Skip to main content

Bisex 1 – Amanti

By 12 Febbraio 2010Giugno 9th, 2021No Comments

La vidi nella metropolitana. Era seduta di fronte a me, una donna matura, capelli argentati e cortissimi, occhiali colorati, Indossava un impermeabile bianco con un foulard rosso alla gola. Vidi le mani, grandi e forti, troppo per una donna, e la sua mascella dura e volitiva. Non capivo perchè mi piacesse guardarla. Quando si alzò vidi che era molto alta, più di me che sono alto 1,83 m. Nello scendere il macchinista del treno diede un colpo di freno facendoci perdere l’equilibrio, lei si aggrappò istintivamente a me che ero il più vicino.
Fuori dalla stazione mi accorsi di avere perso un bottone dell’impermeabile.
Accadde qualche giorno dopo. Ero in un bar a prendere un caffè al banco. Entrarono lei ed una sua amica anch’essa alta e piuttosto grossa di corporatura. La riconobbi: lo stesso impermeabile e lo stesso foulard. La sua amica stava tra noi e , per distrazione, prese la mia acqua.
“Oh, mi scusi “- disse quando lei le fece notare la cosa.
” Meno male che non eravamo in metropolitana, altrimenti ci avrei rimesso un altro bottone.”
Si guardarono stupite, poi lei scoppiò a ridere.
“E’ lei il padrone di quel bottone che mi sono ritrovata in mano?”
“Si, e vorrei farle causa.”
Scoppiarono a ridere.
“Beh, disse lei, troviamo un accordo. Posso risarcirla?”
Feci cenno al cameriere di addebitarmi le consumazioni.
“No, risposi ,vorrei combattere con lei.”
Risero ancora.
“Ed è sicuro di riuscire a vincere?”
“Non avrebbe importanza, il bello sarebbe combattere.”
La sua amica non si tratteneva dal ridere.
“Lei è un tipo….” disse
“Si – disse lei – un tipo singolare. Chi è? che lavoro fa? e perché va in giro da solo di domenica mattina?”
Fu quell’ultima domanda a farmi pensare, in seguito. Parlammo ancora un po’, erano simpatiche e cordiali. Ci salutammo fuori al bar.
“Tenga – mi disse – nel caso decida di citarmi per il bottone” e mi diede un biglietto da visita.
Fu qualche giorno dopo, cercando qualcosa nella giacca che ritrovai il biglietto:
“Carla T… Dermatologa – Specialista in Malattie Veneree”
Avevo desiderio di incontrarla di nuovo, non sapevo spiegarmelo, e tentennai parecchio. Non volevo espormi ad una figuraccia, ma alla fine capii di non avere scelta.
Al telefono mi rispose la segretaria.
“La Dottoressa è in visita. Chi devo dire?”
“La Dottoressa non mi conosce, Le chieda se è possibile oggi a fine studio. Sa, è urgente.”
Dopo poco mi disse.
“Va bene. Alle 20”
Aspettai ancora mezz’ora nella sala d’attesa dello studio. Poi la segretaria mi fece cenno.
“Venga avanti. Ah! E’ lei! Ma guarda!”
“Beh, dissi, sa…”
“Non si imbarazzi, sono un medico. Mi dica tutto.”
“Sa, ho avuto un rapporto…. non protetto …e sono preoccupato”
“Quanto tempo fa?”
“Una settimana”
“Avverte sintomi”
“No, nessuno”
“Che tipo di rapporto era? Avanti, non si blocchi. Vaginale, anale, orale?”
“Orale”
Lei sorrise. “Da una settimana ha detto? e non ha sintomi? Febre? Segni evidenti? Mi lasci controllare.” Poi ci pensò su e disse” Ecco come ha perso il bottone!Le si è aggrapata adosso!”
Non riuscii a rimanere serio. “Si scopra, abbassi tutto… e pensi ad altro.”
La visita fu molto imbarazzante; si infilò i guanti, prese il mio pene in mano sotto la lampada. Guardava con attenzione: “Cerco segni di lesioni – disse – Dopo una settimana si vede già un principio di infezione in certe malattie ”  Guardò l’attaccatura del glande all’asta con grande scrupolo, con una lente di ingrandimento. Poi prese i testicoli nelle mani. Muoveva le dita per vedere se vi fosse varicocele – mi spiegò. La visita si protraeva ed io stavo con pantaloni e slip abbassati sul lettino. In un movimento mi sfiorò con il petto. Da sotto l’impermeabile non potevo vedere che aveva seni piccoli, quasi inesistenti ed il maglione sotto il camice aperto era senza i rilievi dei seni. Ma aveva un bel culo, grosso , perchèe anche le cosce erano grosse.
Mi rivestii e la raggiunsi alla scrivania.
“Ma non poteva trovare una scusa più economica per incontrarmi? Le costerà 80 euro, lei è sanissimo e penso che quel rapporto orale non sia mai avvenuto.”
“Non avevo altre risorse, mi è venuto in mente solo questo.”
Sorrise. “Avrò 10 o 15 anni più di lei. Lei andrebbe in giro con una vecchia zitella?”
“Beh, se lei fosse il mio dermatologo, si.”
“Che vuole da me?”
“Non lo so. So che avevo desiderio di rivederla, tutto qui. E non mi chieda perchè, non saprei risponderle.”
Era passata un’ora.
“Beh adesso mi aiuta a chiudere, visto che mi ha fatto fare tardi.”
“Tardi per cosa?”
“Per niente – disse lei – sono sola.”
Abitava qualche isolato più avanti, l’accompagnai a piedi. Faceva freddo gelido.
Ad un certo punto la sentii rabbrividire. “Mi scusi” dissi e le toccai il viso; era gelato. Mi tolsi la mia sciarpa e gliela misi alla gola. Rimase stupida da quel gesto, mi guardò senza dire nulla. Eravamo arrivati.
“Dovrò rivederla – dissi – adesso mi deve un bottone ed una sciarpa.”
Fece un gesto strano: allungò una mano e mi carezzò il viso. Poi entrò nel portone.
La chiamai quel sabato.
“Chi è lei?” finse di non riconoscermi
“Telefono per una sciarpa”
“Gliela ricompro, anzi gliene ricompro due. Quella no. Ci dormo con quella sciarpa.”
“Voglio vederti.”
“Alle quattro. Il bar lo conosci”

