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Racconti sull'Autoerotismo

Spiando Londra

By 13 Giugno 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Un sogno!
Quanto tempo era passato dall’ultima volta che ci era stata? Un’eternità. Era riuscita a tornarci per un brevissimo week-end durante le feste di Natale di qualche anno fa. Faceva talmente freddo che nemmeno si riusciva a passeggiare per quelle strade meravigliosamente affollate. Anna ricorda sorridendo la gente che si accalcava da Harrod’s nel vano tentativo di accaparrarsi l’ultimo orrendo maglioncino in saldo. Solo gli italiani aspettavano pazientemente che la ressa si spostasse altrove per scegliere comodamente un capo ‘indossabile’. I gusti inglesi sono ancora talmente diversi dai nostri che anche nei periodi dei saldi londinesi &egrave possibile riuscire comodamente ad acquistare qualcosa. Il problema &egrave solo che per noi non sono mai saldi, ma questo &egrave un altro discorso.
Comunque, anche da quel piccolo soggiorno sono passati almeno sette, otto anni. Le &egrave rimasta addosso una strana sensazione: il freddo gelido di qui giorni di gennaio ed il desiderio di essere lontana. Era scappata a Londra con un’amica, desiderosa di dimenticare un amore perduto, ma aveva finito per gironzolare per la più bella città del mondo senza godersela nemmeno un attimo. Elsa, l’amica di quel tempo, visitava Londra come una turista alle prime armi: armata di macchina fotografica voleva visitare solo i monumenti, le mostre, le cattedrali ed era persino riuscita ad organizzare un giro turistico sull’autobus a due piani! Anna si era lasciata trascinare malvolentieri, senza opporsi con la solita decisione. Ricorda ancora gli scossoni dell’autobus che sobbalzava fermandosi ogni 5 minuti per lasciare che i turisti fotografassero le bellezze sparse lungo l’itinerario. Una voce stanca ed atonica annunciava il monumento ripetendo meccanicamente la sua breve storia, senza entusiasmo, senza convinzione, senza passione alcuna. Aveva fatto quel giro tante di quelle volte che era riuscita addirittura ad addormentarsi, suscitando l’ilarità dei soliti immancabili turisti giapponesi.
In quel momento Anna aveva bisogno di tutt’altro. Voleva visitare i mercatini, i negozi, voleva girare tra la gente, sedersi ad Hyde Park e chiacchierare con qualcuno. Forse così sarebbe riuscita a non pensare. Forse si sarebbe sentita lontana o forse no. Perché aveva scelto Londra? Perché andare proprio nella città che avevano scelto per trascorrere tre giorni romantici? Giorni che non sarebbero mai arrivati?
Ma Londra era nel suo cuore da quando era ragazzina. Da quando suo padre le aveva raccontato di una città multicolore, viva, intensa, frizzante. Le aveva parlato delle luci, dei colori, di rumori che nemmeno riusciva ad immaginare, mentre un fiume chiamato Tamigi la attraversava lentamente, scorrendo pigro nonostante la frenesia che si agitava sulle sue rive. Le aveva raccontato di un ponte che si solleva per lasciar passare le imbarcazioni. Le aveva narrato dei mimi che per strada intrattenevano i passanti, di musicisti eccezionali che si guadagnavano da vivere suonando nei prati ed Anna aveva capito che quella città sarebbe stata la sua città. Aveva fatto di tutto per andarci ed ancora adesso ad ogni occasione ci tornava, per viverla sempre di più, per amarla senza sosta. Ma non aveva mai più ritrovato la magia che avvertiva quando ragazzina, sola in una città straniera, si avventurava alla scoperta del mondo. Osservava con gli occhi sgranati tutto ciò che nel suo paese non esisteva. Lei che veniva da un paesino nelle verdi colline toscane, dove la vita era lenta e semplice, dove tutti conoscevano tutti, dove le macchine si potevano parcheggiare senza nemmeno aver necessità di chiuderle. Non aveva mai fatto un giro in metropolitana, ed il primo aereo che aveva preso era quello per Londra. Ma suo padre vedeva lontano e soprattutto vedeva dentro sua figlia. Sapeva che lei avrebbe avuto una vita migliore della sua, sapeva che sarebbe riuscita ad emergere, sapeva che occorreva solo darle gli strumenti giusti e, soprattutto, concederle fiducia, illimitatamente. Sapeva che Anna non lo avrebbe mai tradito. E così era stato.
