Il mio nome è Arianna e ho vent’anni. Fin da bambina gioco in una squadra femminile della mia città e il calcio è la mia grande passione. Lo so, si tratta di uno sport particolare per una ragazza, ma ho sempre adorato lo spirito di squadra e la complicità che si creano con le proprie compagne e il sano agonismo che ti spinge a fare sempre del tuo meglio contro le avversarie. Diversamente da quanto si pensi, ritengo che la pratica dell’attività calcistica non mortifichi affatto la femminilità, rendendo invece il fisico tonico e asciutto.
Gioco nel ruolo di portiere e non me la cavo male; le mie specialità sono parare i rigori e azzeccare il momento dell’uscita per togliere il pallone dai piedi dell’avversaria. In squadra andiamo tutte piuttosto d’accordo, ma la mia migliore amica è Serena ed è il difensore più affidabile che ho accanto. Ci conosciamo fin dalle elementari e nella vita ci comportiamo come in campo, dandoci reciprocamente un aiuto.
Da un paio di mesi Stefano è il nostro allenatore e per ora non sta facendo rimpiangere l’assenza di Maurizio, che lo ha preceduto. E’ indubbiamente un bel ragazzo, sui trent’anni e ha una minuscola cicatrice sul labbro superiore, che rende il suo sorriso particolarmente seducente. Quando parla, ti guarda fisso negli occhi e questo mi piace, perché denota lealtà. Ci sa fare, i suoi allenamenti sono divertenti e sa trasmettere le proprie nozioni con leggerezza, ma anche con autorevolezza. Noi ragazze lo adoriamo; quando siamo in campo, lui sa infonderci sicurezza e ci sostiene durante l’intera partita con incitamenti e suggerimenti preziosi. L’unico difetto che si può trovare a Stefano è il fatto che è fidanzato e che appare fedelissimo. Talvolta la sua ragazza Rossana lo segue alle partite, oppure lo aspetta fuori dal campo al termine degli allenamenti. La trovo talmente appiccicosa e insipida, che non riesco a capire che cosa ci trovi Stefano in lei. Ne ho parlato con Serena e lei concorda con me.
Il campionato è cominciato alla grande, con tre partite vinte e due pareggiate. Oggi abbiamo un incontro particolarmente impegnativo e il nostro allenatore ci ha caricate parecchio. Dato che manca quella smorfiosa della sua ragazza, se vinceremo, ci siamo fatte promettere da Stefano che verrà a mangiare una pizza con noi, per festeggiare. Sono euforica e sento che la partita andrà bene. Mi dovrò impegnare, perché la palla non entri nella mia porta e so che per questo potrò contare sulla mia amica Serena, che sarà alla mia destra come un angelo custode.
Durante il riscaldamento, Stefano segue attentamente i nostri movimenti, dandoci suggerimenti preziosi. Dopo una decina di minuti, io mi stacco dalle altre e proseguo con l’allenamento individuale; Mattia, l’aiuto di Stefano, calcia la palla, mentre io, con l’agilità di un gatto, mi tuffo a destra e a sinistra per bloccarla. Qualche minuto prima di entrare in campo, negli spogliatoi ci carichiamo coi nostri gesti scaramantici.
Inizia la partita. Le mie compagne si portano subito in attacco, ma il centrocampo e la difesa della squadra avversaria sono serrati e lasciano filtrare pochissimi palloni. Il primo tempo si chiude con zero reti. Durante la ripresa, Cecilia sbaglia l’ingresso su un’avversaria, commettendo fallo a una trentina di metri dalla mia porta e procurando alla squadra avversaria un calcio di punizione per noi piuttosto insidioso. Do indicazioni alle mie compagne per disporre la barriera, l’arbitro fischia e il pallone entra in area; io salto per afferrarlo, ma una testa sbuca dalla mischia e mi batte sul tempo, colpendo la palla che finisce nella rete alle mie spalle. Guardo Stefano. E’ serio e silenzioso, sicuramente non gli è piaciuto il mio anticipo.
Nonostante lo svantaggio, non ci scoraggiamo e poco dopo, con un veloce contropiede, Sara passa la palla a Marisa, che segna uno splendido goal da fuori area, piazzando la palla all’incrocio dei pali. Il pareggio ci carica e ci fa sperare nella vittoria. Così è: fallo in area a nostro favore a una manciata di minuti dalla fine, calcio dal dischetto e rigore imparabile per il portiere avversario. Appena l’arbitro fischia il termine dell’incontro, ci abbracciamo esultanti e usciamo dal campo leggiadre come farfalle.
Negli spogliatoi, Stefano si complimenta con noi per la vittoria, riservandomi una fugace occhiata di ammonimento per il goal subito. Sapevo che il mio intervento non gli è piaciuto, ma l’importante è aver vinto la partita.
‘Tutte sotto la doccia, ragazze, questa sera si festeggia!’