Entrò nel bar, io stavo ad un tavolino; cappotto blu e la mia sciarpa al collo. Si sedette, aprì il cappotto su un maglione rosa di lana soffice, Sorrise. Ordinò un caffè. Rimanemmo a guardarci senza parlare per qualche minuto. Non era bellissima, era più grande di me, ma mi piaceva da morire.
“Sei molto elegante con quella cravatta”
“Dovevo incontrare una signora e ci tenevo che mi vedesse elegante.”
“Perchè? Vuoi conquistarla?”
“Veramente è lei che mi ha già conquistato.”
Si divertiva sempre alle mie battute, rise. Dopo un po’ uscimmo a passeggiare.
Non parlavamo, non trovavo il coraggio di metterle una mano sulla spalla come volevo. Lei si fermò e mi chiese a muso duro:
“Che vuoi da me?”
“Tutto”. Non l’avevo pensata quella risposta, mi era venuta d’istinto.
“Tutto?”
“Si. I tuoi pensieri, le tue emozioni, le tue sensibilità, le tue fantasie, le tue pulsioni, i tuoi sogni, le tue angosce, le tue emozioni, i tuoi desideri, il tuo corpo. Tutto.”
Non si aspettava una simile risposta. Rimase a guardarmi con lo tesso sguardo di quando le avevo messo al collo la mia sciarpa, interdetta.
“Perchè me?” disse a bassa voce.
“Non lo so, non ce l’ho una risposta razionale e logica per questo. Potrebbe risponderti la mia anima se riesci a parlarle.”
Eravamo emozionati e lei si stringeva al collo la mia sciarpa. Eravamo quasi davanti al portone di casa sua.
“Vieni da me” disse.

