardarci. «Dov’eri? Ti sei almeno scopato una qualche szajha disperata o ti sei segato guardando qualche coppietta imboscata?»
    Il freddo scompare, divorato da un’ondata di calore che mi sale al volto. Qualcuno ridacchia, una ragazza sorride e scuote la testa. Mi avvicino alla portiera dell’autista, frugo la tasca e cavo la chiave.
    Mi si bloccano le parole in gola, a stento le faccio uscire. «Pen… pensavo te ne fossi andata.»
    «Non pensare. Apri la macchina che mi sto congelando la passera e andiamocene, che questa sera mi hai fatto fare abbastanza figure di merda.»

Continua…

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