A quella frase, urlata con spirito cameratesco da Stefano, un pensiero mi balena fulmineo nella mente, facendomi arrossire: ‘Io la doccia la farei con te…’
Averlo lì davanti, con la T-shirt attillata, i pantaloni della tuta aderenti, i capelli tirati indietro col gel e lo sguardo luminoso, me lo fa apparire bello e desiderabile come un dio.
‘Su Arianna, che fai lì assorta nei tuoi pensieri?’
Sentirlo pronunciare il mio nome in quel momento mi fa sobbalzare e eccitare allo stesso tempo. Distogliendo lo sguardo dal suo, prendo lo shampoo e mi infilo sotto la doccia calda.
Stefano ci aspetta all’uscita del campo, a bordo della propria auto. Organizziamo i mezzi e Serena e io decidiamo di usare la sua macchina per raggiungere la pizzeria. La serata trascorre piacevole, la simpatia di Stefano tiene banco e negli occhi delle mie compagne leggo la stessa ammirazione che provo io. Per un attimo penso alla sua ragazza, senza capacitarmi una volta ancora di come faccia un figo simile a starci insieme. Noto che il nostro allenatore è molto più sciolto senza la presenza di Rossana e questo un po’ mi stupisce.
Dopo aver mangiato la pizza, Serena riceve una telefonata.
‘Arianna, mi dispiace. Devo andare, mio fratello è rimasto chiuso fuori casa e i miei sono via. Che palle!’
‘Non preoccuparti, un passaggio per tornare lo trovo.’
Serena mi sorride, saluta tutti e con un gesto seccato afferra la borsetta e si allontana velocemente. Mi rincresce che la mia amica abbia dovuto andare via, ma la serata è talmente piacevole e Stefano talmente affascinante, che mi abituo presto alla sua assenza e mi faccio coinvolgere nell’allegria generale.
Quando la serata giunge al termine e usciamo dal locale, mi rendo immediatamente conto di essere senza un passaggio per tornare a casa. Valuto rapidamente la situazione, ma tutte le macchine sono occupate, le mie compagne si sono perfettamente organizzate, senza lasciare un posto libero. Comincio ad andare nel panico: l’unica auto disponibile è quella del mister, ma non credo di riuscire a chiedergli un passaggio.
Per fortuna è lui a togliermi dall’imbarazzo.
‘Arianna, sei a piedi, vero? Eri in macchina con Serena, sbaglio?’
‘No, non sbagli, è così.’, confermo, con la voce stridula.
‘Allora ti accompagno io, vieni!’
‘Grazie, mister.’ Le gambe mi tremano, al solo pensiero di stare sola con lui, fuori da un campo di calcio.
Salutiamo le altre e Stefano con un cenno mi fa strada verso la sua Audi scintillante. A bordo dell’auto, per i primi minuti non mi viene in mente nulla di intelligente da dire e mi limito a sbirciare di traverso il suo profilo, che sembra opera dell’abilità di uno scultore.
‘Bella partita, oggi!’, rompe il ghiaccio Stefano.
Ecco, quella frase mi ricorda che lui è il mio allenatore, che se siamo lì insieme è soltanto per il calcio e per la vittoria. Ritorno in me, accantonando i pensieri sconci, smettendo di guardarlo di nascosto e ignorando la vicinanza della sua mano al mio ginocchio, ogni volta che impugna il cambio delle marce.
‘Già, bella partita.’, confermo io.
‘Di solito non sbagli mai un’uscita. Che ti è successo, Arianna?’
‘Non lo so…ero concentrata unicamente sul pallone e non ho visto quella testa emergere dalla mischia…’, rispondo io seccamente, trattenendo a stento una sbuffata.
‘Certo.’, taglia corto Stefano, che probabilmente si è accorto della mia insofferenza.
‘Bella serata.’, aggiunge lui una manciata di secondi dopo.
‘Bellissima!’, rispondo io, cambiando decisamente tono.
‘E’ stato un peccato che Serena abbia dovuto andar via prima.’
Mi sento sempre meno a mio agio: cercare qualcosa da dire a tutti i costi per rompere un silenzio imbarazzante non fa per me.
‘Ti piace la musica, Arianna?’
Finalmente una domanda interessante.
‘Certo!’, rispondo con entusiasmo.
‘Ho qui un cd con un misto di Ligabue e Vasco Rossi.’, mi dice Stefano, armeggiando coi comandi della radio.
‘Mi piacciono, soprattutto le loro canzoni più vecchie.’
‘Allora apprezzerai questa!’, mi dice lui, con tono complice.
‘Perfetto!’, penso io, mentre nell’abitacolo dell’auto si diffondono le note di ‘Ho perso le parole’.
‘Mai titolo è stato più appropriato…’, bofonchio tra me e me. ‘Hai ragione, questa mi piace molto!’, mi affretto a confermare.
Il silenzio fra noi è meno pesante con un sottofondo musicale.
