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La coinquilina – storia di una studentessa universitaria

By 25 Giugno 2017Dicembre 16th, 2019No Comments

Sono le 18 passate di un venerdì come tanti altri. Lo scricchiolio dei miei passi rompe il silenzio che regnava nei corridoi semi deserti dell’università. L’estate si sta avvicinando e con essa il caldo che ogni anno svuota inesorabilmente quelle aule, solo qualche settimana prima tanto affollate. Con gli esami che si avvicinano dovrebbe esserci molta più gente a studiare, eppure la biblioteca era rimasta mezza vuota per tutta la giornata ed ora mi sembra di essere l’unica superstite a vagare in quei corridoi spogli, come in una sorta di scenario da film dell’orrore. Camminando intravedo una coppia di studenti scambiarsi effusioni in una grande aula deserta, almeno non sono sola, penso io, seppur dentro di me sento salire un sentimento di invidia verso quei due sconosciuti. Quella coppia in tenera intimità fa vagare il mio pensiero su Giacomo. Io e Giacomo ci eravamo conosciuti 5 anni prima, entrambi frequentavamo lo stesso liceo nel nostro paese in Abruzzo. Pur frequentando classi diverse, in una cittadina di modeste dimensioni come la nostra non fu difficile conoscersi attraverso amicizie comuni. Ricordo che fin dalla prima volta che lo vidi mi sentii attratta da lui, come una quindicenne può essere attratta da un suo coetaneo. Superata la timidezza, arrivarono i primi baci scambiati su quelle panchine ombrose ai margini del lungomare. Fu lui a chiedermi se volessi diventare la sua ragazza, fu un momento magico per me che diede inizio la mia prima e, quella che pensavo, sarebbe stata l’unica storia d’amore della mia vita. Gli anni del liceo passarono in fretta in compagnia di Giacomo, arrivarono i fatidici 18 e poi la maturità. Crescendo la nostra relazione era maturata con noi, eravamo ormai una coppia consolidata e inseparabile, come dicevano anche i nostri amici. Tuttavia quando venne il momento di scegliere cosa fare dopo il liceo iniziarono i problemi: io ero determinata a continuare i miei studi a Roma, anche Giacomo sarebbe venuto con me, se non avesse vinto una borsa di studio alla Bocconi di Milano. Fu un duro colpo per me. Lui mi disse che sarebbe stato disposto a rinunciare ma io non volli metterlo in condizione di farlo, neanche a dire che potessi cambiare i miei progetti per andare a studiare a Milano, visto che avevo già superato il test d’ingresso e pagato l’iscrizione.
Il trasferimento da un piccolo centro tra mare e montagne ad una grande città come Roma fu traumatico per molti aspetti, inoltre soffrivo molto la lontananza dal mio ragazzo. I primi tempi furono davvero duri: senza amici, immersa nel caos della città, nella frenetica routine delle lezioni universitarie, per fortuna mi sentivo spesso con Giacomo, convinta che la distanza non sarebbe stata in grado di distruggere il nostro amore. Non ci volle molto però per farmi ricredere. Col passare delle settimane Giacomo cominciò a farsi sentire sempre meno, mi parlava dei suoi molti impegni con l’università, degli amici, delle feste, io invece ero sempre più depressa, faticavo a farmi degli amici al di fuori di pochi compagni di corso e uscivo raramente. Come se non bastasse anche la voglia di studiare e tutte le mie sicurezze stavano andando in frantumi. Nei mesi successivi per mancanza di tempo e di soldi non riuscimmo a vederci molto, se non in pochissime occasioni e quando entrambi tornammo in Abruzzo per le feste. Cominciai a pensare che se fossi andata bene avrei potuto chiedere il trasferimento per l’università di Milano, così mi dedicai allo studio, riuscendo a superare gli esami della sessione invernale con ottimi risultati, motivata da questa nuova prospettiva. Tuttavia il nostro rapporto divenne sempre più freddo e l’arrivo della primavera non bastò a riscaldarlo. Ricordo ancora quel pomeriggio, quando il mio telefono squillò, era Giacomo, non ci sentivamo da qualche giorno, quindi appena lessi il suo nome sullo schermo risposi in un impeto di gioia. Gli dissi quanto mi mancasse e quanto ero contenta che di sentire la sua voce, ma lui andò inesorabilmente dritto al punto: Giacomo mi stava lasciando. Già, dopo oltre 4 anni insieme il mio primo e unico ragazzo, quello con cui tante volte avevo fantasticato di sposarmi e di andare a vivere insieme mi aveva lasciata, per telefono:
– ‘non ti amo più.. sono stufo di tutti i tuoi malumori, delle tue ansie, ho vent’anni e voglio vivere la mia vita.. ho cercato di starti vicino ma non ci riesco.. scusami Ludovica, perdonami.. ‘
Lo stridio dei freni dell’autobus mi riporta di colpo alla realtà. Salgo sul mezzo e mi siedo in uno dei posti più vicini all’uscita, osservando dal vetro scarabocchiato la mia facoltà allontanarsi nel frastuono del motore che riprende a girare. Anche l’autobus è quasi vuoto, fatta eccezione per un gruppetto di ragazzini nei sedili posteriori. Presto mi accorgo che mi stanno fissando, facendo qualche battutina, ridacchiando e scambiandosi occhiate maliziose. Indosso una camicetta, un paio di jeans e sandali ai piedi, sono spettinata e struccata, stanca dopo una giornata passata sui libri, ma quei piccoli pervertiti brufolosi mi guardano come fossi una pornostar mezza nuda. Odio sentirmi osservata ma ormai sono abbastanza abituata a questo ed altro, in questa cazzo di città una ragazza non può mai starsene tranquilla senza ricevere occhiatine e apprezzamenti non troppo impliciti. Cerco di ignorarli, come al solito. Prendo il cellulare e comincio a vagare sui social per distrarmi. Tra foto di drink, serate e giornate al mare, sembra che tutti quanti vogliano sbattermi in faccia quanto le loro vite siano più entusiasmanti e soddisfacenti della mia. Per caso mi imbatto in una foto di Giacomo con la sua nuova fiamma, una biondina del cazzo figlia di papà. Eh sì, perché quel bastardo del mio ex non aveva perso tempo, già dopo qualche settimana da quella telefonata maledetta aveva cominciato a postare foto di serate, feste e ragazze. Se la spassa alla grande, senza neanche avere la decenza di evitare di spiattellare tutte le sue conquiste alla mia portata, sembra che lo faccia apposta. Dopo tutte le lacrime che ho versato per lui, ogni ragazza con cui lo vedo in foto, ogni troietta che immagino scoparsi quello che era stato il mio ragazzo mi fa soffrire tremendamente. Tante volte avevo detto a me stessa di smettere di sbirciare i suoi social, di fregarmene di lui, di uscire, andare a divertirmi, conoscere nuovi ragazzi, ma niente. Forse non riesco a farmene una ragione che la nostra storia sia finita, forse penso che lui tenga ancora a me, forse sono solo una stupida sognatrice. La verità è che vorrei vivere la mia vita, ma sto ancora male, non riesco a fare a meno di pensare a lui e sinceramente, inutile mentire a me stessa: sono la classica brava ragazza acqua e sapone che crede ancora nell’amore e per quanto vorrei comportarmi come lui, anche solo per ripagarlo con la stessa moneta, per dirgli ‘guardami stronzo!’ so bene di non esserne capace. Squilla il telefono:
– Ciao Ludo! Allora stai tornando? ‘
– Sì Greta sono sull’autobus, tra poco sarò a casa. ‘
Greta è una delle poche vere amiche che ho incontrato da quando sono in città, si può dire che ormai siamo diventate migliori amiche. Ci siamo conosciute all’università, abbiamo la stessa età e frequentiamo entrambe il corso di biologia. Siamo entrate fin da subito in sintonia nonostante abbiamo due caratteri totalmente diversi: io timida, riservata, poco appariscente, lei invece estroversa, solare , vivace e con la voglia di stare sempre al centro dell’attenzione. Greta è una ragazza minuta, alta poco più di 1 metro e 60, occhi castani, dotata di un corpo grazioso, un bel seno proporzionato, un sedere armonioso, ama cambiare spesso colore di capelli, un biondo acceso al momento, e modo di vestirsi. Greta mi è stata molto vicina quando Giacomo mi ha lasciata, ed essendo anche lei una studentessa fuori sede mi ha subito proposto di trasferirmi a casa sua, visto che aveva in affitto un piccolo appartamento con una stanza in più. Pensando che mi avrebbe fatto bene vivere con un’amica, accettai e così siamo diventate coinquiline.