Nell’ascensore ci demmo un bacio disperato, come se volessimo strapparci l’uno con l’altra l’anima e la vita dal corpo. Sentivo le sue mani, grandi e forti, che mi stringevano con un desiderio di possesso quasi violento. Mentre mi baciava mi mise le mani nei capelli. Abitava in un attico all’ultimo piano, non vi erano altri appartamenti. Ma stemmo ancora due minuti a baciarci prima che aprissimo la porta.
“Voglio dirtelo adesso. Io sono molto possessiva e gelosa….e molto vendicativa. E di ciò che mi appartiene faccio ciò che voglio.”
Le tolsi il maglione. Non portava reggiseni, I suoi sei erano due grossi spuntoni che le uscivano dal petto, con un capezzolo grosso e scuro. Glieli baciai; ma poi preso dall’istinto glieli succhiai con voracità. Volevo sentirla dentro di me. Lei chiuse gli occhi mentre glielo facevo, aspirava a denti stretti, con libidine. Le abbassai i pantaloni di velluto per tocc arle le cosce grosse e forti ed il suo culo grande. Lei mi baciava sul collo. Poi mi allontanò per darmi modo di spogliarmi e si mise nel letto caldo di termocoperta.
Ci perdemmo in un mare di baci, di tenerezze, di carezze lascive . Sentivo le sue mani sul mio corpo, sul mio petto, sulle mie cosce. Prese in mio cazzo e lo strinse, forte, mi accarezzò i testicoli, li prese in una mano stringendoli dolcemente. Toccai la sua fica dai peli scuri, lucidi ed ispidi. Sentii sotto le dita le sue grosse e carnose grandi labbra, cercai il suo clitoride, le penetrai con le dita. Avevamo troppo desiderio di conoscerci, di goderci e non facemmo subito l’amore. Andammo avanti così per circa un quarto d’ora mentre in noi andava crescendo un desideri smisurato di possederci. Scostai la coperta.
“Apriti. Voglio vederti.”
Lei aprì le cosce. “Guardami, allora. Adoro essere guardata con desiderio da un uomo.”
Mi inginocchiai sul tappeto e la feci girare con le gambe fuori dal letto. Poi le aprii di più le ginocchia. Volevo farla godere, sentirla godere, volevo sapere com’era lei nell’orgasmo. Le baciai le cosce, nell’interno, sentendo sul viso i peli della sua fica. Poi le baciai gli inguini. Reagì con un brivido di libidine sentendo la mia lingua che le percorreva gli inguini ed istintivamente divaricò ancora di più le cosce tirando le ginocchia con le mani. Le mordicchiai dolcemente le grandi labbra in tutta la loro lunghezza, una per volta, tenendole tra le dita. Era stordita dal desiderio, si dibatteva. Poi le passai la lingua bagnata nel solco tra le grandi e piccole labbra, comiciò ad ansimare. La sua fica cominciava a bagnarsi, la sentivo madida di umori. Le strinsi le labbra della fica tra le dita delle mie mani e le feci scivolare più volte le une sulle altre. Arrivai al clitoride, un bellissimo clitoride che fuoriusciva dalle labbra di almeno un centimetro, grosso come la punta delle sue grosse dita. Glielo succhiai dolcemente e poi le diedi piccoli morsi, e lo succiai ancora. Glielo schiaffeggiai con la lingua e glielo battei con le dita. Infine cominciai a leccare le le piccole labbra penetrandola con la lingua. La sentii sudata, ansimante, affaticata dal piacere.
“Cerca il mio punto G con le dita” mi disse. La penetrai prima col dito medio, delicatamente, spingendolo dentro lentamente. Lo tenevo col polpastrello in alto e lo facevo scorrerle lungo la sua vagina.
“Quì” mi disse ad u certo punto e vidi che il mio dito era dentro di lei almeno per tre quarti. Allora cominciai a farlo scorrere su quel punto, a premere, ad accarezzare con piccoli movimenti avanti ed indietro. Vidi che cominciava a spingersi in avanti nell’inconscio desiderio di aiutarmi a farla venire. Ma i movimenti del suo bacino diventavano sempre più forti, mi veniva incontro come volesse sbattermi sul viso la sua fica. Allora introdussi anche l’indice, lo incrociai col medio e ripresi a succhiarle il clito. Venne sbattendosi col bacino, con convulsioni fortissime e con profondi sospiri e gemiti. “Ancora – diceva -ancora, più forte. Amore mio, che bello, che piacere che mi stai dando.”
Ebbe forti contrazioni per il suo orgasmo ed allora la penetrai.
“Si – disse -adesso si. Dentro di me, fino in fondo, prendimi tutta.”
Io la chiavavo con piccoli colpi profondi. Tre o quattro colpi e poi lo tiravo fuori e la penetravo di nuovo. Mi piaceva sentire la sua fica che si allargava sotto la pressione del mio cazzo, sentire come entrava nel suo corpo, sentire la sua fica che si stringeva quando uscivo. Lei ebbe un secondo orgasmo e fu più forte del primo.
“Ancora, sto per venire. Vienimi dentro, lo voglio dentro di me,  spingilo mentre vieni, fammelo sentire sull’utero.”
E quasi subito dopo di lei venni anch’io, spingendoglielo forte dentro mentre le mi accarezzava il viso.