‘Dove abiti esattamente? Temo di non ricordare gli indirizzi di tutte le atlete.’
Comincio a spiegargli come arrivare a casa mia, ma lui mi interrompe.
‘Faccio una cosa, accosto e inserisco i dati nel navigatore, così non diventi matta a darmi le indicazioni.’
Io conosco perfettamente la mia città, ma Stefano non vive qui da molto e mi rendo conto che per lui è più complicato orientarsi.
Il suo cellulare squilla.
‘Sì, amore, sto rientrando a casa, è stata una serata piacevole!’, dice lui, facendomi segno di non parlare.
Quando riattacca, Stefano appare imbarazzato e ha l’aria di un bambino che è stato sorpreso dalla mamma con le dita nel vasetto di marmellata. Non mi piace vederlo così e provo a chiedergli spiegazioni.
‘Era Rossana, la mia fidanzata. Scusami, Arianna, se ti ho fatto cenno di stare zitta, preferisco che lei non sappia che tu sei in auto con me. E’ gelosa, se sapesse che sto accompagnando un’atleta a casa, non la pianterebbe più…’. Lo vedo sinceramente seccato per questo. ‘Non mi piace nasconderle le cose, ma a volte mi ci trovo costretto, per evitare assurde discussioni.’
‘Non c’è problema, Stefano, capisco.’, lo rassicuro io, notando il suo sguardo affranto.
Ora guida in silenzio al mio fianco, è serio. Detesto ancora di più la sua fidanzata, visto il potere che ha su di lui e visto come riesce a spegnere il suo entusiasmo. Per l’ennesima volta, mi domando che cosa ci facciano insieme.
‘Perché stai con lei?’, gli chiedo a bruciapelo, pentendomene un secondo dopo.
Lui mi guarda allibito. Poi mi sorride e mi dice che Rossana ha numerosi pregi, nonostante i difetti. Sarei davvero curiosa di sapere quali, ma non oso domandarglielo.
‘Non sono affari miei, ovviamente’, cerco di giustificarmi io, col tono da ruffiana, ‘ma, quando ti vedo con lei, non posso fare a meno di pensare che non avete praticamente nulla in comune.’
Momento di pausa. Il suo silenzio mi incoraggia a proseguire.
‘Perché dovresti sentirti in colpa a riaccompagnarmi a casa? Che relazione è la vostra, se sei costretto a vivere nella paura e nella menzogna?’.
Credo di aver esagerato. Lui accosta, spegne il motore e mi guarda fisso negli occhi. Non riesco a interpretare la sua espressione. Poi fa un mezzo sorriso e mi dice: ‘E’ vero, Arianna, non sono affari tuoi, ma probabilmente ho sbagliato io a cominciare il discorso. E’ più complicato di quanto tu pensi, l’amore è più complesso di quanto potrebbe sembrare a una ragazzina come te.’
Ora mi sento offesa.
‘Io, una ragazzina?’, gli domando con stizza. ‘Non esiste un abisso fra noi due, solo nove anni, forse dieci. Non sono una ragazzina! Tu pensi che a vent’anni non si possano provare amore, desiderio e passione? Ho perso la verginità un paio di anni fa, con un ragazzo di cui ero innamorata. So che cosa significa, eccome!’, gli rispondo, con l’espressione imbronciata.
‘Scusami, Arianna.’, mi dice lui, serio, avviando l’auto.
I giorni successivi, durante l’allenamento, mi rendo conto che Stefano è diverso nei miei confronti, quasi imbarazzato e anche un po’ seccato. A bordo campo, c’è la sua ragazza; non la sopporto proprio, se ne sta lì, con l’aria annoiata e antipatica. Quando finiamo, vedo Stefano che la bacia e, prendendola sotto braccio, si avvia con lei verso l’auto. Mi sorprendo a invidiarla. Vorrei essere al suo posto, fra le braccia di Stefano, sono fermamente convinta di essere la tipa più giusta per lui. Mi chiedo se ci sarà mai l’occasione per fargli aprire gli occhi.
Trascorre poco più di un mese; il mio allenatore e io non abbiamo più affrontato i discorsi di quella sera. Stefano ci comunica che il campionato, che ci vede in testa alla classifica, subirà l’interruzione di una settimana: un sabato e una domenica per poter fare altro. Ma che cosa? Ultimamente mi sento giù di corda e penso che trascorrerò quei due giorni sola a casa, per rilassarmi. Serena prova a scuotermi dal mio torpore, ma alla stanchezza si aggiunge la delusione per aver rovinato il rapporto con Stefano e nemmeno la simpatia e l’affetto della mia migliore amica riescono a farmi tornare il buon umore.
Serena è risoluta e venerdì pomeriggio capita a casa mia, con due ingressi omaggio per un centro benessere fuori città.
‘Non possiamo perdere l’occasione, Arianna! Sabato e domenica interamente spesati; ti prego, vieni con me, vedrai che ci rilasseremo e ci divertiremo.’
