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Racconti Erotici Etero

Black out

By 14 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Vi ricordate il black out del 28 settembre quando alle tre e mezza del mattino l’Italia &egrave piombata nell’oscurità generale?

Orbene pochi minuti prima stavo rincasando dalla consueta uscita del sabato sera, mi trovavo giù davanti il portone, giro la chiave nella serratura quando sopraggiunge una macchina dalla quale scende Martina una ragazza che abita da un paio d’anni nel mio pianerottolo, insomma ‘la ragazza della porta accanto’.

Avevo una certa confidenza con lei, era molto simpatica, affabile, e soprattutto molto sensuale.

Qualche volta uscivamo insieme ma vi posso assicurare che pur piacendomi molto fisicamente prima di quella sera non ci avevo mai provato seriamente con Martina.

E dire che &egrave alta un metro e settantacinque, un corpicino snello, un visetto grazioso con un nasino da cerbiatta, due mammelle sferiche belle sode, terza misura, con due capezzoli turgidi che se poteste vederla con una bella maglietta aderente vi verrebbe l’acquolina in bocca, (oltre all’indurimento del vostro membro) ventre piatto con un delizioso ombellico, gambe affusolate e un bel culetto invitante.

Perché non ci avevo provato? Perché probabilmente avendola di fronte la consideravo una vicina di casa, un’amica. E poi le ragazze con cui far sesso non mi mancavano di certo. Mah! Comunque poiché il mio palazzo &egrave ad angolo la vedevo spesso affacciarsi in accappatoio e turbante in testa.

Una volta, era sera, mentre fumavo una sigaretta lei era intenta a lavare della biancheria intima nella pila e poiché stavolta era in pareo, questo le scivolò un poco liberando alla mia vista i suoi seni stupendi, purtroppo riuscì a recuperare appena in tempo i lembi del telo sennò avrei assaporato tutta la sua nudità.

Quando si ricompose accorgendosi della mia presenza e che avevo visto tutto, mi salutò con un bacio a distanza e dopo aver chiuso la verandina dopo due minuti mi mandò uno sms in cui c’era scritto: ‘Ciao Alfonso, ti piacciono le mie tettine?’. Ed io le risposi: ‘Si, peccato non aver visto il resto’.

Ma torniamo al mattino del black out. Aspettai che Martina mi raggiungesse davanti il portone e baciandola sulla guancia le dissi: ‘Ciao bellezza come stai? Dove sei andata stasera?’.

‘Bene-disse contraccambiandomi il bacio sulla guancia- sono stata alla Cuba, e tu?’.

Ah, io sono andato in un nuovo pub, si chiama ‘La favola, sai &egrave molto carino come ambiente, qualche volta ti ci porto’.

Il tempo di prendere l’ascensore e tra il secondo e terzo si blocca la cabina. Le luci si spengono e si accende solo la lucina tenue d’emergenza.

‘Cavolo, che sarà successo’- fa Martina un po’ allarmata. ‘Non ti preoccupare, deve essere andata via la luce, non &egrave un guasto dell’ascensore sennò non si sarebbe accesa la luce d’emergenza’. ‘Speriamo che arrivi presto, qua staranno dormendo tutti, i miei poi sono andati in campagna per il week end’.

Se per questo non ci sono neanche i miei Martina e poi non sarebbero certo in grado di tirare l’ascensore a mano, non ci rimane che sederci ed aspettare che ritorni la luce’.

Ovviamente non potevamo sapere che l’elettricità era saltata in tutta Italia e che sarebbero passate ore per rimetterla.

‘Come va con il tuo ragazzo, Martina? Hai fatto pace con lui?’. ‘No per niente, ormai mi considero single, oggi neanche l’ho visto, sono uscita con degli amici’. ‘Hai fatto bene, secondo me non ti merita’. ‘ E tu? Non uscivi con quella ragazza’come si chiama Stefania?’.

‘ No, non esco più con lei..&egrave un oca piena di superficialità’. ‘Alla Favola ti sei divertito?’. ‘Si, fanno musica commerciale e latino americana, stasera c’era un gruppo che non ha cantato niente male e alla Cuba?’. ‘Bah, il solito repertorio’.

Intanto passavano i minuti e della luce neanche a sognarla. ‘Telefona ai vigili del fuoco, vedi se ci vengono a prendere’- mi dice Martina. Faccio il numero e m’informano che il black out &egrave in tutta Italia, vogliono sapere se ci sono anziani dentro la cabina e non appena gli dico che siamo solo due giovani mi dicono che sono impegnati con delle urgenze e che dovremo aspettare comodamente il ritorno della luce che a loro dire doveva essere questione di minuti.