Era venerdì, la chiamai.
“Che c’è?” mi rispose con aria superba.
“C’è che sono tre giorni che non ti vedo. Hai avuto il telefonino guasto ed allo studio mi risponde sempre la segretaria. Perchè mi respingi?”
“Scusami, sono sconvolta da ciò che abbiamo vissuto l’altra notte. Mi perdo nelle sensazioni, ed ho paura. Se dovesse finire ….”
“Io sto qui a disperarmi per non vederti e tu mi dici questo?”
Chiusi il telefono con rabbia.
Era sera tardi. Avevo passato un pomeriggio da cane, senza neppure la voglia di radermi. Non mi ero neppure cambiato la camicia. Un pomeriggio che mio aveva abbrutito. Avevo pena, mi sentivo respinto, escluso, scartato. A 35 anni sentirsi così è davvero pesante. Non avevo cenato ed avevo fumato senza interrompermi. Non sapevo che fare.
Bussarono al citofono, non risposi, non volevo vedere nessuno.
Dopo alcuni minuti bussarono alla porta. Non volevo alzarmi, non volevo visite. Alla fine, data l’insistenza, andai ad aprire. Lei era davanti a me.
Mi guardò nello stato in cui ero, guardò la mia espressione. La feci entrare: Non si tolse neppure il cappotto, mi prese e mi baciò quasi con violenza. “Non voglio perderti” disse.
Ci amavamo come se volessimo consumarci, distruggerci, fino a spendere ogni energia dei nostri corpi. L’amore per il corpo dell’altro ci portava a desideri sconosciuti ed il desiderio di possesso ci spingeva ad amare tutto dell’altro.
Qualche sera dopo andai ad aspettarla all’uscita dello studio. Erano passate le otto ed ero intirizzito dal freddo. Lei uscì, mi vide sul marciapiede di fronte e si fermò.
“Vuoi ammalarti ad aspettarmi qui con questo freddo?”
“Mi sentivo solo. Ho sempre nostalgia di te. Volevo solo vederti passare.”
“Lavori domani?”
“No.”
“Dormi da me, con me.”
Quando fummo nel letto avemmo un rapporto fortissimo. La chiavai per venti minuti perchè l’eccesso di libidine ritardava l’orgasmo. Stavo disteso nel suo letto, con lei, al buio e mi stavo addormentando. Sentii che mi baciava le cosce, le braccia, il petto. Poi prese tra le labbra uno dei miei capezzoli, strinse la carne del petto e lo baciò teneramente, lo succhiò. Quella carezza mi stordiva, sentii la libidine risalire per tutto il mio corpo, mi piaceva da morire.
“Ti piace? Si, vedo che ti piace. Lasciatelo fare, rilassati mentre gioco con te.”
Lo fece anche all’altro capezzolo.
Ma mentre lo faceva cominciò a mordere dolcemente il capezzolo; piccoli colpi delicati che mi facevano vibrare. Poi ritardava ed io aspettavo con ansia il prossimo morsetto. Si accorse di quanto mi eccitava questo gioco, mi toccò il cazzo che era diventato di nuovo duro. Continuò ma affondava i suoi denti sempre di più, appena appena oltre la soglia del dolore, ma ogni volta la superava un pò di più. Tenevo gli occhi chiusi: quella miscela di piacer e dolore mi ipnotizzava.
“Oddio, quanto ti piace. Sei mio, ti vizierò, ti insegnerò a godere sui capezzoli, lo apprenderai da me, qualcosa di nostro.”
Si mise a cavalcioni sul mio corpo e prese i capezzoli con le dita. Li stringeva tra pollice e la prima falange dell’indice delle sua mani forti. Li tirava, dapprima piano, poi più forte: aspettava che lo avessi accettato e tirava ancora più forte.
Mi sentivo il petto gonfio ma quel dolore dava libidine, desideri sconosciuti, piacere. E allora lei si mise sotto.
“Chiavami, ti farò venire tirandoti i capezzoli.”
Stavo su di lei, la chiavavo a braccia tese per darle lo spazio per farlo, Li tirava forte, facendo sollevare la pelle del petto, e tenendoli tirati li torceva dandomi delle scosse di piacere. Avevo solo il cazzo dentro di lei ma non mi muovevo per godermi quella piccola seducente tortura. Mi bastarono solo alcuni colpi per venire, l’eccitazione era fortissima; e ebbi la sensazione che lo sperma non schizzasse ma affiorasse lentamente dandomi un orgasmo lunghissimo.

Accadde sabato pomeriggio. Stavamo da lei, non volevamo uscire, volevamo tutto il tempo per noi due, per i nostri giochi.
Eravamo nudi, in piedi, di fronte, senza toccarci. Ci baciavamo teneramente sulla punta delle labbra. Poi lei spinse il bacino in avanti per farmi sentire i peli della sua fica. Disse:
“Restiamo così, facciamocelo insieme, eccitiamoci sui capezzoli.
Le presi tra le dita i capezzoli grossi e lunghi dei suoi seni piccoli e puntuti. Lei mi prese con le sue mani forti. Stavamo ad occhi chiusi a masturbarci sui capezzoli, restituendoci ogni emozione , ogni stimolazione o brivido di piacere.
“Non avrò pietà, tu sei mio e ti faccio quello che voglio.” Tirò con tutte le sue forze; per il dolore lasciai i suoi capezzoli ma lei non smise. Mi sentivo la carne del petto sollevata ed una libidine sconosciuta che mi faceva desiderare che lo facesse ancora più forte. Sentii l’umido della sua saliva mentre mi lasciava, baci tenerissimi sui capezzoli, carezze sui fianchi.
“Devo farti una cosa, la desidero: Voglio farti venire nella mia bocca, voglio sentire nella bocca le pulsazioni del tuo cazzo nell’orgasmo, voglio sentire il sapore del tuo sperma.”
Mi mise seduto sulla sponda del letto e si inginocchiò sul tappeto. Masturbò un po’, delicatamente, tanto per assicurarsi che fossi pronto. Baciò il glande, prese i testicoli in una mano, li strinse delicatamente, poi aprì la bocca e se li fece entrare aiutandosi con la mano, Sentivo i colpi della sua lingua sui testicoli, il calore della sua bocca. Ma sentivo anche la sue tenerezza, il suo desiderio di sentirmi felice. Poi carezzò le mie cosce tenendo il viso vicinissimo al mio cazzo. Le carezzai i capelli per incoraggiarla. Succhiò il glande fortemente mentre teneva il cazzo con una mano. Poi lo strinse alla radice mentre mi faceva entrare nelle sue labbra. Teneva il cazzo alla radice, lo faceva entrare nella bocca stringendolo tra lingua e palato; poi succhiava e lentamente, continuando a succhiare arretrava con la testa. Mi diede uno o due pizzicotti sui capezzoli, fino a farmi sobbalzare, ma non interruppe mai il movimento e non cambiò mai il ritmo, anche quando sentiva che volevo chiavarla nella bocca spingendomi col bacino. Mentre continuava giocava con l’altra mano sotto i miei testicoli e una o due volte mi sfiorò l’ano.
Ebbi una reazione, un brivido, e lei se ne accorse. Mi mise il taglio della mano tra le natiche mentre stavo venendo e fu bello. Credo che fu allora che lei capì qualcosa di me che io non sapevo. Mi aiutò a venire succhiando insieme alle contrazioni del mio orgasmo. Aspettò che finisse la mia erezione. Poi si alzò e mi fece cenno di alzarmi. Aveva la bocca chiusa piena di sperma. Mi prese il viso tra le mai e mi strinse sulle guance per farmi aprire la bocca. E mi baciò col mio sperma in bocca. Poi deglutì.
“Lo voglio dentro di me – disse – E tu dopo devi baciarmi , perché solo così capisco che mi ami per quello che ti ho fatto.”