Il suo tono supplichevole mi convince ad accontentarla. Preparo una borsa col necessario e la mattina seguente Serena passa a prendermi con la sua auto. Non sono molto entusiasta all’idea di trascorrere il fine settimana in un albergo, ma il pensiero di far contenta la mia amica mi consola.
L’hotel si trova in una zona collinare lontana dalla caoticità e dal traffico della città, in mezzo alla natura e al silenzio. Nella hall ci accolgono con molta cortesia e ci consegnano la chiave della stanza. Saliamo, per sistemarci e sul corridoio ci imbattiamo in Stefano e Rossana. Non ci posso credere.
‘Arianna, Serena! Che sorpresa!’, esordisce lui, con un’espressione imbarazzata e sorpresa.
‘Mister!’, lo apostrofa la mia amica, con un sorriso che le va da una guancia all’altra.
Rossana e io rimaniamo mute e serie allo stesso modo, anche se per motivi diversi.
‘Ti rendi conto? Lui è qui!’, sbotto con Serena, appena ci chiudiamo in camera.
‘Allora?’, mi incalza candidamente la mia amica.
‘Dopo la sera della pizza, Stefano non è stato più lo stesso con me, è come se ci fosse qualcosa in sospeso, che guasta il nostro rapporto.’, le rispondo, col tono lamentoso.
‘Vedrai che si aggiusterà tutto!’, esclama lei, facendomi l’occhiolino.
Credo che non riesca a comprendere realmente ciò che voglio dire; non capisce come me la sia presa per quel ‘ragazzina’, che Stefano mi ha detto in tono di superiorità.
‘Dai, Arianna, fatti passare il broncio! Cambiati e andiamo al centro benessere!’, mi esorta Serena, dandomi una cameratesca pacca sulla spalla.
Dopo aver disfatto velocemente il bagaglio, indossiamo un costume da bagno, coprendoci con un accappatoio. Ci raccogliamo i capelli e scendiamo di sotto. L’ambiente è davvero confortevole, lussuoso e soprattutto poco frequentato, visto il periodo dell’anno. Ci immergiamo nell’enorme vasca della piscina, a ridosso delle bocchette idromassaggio. Chiudo gli occhi e le carezze dell’acqua calda mi rilassano a tal punto, che sono sull’orlo di addormentarmi.
‘Vado nella sauna, mi fai compagnia?’, mi domanda Serena.
‘No, vai tu, io preferisco restare qui, a farmi coccolare dall’idromassaggio.’
‘Come vuoi!’, esclama la mia amica, uscendo con un balzo atletico dalla piscina.
Torno a perdermi nel mio stato di torpore, chiudendo gli occhi e abbandonandomi all’abbraccio leggiadro dell’acqua. Quando riapro gli occhi, vedo Stefano che nuota a qualche metro da me. Il suo stile è praticamente impeccabile, osservo il guizzo delle gambe e delle braccia che entrano ed escono dall’acqua e mi sorprendo a desiderarlo come mai. Si volta verso di me e mi saluta; gli rispondo con un cenno della testa e gli sorrido. Lui si avvicina e cominciamo a scambiare qualche veloce battuta sul centro benessere e sulla coincidenza di esserci incontrati nello stesso posto. Non vedo la sua ragazza, ma non voglio nominargliela e faccio finta di nulla.
‘Serena è andata a fare la sauna.’, gli dico.
‘Anche Rossana; io invece preferisco la piscina.’
‘Non sapevo che te la cavassi così bene anche nel nuoto.’, gli confido e subito mi sembra di arrossire.
‘Mi piace; sono nato e cresciuto in una città di mare e il legame con l’acqua per me è naturale.’
‘Certo!’, confermo io, a sottolineare la logicità della sua affermazione.
Mi domando come mai, quando sono sola con Stefano, mi ammutolisco dopo pochi attimi e non riesco a trovare argomenti interessanti di cui parlare. Proprio mentre sto pensando a qualcosa di intelligente da dire, lui mi anticipa:
‘Ho notato che in questo periodo c’è un clima di imbarazzo fra noi due.’ Mentre parla con tono calmo, mi guarda dritto negli occhi, come fa di solito, ma io stento a sostenere il suo sguardo.
‘Sei imbarazzata anche ora, Arianna.’, aggiunge con un sorriso dolce.
‘E’ vero. ‘, ammetto io. ‘Dalla sera della pizza, avverto una certa tensione fra di noi.’
Alzo gli occhi e incontro il suo sguardo rassicurante.
‘Questo non va bene e non giova al nostro lavoro di squadra. Sarebbe meglio parlare del problema, Arianna, cercando di risolverlo.’, mi incoraggia lui.
‘Hai ragione.’, mi convinco io. ‘Devi sapere che mi sento offesa per il fatto che tu mi abbia apostrofata come una ragazzina incapace di capire.’ Questa volta riesco a sostenere il suo sguardo diretto, cercando di decifrarne le sfumature.