‘Martina, mi hanno detto che ci possiamo sedere a terra ed aspettare perché sono impegnati con delle urgenze’. ‘Sono già tre quarti d’ora che siamo qui dentro, chissà quando la rimetteranno la luce e poi ho la vescica piena, dovrei fare la pipì!’.

‘ Anch’io debbo farla, anzi conviene che la facciamo qui, mica possiamo farci scoppiare la vescica’. Aprì le antine dell’ascensore e mi abbassai la cerniera dei pantaloni. Martina ridacchiando mi dice: ‘Dai, la butti lungo la parete?’. ‘Perché no! Se vuoi puoi chiuderti gli occhi’. Uscì dalle mutande il mio fallo e scaricai la mia vescica.

‘Guarda che puoi osservarmi liberamente, ti ho visto che hai gli occhietti semiaperti mica mi emoziono se mi vedi l’uccello! Piuttosto fai la pipì anche tu!’. ‘ E dove la faccio per terra? Mica sono un maschietto con il pisellino’. ‘Ah, perché secondo te io avrei un pisellino?’, le dissi solleticandola sotto le ascelle’. ‘No, scherzavo’mi fai ridere’l’hai bello grosso!’.

‘Ecco dove puoi fare la pipì, adesso smonto la plafoniera del neon e poi versiamo tutto sulla parete’.

Martina allora si tolse la gonna e me la porse, aveva un grazioso tanga bianco di pizzo da cui traspariva una bella peluria ben curata sul monte di venere.

‘ Che fa ti giri o vuoi guardarmi Alfonso?’. ‘B&egrave, se ti emozioni e non ti esce allora mi chiuderò gli occhi. Ma non ti garantisco che li lascerò chiusi come non hai fatto tu’.

‘Allora stai pure a guardarmi, così siamo pari’.

Martina si abbassò il tanga e chinatasi sulla plafoniera orinò.

‘ Hai una bella passerina, lo sai Martina?’.

‘Si, &egrave tu hai un bel cazzettino! Ti stai lustrando gli occhi eh!’. ‘Ti dispiace?’.

‘No affatto, anzi ne sono lusingata, mi passi un fazzolettino che mi asciugo il buchino?’.

Martina si asciugò le labbra vaginali e si alzò il tanga mentre io dopo aver gettato la pipì lungo il muro avvitai la plafoniera.

‘Devi rimetterti la gonna Martina?’. ‘Perché?’. ‘B&egrave, chissà quanti con questo black out saranno intenti a scambiarsi effusioni!’.

‘Intendi dire che noi invece di stare seduti come due scemi dentro l’ascensore dovremmo abbandonarci al desiderio?’. ‘ Non solo perché siamo qui dentro ma perché tra noi c’&egrave del feeling, perché la tua pelle emana un bel profumo, perché sei una bella donna, perché avremmo dovuto farlo prima, perché ..’.

‘Ma perché non mi baci’. ‘Non chiedo di meglio!’.

La baciai sulla bocca assaporando le sue labbra vellutate, le mie mani scivolarono sui bottoni della camicetta, cominciai a sbottonarli ad uno ad uno. La camicetta cadde a terra, poi fu la volta del reggiseno, prima una spallina poi l’altra, infine il gancetto di dietro che liberava le sue deliziose mammelle che avevo visto una volta dal balcone per pochi istanti. Adesso potevo apprezzarne anche la consistenza, erano sode con due capezzoli turgidi color mora, mi tuffai sul solco mammario leccandolo ed arrivando a mordicchiare seni e capezzoli. Intanto lei mi tolse la maglietta e giù mi cominciava a slacciare i pantaloni.

Non ci impiegò molto a liberare il mio membro ed ad esplorarlo centimetro per centimetro. Cominciò dai testicoli ormai gonfi. Delicatamente né tastò la consistenza, poi passò al fallo percorrendone la lunghezza dalla base fino al glande lungo le vene inturgidite dal sangue fino a scappellarmi il prepuzio.

Forse avrebbe voluto ingoiarlo ma non era quello il momento, adesso toccava a me esplorare il suo sesso. Le feci scivolare il tanga a terra e con l’indice mi diressi sulle grandi labbra tastandone i lembi che portavano al piacere. Mi incuneai oltre verso le piccole labbra infilando anche il medio. Era bagnata, arrivai alla clitoride accarezzandola e questa stimolazione procurò a Martina molto piacere facendola gemere e mugolare.

Riestrassi le dita, le accarezzai le natiche, poi mentre con la mano sinistra le tenevo il fondoschiena con la destra alzavo e divaricavo la sua coscia destra per facilitarmi la penetrazione.

La punta del mio pene si accostò alla sua dolce insenatura accogliente, poi con un movimento pelvico secco e deciso fui dentro. La baciai sul collo sussurrandole: ‘Martina..Martina sei fantastica! Perché abbiamo aspettato due anni per unire i nostri corpi?’.

