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Racconti Cuckold

Le vacanze

By 12 Luglio 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Cap. 1 ‘ Il centro termale

La vita riprese, ormai cominciavo a farci il callo, le avventure sessuali dopo il piacere, lasciavano strascichi nei miei pensieri. Mille dubbi, tutte le mie debolezze, le mie insicurezze venivano come amplificate.
Cercavo di pensare ad altro, concentrandomi sulle mie abitudini, sulle cose che mi rilassavano, la mia affezionata palestra, tutto quello che mi aiutava a non pensare. Evitavo anche di fare paranoie a Marco, in fondo non era solo sua la colpa, se di colpa si dovesse parlare.
Cercavo di vedere il lato positivo di queste serate, cercavo di pensare ai problemi degli altri, mi domandavo come faceva Laura a portare avanti una relazione con il figlio e avere rapporti anche con il padre. Non sono mai stata bigotta, ma questa situazione era inconcepibile, inimmaginabile per me.

Un giorno a rompere la regolarità di cui mi ero circondata, fu una visita in palestra. Finito il mio allenamento mi si parò davanti Vittorio. Mi spaventai, la sua improvvisa presenza, la sua imponenza, all’uscita dello spogliatoio, mi imbarazzò. Andammo a bere, come vecchi amici, io sempre sulla difensiva, lui in vena di aprirsi. Odiavo quelle situazioni, ecco perché preferivo gli estranei, quelli li liquidi con un arrivederci e grazie. Vittorio si era informato su quale palestra frequentavo ed esattamente quando. Questo mi spaventava molto. Immaginavo dove voleva andare a parare, lo vedevo pavoneggiarsi, schifosamente narcisista. Con una sicurezza disarmante, convinto di portarmi nuovamente a letto. Lo leggevo nei suoi occhi, mi corteggiava. Ma si illudeva, non avevo ancora ‘digerito’ la serata, ed ero ancora un po’ acida. Lo punzecchiai su Laura, su i sensi di colpa, cercai di calcare la mano sulla moralità di quel rapporto. Volevo metterlo in difficoltà, povera ingenua, mi credevo forte in questo.
Rimasi talmente scioccata, che non riuscivo a sentire tutto quello che mi stava dicendo. Nella mia testa mi ripetevo ingenua ingenua, sei stata anzi siamo stati due ingenui, due pivellini. Laura era l’amante, o meglio un amante di Vittorio, lui le passava dei soldi che lei usava per mantenersi agli studi, le pagava le vacanze. Fingendo di essere la fidanzata del figlio gli permetteva di camuffare i versamenti, i regali e soprattutto la sua continua presenza. Se la scorrazza in vacanza e tutto sotto gli occhi della moglie..
Io mi rendevo conto di quanto fossi stata scema, due boccaloni. In fondo quale figlio avrebbe accettato una cosa simile. Solo due ingenui come io e Marco e quella povera moglie di Vittorio, potevamo bere una storia simile..

Trovai una scusa per andarmene, la mia ingenuità mi faceva sentire in imbarazzo. Lo liquidai in trenta secondi e me ne andai a casa. Mi rendevo conto di essere due sprovveduti in un mondo, quello della trasgressione, pieno di lupi.

A cena alo dissi a Marco, la sua reazione fu normale, mi sorse il dubbio che lo sapesse. Lo negò. Ma non mi convinse. In fondo cosa cambiava? Niente. Se volevamo continuare a giocare bisognava comunque rendersi conto del mondo in cui ci si voleva addentrare.

Vittorio non mollava l’osso, una sera lo incontrai in un ristorante dove con delle amiche avevo organizzato una cena, tutte amiche della palestra e tutte affascinate dalla visione di Vittorio. Dopo i soliti saluti, le mie amiche lo invitarono al nostro tavolo. Si sedette al mio fianco, in attesa della sua ordinazione, Potevo vedere le occhiate delle mie amiche, se lo mangiavano con gli occhi, le vedevo atteggiarsi per mettersi in mostra. Lui si pavoneggiava, piacevolmente colpito dalle loro attenzioni. Le mie amiche si erano trasformate in un groppo di casalinghe frustrate in adorazione di un possibile stallone. Ridicole loro nel concedersi, ridicolo lui nel approfittarsene.