All’epoca, solo sedicenne, Anna aveva potuto assaporare il gusto della libertà, l’impegno di imparare una lingua straniera e la necessità di guadagnarsi da vivere lavorando nella pizzeria ‘Bella Napoli’ come cameriera. Era stato difficile riuscire a conciliare lo studio con i turni massacranti nel locale, ma Anna riusciva persino a trovare il tempo per girare per la città, scovando stradine sconosciute ai turisti, dove gustare l’essenza degli artisti di strada, fermandosi a parlare con gli anziani che chiedevano notizie del suo paese. Anna amava incontrare i figli di italiani emigrati che non sapevano molto del paese da cui provenivano i propri genitori: si fermava, li ascoltava e raccontava di sé, del suo paesino in collina, dipingendo l’Italia come fosse un paradiso terrestre, una favola da non abbandonare mai. Amava quella città, ma più rimaneva a Londra e più si accorgeva di essere totalmente italiana.
Ancora oggi, stesa sul letto, mentre si osserva i piedi nudi perfettamente curati, Anna avverte un forte dualismo dentro di sé. Il desiderio fortissimo di soggiornare a Londra e la malinconia per essere lontana dalla sua terra, dai suoi profumi, dal suo calore. Anche ora che &egrave diventata adulta il bisogno di tornare a Londra &egrave sempre forte, ma lo diviene sempre di più il desiderio di tornare a casa.
Questa volta, poi, aveva accolto con così tanto entusiasmo l’idea di venire a Londra, che le aspettative erano più forti del solito.
E’ passato molto tempo da quando sognava di vivere qui. Dopo la laurea, grazie ai suoi ottimi voti ed alla conoscenza perfetta della lingua Anna aveva trovato facilmente impiego in un’importante banca internazionale e da lì aveva presto fatto carriera. Senza legami affettivi, solo il desiderio di sfondare come aveva promesso al padre, mancato troppo presto per assistere ai suoi successi. Così Anna aveva cominciato a girare il mondo collezionando successi, fino a diventare un nome della finanza, ma Londra rimaneva sempre la ‘sua’ città.
Questa volta Anna aveva dovuto tenere un corso di aggiornamento sulle nuove strategie di marketing finanziario alla luce degli ultimi sconvolgimenti bellici del pianeta. La platea, completamente maschile, sperava sarebbe stata degna di una delle sue migliori performance. Anna sapeva ben giocare con sé stessa, con la sua assoluta competenza in materia e con la femminilità e la grazia che lasciava trasparire da un atteggiamento da ‘lady di ferro’. Sapeva essere sensuale ed accattivante parlando di investimenti in borsa, chinandosi a raccogliere distrattamente una matita ed offrendo ai presenti uno sguardo scivolato sui meravigliosi seni che sembravano dolcemente appoggiati in un balconcino di pizzo. Sapeva inarcare impercettibilmente la schiena affinché il tessuto della gonna aderisse perfettamente alle natiche. Sapeva godere degli sguardi degli uomini che scivolavano dal suo collo nudo, lungo la schiena, fino al sedere fasciato e bene in vista e ancora giù, fino alle caviglie strette. Non aveva bisogno di trucchi, di autoreggenti, né di tacchi vertiginosi. Era semplicemente lei, con il suo sorriso esplosivo, la sua risata argentina, la sua spontaneità ed il suo calore istintivo. Anna metteva chiunque a proprio agio, solo con lo sguardo dolce e disponibile, ma la situazione era sempre in mano sua.
Eppure oggi nulla di tutto questo &egrave valso a farla divertire. Il pubblico era spento ed annoiato e forse anche lei non era in vena. Chissà.
Ancora ci ripensa mentre sdraiata, nuda dopo una doccia rigenerante, ripensa a ciò che &egrave stato. Un pomeriggio lungo e noioso che le ha lasciato addosso una sensazione di insoddisfazione. Altro che uomini inglesi. Si sente quando mancano gli italiani. Quegli sguardi che ti accarezzano, maliziosi ed invitanti. Quel desiderio che traspare volontariamente dagli occhi accesi. La loro voglia che si posa sui seni generosamente scoperti, quel tocco con la mano che si sofferma più del dovuto, che stringe troppo la sua. Quei piccoli ed inequivocabili segnali di apprezzamento, lo sguardo che abbraccia il corpo, a volte talmente forte da far arrossire. Oggi non c’&egrave stato nulla di tutto questo e, paradossalmente, avverte il desiderio ancora di più. L’insoddisfazione per ciò che aveva sperato fosse si fa sempre più forte, mentre accarezza i capezzoli inturgiditi dal freddo. La mano scivola lungo il corpo, accarezzando le forme generose e morbide. Si sofferma volontariamente intorno all’ombelico, giocando e prolungando l’attesa, ma il desiderio &egrave sentire la mano scivolare nella morbida peluria tra le cosce. Il tocco delicato sul suo stesso corpo fa crescere la voglia; ama giocare con il suo stesso desiderio, stimolarsi e stuzzicarsi, a volte immaginando di essere un’altra persona, a volte di essere altrove.