Cominciai a spingere dapprima con piccoli colpetti poi man mano che la mia eccitazione saliva affondavo il mio fallo tra le sue pareti vaginali con una foga sempre più crescente che culminò quando raggiunsi l’orgasmo eiaculando il mio sperma in lei.

‘Aahhh, &egrave stato bello Alfonso, siiii stai ancora dentro un po” fammi assaporare questo momento!’.

Dopo un po’ uscì da lei e mentre continuavo a baciarla tornò la luce.

‘ Ho ancora voglia di te Martina, perché non andiamo a casa mia o nella tua?’.

‘Si, anch’io voglio continuare a far l’amore, andiamo a casa mia così se telefonano i miei mi trovano dentro’.

Uscimmo dall’ascensore praticamente nudi con il rischio che nel pianerottolo ci fossero gli altri dirimpettai ma era ancora presto e probabilmente dato che erano una coppia di giovani sposi dovevano essere ancora a letto a scopare.

Ci chiusimo la porta dietro e Martina dopo essersi messa l’accappatoio uscì nel balcone per accendere la caldaia a gas.

‘ Per fortuna che abbiamo subito l’acqua calda, se avessimo avuto lo scaldabagno elettrico avremmo dovuto fare la doccia fredda’.

‘Martina vuoi fare la doccia assieme?’. ‘Io preferisco farmi un bel bagno, tu fatti pure la doccia ma ti prometto che dopo che avremo rifatto l’amore la faremo assieme’.

Vasca e box doccia erano nello stesso ambiente cosicché mentre lei si insaponava dentro la vasca io mi concedevo una bella doccia calda godendomi lo spettacolo di lei immersa nell’acqua.

Dopo uscì dal box trasparente e tolsi il tappo della vasca da bagno e tirando su Martina le dissi: ‘Adesso basta sguazzare nell’acqua, vuoi forse diventare una sirenetta?’.

Le feci indossare l’accappatoio che ancora protestava, sarebbe stato delizioso ritoglierlo.

Intanto la luce si era nuovamente volatilizzata, poco male tanto era ormai giorno.

Fecimo colazione poi ci andammo a lavare i denti, nel bagno slacciai l’accappatoio di Martina facendolo scivolare a terra sussurrandole ad un orecchio: ‘ Ho ancora fame di te!’.

Passammo dalla cucina dove lei prese dal frigo una bomboletta di panna montata ancora fresca nonostante la mancanza della luce e delle fragoline.

‘ Io ho ancora più fame di te Alfonso!’- mi dice facendomi sdraiare nel suo letto.

Allora prende la panna e me la cosparge sul mio membro massaggiandolo anche con un po’ di fragoline, poi afferra l’asta alla sua base e comincia a leccarmi il glande scappellandomi il prepuzio.

Sono molto eccitato, incomincio a godere come un dio greco. Alterna leccate ai testicoli gonfi e colpetti di lingua alla testa del pene fin quando non lo ingoia facendomi borrare nella sua bocca. Il mio liquido seminale si miscela alla panna che tracanna con avidità.

Adesso tocca a me fare colazione sul suo corpo, dopo un paio di minuti di riposo ricominciamo a baciarci. Non so se avrei avuto ancora seme per bagnarla ma presi la bomboletta di panna e cominciai a cospargliela su tutto il corpo. Dal collo ai seni, al ventre piatto fino al monte di venere e per finire fino a quella deliziosa insenatura che in ascensore avevo oltrepassato con piacere.

Misi qua e là le fragoline e cominciai a leccarla. La fragranza della sua pelle si miscelava con il sapore dolce della panna. Dopo aver mordicchiato i capezzoli imbiancati salì sul monte passando per l’ombellico. E di lì verso l’insenatura che porta al piacere dove tra i ripieghi vaginali stazionavano alcune fragoline ammorbidite dagli umori di Martina.

La mia lingua scivolava e lei gemeva vogliosa di una nuova visita del mio fallo dentro di lei. Non mi rimaneva altro che arrampicarmi sopra il suo corpo. Rincontrai la sua bocca, la baciai, lei divaricò le cosce facendomi posizionare tra esse pronto a dare la stoccata che le avrebbe procurato il piacere.

Fui dentro, cominciai a spingere con foga riversando le ultime gocce del mio sperma.

Ci addormentammo appagati ancora uniti nella carne, al risveglio ci prese ancora l’ultima voglia di sesso. Questa volta lei stava sopra di me, io la stringevo per il fondoschiena mentre lei inarcando la schiena agguantava il mio fallo tra le sue pareti vaginali. Palpavo anche i suoi seni stringendole i turgidi capezzoli. Dopo come promesso ci fecimo la doccia insieme.

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