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Un furto sessuale – coito

By 19 Aprile 2020Aprile 26th, 20202 Comments

Breve riassunto del primo capitolo.

Un ladro, mentre si lavora un appartamento in un condominio facoltoso, vede ritornare i padroni di casa. Nascostosi, li minaccia. Una volta intrappolato il marito, ammanettato ad un termosifone e imbavagliato, il ladro decide di sfogare su di lei le sue voglie sessuali. dopo una breve resistenza, la donna inizia a spompinare il grosso membro dell’uomo, che la accarezza rudemente il corpo, penetrando figa e ano con le dita. L’uomo le sborra in bocca dopo che lei è venuta tre volte.

La donna guardava ancora quel cazzo impressionante. Nonostante la copiosa sborrata, il membro maschile del suo stupratore era ancora perfettamente eretto.

I suoi occhi si perdevano sulle venature dell’asta, che rendevano il cazzo nodoso e nerboruto.

L’uomo le afferrò una spalla, facendola girare e spingendola verso la parete.

“Appoggiati alla parete, e sporgi bene il culo!”

Docile e sottomessa, la donna esegue, divaricando le gambe. Le scarpe, col tacco a spillo, le slanciavano ulteriormente le splendide gambe.

Il malvivente le si avvicinò, guardando soddisfatto lo spettacolo che le offriva. Con la mano destra, accarezzò l’interno della coscia fino alle grandi labbra della figa, ancora umide.

A quel contatto, la donna ebbe un sussulto di piacere, e divaricò le gambe, offrendo una splendida vista della fica e dell’ano.

L’uomo si concesse pochi secondi per ammirare il panorama erotico che gli veniva offerto. Si girò verso il marito, spettatore coatto dello stupro che si consumava a suo danno, sorridendo in maniera sprezzante.

Si inginocchiò.

“E adesso, bella figona troia, ti farò godere come una fontana!”

L’uomo le affondò il viso tra le chiappe, incominciando a leccare le grandi labbra, afferrandole con la bocca e tirandole leggermente, mordicchiandole. Le mani dell’uomo accarezzavano la pelle, liscia e morbida, calda per l’eccitazione che la sconvolgeva tutta.

Accarezzate le gambe, l’uomo afferrò i due glutei, stringendoli fino a imprimere l’impronta delle mani, per poi aprire lo spacco perineale, mettendo in evidenza il buco del culo, roseo e invitante.

La mano sinistra risaliva la schiena, accarezzandola con i soli polpastrelli: un massaggio che rilassava piacevolmente la donna.

La lingua dell’uomo lappava senza tregua il suo sesso, infilandosi tra le labbra e simulando la scopata.

La donna iniziava a respirare sempre più affannosamente, tirando fuori la linguetta e muovendo la punta sulle labbra, gli occhi socchiusi.

L’uomo le leccò maliziosamente l’ano, che la donna gli offriva, quasi spingendolo verso di lui.

La mano destra del malvivente saliva lungo l’addome, accarezzandolo, per raggiungere le tette, che incominciò a stringere. Con l’altra mano, infilò con decisione indice, medio e anulare, muovendole dentro e fuori, ma facendole anche ruotare leggermente sulle pareti della vagina, ancora pulsanti per i precedenti orgasmi.

La donna iniziò visibilmente a gemere.

“No, basta, cosa mi fai… Non ho mai goduto così, mi sento così vacca! No, basta!”

“Vuoi davvero che smetta?” rispose l’uomo.

Le sue dita scivolavano lentamente, come per uscire dalla figa umida di umori.

“No, ti prego, continua. Non ho mai goduto così, ne voglio ancora e ancora! Fammi godere, voglio essere la tua troia per tutta la notte!”

“Bene, allora, le uniche cose che potrai dire, a parte ‘Sì padrone’, saranno i tuoi gemiti e quello che senti. Urla pure il tuo piacere.”

Così dicendo, reintrodusse le dita nella fica, premendo con forza sulle pareti interne.