Dopo qualche attimo di silenzio, Stefano mi dice: ‘Mi scuso, Arianna, se ho ferito la tua sensibilità. Non era sicuramente mia intenzione, ma tu non puoi capire quello che c’è fra me e la mia ragazza, giudicando come hai fatto quella sera.’ Nei suoi occhi colgo un lampo di disapprovazione, simile a quello che ho notato dopo aver subito goal durante quella partita.
‘Mi dispiace…’, ammetto io, ‘ma non sono una ragazzina e certe dinamiche posso capirle anche io. Non ho voluto giudicare, ma è palese quanto tu sia più spontaneo e rilassato in assenza di Rossana. Un rapporto non dovrebbe essere così teso.’
So di aver colto nel segno, anche se probabilmente non avrei dovuto spingermi fino a quel punto.
Stefano è senza parole e la sua espressione stupita mi colpisce. Non voglio infierire, ma penso che non posso lasciarmi sfuggire un’occasione tanto ghiotta per fare chiarezza.
‘Secondo me non è la ragazza adatta a te: hai bisogno di qualcuna che ti stimoli e ti incoraggi nella tua attività, senza metterti alle strette; credo che lei ti spenga.’
La sua espressione ora è sbigottita e io mi domando da dove mi sia uscito il coraggio di osare tanto.
‘Mi dispiace che tu ci veda così. Ti ripeto che Rossana ha i suoi difetti, ma anche moltissimi pregi. Questo non è il genere di argomenti che allenatore e atleta dovrebbero affrontare. Se l’imbarazzo fra noi deriva da ciò, ti domando scusa per averti apostrofata come una ragazzina, ma ti chiedo di evitare di fare commenti sulla mia relazione con Rossana. Le dinamiche fra noi non sono come sembrano a te.’
Il tono di Stefano è calmo e controllato, ma il suo sguardo diretto e stizzoso mi mette a disagio.
‘Va bene…’, commento io. Non mi resta che arrendermi alle sue parole, benché mi convincano poco.
‘Spero davvero che la questione sia risolta e che il clima fra noi torni a distendersi. Ci tengo veramente, Arianna!’, mi dice lui, abbozzando un sorriso.
‘Sì, mister!’, lo rassicuro io.
‘Bene! Proseguo con le mie vasche. Magari ci si vede più tardi.’ Il suo tono non è seccato, ma tranquillo e mi fa ben sperare.
Dal mio angolino, lo osservo e i pensieri sconci offuscano i discorsi di poco fa. Socchiudo gli occhi per qualche istante e mi immergo nelle mie fantasie, immaginando di stare fra quelle braccia forti. Li riapro, guardo ancora Stefano che continua a nuotare instancabilmente e torno a chiedermi che cosa lo leghi a una ragazza tanto diversa da lui. Sospiro rumorosamente e mi decido a uscire dalla piscina, proprio mentre Serena sta venendo a chiamarmi. Noto che anche Rossana sta aspettando Stefano a bordo della vasca, con quell’espressione antipatica e annoiata che tanto mi infastidisce. Con un balzo, il mio allenatore esce dall’acqua e non posso fare a meno di notare le sue gambe atletiche e il suo fisico asciutto. Quanto darei per farmelo, almeno una volta. Decido di confidarmi con la mia amica e di raccontarle ogni cosa.
‘Sta diventando una specie di ossessione, ormai. Non riesco più a considerarlo nel suo ruolo, sono continuamente in imbarazzo e mi risulta veramente difficile concentrarmi sulla mia figura di portiere. Devi aiutarmi, Serena!’, la supplico.
‘E’ il nostro allenatore, Arianna, non la vedo molto bene questa cosa. Però, se proprio ci tieni, ti appoggerò. Poi quella smorfiosa della sua ragazza sta antipatica pure a me!’
Apprezzo la solidarietà della mia migliore amica e sono convinta che, affrontando e superando il desiderio che nutro per Stefano, le cose torneranno alla normalità. Serve solo una buona occasione per restare sola con lui.
Durante la cena, nella sala da pranzo dell’albergo, vedo Stefano seduto con Rossana a un tavolo poco distante dal nostro. Anche se parlano a voce bassa, mi sembra che stiano litigando e quando lui incrocia per un attimo il mio sguardo, la sua espressione appare tesa. Faccio cenno di questo a Serena, che, voltando loro le spalle, non si è accorta di nulla e con soddisfazione le dico che probabilmente si presenterà presto l’occasione che sto aspettando.
Finito di mangiare, ci ritiriamo in stanza. Serena si butta sul letto con un libro, ma io non ho voglia di fare altrettanto e opto per un giro nei dintorni dell’hotel. Fuori è buio, l’aria è fresca e il silenzio che mi avvolge appare irreale rispetto all’atmosfera caotica della città. Inspiro a pieni polmoni, poi alzo lo sguardo e rimango rapita dal luccichio delle stelle. Il rumore di passi sul selciato mi fa sussultare, riportandomi alla realtà. Mi volto e nel tenue bagliore emanato dalla luna, scorgo Stefano che avanza verso di me.