Ci lasciò, con dispiacere delle signore, all’arrivo della sua ordinazione, lo invitarono però a bere il digestivo con noi. Io mi vergognavo di quella loro sfacciata disponibilità, notavo le occhiate che gli lanciavano durante la cena. Le vedevo sistemarsi le scollature, i capelli, un continuo accavallarsi di gambe..Io, a disagio, le abbandonai per il bagno. Letteralmente nauseata dai loro discorsi, dalle descrizioni di cosa gli avrebbero fatto. Non feci a tempo a chiudermi la porta alle spalle, Vittorio s’introfulò nel bagno delle signore. Mi fece cenno di restare in silenzio, un bagno era già occupato da una signora, ci rifugiammo nell’altro, in silenzio, in piedi, senza quasi respirare. Rimanemmo soli, nonostante i miei tacchi i miei occhi arrivavano esattamente all’altezza delle sue labbra. Non mi ero mai soffermata alla sua bocca, mi aveva colpito il suo sguardo. Gli uscì un ‘ti desidero.. non riesco a toglierti dalla testa’, poi una serie di frasi, dettate dalla voglia, non volgari e soprattutto senza toccarmi, rimase immobile in attesa di una mia mossa, di un mio consenso. Combattuta come non mai, una parte di me, era pronta a baciarlo e a struscicarsi contro, l’altra razionale, idealista, innamorata del proprio marito , a scappare. Ne uscì una via di mezzo. Gli presi la testa tra le mani, gliela abbassai fino alla mia altezza, gli sussurrai non li, non in quel luogo, non quella sera. Non feci nessun riferimento a mio marito, ne tantomeno feci riferimento ad un tradimento. Si appoggiò al mio corpo. Mi fece sentire la consistenza del suo membro, stava letteralmente scoppiandogli tra i pantaloni. Con una mano, lo presi attraverso la stoffa e lo strinsi forte. Sembrava ancora più grosso e duro. Apprezzò con l’emissione di un lamento. Slacciai la cintura, con lentezza mi abbassai in ginocchio, davanti a lui. Lo estrassi calandogli i pantaloni e inizia a pomparlo. Con tutta la voglia di mostrargli quanto ero porca. Lo segavo, lo leccavo. Non aveva bisogno di tenermi la testa, alternavo dolcezza a forza. Lo sentivo fremere di piacere. Mi avvisò dell’orgasmo, lo fissavano dal basso verso l’alto, mi venne nella bocca che tenevo ben spalancata, continuavo a segarlo, vedevo che la cosa gli dava fastidio, anzi gli faceva male. Sempre guardandolo negli occhi gli mostravo tutta la sua sborra in bocca, e poi la deglutì tutta, muovendo la lingua per raccogliere gli ultimi resti di seme, deglutì nuovamente. Mi alzai senza dire una parola, lo baciai e aprì la porta dirigendomi, verso lo specchio per rimettermi il rossetto. Lui rimase pietrificato in bagno. Uscì dopo qualche minuto. Io ero già seduta, ci raggiunse sistemandosi vistosamente la cerniera dei pantaloni. I commentini si sprecarono.
Sempre al mio fianco, passò il resto della serata senza un avance, senza mettermi le mani addosso, cercando di intrattenere quella banda di casalinghe vogliose. Ci sapeva fare, vederlo padroneggiare i vari discorsi, lo rendeva a miei occhi ancora più affascinante, in qualsiasi discorso affrontato riusciva ad emergere. Sesso, politica, gossip, niente lo metteva in difficoltà.

Per assurdo appresi più cose di lui in quella serata, che in tutti i nostri incontri precedenti.

Pochi giorni dopo mi piombò a casa, sempre con la solita richiesta, mi deluse, non aveva capito che già tradire il marito per una donna non è facile, ma farlo nella propria casa lo è ancora di più. Lo spedì, letteralmente, con la coda tra le gambe. Era divertente, ora ero io che potevo giocare, ci prendevo gusto a negargliela.