“Aaaah! Che bello” urlò la donna, inarcando la schiena e afferrandosi il seno destro, incrociando la mano dell’uomo. “Ma non hai paura che qualcuno ci possa sentire? Oh, sì, così!”

“Pensi che io sia un dilettante? Ho appostato questo condominio da un bel po’, e so benissimo che i vostri coinquilini non ci sono! Quindi, urla come una cagna in calore e non ti preoccupare.”

L’uomo riprese a leccarle la figa, stantuffandovi dentro le dita.

La donna, completamente soggiogata dalla libidine, si accarezzava selvaggiamente le tette, incitandolo a entrare più a fondo, con più forza.

L’uomo fece uscire le dita rialzandosi.

“Bene ora sei pronta, ma prima…”

Si girò verso il marito, rosso in volto, gli occhi sbarrati.

“Forza, troia, abbassa i pantaloni a tuo marito, e vediamo cosa pensa dello spettacolo che gli abbiamo offerto finora.”

La donna obbedì, docile. Chinatasi davanti al marito, aprì il bottone e la cerniera del pantalone del marito, tirandolo giù e poi sfilando anche lo slip.

Di certo, per quanto in situazione di impotenza, l’uomo aveva gradito.

Il pene, di medie dimensioni e alquanto sottile, specie in confronto a quello, duro e priapico, del malvivente, era eretto, rimanendo inclinato solo di pochi gradi in alto, quasi in linea retta.

Lo stupratore afferrò i fianchi della donna, facendola mettere a pecorina. Afferrate, una alla volta, le caviglie, le tolse le scarpe, in modo che potesse puntellarsi.

“Forza, fai un bel pompino anche a tuo marito, mentre io ti trombo.” incominciò a strisciare la punta del glande tra le labbra della fica.

La donna obbedì, prendendo in bocca il cazzo del marito, niente a confronto del calibro che aveva ospitato, tra quelle stesse labbra, prima, e incominciò a succhiarlo, quasi svogliatamente.

L’uomo dietro di lei, afferrato il cazzo con la mano destra, lo puntò tra le labbra della figa, iniziando ad entrare.

La donna ebbe un fremito, gemendo leggermente per la penetrazione. Il marito, sentendo la vibrazione del gemito sul pene, irrigidì la schiena e il collo, tendendoli e buttando la testa indietro, il viso deformato da un’espressione di piacere.

Il ladro mosse ancora, lentamente il proprio sesso dentro la fica della sua vittima, spingendola contro il corpo inerme del marito, fermandosi per godere del massaggio provocato dalle pareti interne della vagina, che ancora pulsavano per i precedenti “trattamenti”.

Ma un bel gioco dura poco.

L’uomo, afferrati i fianchi della donna, stantuffo dentro di lei la lunga verga, sbattendo le palle sulle sue chiappe candide.

Lei emise un urletto di piacere, lasciando andare il cazzetto del marito.

“Forza, continua a spompinarlo!- le intimò l’uomo- Vediamo chi viene prima, se la mia mazza o il suo pistolino.”

La donna obbediente, riprese in bocca il fallo del marito, mentre il ladro le pompava dentro la sua nerchia, spingendola con durezza, in profondità e con velocità, per poi fermarsi, muoversi lentamente, ancheggiando, lasciando che le pareti della vagina venissero massaggiate dal’asta nerboruta.

La donna continuava a succhiare il sesso del marito, i gemiti di piacere, sempre più intensi, soffocati dal pompino, si tramutavano in un massaggio vibrante che stava sconvolgendo di piacere l’uomo incatenato.

Impossibilitato dal resistere a un tale trattamento, venne. La donna aprì la bocca, sputando lo sperma del marito, che andò a bagnare le cosce pelose dell’uomo.

Poi, sollevò a quarantacinque gradi il busto, massaggiandosi, le tette con la mano sinistra, mentre, giratasi, si puntellava sul suo violentatore, appoggiando la mano destra sulla spalla e offrendo la vista del suo petto.