‘Ciao!’, mi saluta.
‘Ciao!’, gli faccio eco io.
‘Si sta bene qua fuori, avevo bisogno di aria fresca’, mi confida lui.
‘Anche io. Non mi andava di chiudermi in stanza. Qui è fantastico!’, esclamo con entusiasmo.
‘Vero…’, ammette Stefano, con tono sconsolato.
‘Qualcosa non va?’, gli chiedo, pur conoscendo benissimo il motivo del suo stato d’animo.
‘Meglio non parlarne, Arianna.’ taglia corto lui. ‘Ti va di fare due passi con me?’
‘Certo!’, mi limito a dire. ‘E me lo chiedi?’, penso.
Camminiamo fianco a fianco, senza meta precisa, in silenzio, avvolti dal buio; vorrei allungare la mano per afferrare la sua, vorrei passeggiare come fossimo due fidanzati, vorrei che smettesse di vedermi come una ragazzina e come un’atleta, vorrei che mi leggesse in viso tutta la voglia che ho di lui. Arriviamo fino alla sommità della collina e ci fermiamo ad ammirare l’immensa distesa delle luci tremolanti e dei bagliori della città ai nostri piedi.
‘Qui è veramente bellissimo!’, esclamo con entusiasmo.
‘Sono d’accordo con te. Quest’atmosfera ti mette in pace col mondo.’, conferma Stefano.
Ci sediamo sull’erba umida e gli chiedo di raccontarmi della sua vita e della sua decisione di allenare la nostra squadra, promettendo a me stessa di evitare di nominare Rossana. Lui appare rilassato e questo mi fa piacere. Comincia a raccontarsi: mi parla della passione per il cacio che ha fin da piccolo, del suo destino sfortunato di giocatore dovuto a un brutto infortunio e della soddisfazione che prova nell’allenare. Man mano che racconta, il suo tono diventa confidenziale e, anche se non posso scorgerli bene, immagino i suoi occhi illuminarsi. Poi è lui a chiedere a me come sia nata la passione per il calcio e per il ruolo di portiere. Non so che cosa rispondere con esattezza; so solo che l’amore per quello sport mi è stato trasmesso da mio padre, che mi portava sempre allo stadio alle partite e agli allenamenti della sua squadra preferita. Alle elementari facevo già parte di una squadra di pulcini, insieme alla mia amica Serena. E’ stato un amore che è cresciuto con me e poco importava se le altre ragazze non capivano perché passassi più tempo dietro a un pallone, piuttosto che dietro allo shopping o a qualche ragazzo.
‘Occorre fare dei sacrifici, quando si vogliono ottenere risultati importanti.’, mi dice Stefano, ‘Ci sarà tempo per gli uomini.’
‘Sì…ho avuto una storia un paio di anni fa; è finita, perché lui non capiva la mia passione. Ho dovuto scegliere, è stato brutto e doloroso.’, gli dico.
‘Mi dispiace, Arianna e adesso comprendo perché mi hai detto quelle cose su Rossana. E’ vero: non è facile vivere un rapporto con qualcuno che non condivide o non appoggia le tue passioni. Lei può sembrare spigolosa, ma ti assicuro che non è cattiva. Anche questa sera abbiamo discusso. Spero che si calmerà.’
‘Come mai avete litigato?’, oso chiedergli.
‘Per il calcio. Mi accusa di non avere in mente altro che il campionato e la squadra; sperava di passare un fine settimana lontano da tutto questo, ma quando vi abbiamo incrociate nel corridoio dell’albergo, ha cominciato a farmi le solite paranoie.’ Sospira. Capisco che è estenuato dalla faccenda.
‘Mi dispiace, Stefano.’ Mi rammarico io.
‘Non è colpa tua, Arianna.’, si affretta a dire.
‘Mi dispiace, per aver detto quelle cose su voi due.’, aggiungo, con tono sinceramente pentito.
‘Dimenticato, non preoccuparti. Ora capisco il motivo per il quale lo hai fatto: ci sei passata anche tu. Non crucciarti, Arianna, sei una ragazza bella e piena di qualità.’ Nel dirlo, mi appoggia una mano sulla spalla, a mo’ di incoraggiamento. Rabbrividisco a quel contatto: la sua bocca è come una calamita e in un attimo mi ritrovo con le labbra sulle sue. Lui risponde al bacio, infilandomi la lingua in bocca e spostando la mano dietro la mia nuca per attirarmi a sé, mentre io comincio a mugolare, eccitata. Ci avviciniamo e ci facciamo coinvolgere nell’abbraccio, mordendoci le labbra con passione.
‘Non è giusto, Arianna!’, esclama lui, staccandosi bruscamente da me.