Ci rilassammo nel letto. Lei girata di lato verso il comodino ed io abbracciandola di spalle.
“Dimmi, amore, ti è piaciuto?” mi sussurrò mentre sonnecchiava, “a me piace il sapore del tuo sperma…a te è piaciuto? Si, vero? E’ bello sentire lo sperma caldo in bocca.”
Sentivo il suo grosso culo sul ventre e mi piaceva tenerla vicina. Poi mi girai e dopo poco sentii che lei mi abbracciava sulle spalle. Eravamo nudi ed io sentivo i peli duri della sua fica sulle mie natiche, Mi accorsi che si muoveva col bacino per farmeli sentire. Anch’io ebbi il desiderio di sentirli di più e mi spinsi verso di lei. Ed allora, nel dormiveglia, lei giocò leggermente sui miei capezzoli indolenziti.
“Ti piace sentire un corpo caldo dietro di te? Si, ti piace, Apri le gambe.” e mi mise una sua grossa coscia tra le mie, spingendola sotto fino a sollevare i testicoli.
“Dai – disse – spingiti contro di me, sui miei peli.”

Non sapevo perché ma ciò che ricordavo costantemente era il calore del suo corpo dietro di me. Mi mancava quella sensazione, la desideravo. Inoltre avevo deciso di incularla, di penetrarla nel suo grosso culo per sapere come avrebbe reagito.
Mentre stavamo baciandoci seminudi le dissi:
“Voglio prenderti da dietro, lo voglio.”
“Sono tua – mi disse – fai quello che vuoi, divertiti con il mio corpo.”
Persi un tubetto di gel nel bagno, non volevo farla soffrire. Stavamo sotto le coperte ed io la abbracciavo dietro le spalle.
“Dimmi se lo vuoi anche tu”
“Si, lo voglio anch’io: Ma sii delicato ed aspetta che sia pronta.”
Le passai il gel tra le natiche, sull’ano. Glielo accarezzavo delicatamente scivolando sopra col polpastrello del medio. Poi spinsi il dito dentro: scivolò, entrò facilmente ed io cominciai a giocare per allargarle l’ano. Giravo col dito teso intorno alla circonferenza della sfintere, premendo.
“Fallo adesso – disse lei – non sono ancora pronta ma mi troverai stretta. Un po’ di dolore non fa niente.”
La misi in ginocchio e con le spalle sul materasso. La accarezzai ancora scivolando con la mano tra le due natiche. Poi puntai il mio cazzo sul suo ano. Lei non poteva muoversi, oramai la tenevo, e diedi un colpo di reni. Emise un lamento, la sentii tremare. Lei disse “Ancora” ed io diedi un altro colpo di reni. Il cazzo entrò per metà e sentivo il suo ano stringersi intorno ad esso. Diedi ancora un colpo e la penetrai tutta.
Non credevo potesse piacerle tanto. Mentre la chiavavo nel culo lei cercava di aiutarmi, si spingeva verso di me, sentivo il suo ano che si stringeva mentre uscivo. La chiavavo estraendo tutto il cazzo per avere di nuovo la sensazione del suo ano che di dilatava sotto la pressione del cazzo. Poi lo spingevo fino in fondo, lentamente, per farle sentire tutta la grandezza del cazzo. Poi mi fermavo per darle la possibilità di capire quando stringersi. Le venni nel culo, sbattendo contro il suo culo grosso mentre lei si muoveva per chiavarsi sul mio cazzo.
Quando fummo al buio, nel dormiveglia, stanchi, io mi misi sul fianco girato verso il comodino. La sentii avvicinarsi, spingere col ginocchio per farmi aprire le gambe. E mi trovai di nuovo col suo corpo caldo dietro le mie spalle, con la sua coscia tra le mie e le sue mani che torcevano gentilmente i miei capezzoli.