Facevo l’amore con Marco pensando a lui, al momento in cui mi sarei trovata tra le sue braccia, soli, liberi da ogni scrupolo, libera da lasciarmi andare. Con quei pensieri dentro, il sesso con Marco aveva raggiunto l’apice. Marco, felice e incosciente, si rallegrava di questo mio cambiamento, non ponendosi domande, gustandosi solo il risultato.

Vittorio accusò il colpo, me lo sarei aspettato più testardo e insistente. Peggio per lui, pensavo.
Con le amiche della palestra organizzammo un uscita in Svizzera in un centro termale, una settimana di piscine, massaggi e lunghe passeggiate. Sulla carta un toccasana, una settimana per riorganizzare le idee e fissare le priorità. Il sesso era diventato un ossessione e questo mi spaventava.
Al nostro arrivo rimasi colpita da questo paesino, incastonato tra le montagne, pieno di piscine e centri termali, la prima impressione valeva ben le 4 ore di auto che ci eravamo sbolognate.
Io ero in auto con Mara, una bella donna di 40 anni, fisico slanciato, un bel seno anche se leggermente cadente, comunque grazie ai push up faceva sbavare tutti i maschietti, in doccia avevo avuto modo di vedere che oltre al seno cadente aveva anche il culo piatto. Sposata con un banchiere più vecchio di lei. Oltre a Mara c’era Nicole, che noi chiamavamo Topo Gigio, visto che le operazioni di chirurgia estetica al viso, avevano avuto l’esito di farla assomigliare al celebre topo, come le varie Star, Moric, Marini e Parietti, vittime tutte di un fanatico chirurgo plastico fan del Mago Zurlì e del topino più famoso. Oltre a me, in auto c’era l’organizzatrice, Stefania, con i suoi 45 anni, la chioccia del gruppo, la più esperta, visto i suoi precedenti soggiorni in quel paese.
L’altra auto era composta da conoscenti più che amiche, ragazze con cui scambiavo qualche battuta ma niente di più.
Dopo le solite operazioni di distribuzione delle chiavi, prendemmo possesso delle camere e ci preparammo per la cena.
Con Nicole raggiunsi per ultima la tavolata. Avevo trovato una che mi batteva nel prepararsi. Vestite come se avessimo dovuto andare ad un ricevimento, raggiungemmo il gruppo. Rimasi colpita, Vittorio era seduto al nostro tavolo, a fianco di Mara, l’espressione ‘essere colpita’ non rappresenta lo stato di stupore nel vederlo li. Un pugno in faccia lo rappresenta meglio. Avrei voluto di dirgli che cazzo ci faceva li. Mentre mi riprendevo dallo sconcerto iniziale, cominciavo a ragionare sul perché di una camera tripla e il perché Mara ne occupava una doppia da sola. Tutto mi era chiaro. Pian piano tutto iniziava a quadrare. Ecco il perché Nicole, amica per la pelle di Mara, era in camera con me..
I due non si risparmiavano occhiatine e toccamenti vari. Mi domandavo come Stefania, la chioccia, non dicesse niente e accettasse la situazione. Tutte facevano finta di niente. Quell’intrusione sembrava ignorata da tutte. Non da me, la cosa mi bruciava dentro, gelosia e rabbia, anzi più gelosia che rabbia. Ma come, mi chiedevo, un paio di settimane fa voleva portarmi a letto, gli avevo anche fatto un bel lavoretto con la bocca..e promesso di più. Quel bastardo due settimane dopo si era aggregato alla mia compagnia, per scopare una mia amica. Troppo da accettare. A stento riuscivo a trattenermi. Cercai di comportarmi naturalmente con entrambi, anche se li avrei carbonizzati.
La mattina seguente non si presentarono a colazione, ne ai massaggi. Ci raggiunsero per pranzo e poi sparirono in camera annullando la passeggiata pomeridiana. Non vi dico quanto spettegolare facemmo. Di tutto e di più. Ci domandavamo come fare ad incontrare Paolo, il marito di Mara, e far finta di niente. Anche io esprimevo il mio sdegno, anche se io era dovuto dalla gelosia. Vittorio l’avevo scoperto io, lo sentivo ancora mio.