Sono senza parole, frastornata dall’accaduto. Quel bacio mi ha scombussolata e i battiti del mio cuore sono accelerati.
‘Stefano, aspettavo da tanto questo momento’, gli confesso languidamente, ‘ho voglia di stare con te…’
‘No, Arianna! Non sarebbe giusto verso nessuno, soprattutto nei tuoi confronti. Perdona se mi sono lasciato andare, non avrei dovuto arrivare a permettere questo. Ora è meglio rientrare.’ Il suo tono è dannatamente serio.
Non ribatto e lo seguo in silenzio, mordendomi le labbra per l’occasione sfumata. In camera racconto tutto a Serena e la notte stento a prendere sonno, ancora eccitata per quel bacio appassionato. Il giorno dopo scendiamo a fare colazione piuttosto presto; io sono mezzo addormentata, ma ho promesso alla mia amica di fare una corsa con lei e non posso tirarmi indietro, benché la mia voglia scarseggi. Finalmente più tardi riesco a tuffarmi in piscina. Nuoto un po’ avanti e indietro e poi mi appoggio al bordo, a ridosso delle bocchette dell’idromassaggio, per trarre il massimo beneficio da tutte quelle bollicine. La vasca è deserta e quando Stefano entra in acqua, non posso fare a meno di notarlo. E’ lui ad avvicinarsi a me, qualche minuto più tardi. Accenna un sorriso, mentre mi fissa negli occhi. Ricambio con un velo di imbarazzo, ripensando alle mie labbra sulle sue.
‘Ciao!’, esclama.
‘Ciao!’, gli rispondo io.
Lo guardo. Non sembra a disagio per quello che è successo tra noi. Io invece vorrei sprofondare, pensando alle parole che gli ho detto per trattenerlo. Ma la sua vicinanza mi provoca un tale stato di eccitazione, che stento a nasconderlo. Anche ora, che siamo soli in questa piscina, mi sento avvampare. Chiudo gli occhi un istante, sospirando.
‘Che c’è, Arianna? Che ti sta succedendo?’, mi chiede lui, diventando serio.
Mi domando se possa valere la pena parlare chiaramente. Non ho idea di come potrebbe reagire lui alla mia schiettezza; so solo che se non gli confesserò i miei pensieri, rischierò di diventare matta. E’ però lui a parlare ancora.
‘Dopo quello che è successo ieri, ho riflettuto. Non posso continuare a farti da allenatore, Arianna. L’equilibrio si è rotto e non posso più avere l’autorevolezza necessaria, per insegnarti.’
Lo guardo, mentre un nodo mi serra la gola. Non voglio perderlo e non voglio costringerlo ad abbandonare la squadra. Scoppio a piangere, come una bambina, a causa della tensione accumulata negli ultimi tempi.
‘Non voglio! Non voglio che tu arrivi a questa decisione, Stefano!’, gli grido, scossa dai singhiozzi.
Lui cerca di consolarmi e mi stringe fra le braccia. Io mi sciolgo in quell’abbraccio e, senza rendermene quasi conto, mi ritrovo ancora con le labbra incollate alle sue. Stefano ricambia il bacio, ma questa volta non si stacca. Affonda quanto più può la lingua dentro di me e mi schiaccia contro il bordo della piscina. Mi chiedo se sto sognando, ma la mia eccitazione e la sua erezione sono tangibili. Si scosta da me per un attimo, si guarda intorno, per essere certo di essere realmente solo con me e poi mi abbassa le spalline del pezzo superiore del bikini, scendendo con la bocca a succhiarmi il seno. Sono in estasi. Ondeggio sotto la sua lingua e le sue dita, che si sono spinte a esplorare la mia femminilità, scostando lo slip e facendosi strada dentro di me.
‘Oh, Stefano…’, sussurro, fra i baci.
Lui non parla. Mi bacia, mi tocca, mi accarezza, ma non dice una parola. Poco importa. Quello che sto provando è quanto di più paradisiaco io ricordi. Con un sospiro gli abbasso gli slip e lo faccio mio; il massaggio della mia mano lo fa sospirare deliziato e io mi sento incoraggiata a proseguire. Immagazzino quanta più aria posso e mi immergo per prenderglielo in bocca. Stefano asseconda i miei movimenti e le sue mani si appoggiano alle mie spalle, mentre il suo sesso entra e esce fra le mie labbra. Riemergo per prendere aria e lui mi trattiene con un abbraccio focoso che mi inchioda al bordo della piscina. Il suo sguardo assatanato annienta qualsiasi mia volontà.
‘Quanto ti voglio, Stefano, da impazzire…’, bisbiglio io, mentre il suo arnese duro si insinua fra le mie cosce.