– Perfetto ti aspetto per cenare, un bacio! ‘ e riattacca.
Mentre ero al telefono non mi sono accorta che il gruppetto di ragazzini si è avvicinato, cercando forse di attirare la mia attenzione. Poso il cellulare e guardo fuori dal finestrino infastidita, ancora qualche minuto e sarò a casa.
Finalmente ecco la mia fermata, mi alzo e scendo dall’autobus. Voltandomi noto uno del simpatico gruppetto che guardandomi mima il gesto del sesso orale, che stronzo.
– Sono a casa! ‘ esclamo aprendo il portone.
Dal bagno compare Greta, che mi viene incontro abbracciandomi affettuosamente con addosso solo un asciugamano a coprire le sue nudità.
– Grè sei appena uscita della doccia? Stai bagnando tutta casa! ‘ la rimprovero.
– Madò che palle che sei, non sapevo di essere andata a convivere con mia madre!-
– Che stronzetta, vabbè dopo pulirò io.. ‘
– Certo, altrimenti perché ti avrei proposto di venire a vivere con me? ‘ ridacchia lei.
– Vaffanculo, grazie eh! ‘ replico io
– Allora?? ‘ mi fa lei ammiccando.
– Allora cosa?? ‘
– Stasera ‘ continua mentre si avvia verso il bagno ‘ non devi vederti con quello?? Il calciatore!! ‘ risatina.
Matteo, un ragazzo romano che giocava a calcio in una squadra di serie C. L’avevo conosciuto su un’app di incontri che Greta usava, così tanto per, a suo dire, e che mi aveva fatto scaricare a forza sostenendo che avessi un immenso bisogno di conoscere gente nuova e di divertirmi.
– Sì ‘ rispondo io un po’ seccata ‘ stasera mi passa a prendere più tardi. ‘
– wow che entusiasmo! Dai che stasera ti diverti, sembra un figo e magari è pure ben dotato! ‘
– Greta ma che dici?? Neanche lo conosco, è la prima volta che usciamo!- rispondo io imbarazzata.
– Appunto poi domani mi devi raccontare tutto! ‘
La conversazione va avanti parlando ancora del mio fatidico appuntamento, se poi si può definire un appuntamento incontrare uno tizio conosciuto su un’app. A dir la verità non avevo voglia di dare troppa confidenza a Matteo, è un bel ragazzo, questo è vero, ma chattando non mi aveva colpita granché, ma Greta ovviamente si era subito impicciata sollecitandomi a uscire con lui.
Così dopo una cena fugace, in cui la mia coinquilina non ha smesso mai di parlare fantasticando su quello che sarebbe successo la sera, e una doccia veloce mi preparo per uscire. Greta ha insistito tanto perché mi vestissi in modo quanto più femminile, così ho scelto un vestito scuro con trama floreale lungo fino alle ginocchia e ai piedi un paio di sandali con tacco neri. Mettiti un bello smalto ai piedi, così se è feticista lo conquisti subito, aveva detto la mia amica. Feticista? Speriamo di no, ho pensato subito io, ma seguendo il suo consiglio ho scelto uno smalto rosso acceso. Mi guardo allo specchio incerta se legare o lasciare sciolti i miei lunghi capelli corvini. Decido di lasciarli liberi e rimango ad osservarmi. Con il mio metro e 75 e tacchi ai piedi sono abbastanza alta, e questo vestito mi sta proprio bene, è sobrio ma mette bene in evidenza la mia terza abbondante di seno e mi fa anche un bel culo, anche se non quanto quello di Greta. Il trucco seppur delicato valorizza i miei occhi azzurri e anche i lineamenti del mio viso. Mi volto di lato, di dietro, mi guardo in ogni minimo dettaglio e mi sento bella, comincia a venirmi voglia di uscire. Sono le 21.30, Matteo è arrivato. Saluto Greta che scherzosamente mi dice di non farmi rivedere a casa prima delle 3, prendo la borsetta ed esco.