La mattina del secondo giorno, Mara mi prese di fianco e mi disse che voleva parlarmi, mi disse che Vittorio gli aveva detto quello che avevamo fatto. Dovetti trattenermi per non prendere lei a sberle e quel bastardo di Vittorio a calci nelle palle. Più sentivo il suo tono da gatta morta, di vanto, più rosicavo. Stavo per esplodere e lo feci, dopo che mi chiese le sensazioni che avevo provato ad essere sodomizzata da Vittorio, visto che lei era ancora vergine li e che Vittorio, per convincerla, le aveva raccontato utto quello che aveva fatto con me. Forse per il suo modo di vantarsi, forse per la gelosia e la rabbia, comunque non riuscì a trattenermi. In un minuto le dissi di tutto e di più. Io lo avevo fatto con Marco presente perché lui lo desiderava, non ero la solita puttanella che cornifica il marito in vacanza. Il nostro era un gioco, entrambi complici. Lei era solo una squallida sgualdrina, gli feci pesare anche il fatto che incontrare Paolo dopo essere a conoscenza della sua relazione, ci avrebbe messo tutti in imbarazzo. Come dico esagerai, parlavo da donna ferita, gelosa. Mara scappò via piangendo. Non feci parola a nessuno, della discussione, il pomeriggio lo passai in piscina e a prendere il sole. Dovevo riacquistare la mia serenità.
A cena notai subito l’assenza di Mara e di Vittorio e di Nicole. Stefania terribilmente in imbarazzo mi disse che Mara aveva abbandonato il gruppo ed era rientrata a casa accompagnata da Nicole. Non sapeva darmi altre spiegazioni, ma l’aveva vista sconvolta. Avevo esagerato, lo sapevo, ma non m’importava, in fondo mi sentivo ancora ferita.

Cenammo e poi dritte a letto. Verso le undici bussarono alla mia porta, era Vittorio. Con mio grande stupore non era partito, voleva poter dormire da me, visto che Mara aveva pagato e riconsegnato la camera. Non lo chiedeva, m’implorava. Alla fine accettai, gli imposi però, di dormire vestito e di mantenere le distanze, ridicola, me ne rendevo conto. Ero ancora risentita per la storia con Mara. Vittorio si comportò da vero gentiluomo, forse se ne era reso conto che me l’ero presa. Passammo i giorni seguenti a chiacchierare, a fare passeggiate. Sempre assieme. La sua figura, quasi paterna, mi rassicurava. Stefania ironizzava su di noi, quando ci vedeva arrivare per pranzo e per cena come una coppietta in viaggio di nozze diceva, senza nessuna malizia e sempre con il massimo rispetto.