“Che stallone che sei,- disse con voce gaudente, interrotta dai gemiti- non ho mai avuto un bel cazzone come il tuo. Mi apri tutta, mi riempi come mai mi è accaduto prima d’ora…. Dai spingimelo tutto dentro, sono la tua vacca in calore. Oddio, sono tutta un lago… Che cazzone che hai… Duro, grosso… Spaccami sfondami, lo senti come sono bagnata? Sì, così, più forte, più dentro. Riempimi, voglio che mi allaghi la figa con la tua sborra!”

L’uomo, con un sorriso cattivo, non si fece ripetere.

Alzata la gamba destra della donna la puntellò sul termosifone, in modo che rimanesse perfettamente divaricata. Poi, incitato dalla donna, dalla cui figa colava la sbroda, come uno zampillo che, tappato, fuoriusciva dalla figa quasi a stento, colando sulle cosce. Così aperta, la donna era oggetto di penetrazioni sempre più profonde da parte del suo padrone. Urli di piacere, incitazioni e gemiti uscivano dalle sue labbra, accompagnate dalle parole, rudi, dell’uomo, che la chiamava spesso “puttana” o “troia”.

Presi nell’estasi, neanche sapevano quanto tempo stesse passando, a loro certo sembrava un’eternità.

Il cazzone dell’uomo, con uno spasmo, schizzò tutto il suo piacere nell’utero della donna, continuando a stantuffare, pompando il caldo seme dentro.

Tutta un fremito, la donna si abbandonò sul petto del suo amante, appoggiandovi la schiena, mordicchiando il tessuto della tuta che l’uomo aveva tenuto addosso.

Le mani dell’uomo, quasi con tenerezza, accarezzavano il suo ventre, i suoi fianchi, i suoi seni, indugiando sul collo.

Gli occhi dell’uomo indugiarono, con un sorriso di scherno, sul prigioniero che, impotente, aveva assistito alla violenza e al godimento della donna.

“Forza, adesso fai di nuovo un pompino a tuo marito. Dopotutto, è giusto che partecipi anche lui, è il padrone di casa!”

Con un’espressione quasi delusa, la donna si chinò sul marito, prendendo in bocca il fallo, ormai floscio.

Per quanto spompinasse, la donna non riusciva ad ottenere una qualche reazione dal sesso del marito, che cadeva verso il basso, come una lumaca.

Il ladro, messosi di fianco, ebbe un’idea. Vicino al termosifone, c’era un piccolo scrittoio. Afferrò una penna a biro, la apri togliendo la cartuccia dell’inchiostro, e sollevato un fianco dell’uomo dal termosifone, introdusse lentamente la penna nell’ano, inclinandola leggermente in avanti.

L’uomo spalancò leggermente gli occhi, guardando l’individuo incappucciato, ma poi li socchiuse.

Di quel mentre, il suo pene inizio ad irrigidirsi.

Con la penna, il ladro aveva attuato un massaggio prostatico che, insieme al pompino della donna, fecero resuscitare il pene dell’uomo.

Poco dopo, il ladro sfilò la penna, la ri appoggiò allo scrittoio, prese un tagliacarte in metallo, modellato a forma di sciabola, e ne infilò il manico, dotato di una specie di pomo ovale, nell’ano dell’uomo, mente con l’altra mano riprese ad accarezzare lascivamente il corpo della donna.

L’uomo ebbe un altro sussulto, dovuto più che altro al freddo contatto del metallo, ma non cambiò l’espressione di piacere sul suo volto.

Il suo cazzetto si era nuovamente irrigidito, erigendosi anche più di prima.

“A quanto pare, tuo marito non disdegna il prendere qualcosa in culo…” disse il ladro, lasciando il tagliacarte infilato nel retto dell’uomo.

“Bene, troia, adesso fatti scopare la figa da tuo marito, e, intanto, fammi tornare duro il cazzo con quella tua bella boccuccia.

Dopo l’orgasmo, infatti, l’enorme sesso si era ammosciato, ma rimaneva comunque di notevoli dimensioni anche così, semi rilassato.