Sono le 22.30 e la voglia che avevo un’ora prima ha lasciato il posto alla noia. Matteo si è presentato sotto casa con una bella macchina, un Audi se non erro, sportiva, un po’ volgare forse. Vestito con una t-shirt aderente, tanto da mettere in mostra un fisico di tutto rispetto, New Era in testa, pantaloncini e scarpe da skater, il tutto accompagnato da una dose massiccia di profumo. E’ fisicamente un bel ragazzo ma non ci è voluto molto per farmi capire che non è il mio tipo. In poco meno di un’ora è riuscito a fare un elenco di almeno una decina di ex, fissarmi costantemente le tette (sebbene coperte dal vestito non molto scollato), bere 2 boccali di birra e parlare solo di sé, di calcio, del contratto che stava per firmare per giocare in una non-so-quale squadra di serie B, delle ragazze che gli vanno dietro, facendo di tanto in tanto riferimenti poco impliciti sulle sue presunte doti a letto.
Guardo il telefono, sono appena le 23.15, che serata deludente. Guardo in alto la luce spenta al quarto piano della palazzina dove vivo, strano che Greta sia già a letto, meglio così, almeno non dovrò raccontarle la mia gran serata. Stufa del narcisismo di Matteo ho presto chiesto di essere riaccompagnata a casa con la scusa di sentirmi poco bene. Durante il tragitto in macchina lui era eccitato, forse si aspettava qualcosa da me, tutto ciò che ha ottenuto un bacio sulla guancia e un grazie per la bella serata , bugia. Dalla sue espressione non credo che ce ne sarà un’altra, ben venga.
Entro nella palazzina e salgo con l’ascensore. Ricordati che Greta sta dormendo, non fare rumore, mi dice una vocina dentro di me, così mi sfilo i sandali e apro piano la porta. Mi faccio luce con la torcia del cellulare cercando di andare dritta nel mio letto per mettere fine a quella penosa giornata quando mi accorgo di non essere sola. Un rumore, uno schiocco secco e un urlo di voce di donna, quella di Greta, poi un’altra voce, forte, decisa, autoritaria, una voce maschile. Cercando di fare il minimo rumore, a piedi nudi mi avvicino alla porta socchiusa della stanza della mia coinquilina, spengo la torcia e sbircio dentro. Due figure si materializzano nella penombra di una lucina fioca, quasi due fantasmi, non riesco a capire, rimango ad osservare, mentre sento il cuore che comincia a battere più forte, cosa sto facendo? Mi sento una spia, una ladra, ma una curiosità mai provata prima mi spinge ad affacciarmi meglio e quello che vedo mi fa gelare il sangue nelle vene.
Finalmente le due figure nella penombra cominciano a delinearsi. Riesco a vedere bene Greta, in ginocchio, ai piedi del suo letto. Intravedo anche la sagoma di un uomo. In posizione eretta, con la sua corporatura massiccia sembra sovrastare la mia amica in maniera davvero imponente. Guardo meglio, cerco di attribuire un volto alla figura misteriosa, ma l’unico dettaglio che riesco a scorgere è il colore dei capelli, grigi, ora penso si tratti di un uomo maturo. Che cosa ci fa Greta con quello sconosciuto individuo? Da quello che so al momento, a parte qualche flirt, non si sta vedendo con nessuno, perché non mi ha detto nulla? Forse pensa che sia il tipo di persona che la giudicherebbe male solo perché esce con un uomo più grande di lei? Ludovica non sono affari tuoi, hai già visto abbastanza, vattene finché sei in tempo, grida una voce nella mia testa. No, non voglio urla un’altra. Continuo a guardare. Mi accorgo che Greta è completamente nuda fatta eccezione per un paio di stivali neri, lucidi, dal tacco smisuratamente lungo e sottile e, per uno strano lembo di stoffa intorno al collo munito di una catenella scintillante. Da dove spuntano quelle calzature così estreme, non le avevo mai viste prima, eppure, vanitosa com’è, Greta non perde mai occasione di mostrarmi un nuovo acquisto per quanto kitsch o stravagante possa essere. D’improvviso odo un rumore metallico e vedo la schiena della mia amica inarcarsi, costretta a guardare in alto, i capelli sciolti ondeggiare fin sotto le spalle e i seni sporgere nudi. Non ci posso credere, sto spiando la mia migliore amica mentre un uomo a me sconosciuto la strattona come una cagna al guinzaglio. Un colpo potente mi fa sobbalzare, sento il cuore battere forte nel mio petto, poi un secondo colpo, seguito da un breve mugolio. Quel tizio le ha appena ammollato due schiaffoni in piena faccia e lei se ne sta lì, immobile, come fosse pietrificata, con lo sguardo costantemente rivolto verso di lui.