Il fatto era che ci eravamo innamorati. Qualche volta, senza che vi fosse una ragione, le mandavo fiori anonimi.
“Mi hai mandato tu i fiori?”
“No. – rispondevo – sarà uno dei tuoi innumerevoli amanti”
“Ne ho uno solo, e lo amo davvero”
“E chi è?”
“E’ quello stronzo che mi manda fiori senza firmarsi. Bacio.”
Cominciai ad avere più cura di me, volevo piacerle, volevo che mi vedesse al meglio. Lei lo notava, le piaceva, ma non diceva nulla.
“Dove hai preso quel profumo? Fai conquiste?”
Mi aveva proibito di farle regali, perciò le mandavo i fiori. Lei era una donna ricca ed affermata, io un modesto impiegato. Qualche volta uscivamo ma sempre con la sua grossa auto. E non voleva che spendessi troppi soldi per lei.
Una volta mi arrivò a casa un pacco: erano camicie, seta purissima. Le misurai ed erano esattamente la mia misura, sembravano fatte su misura. Costavano un occhio. Ed in fondo alla scatola trovai la mia camicia che mi stava meglio e che non riuscivo più a trovare. Lei l’aveva presa per la misura.
“Non abbiamo un rapporto alla pari. Perché questo  regalo che costa un accidenti?”
“Tu sei mio. Decido io quale camicia devo accarezzare sul tuo petto.”
“E le mutande?” – replicai
“Quando sei con me non ti servono.”

Una volta andammo a cena dalla sua amica, quella del bar. Era una donna grossa di corporatura, alta, ma simpaticissima.
“Vi vedo felici – mi disse – Consumarvi nel sesso vi fa bene. Ah, come vi invidio!”
Quando andammo via, mentre eravamo in macchina lei mi chiese:
“Ti piace Marta?”
“A che serve risponderti? “
“Beh, – disse lei ridendo – Se ti piace te la faccio fare, ma solo una volta.”
“Ho la sensazione che per te sono come un cavallo a noleggio.”
“No, sei il mio amore e per me vederti felice è più importante della proprietà privata del tuo corpo.”
Quella sera dormii da lei. Vidi che posava il tubetto del gel sul comodino.
“Adesso non fare niente. Faccio tutto io.”
MI fece sedere sulla sponda del letto e cominciò a masturbarmi, a boccheggiarmi con piccoli risucchi.
Poi prese il gel lo versò sul cazzo, pochissimo. Mi scappellò e faceva ruotare il palmo della mano sul glande unto: mi sembrava di impazzire di libidine.
“Vuoi di più^ – mi chiese – allora fai come ti dico e ti darò un piacere nuovo.”
Mi fece alzare le gambe e tenerle con le mani sulle ginocchia. Sollevò sulla pancia i testicoli e versò il gel facendolo colare sotto i testicoli. Sentii una sensazione di fresco sull’ano.
“Ti piace, eh? Aspetta e vedrai come ti faccio impazzire.”
Spalmava il gel tra le natiche, sull’ano e mentre lo faceva, faceva entrare un po’ la punta del suo grosso dito nell’ano scivoloso.
“Abbandonati alle sensazioni, chiudi gli occhi e fidati.”
Sentii il suo grosso dito medio che forzava un po l’ano per entrare. Poi lo fece entrare lentamente. Col l’altra mano, di tanto in tanto, dava piccoli colpi di masturbazione ed intanto spingeva il suo dito. Lo sentii sulla prostata. Cominciò allora a far ruotare il polso in modo che il polpastrello del suo dito sfiorasse e premesse quella parte. Sentivo eccitazione, voglia di venire, ma lei continuava metodicamente a stimolare la prostata ed a dare qualche piccolo colpo di masturbazione. Vidi affiorare il liquido di erezione, lei lo raccolse con la lingua e, senza togliere il dito, si allungò per baciarmi.
“Mescolalo alla tua saliva ed ingoialo” disse.
Ma la mia eccitazione andava crescendo.
“Dimmelo quando ne vuoi di più – disse – Te lo darò”
Ma non ci fu bisogno di dirglielo. Cominciò a spingere anche il dito indice insieme al medio. poi li incrociò e cominciò a chiavarmi nell’ano con le dita. Lentamente sentivo l’orgasmo che si avvicinava, volevo togliermi da quella posizione e chiavarla, ma lei fu irremovibile e vedemmo sgorgare il mio sperma solo per la sua penetrazione.
In seguito volle ripetere ancora quel gioco. Mi eccitava senza farmi venire per poi avermi più appassionato.
“Mi piace chiavarti con le dita, mi dà un senso di possesso. Ma anche a te comincia a piacere, lo desideri sempre, come desideri che ti strizzi i capezzoli.”