La donna si girò, afferrando il sesso del marito e guidandolo tra le cosce, ancora bagnatissime, e impalandosi. Strinse le gambe, stringendo al massimo i muscoli della figa per avvolgere il cazzo, e incominciò a muoversi, pompandosi dentro il sesso del coniuge.

Ma senza un apparente entusiasmo, che era, invece, rivolto alla pertica dell’altro uomo, semi rigida. La prese con una mano masturbandolo leggermente, percorrendo con le dita tutta la sua lunghezza, ancora notevole.

Aperte le labbra, incominciò a leccarlo dappertutto, l’asta, il frenulo, la cappella che aveva scoperto. Scendendo verso il basso, baciò le palle turgide, succhiandole avidamente.

Tanta troiagine non poteva non avere effetto.

Il cazzone del ladro, dopo pochi minuti, era nuovamente, perfettamente eretto.

La donna alternava le leccate a profondi pompini, assaporando il sapore di quella mazza possente, immaginandola nuovamente all’opera, stantufante tra le sue cosce.

Eccitata, muoveva il culo, strusciando sul ventre del marito, aumentando il ritmo della penetrazione.

Con un gemito soffocato dal nastro adesivo, l’uomo venne ancora.

“Accidenti, già fatto?” disse il ladro con profonda ironia.

“Già, è tanto che sia riuscito a scopare una seconda volta. Durante tutto il matrimonio, non siamo mai riusciti a farlo più di una volta. E con quel cazzetto inutile… Niente a che vedere con questo batacchio…”

La donna si rivolse all’amante, con tono languido e sensuale, prendendogli il cazzo il mano e segandolo lentamente.

“Ti prego,- continuò lei- fottimi ancora con la tua mazza. Fammi sentire una troia in calore, allagami tutta.”

Con un movimento del braccio, l’uomo buttò ogni cosa dal ripiano dello scrittoio. Poi, afferrata rudemente la donna, la sollevò, facendola semi sdraiare lì sopra. Le spalle erano premute sulla parete, la testa reclinata sui seni. afferrò le gambe, facendola divaricare in modo da mostrare la figa aperta.

“Ti accontento subito, bella figona!”

Con un movimento unico, appoggiò la cappella del cazzo tra le labbra e con una spinta energica, affondò.

Le labbra dell’uomo, avide, andarono sulle tette, succhiandole, mordicchiandole, tirandone i capezzoli con le labbra.

La donna, gaudente, si esprimeva in gemiti soffocati, accarezzando la testa e la schiena del’amante.

“Tu si che sei un vero stallone!- esclamava rocamente- O, mi fai sentire così donna, così troia!”

Era l’unica cosa che le riuscì di dire.

L’uomo la stantuffava selvaggiamente, senza darle respiro. Gemiti e odore di sesso riempivano la stanza.

I minuti passavano. L’uomo, dopo due orgasmi, era diventato evidentemene ancor più resistente, e non si concedeva nessuna pausa, non variava l’intensità della penetrazione, stantuffando velocemente e a fondo. fece mettere la donna di fianco, obliquamente rispetto al tavolino rettangolare, la gamba destra poggiata sulla superficie del mobile, la sinistra puntellata sulla spalla dell’uomo, che ne leccò sensualmente la coscia, mentre riprendeva, freneticamente, la penetrazione.

Uno stantuffo profondo. Le palle dell’uomo, la mazza vibrano, mentre gli umori della donna, ormai strabordanti, colavano sulle gambe, andando a formare una piccola pozza sul pavimento di marmo.

“Oddio!”

“Lo senti, bella troiona? Lo senti, il mio cazzo che ti schizza dentro tutto il mio seme?”

“Lo sento si! Tu non hai un cazzo, hai un idrante! Che goduria… non mi regono più le gambe”

Sfinita, la donna si accasciò al pavimento.

Ma il suo amante, le si avvicinò, accarezzandole la cosca sinistra.

“Cerca di riprenderti. manca ancora il pezzo forte!”

La donna rabbrividì, di piacere…

Continua….

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