La mattina del penultimo giorno, sarà per stato per quella tranquillità, quella serenità scaturita da quei giorni spensierati, stavo in quello stato di dormiveglia, tra sogno e realtà, mi stavo accarezzando nell’intimità, sognavo Anna e le sue attenzioni, la mano faceva il resto, una situazione naturale, non un vera masturbazione, mi gustavo quel piacere che la mia manina tra le gambe mi dava , isolata da quello che mi circondava. Percorsa dai brividi di piacere, cercavo di divaricarmi maggiormente stiracchiandomi nello stesso tempo. Il contatto dei miei piedi con la gamba di Vittorio, mi fece trasalire, aprì gli occhi di colpo. Sdraiato su un fianco, mi stava a guardare. L’imbarazzo, e la vergogna mi assalirono. Tolsi la mano dalle mutande e me le portai al viso per nascondermi. Vittorio rise, e con un gesto carico di gentilezza mi prese la mano e se la portò al viso, poi al naso e poi alla bocca, tutto fissandomi negli occhi. La vergogna scemava, il suo sorriso, la sua voce, mi tranquillizzavano, in fondo gli avevo già concesso tutto il mio corpo, non avevo niente da vergognarmi. Ero incantata a guardarlo, la cura con cui mi baciava la mano e si gustava i miei umori e la sua voce, ‘sai di buono..’mi scioglievano. Nei giorni precedenti lo avevo apprezzato come compagno ora, soli in quel letto, con la mente libera, in uno stato di complicità, lo volevo. Lo vidi titubante , gli diedi un aiutino. Presi la sua mano e me la portai tra le gambe. Il calore dovuto all’imbarazzo venne sostituito dal calore della mia eccitazione. Mentre io mi torturavo il clitoride, la sua mano posata sopra la mia si occupava della parte più interna iniziando un profonda esplorazione che mi faceva esplodere di voglia. Sentire queste due mani, tra le mutande muoversi in sintonia come un’unica entità su di me, dentro di me, era il massimo della libidine, mi dimenavo, gli andavo in contro, spingevo la mia fichetta contro questo unico arto per sentirlo meglio, per concedermi a lui.
Mi sentivo troppo vestita, sollevai, facendo attenzione che Vittorio continuasse nel suo lavoro, mi sfilai prima la maglietta e poi sdraiata in ginocchio mi avvicinai, come una gatta al suo viso, ora avevo il suo braccio che mi correva sotto di me. Sentivo i suoi muscoli contrarsi, tra i miei seni, a contatto con il mio bacino, lo sentivo sfregare contro il mio copro, sentivo le sue dita dentro di me penetrarmi con vigore. Lo volevo scopare, volevo impressionarlo, volevo fargli dimenticare Mara. Non riuscivo a togliermela dalla testa, la gelosia mi accecava. Salì sopra di lui, guardandolo sempre negli occhi mi strofinavo la sua cappella sulla fichetta. Bagnata e già dilatata dalle dita di Vittorio, non faticai a prenderlo dentro di me, ero io che stavo regolando quella penetrazione. Vittorio se la stava gustando, lasciai il suo membro, ormai la strada l’aveva trovata, anzi era lei ad andargli in contro. Muovevo il bacino ancora lentamente per abituarmi, alle sue dimensioni. Lui mi teneva il seno, cercando di muovermi incontro al suo membro. Io gli tenevo le mani sopra alle sue cercando un maggior contatto. Si stancò subito, del mio ritmo, mi prese per le chiappe e cominciò a scoparmi più in profondità e con maggior intensità. Cercai di assecondarlo appoggiandomi sul suo petto. Mi prendeva con forza con determinazione, come piaceva a me mi struscicava il clitoride su di lui, questo agevolava il dolore che una penetrazione così profonda e così violenta vi procurava. Cambiò posizione, protestai timidamente, mi avrebbe portato all’orgasmo, nella mia testa lmi vedevo già godere sotto i suoi colpi, magari baciandolo. Adoro godere con il mio compagno, regalargli le espressioni del mio viso, dei miei respiri, della mi bocca mentre provo il piacere assoluto. Per me la differenza del fare sesso e di fare l’amore sta proprio li. Vittorio a letto non era molto democratico, mi mise a pecora, non vado pazza per quella posizione. Messa in quella posizione, mi sentivo sola, non mi sarebbe bastato tenergli le mani. Mi allungai, così avrebbe potuto penetrarmi da dietro sdraiato sopra di me. Completamente sdraiata sulla pancia, con le mani cercavo di allargami le chiappe. Ma non era quello che Vittorio aveva in mente. In piedi sul letto prese un cuscino mi alzo per i fianchi e me lo mise sotto la pancia. Cercavo di capire le sue intenzioni. Non mi andava di essere sodomizzata. Non in quel momento, volevo fare l’amore, sentire il mio uomo, il suo contatto. Glielo dissi, mi tranquillizzò subito, rimanendo in piedi, si abbassò e mi penetrò di colpo facendomi sussultare. Mi teneva per le spalle con entrambe le mani tirandomi a se. Mi sentivo letteralmente penetrata, sventrata, il ritmo, la forza dei suoi colpi, mi piaceva, mi faceva gemere, ma nel mio cervello avrei voluto di