Un sabato sera andai da lei sul tardi; avevo avuto impegni ed arrivai alle dieci. Quando aprì mi fece cenno di tacere e di parlare a bassa voce. Poi mi disse nell’orecchio:
“C’è Marta di là. Dorme da me. Poi ti spiego.”
Marta dormiva nella stanza degli ospiti, accanto alla nostra. Carla quella sera mi aveva eccitato tantissimo ma non eravamo venuti per non fare casino e svegliare Marta. La cosa mi era antipatica, ma per una volta…..
Mi alzai dopo qualche ora per andare in bagno. Quando tornai vidi la porta della stanza degli ospiti leggermente schiusa e la luce del comodino accesa. Mi fermai e…sentii dei sospiri, come se Marta si stesse masturbando. Mi fermai un attimo, la curiosità, e sbirciai nella fessura della porta.
Stava nuda, con le sue grandi cosce divaricare, rivolta verso la porta e vedevo le sue dita che le penetravano la fica. Mi eccitai.
Sentii la mano di Carla dietro di me.
-Non è bellissima – mi sussurrò – Non ti fa venire voglia di farglielo tu?”
Mentre lo diceva Carla mi toccava il cazzo.
“Non essere inibito, te lo dissi che potevi fartela. Voglio vederti mentre la chiavi”
Ebbi la sensazione di una trappola, Carla lo capì e mi rassicurò.
“Non temere. Sai, io e lei, senza un uomo….”
Ebbi un sobbalzo di meraviglia. Stava cambiando qualcosa nel nostro rapporto, forse era già cambiato ma io non me ne ero accorto. Decisi di andare fino in fondo.
“Allora facciamocela insieme” – le dissi.
Lei mi baciò sulla spalla. “Coraggio, entriamo.”
Marta rimase ad occhi chiusi, ma tolse la mano per farsi toccare, divaricò le cosce mentre la toccavo e spinse il bacino in avanti. Voleva essere chiavata, era chiaro.
“Avanti, faglielo” disse Carla “Falle vedere com’è bravo il mio ragazzo.”
Le accarezzai l’interno delle cosce con le due mani, poi le feci risalire per accostarle e premerle le labbra della sua fica.
“Si – disse – chiavami.”
Carla mi abbassò il pigiama mi inginocchiai sul tappeto e Carla prese il mio cazzo e lo mise tra le labbra della fica di Marta.
“Così, – disse – spingiti. Faglielo ma non venire. Abbiamo solo cominciato.”
Chiavai Marta di forza, per farla venire, ma non ci volle molto, era già eccitatissima. Carla le stimolava i capezzoli e le due ogni tanto si baciavano. Poi lei ebbe la risalita del suo orgasmo, lento e dolce, Respirò a bocca aperta, velocemente, un affanno di libidine e sentii i suoi umori sgorgare dalla fica, bagnarmi, colarmi sulle cosce.
Poi Carla ci portò per mano nella stanza da letto.
“Adesso saremo no a farti godere. Ti faremo quello che più ti piace. Ti faremo impazzire.”
Risero e cominciarono ad accarezzarmi dappertutto. Stavamo in piedi, io tra loro e sentivo Marta alla mie spalle che mi accarezzava le spalle. Poi mi accarezzò tra le natiche, ebbi un brivido di piacere e lei spinse il suo dito nel mio ano. Lo spinse di forza, come se volesse darmi la sensazione di essere violentato, mentre Carla mi tirava i capezzoli con forza.
“Vedi come gode? – disse Marta – Su facciamoglielo. Lo faremo felice”
Mi misero sul letto a 4 mani. Carla si distese per stare con la bocca vicino alla mia e sentii Marta che mi allargava le natiche con le mani e poi…col la sua lingua bagnata di saliva la passava in mezzo alle natiche, sull’ano, senza fermarsi, di continuo.
Carla coglieva ogni emozione sul mio viso. “E’ bello, vero? Ti dà tanti desideri…nuovi. Dimmeli. Ti piacerebbe provare ad essere…. penetrato? Possiamo fartelo, sai, se lo vuoi. Ma devi dirmelo che lo vuoi, che lo stai desiderando. Avanti, dillo.”
Si allontanò da me e sentii che prendeva il posto di Marta. Poi sentii il fresco del gel tra le natiche ed il grosso dito di Carla che penetrava di forza, che spingeva per allargare. Si fermò.
Passò dall’altro lato. “Mettiti cos’ – disse – con le spalle sul materasso, come se volessi offrirti, avanti, mettiti.” Mi spinse lei in quella posizione e rimase di fronte a me con le mani sulle mie spalle.
Allora sentii qualcosa poggiato sul mio ano, qualcosa più grosso di un dito che passava strusciando sulle mie natiche, per tutta la loro lunghezza, più volte.
“Sta fermo – disse Carla – fattelo fare. Scoprirai nuovi piaceri, ne sarai felice”
Ed allora Marta diede un colpo di reni con tutto il suo peso, e poi ancora, ed ancora, premendo e colpendo insieme.
“Resisti, amore mio – diceva Carla – sopporta un po’ il dolore e lo prenderai tutto dentro di te.”
Ma il dolore era davvero insopportabile. Bruciava come una ferita, mi sentivo dilatato, pressato, sottoposto alla violenza del pesante corpo di Marta armata di quello strumento. Volevo sottrarmi ma Carla mi teneva.
“No, amore – diceva – non sottrarti, prendilo.”
Marta diede un colpo più violento, scaricando tutto il suo peso sulla punta di quell’oggetto. Urlai, il dolore era fortissimo.
“Fermo – disse Marta – è quasi fatta. Il glande è entrato.” Spinse ancora un poco e si fermò.
“Resisti adesso – disse Carla – tra poco il tuo culo lo accetterà e comincerai ad avere piacere.”
Provai a chiudere l’ano, ma non potevo per la presenza di quell’attrezzo, e sentii un bruciore di brace.
Avevo perduto la mia erezione. Martà allungò il braccio e mi toccò sul cazzo. Poi cominciò a chiavarmi brutalmente, forte, sbattendo la sua pancia sul mio culo. Lo sentivo nella pancia, lo sentivo retrocedere provocandomi bruciori e poi il colpo violento che mi faceva sobbalzare.
“Deve venire – disse Marta – deve venire col lo strap dentro altrimenti non lo accetterà. Fallo alzare, lentamente, senza farlo uscire. Lo chiaverò in piedi mentre tu lo ecciti.”
Quello strumento doveva essere proprio lungo se riusciva ad incularmi completamente mentre stavo in piedi. Marta lo estraeva tutto poi cercava di nuovo il mio ano e spingeva, dando tre o quattro colpi, poi di nuovo lo estraeva. Carla mi baciava sulle labbra mentre mi torceva i capezzoli con molta forza.
“Godi, amore mio, – diceva – goditi le sensazioni del cazzo. Non è bellissimo essere chiavati? E non è brava Marta ad incularti così? Vieni, vieni così, sentiti nelle nostre mani, senza difesa. Spingiti anche tu contro il cazzo, fammi vedere come lo prendi, come lo vuoi. “
Cominciò a masturbarmi. Versò del gel sul cazzo e faceva scivolare la mano dal glande fino alla radice, quasi lo sfiorava facendomi rabbrividire.
“Vedi – disse Marta – più sente l’orgasmo e più si spinge contro il cazzo. Dio quanto gli piace!”
Quando sentì le prime contrazioni dell’orgasmo Marta si fermò. “Chiudi gli occhi – mi disse – e concentrati sulla sensazione di tenerlo dentro, di sentire il tuo corpo penetrato. E stringiti su di lui, forte, come se volessi trattenerlo.”
“Si, amore mio,- disse Carla – Goditi la tua prima inculata fino in fondo. Ormai non sei più vergine, ricordalo, e puoi farlo quando vuoi, tutte le volte che ce lo chiedi. Te lo daremo fino a saziarti”
Carla raccolse il mio sperma nella mano, bagnò la punta del dito e la mise nella bocca di Marta.
Poi mi disse: “Mescola lo sperma con la saliva ed ingoialo lentamente, lascialo scorrere nella tua gola fino allo stomaco.” Mi mise la sua mano sulla bocca e lo sperma entrò.
“E’ bello – disse Marta leccando la mano di Carla.” sprema fresco, giovane, sa di vita. La prossima volta mi farò venire in bocca, lo voglio appena caldo del suo corpo. Lui ora è nostro.”
Andai in bagno per mettere acqua fredda sull’ano, bruciava e doleva, e quando tornai vidi che loro due si stavano leccando, la bocca nella fica dell’altra. Mi inteneriva vedere come si leccavano, era bellissimo da vedersi.