– Ti ho dato forse il permesso di farlo? ‘
La voce di quell’uomo mi fa paura. E’ profonda, solenne, autoritaria, inverosimilmente decisa, una voce virile e spaventosa.
– No, mi scusi.. ‘
Il suono delle parole pronunciate da Greta assomiglia ad uno squittio sommesso in confronto al vigore del tono dell’uomo che la sta tenendo al guinzaglio.
– So bene che ti è difficile resistere, ma non devi mai prendere iniziativa, non farmelo ripetere ancora! ‘
– Non si ripeterà più, lo giuro ‘
– Bene, ora hai il mio permesso . ‘
Osservo la mia amica rilassare i muscoli per un breve istante per poi gettarsi mani e bocca poco sotto la vita di quell’uomo. Non riesco a scorgere tutti i dettagli ma dai movimenti e dai rumori osceni non ho dubbi su quello che stia facendo. Provo un viscerale senso di disgusto. Quando ancora stavo col mio ragazzo ricordo che lui mi esortava spesso affinché lo facessi godere con la bocca e, a mia discolpa, posso dire che a volte ci avevo anche provato. Però era più forte di me, non sono mai stata un’amante del sesso orale, forse non sono portata o forse non mi piace e basta. La trovo una pratica scomoda, sporca e per certi aspetti maschilista. Qualche rara volta riuscì addirittura a convincermi di concedergli la mia bocca, ma mai gli diedi il consenso di venirci dentro. Nonostante questo lui sembrava apprezzare i miei sforzi, rispettando quelli che erano i miei limiti e ripagandomi con scambi di dolci effusioni e tenere parole mentre ce ne stavamo sdraiati da qualche parte, uniti in un abbraccio. Ma ora il mio ragazzo mi aveva lasciata, le carezze e i baci sono solo un ricordo, nulla di più. Vorrei tanto sentire il calore dei suoi abbracci e invece me ne sto celata nel buio come una ladra, intenta a spiare la mia coinquilina mentre fa un bocchino ad un uomo ben più grande di lei, vestita come una troia e legata come una cagna. Provo disgusto per questa scena, ma al contempo mi rendo conto che un’inaspettata sensazione di invidia sta crescendo in me. Questo mi spaventa, dovrei fare finta di nulla e precipitarmi nella mia stanza.
All’improvviso Greta si stacca dalla sua preda costretta dalla presa del suo amante che la tiene salda per i capelli.
– In piedi, troia! ‘ tuona l’uomo.
Prontamente la mia amica si mette in posizione eretta senza proferire parola. La parte superiore del suo corpo è ora nascosta dall’oscurità della notte. Scruto il suo sedere nudo ancora più bello e sodo del solito, innalzato e messo in risalto dai vertiginosi tacchi a spillo degli stivali che indossa. Mentre mi perdo a contemplare le nudità della mia coinquilina, la figura maschile scompare nell’ombra, per fare ritorno dopo appena pochi istanti. Vedo la sua mano insinuarsi fra le cosce di Greta che rimane inesorabilmente immobile, impassibile. L’uomo ritrae la mano e le sussurra qualcosa per me incomprensibile all’orecchio. Vedo la mia amica voltarsi, poggiare entrambe le mani sul suo letto, divaricare le gambe ed inarcare la schiena, mettendo bene in mostra il culetto. Lui si getta sulla sua preda leccandola avidamente, come un leone si getta su una gazzella ferita divorandola con gusto. Sento Greta ansimare e godere di piacere ed inspiegabilmente anche io ansimo con lei. Il leone saziata la sua fame fa un passo indietro, per un breve istante solo silenzio.