più, più amore. Lo tenevo per le caviglie, volevo capisse la mia completa disponibilità. Non ancora soddisfatto si sfilò da me, prendendomi per i fianchi mi sollevò per i fianchi e mi rimise a pecora. Il suo cazzo riprese il suo posto in me. La penetrazione a gambe strette mi fece lanciare un urlo. Lo sentivo con il corpo sopra di me e grazie alle gambe chiuse, sentivo le pareti della mia fichetta, aderire al suo cazzo. Quella sensazione di essere rivoltata mi scoppiò in testa, lo incitavo a sfondarmi. Con una mano lo tenevo per la caviglia con l’altra mi tenevo sollevata per sentire meglio il suo corpo. L’arrivo della sua mano sulla mia fichetta segnò la mia resa. Il cazzo che mi sfondava e la mano che mi tormentava il clitoride mi portarono ad un orgasmo sconvolgente, un calore improvviso, accompagnato dalle ondate di piacere che invadevano il mio corpo. Aggrappata alle lenzuola lo accompagnavo con dei si si si..sentivo le forze mancarmi, mi accasciai, sfinita. Vittorio smise di penetrarmi, sempre conficcato in me, con quella presenza ingombrante, si gustava le mie contrazioni attorno al suo cazzo, La sua voce sussurrata all’orecchio ‘ti sento..ti sento ti sento godere’ e la sua mano che non aveva smesso di masturbarmi stavano prolungando all’infinito quel piacere. Era solo un assaggio di quello che mi avrebbe riservato. Scivolò di fianco a me, sempre con quell’arnese in tiro. Risi nel vederlo sull’attenti come un bravo soldatino. Mi girò su un fianco, ora mi trovavo con la schiena rivolta a lui. La sua mano mi sollevò una gamba e il bravo soldatino tornò a farmi sobbalzare. Anche la sua mano tornò a stimolarmi. Iniziò prima lentamente, poi spingendomi incontro con la mano cercava di aumentare il ritmo, sempre più profondamente. In quella posizione potevo comunque regolare la profondità delle sue spinte. Potevo godermi a pieno il piacere, muovendo il bacino. Sentirlo dietro di me, sentirlo stringere le labbra della mia fichetta sul suo cazzo mi mandava in estasi, rivolta all’indietro cercavo la sua bocca, la sua lingua. Stavo facendo l’amore con lui, stavo donandogli il mio corpo. Riuscivo con una mano ad accarezzargli la nuca, i capelli. Mi sentivo sua, sentivo il mio corpo unirsi al suo, il suo respiro sul mio viso. Un insieme di sensazioni che avrebbe culminato presto in un amplesso. Vittorio interruppe quello stato di estasi, lo sentì sfilarsi accompagnato da mio noo..mi accontentò subito spingendomelo contro il mio buchetto. Reclamai, inutilmente ma reclamai cercando di tenerlo lontano con la mano.
Non lo volevo, quella mattina non sentivo la voglia di un simile trattamento, l’atmosfera di quel momento, l’amore con cui mi stavo dedicando al piacere comune, erano in contrasto con la sensazione di sottomissione che quel gesto esprimeva. Un trattamento che per alcuni uomini è una fissa. Inconsapevoli del dolore provocato, un bisogno di alcuni di dominare completamente una donna. Non nascondo che questa sensazione di sottomissione mi eccita, bloccata dal dolore, riesco a trarne piacere.
Ma quella mattina era speciale, non volevo essere scopata, avevo solo bisogno di affetto. Ma Vittorio non era della stessa opinione e mi penetrò nelle viscere strappandomi urla di dolore. Nonostante ne avessi presi diversi di cazzi nel culo. Il dolore mi pietrificava. Quella sensazione di essere aperta in due, quell’avanzare del suo cazzo mi dava la sensazione di lacerazione.
Impassibile alle mie lamentele mi teneva per una coscia e spingeva quel bastone dentro. Aiutato dai miei umori lo infilò fino alla radice. Forse il tempo passato dall’ultima sodomia o la mia scarsa propensione di quel momento, rese, quella penetrazione, un’interminabile sofferenza. Subì i suoi colpi senza provare piacere, un susseguirsi meccanico di penetrazioni. Lo sentì godere, sentì il suo seme invadermi, caldo colava verso l’uscita. Mi accarezzò, mi baciò mi ringraziò per la mia resistenza.
Mi recai subito in bagno, non ero sicura di cosa usciva da me. Già non avevo gradito il trattamento, ora non volevo anche vergognarmi. Prima un bidet e poi m’infilai sotto la doccia. Vittorio mi raggiunse, mi abbracciò da dietro. Quella mattina non ero predisposta a subire quel trattamento. Lo capì, mi girò e mi bacio sulla fronte, stringendomi forte. L’acqua scorreva sui nostri corpi uniti, come una carezza accentuando quella situazione di dolcezza. Vittorio mi spinse contro la parete, mi sollevo la gamba, appoggiando il palmo della mano contro le piastrelle e con l’altra mi infilò il suo cazzo dentro. Lo osservavo, adoravo quella sua sicurezza. Quella sua decisione nel prendersi quello che voleva. Avevo ancora voglia, nonostante il dolore che quella sodomia mia aveva lasciato, avevo ancora voglia di godere. Lasciai fare a Vittorio. Mi sollevò con entrambe le