Ci addormentammo insieme. Marta stava alle mie spalle, mi abbracciava. Carla stava col suo culo contro di me.
“Piccolino – disse Marta – la tua Marta te lo farà fare con un vero cazzo. Vedrai quanto ti piacerà – mentre lo diceva mi penetrava col medio – un bel ragazzo che ti inculi mentre tu stai chiavando Claudia. Lo stai desiderando, vero? Piegati un poco, così ti faccio entrare tutto il mio dito.”

-Si, ceniamo da Marta e forse rimaniamo lì stanotte. Ti piace l’idea? Dai, ti piace, non vedi l’ora di rifare quel giochino.
Quando entrammo nel portone di Marta, Claudia mi disse.
– Ah, dimenticavo di dirtelo. Marta ha un ospite, un ragazzo che ha studiato con lei. Non ti dispiace, vero, amore, se saremo in quattro?
Lo disse sorridendo, con aria complice.

Quando entrammo Marta mi prese da parte e mi sussurrò:

– L’ho fatto venire per te e lui lo sa. Non essere timido, lo devi fare. Sarai felice dopo, felice di averlo fatto. Sai, ha un cazzo molto bello ed è bravo a fare queste cose. E tu in fondo lo hai già fatto con me.

– Ma Carla……?

– Sa tutto. Lei è d’accordo, anche lei vuole fartelo fare.

Stavo seduto sul divano, tra Marta e Carla. Il ragazzo era in piedi e Marta gli disse:

– Avanti, faccelo vedere, senza inibizioni.

Ma fu lei ad aprirgli la cerniera dei jeans.

Aveva un cazzo enorme, quasi un braccio. Marta prese la mano di Carla e le mise in mano quel cazzo davvero enorme. Carla lo toccò in lungo con la punta del dio, passò il dito sulla cappella.

– Amore, toccalo anche tu, dai. – mi disse.

Emozionava tenerlo in mano, era diventato durissimo. Marta mi sussurrò:

– Immagina quando te lo spingerà tutto nel tuo culo. E non ripensarci, o te lo faccio fare per forza. Ora è venuto il momento che devi prenderlo e sentire lo sperma dell’uomo nel tuo corpo…. avanti, comincia prenderlo in bocca……

Leave a Reply