– Vuoi essere riempita, non è vero? ‘ chiede lui all’improvviso.
– Si ‘ balbetta lei ‘ la prego.. ‘
– E dove preferisci essere riempita ‘la incalza.
– Dove lei desidera, sono sua.-
Sento un brivido corrermi lungo tutta la schiena. Mai mi sarei immaginata di vedere la Greta che conosco in un tale stato di sottomissione nei confronti di qualcuno. Quanto poco so veramente di lei? E perché mi sento così partecipe come se fossi io al suo posto? Non ci capisco più nulla.
Vedo l’uomo brandire un oggetto dalla forma allungata, sembra volerlo indirizzare proprio là, sì non mi sbaglio. Per un attimo sento l’impulso di irrompere nella stanza e avvertire la mia amica, ignara di quel che l’aspetta, ma resto ferma, immobile, col fiato sospeso. Vedo l’oggetto scomparire quasi per intero nella sua figa senza la benché minima resistenza, solo un mugolio di piacere e nient’altro. Penso ne abbia abbastanza quando ecco che un secondo oggetto, di forma e dimensione analoghe al primo, inizia a farsi strada nell’ano della mia amica. Questa volta l’uomo sembra faticare di più per penetrarla. Greta si contorce, lancia gridolini sommessi e implora di fare piano, ma lui non sembra ascoltarla e spinge spietatamente il dildo facendola ululare di dolore prima e di piacere poi.
– No, non ci siamo proprio ‘ sentenzia lui, colpendola con due forti schiaffi sulle natiche ‘ chi ti ha detto di gridare? Vuoi che tutto il palazzo venga a sapere che gran puttana che sei? ‘
– Mi scusi ‘ risponde lei col fiato grosso ‘ la prego non mi punisca –
– Ti punirò invece, finché non imparerai a comportarti come si deve! ‘
Con un suono simile a quello di una bottiglia che si stappa sfila prepotentemente il dildo, liberandole l’ano. Vedo Greta lasciarsi cadere di peso sul letto, contorcendosi spaventosamente, trattenendo sicuramente le urla di dolore. Lui d’altra parte, non perde tempo e dopo averla lubrificata alla buona con un paio di sputi, lo vedo piantarle tutto il suo membro nel culo. Per un momento sento una fitta lacerarmi dentro. Non avevo mai permesso al mio ragazzo di fare sesso anale, ero sempre stata categorica e irremovibile su questo punto. Mi piaceva scopare certo, fare l’amore, per meglio dire, ma prenderlo di dietro mi è sempre sembrata una pratica brutale e animalesca. In effetti i due amanti sembravano proprio due bestie selvagge. Il fragore dei suoi colpi, duri, decisi, forti, unito alle urla di piacere e dolore di lei echeggiava fra i muri dell’intero appartamento. Se vanno avanti così li sentiranno tutti. Ora lui tiene con forza la catena legata al collare che cinge il collo di Greta, che immobilizzata con la schiena ricurva, la testa all’indietro e i capelli svolazzanti non può far altro che subire, assecondando ogni colpo. Se fino a poco fa assomigliava ad una cagna tenuta al guinzaglio ora sembra proprio una cavalla, lanciata al galoppo per volere del cavaliere che la monta. La scena materializzata davanti ai miei occhi appare così inaspettatamente grottesca che quasi stento a credere che stia succedendo realmente, eppure è tutto vero. Il ritmo aumenta. Quell’uomo la sta inculando come un indemoniato. Lei pure sembra posseduta, seppur costretta nei movimenti. Dopo una decina di minuti di pura lussuria lo vedo rallentare. Ancora due colpi decisi ed eccolo abbandonarsi all’estasi, liberando tutto il suo piacere dentro di lei. Ancora pochi attimi di grugniti e mugolii poi il silenzio, finalmente. La mia amica si abbandona sul letto sfinita, mentre lui rimane in piedi ad osservarla soddisfatto. La tregua dura giusto una manciata di secondi, neanche il tempo di riprendere fiato che con uno strattone Greta viene fatta rotolare giù dal letto mentre lui va a sedersi sul margine. Con il culo colmo di sperma e la figa deturpata dal dildo di prima, la vedo gattonare incerta fino ad arrivare al suo cazzo, che subito avvolge tra le sue labbra.