braccia. Completamente penetrata mi muoveva con estrema su di lui. Io con l’acqua che mi solleticava la schiena cercavo di agevolarlo ancorandomi con i piedi dietro la sua schiena. Sempre tenendomi in braccio e sempre rimanendo in me mi portò sul letto. La pelle bagnata a contatto con le lenzuola mi causò i brividi. Ora mi scopava nella posizione classica. Mi baciava e mi scopava. Io lo assecondavo, amplificando il piacere che il suo cazzo mi trasmetteva. Impazzivo tra le mani di quel uomo. Non riuscì a trattenermi dal dirglielo, più mi scopava, più gli ripetevo quanto mi piacesse, quanto mi facesse godere. Stavo per godere glielo dissi baciandolo. Un gemito, un bacio un godo..un godo. Stavo godendo abbracciata a lui, stavo godendo con la bocca sulla sua. Era sua, adoravo mostrare al mio compagno quando godevo. Con gli occhi chiusi gustavo il mio corpo invaso dalle onde del piacere, li riapri, vidi il suo sorriso, il suo ghigno, non voleva smettere cercavo di sottrarmi da quei colpi , che diventavano quasi dolorosi. Cercavo di divincolarmi, ma la sua regolarità negli affondi, e l’inefficacia delle mie azioni, erano disarmanti. Non avevo forza, mi abbandonai ai suoi assalti impossibilitata a resistergli. La sua resistenza, la sua decisione, mi davano alla testa , il dolore scomparve , la mia voglia di concedermi, la voglia di soddisfarlo fece il resto, mi scopava come un toro, noncurante di me, mi sentivo la sua vacca, gemevo in sua balia. Mi teneva per i polsi dietro la testa e mi scopava. Sentivo aumentare l’intensità dei suoi affondi, all’inizio lo estraeva quasi tutto, per infilarmelo fino alla radice, ora il movimento era più martellante, un va e vieni regolare, profondo. Per quel poco che potevo, mi dimenavo, gemevo voltando la testa da una parte all’altra . L’unico movimento che mi era concesso. Lui fissandomi gioiva del mio piacere. Scoppiò in me l’ennesimo orgasmo, seguito da quello di Vittorio. L’avrei voluto vedere sul suo volto, ma l’intensità del mio non mi permise di osservarlo. Me ne resi conto sentendo il suo seme caldo invadermi la fichetta. Le mie contrazioni coprirono completamente le mie percezioni. Sfiniti rimanemmo sdraiati a pancia all’aria fissando il soffitto. Cercai il telefono, per rendermi conto dell’ora. Dopo aver constatato di aver saltato il pranzo, notai le 5 chiamate di Stefania . Un’attimo di paura e di imbarazzo attraversò i miei pensieri. L’idea di affrontare Stefania mi angosciava. Avrei dovuto cominciare a cercare una scusa. Ci avrei pensato con calma nel pomeriggio. Mi rivoltai verso Vittorio e gli appoggiai la testa sul petto, ci addormentammo completamente rilassati.
Raggiungemmo le altre a cena, Stefania mi prese da parte. Feci la disinvolta presi la scusa della passeggiata al mattino presto..Stefania mi fermò subito. L’idea di essere presa per il culo non gli andava. I rumori di gemiti, provenienti dalla mia camera non lasciavano dubbi all’immaginazione. Mi disse quello che disse a Mara, ‘ Mi fate schifo come donne, non riuscite a stare una settimana senza cazzo? Non pensate all’imbarazzo che ci create. Vergognatevi. Lui non lo conosco e non me ne frega niente, ma di voi si, dei vostri mariti si. Vi strappate l’amante una con l’altra. Come delle cagne in calore. Con che coraggio potrò ancora guardare in faccia i vostri mariti, non ci pensate in che situazione ci mettete?’
Non riuscì ad emettere una parola, nemmeno un suono, solo lacrime.
Tornammo al tavolo, il discorso di Stefania lo si poteva leggere sul mio viso. Nessuno parlava o meglio nessuno aveva il coraggio di affrontare un qualsiasi discorso. Finito di cenare, salutai tutti, chiamai un taxi e mi feci portare alla stazione. Ero sotto shock. Dovetti aspettare poco, salì sul treno con i miei bagagli immersa nei miei pensieri. Avevo fatto una cazzata e non me ne davo pace. Il treno era quasi deserto, eppure quella sensazione di essere osservata non riuscivo a sopportarla. Andai in bagno..mi masturbai in quel ambiente asettico, per fortuna pulito. Tornai al mio posto. Quel malessere s’impossessò nuovamente. Dopo una mezz’ora tornai in bagno feci fatica a masturbarmi, ci riuscì, un orgasmo sofferto, niente a vedere con quelli vissuti alla mattina, ma pur sempre appagante. Capace di regalarmi qualche minuto di sollievo e soprattutto quella spossatezza che mi aiutava a non pensare. Ero stravolta dalla nausea, dai troppi orgasmi, dai pensieri, dalle preoccupazioni. Avvisai Marco del mio arrivo anticipato, incredibile ma in 2 ore e mezzo di treno ed ero già arrivata.
Rivedere Marco, il suo sorriso, il suo abbraccio, spazzò via il mio malessere, lasciando spazio solo ai sensi di colpa. Era così bravo, troppo bravo, non lo meritavo, non dovetti giustificare il mio rientro anticipato, per lui l’importante era rivedermi.