E poi quei rumori. E’ da un po’ che li avverte. Devono provenire dalla stanza a fianco. Sembrano sospiri, grida di piacere. O forse &egrave solo la sua immaginazione. Il desiderio di essere presa, senza dolcezza. Ora vorrebbe questo. Essere afferrata, sculacciata, fino a far diventare rossa la pelle delle natiche; sentire i seni stretti in una morsa, godere della sensazione di essere immobilizzata, per apprezzare ancora di più il calore di una mano maschile che la accarezza mentre la penetra, mentre si muove dentro di lei. Dolcezza e violenza, quel tanto che basta a farla impazzire. La mano &egrave scivolata giù ed ora gioca con un clitoride duro e sporgente. Divarica le gambe, solleva leggermente la testa ammirandosi il centro del piacere. Lo specchio sulla parete le regala una vista eccezionale: un piccolo bocciolo rosa, al centro di una corona scura. Le sue dita che frugano. E poi quei rumori, sempre più forti, le rimbalzano nella mente. Corre con lo sguardo lungo la parete dalla quale sembrano provenire, fino a scorgere, dietro la tenda, una porta. Chiusa. Deve essere una porta comunicante tra due stanze. La tentazione &egrave forte. La curiosità lo &egrave altrettanto. Non dovrebbe, lo sa. Si avvicina alla porta, scosta la tenda scura che la copriva e si china fino a spiare dal buco della serratura. Con il viso così vicino alla porta riesce ad udire perfettamente i rumori che da lì provengono: sono davvero gemiti, sospiri. Qualcuno ansima. Parlano inglese, difficile afferrare, ma ciò che dicono &egrave inequivocabile. La voce femminile &egrave acuta, quasi strilla, mente l’uomo le risponde con fare roco ed affannato. E finalmente guarda dallo spiraglio della porta. La visuale &egrave ridotta. Anna riesce a scorgere solo dei piedi intrecciati, che si avvinghiano, spariscono, e poi ancora. Uno, un altro. Poi via ancora. Così inginocchiata davanti ad una porta chiusa, si rende conto di essere eccitata e nuda. La mano torna tra le gambe dove già trova un calore ed un lago in attesa. Posa l’orecchio sulla porta ripetendo gli stessi sospiri della donna dall’altra parte. Chiude gli occhi immaginando di essere in quel letto, nella stessa posizione nella quale si trova a terra. La donna, davanti, le offre la vista del suo desiderio. Anna si china a leccarla, affondando la lingua dentro di lei. Desidera bere ogni goccia di dolcezza, desidera penetrarla con la lingua, desidera sentire tra i denti le morbide labbra rosa. Desidera sentirla sobbalzare, mentre gusta ogni istante tra le sue gambe. Vorrebbe sentire mani maschili, forti e vigorose posarsi sui fianchi, afferrarla, divaricare le natiche e poggiare il membro duro, spingendo piano. Vorrebbe annegare nel suo stesso piacere, in quello della donna che gode oltre la porta, vorrebbe sentire il meraviglioso dolore della penetrazione, vorrebbe gridare tutto il suo desiderio, mentre le mani affondano dentro di lei, mentre l’orecchio incollato al legno duro e freddo le fa vivere un istante di piacere rubato. Le dita corrono dentro e fuori, scivolano fino al suo più intimo orifizio, così ben aperto ed in attesa. Lo bagna con il suo stesso dolce miele, ci gioca un po’ per poi entrarci dentro, forte, una due tre volte. E’ meraviglioso. Lo sente allargarsi intorno alle sue dita, le sente accogliere sempre di più, sempre con meno fatica e sempre con più piacere. Intinge ancora le dita nel lago caldo e poi di nuovo qui. Ormai ogni resistenza &egrave vinta, c’&egrave solo il piacere, un lungo ed intenso piacere. L’altra mano cerca i seni, la mente segue i sospiri altrui, mentre le esplode in mano il desiderio, così violentemente da sconquassarla. Le sfugge un gemito sommesso. L’unica manifesta esplosione del suo piacere. Che buffo! Quando si &egrave in due il desiderio &egrave gridato, urlato, quasi fosse una gratificazione, la necessità di rimarcare l’intensità di ciò che &egrave stato. Sola, invece, Anna gode silenziosa, quasi vergognosa del piacere rubato ai vicini, di aver goduto sola. Rannicchiata per terra accanto alla porta si accarezza dolcemente. Anche nell’altra stanza ora c’&egrave silenzio. Li immagina abbracciati, dopo l’amplesso. Magari gli occhi negli occhi, mentre il dito dell’uomo segue in profilo del corpo tanto baciato. Gioca con i capezzoli che tornano lisci e setosi. Accarezza il viso, ora disteso e sorridente, sussurrandole dolcezza e amore.
Riapre gli occhi. E’ sola. Londra non le &egrave mai sembrata tanto fredda.

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