Con decisione, me lo caccia dentro e sospirando, comincia a ondeggiare dentro di me. Io inerpico le gambe lungo le sue e le intreccio dietro le sue natiche, aggrappandomi con le braccia alle sue spalle, mentre lui mi afferra con decisione i fianchi. Siamo tutt’uno e lo sciabordio dell’acqua pare trascinarci in un’altra dimensione. Ansimiamo eccitati e io vorrei urlare per il piacere che quelle spinte vigorose mi stanno regalando, ma non posso, perché sicuramente qualcuno mi sentirebbe. Lui è instancabile, travolgente e duro…incredibile quanto possa essere duro. Le nostre bocche si cercano nella furia dell’amplesso, mentre io mi avvicino all’orgasmo.
‘Stefano, vengo, sì, vengo…’, non posso fare a meno di gridarglielo, mentre le contrazioni sconvolgono il mio intero essere.
Lui rallenta il ritmo, mi accarezza il viso, scostandomi dalla fronte e dalle guance le ciocche di capelli umidi, mi guarda con quello sguardo diretto che adoro e sorride. Io lo bacio, indugiando con la lingua sulla sua cicatrice estremamente sexy. Poi i suoi occhi tornano seri e carichi di desiderio e il suo ritmo dentro di me torna a salire, in un crescendo continuo, fino a quando con un sussulto non lo sento venire.
Sono estasiata. Soprattutto perché, per come si stavano mettendo le cose fino a mezz’ora prima, non mi aspettavo un epilogo del genere. Ma adesso? Che cosa sarebbe successo adesso? Lo fisso negli occhi e il suo sguardo mi appare serio e indecifrabile. Sfiorandomi la guancia con un bacio, Stefano si allontana da me e prosegue a nuotare, probabilmente per allentare la tensione dell’amplesso. Io rimango a osservarlo, in silenzio, mentre dentro di me si affollano pensieri poco piacevoli. Era proprio quello che volevo? Ora lo avevo avuto, il mio desiderio era stato esaudito e almeno una volta lui era stato mio. Ma avrei saputo accontentarmi di un’unica volta? Lui se ne era già pentito? Quelle domande rischiavano di portarmi al manicomio. Con un balzo esco dalla vasca e vado a cambiarmi per il pranzo.
A tavola sono seria; fisso Stefano difronte a me, incrociando di tanto in tanto il suo sguardo imperscrutabile. Serena mi vede di poco appetito e non posso evitare di raccontarle l’accaduto, lasciandola a bocca aperta.
‘Ora cominciano i casini, Arianna.’, mi dice lei, con tono apprensivo.
‘Non lo so. Non so che cosa pensa Stefano. Non so che cosa accadrà…’, le confesso io, sconsolata.
Il tardo pomeriggio lasciamo l’albergo, per rituffarci nel traffico della vita di città. Dentro di me so che la cosa migliore da fare è dimenticare quell’esperienza. Mi rendo conto che Stefano non potrà mai essere veramente mio, non fino a quando sarà il mio allenatore e non fino a quando starà insieme a Rossana. Eppure in quella piscina lui voleva me. Avrebbe potuto dire di no, ma non l’ha fatto e non si è tirato indietro.
‘ Quanti dubbi’, penso, ‘da diventare pazza…’
Martedì ricominciano gli allenamenti. Col cuore in gola mi dirigo al campo, ma Stefano non c’è. Al suo posto c’è Mattia, che ci allenerà fino a quando la società non troverà un sostituto per il resto della stagione. Sono allibita. Sono disperata. Non riesco a credere di averlo perso. Anche come allenatore. Con una scusa mi allontano dal campo di gioco ed entro negli spogliatoi, dove mi sento libera di sfogare il dispiacere nel pianto. Singhiozzando, apro il mio armadietto per prendere dei fazzolettini e un biglietto cade ai miei piedi. E’ di Stefano. Con trepidazione lo leggo.
‘Cara Arianna. Mi dispiace per tutto. Mi dispiace di non aver saputo dirti di no, quando avrei dovuto e mi dispiace di aver tradito la tua fiducia e lo spirito della squadra. Allenare te e le tue compagne è stato un immenso piacere, mi avete dato un sacco di soddisfazioni. Ma non posso continuare, non posso guardarti negli occhi e fare finta che non sia successo nulla. Non te lo meriti. Spero che capirai, se non ora, un giorno. Spero che mi perdonerai. Hai un grande talento, Arianna, promettimi che non lo sprecherai. Con affetto, Stefano.’
Le lacrime mi offuscano la vista. Non ho nulla da perdonare a Stefano, per una cosa che ho provocato io. Purtroppo le azioni hanno delle conseguenze. Dovevo mettere in conto questo epilogo, prima di voler sedurre il mio allenatore a tutti i costi, mandandolo nel pallone.
Grazie Rebis
Storia molto intrigante. Per favore, continua! :)
In tutte le volte in cui Maria ordina a Serena di spogliarsi, Serena rimane sempre anche a piedi nudi oppure…
Quanto vorrei che il live action di disney fosse più simile a questo racconto! Scherzi a parte: divertente, interessante, bel…
grazie amore