– Sei stata brava ‘ esordisce lui con la voce un po’ provata dallo sforzo fisico ‘ adesso puoi ringraziarmi come si deve! ‘
– La ringrazio infinitamente per avermi posseduta e riempita come merito, Padrone ‘ Così detto si inginocchia e gli bacia i piedi.
Un sussulto. Un tonfo. Cazzo mi sono cadute le scarpe, penso. Panico.
– Cos’è stato? ‘ dice lui allarmato.
– Cazzo! ‘ impreca Greta ‘ Forse è la mia coinquilina che sta rientrando. ‘
– Ma che cazzo! Non avevi detto che sarebbe tornata molto tardi?? ‘
– Sì è quello che pensavo.. mi rivesto e vado a controllare, forse per stasera è meglio smettere. ‘
Dopo un paio di minuti sento un cigolio, rumore di passi, il clic dell’interruttore della luce e l’aprirsi della porta d’ingresso. Fortunatamente non mi hanno scoperta, penso tirando un sospiro di sollievo mentre il mio cuore riprende a battere a ritmi umani. C’è mancato davvero poco mi dico mentre assaporo tutta la comodità del mio letto.
Passano pochi minuti finché non sento ancora rumore di passi che vanno, la porta che si apre, un saluto incomprensibile, la porta che si chiude, altri passi che fanno ritorno. Finalmente, penso, adesso posso cambiarmi e mettermi a dormire. Mi sento tremendamente stanca , non ho voglia di alzarmi, dormirò vestita, al diavolo! Ma il sonno non arriva. Davanti ai miei occhi vedo proiettate le immagini surreali a cui avevo assistito come se fossero parte di una pellicola cinematografica. Mille domande a cui non so dare risposta affollano il mio pensiero. Mentre ripercorro ogni dettaglio, ogni parola, ogni oscenità istintivamente mi ritrovo con la mano infilata nelle mutandine e, senza neanche capirne il motivo, inizio a masturbarmi. Non mi ero mai masturbata prima, forse mi ero toccata un po’ in qualche rara occasione mentre ero in intimità con il mio ragazzo, ma mai masturbata nel senso vero e proprio. Ora provo piacere nel sentire il mio dito indice sfiorarmi il clitoride e scivolare nella mia vagina. Mi rendo conto di essere bagnata, non me ne capacito. Faccio uscire le dita e ritorno a stimolarmi il clitoride, mi piace, aiuto. Immagino di essere al posto di Greta, con quell’uomo sconosciuto, eccitante. Immagino di essere io stessa Greta e lei essere me che sbircia fuori dalla porta mentre si tocca, abominevole, eccitante. Immagino di succhiare un cazzo, aumento il ritmo, ecco entrare due dita. Immagino quel bel culetto della mia amica pieno di sperma, chissà che sapore avrà, mi faccio schifo, tre dita. Le immagini iniziano a confondersi, mescolandosi l’una con l’altra in un ammasso di forme e colori e sensazioni come solo un cubista saprebbe rappresentare. Ormai non ci capisco più nulla. Sono stanca, voglio godere, sto godendo, esplodo. Vengo nel mio letto, contorcendomi su me stessa e trattenendomi dal lanciare grida di piacere, ho il fiatone. Provo a fare chiarezza nella mia testa ma è tutto inutile: il caos la fa da padrone e il sonno avanza imperterrito, mi abbandono, chiudo gli occhi e perdo conoscenza.

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