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Racconti Erotici

Merito un Oscar

By 14 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

E’ un giorno come un altro. La solita vita, frenetica, veloce e maledettamente cattiva. Torno a casa come se nulla fosse accaduto, recito la mia parte credo benissimo. Sorrido, saluto, abbraccio tutti. Addirittura chiedo come stanno i parenti, chiedo notizie di chi non vedo, mi informo. Partecipo attivamente alla conversazione, cucino, apparecchio. A chi mi chiede come vada, rispondo perfino ‘benissimo’. Forse con enfasi eccessiva, ma non tanto da sembrare fuori luogo.

Arriva l’ora della cena. Tutti a tavola. Il profumo si diffonde nella cucina, invitante, appetitoso. Servo a tavola da perfetta padrona di casa, mentre un senso di malessere velocemente sale fino alla gola. Mi siedo, regalando uno sguardo sereno agli invitati. Possiamo cominciare a cenare. Osservo il mio piatto, senza riuscire a controllare la nausea che si impossessa di me. Solo l’idea di avvicinare il boccone alla bocca, mi fa stare male.

Sono riuscita a fingere fino ad ora. Non posso più continuare. Riesco a ridere, parlare, apparire normale, fino a quando non viene il momento di cenare. Ora mi sento scoppiare. Invento scuse banali, poco credibili, quali la stanchezza, lo stress, l’influenza, ma in realtà mi sento solo morire.

Muoio dentro, piano piano.

Tralascio la cena, desiderando ardentemente che la serata abbia fine.

Finalmente &egrave così. Se ne vanno tutti, lasciandomi sola, terribilmente sola.

Voglio soffrire in pace, dar sfogo alle lacrime finora trattenute a stento. Voglio poter gridare tutto il mio silenzioso dolore, lasciare che mi avvolga come una coperta. Forse, così, sentirò meno freddo.

Ho deciso che devo pensare a me, a me soltanto. L’altruismo in queste situazioni fa solo ancora più male. Ho deciso che devo credergli, altrimenti la sofferenza sarebbe insopportabile. Devo credere che mi lasci per troppo amore, devo credere che rinunci a me perché non può avermi come desidera, devo credere che io sia stata, fino ad oggi, la sua unica fonte di soddisfazione, ma che non possa più continuare così. Mi impongo di credere ad ogni parola che lentamente, attraverso un telefono, giungeva fino alle mie orecchie che incredule coglievano persino le sfumature che tentava inutilmente di reprimere.

Sola tremante di freddo, sotto le coperte più calde che abbia mai avuto, fisso la televisione senza riuscire a cogliere il senso di ciò che vedo.

Torno con la mente a me stessa, a questa mattina, a quando ignara di ciò che sarebbe accaduto aspettavo una telefonata. Ripenso al momento in cui il telefono &egrave squillato. Ricordo di aver pensato ‘finalmente’, mentre ora maledico quel momento. La sua voce fredda, terribilmente razionale e così misurata da farmi rabbrividire. Il suo desiderio di liberarsi di me, la sua volontà di continuare a camminare solo, senza chi lo ha amato da lontano, senza pretendere nulla in cambio, solo amore.

E fino a questa mattina ho pensato che fosse un piacere donarmelo, così come io mi sentivo viva e regalargli ciò che avevo, a condividere con lui ogni mia gioia, ogni mio bisogno di affetto, di calore. Ho creduto di essere spensieratezza, passione, divertimento, gioia e calore. Non un peso da cui occorre liberarsi per camminare più sciolti.

Quando sono diventata così?

Quando mi sono trasformata in un fardello troppo gravoso da portare in spalla? Forse quando &egrave uscito dal mio letto? Oppure quando mi ha salutato promettendomi che ci sarebbe stata una prossima volta perché ero la sua donna lontana? Forse allora? Eppure nemmeno in quell’occasione ho chiesto più di quanto mi spettava: dalla situazione, dai nostri limiti, dalle nostre vite.

Le immagini nella televisione scorrono senza senso; non sento nemmeno la musica, le voci. Voglio solo rivivere ogni istante di questa terribile giornata: quasi a farmi ancora più male, quasi a voler sprofondare ancora di più. Solo per capire, solo per dare un senso a tutto questo dolore.

Ma esiste un senso quando finisce un amore?

Esiste una spiegazione razionale alla meraviglia più irrazionale che ci sia?

Riesco anche a sorridere, sola, ripensando al piacere che sentivo ascoltando la sua voce. Faticavo a realizzare le cose che mi stava dicendo, tanta era la gioia nel sentire quella voce così armoniosa, con il suo inconfondibile accento. Quella voce che tante volte mi ha scaldato il cuore, mi ha chiarito tanti dubbi, mi ha seguito nel difficile e districato percorso dei miei pensieri. Ora, quella stessa voce, mi dice che deve fare a meno di me, che sono diventata troppo ingombrante nella sua vita, che non possiamo avere nessun futuro.

D’improvviso mi sento come se avessero spento la luce nella mia vita. Riesco a scorgere solo il buio. Brancolo sola e disperata, mentre nella mente rimbombano solo parole dure e gelide. Le sue.

Sento ancora il suo ultimo saluto, tranquillo, sereno, non sembrava nemmeno dovessero essere l’ultimo.

E’ impressionante come la stessa parola sappia assumere significati differenti in situazioni diverse: mi disse ‘ciao’ uscendo dalla nostra camera d’albergo. Entrambi eravamo sicuri di rivederci: chissà dove, chissà quando, ma certi che quella sarebbe stata la strada. Ed il suo saluto mi dava forza, gioia, coraggio di andare avanti, separati e lontani, ma incredibilmente vicini.

Con la stessa parola ha chiuso una telefonata che sembrava, all’inizio, così innocua; una conversazione come tante, ma che invece lentamente mi lacerava l’anima, mi trafiggeva il cuore.

Sono ancora qui: lo stesso divano, la stessa televisione inutilmente accesa, il mio amato computer sulle gambe a raccogliere i miei pensieri. Il tempo scorre lentamente, la serata sembra non finire mai, mentre i miei pensieri non riescono a volare.

Mi sento come legata al suolo da una zavorra dolorosa che non mi fa respirare. Sento un dolore allo stomaco, fisso, penetrante. Lo stesso malessere che sentivo prima di incontrarlo, ma che si era poi trasformatoin irrefrenabile passione, gioia esplodente ed amore, solo tanto tantissimo amore.

Stasera, invece, il dolore &egrave un peso sull’anima ed il freddo mi avvolge senza tregua.

Ringrazio solo di riuscire a scrivere ancora, pensavo che non sarei più riuscita a farlo. Ringrazio il cielo di avere un computer, anziché carta e penna: le lacrime sulla tastiera non fanno danni.

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