La perversione mi distruggeva, me ne rendevo conto., ma una volta provata non era facile sottrarsi a quel desiderio.

Mi rifugia nella routine, nella famiglia. Cercai mia sorella, lei più giovane di me ma così matura, così equilibrata. La sua frequentazione mi avrebbe aiutato a darmi una regolata. Staccai anche dalla palestra. L’idea di incontrare Stefania m’inorridiva.
Cap. 2 ‘ La crociera

Si avvicinava l’anniversario di matrimonio di mia sorella, Patrizia , e mio cognato decise di regalargli una crociera di una settimana.
Chiese anche a me e Marco di accompagnarli. Ci fece molto piacere, ultimamente avevamo ricominciato a frequentarci. Diversi da noi, quasi opposti, li trovavo sani, genuini, semplici. La mancanza di malizia nei loro gesti mi tranquillizzava.
Come ho anticipato mia sorella è l’opposto di me. Fisicamente simile, più giovane di me di 5 anni, visibile solo nel viso dove non dimostra la sua età. Ero la maggiore, ma in realtà è sempre stata lei la vera sorella maggiore. Come ho scritto è il mio opposto, io ricercata, lei semplice,la tipa da scarpe da ginnastica e ballerine. Lei amante della natura.. io più mondana. Una ragazza acqua e sapone, non sofisticata come me. Sposata con Daniel un architetto di origine tedesca, venuto a Milano a studiare e non più tornato a casa. Una coppia strana, ai nostri occhi, ecologisti, verdi , all’estremo, noi più consumisti.

C’imbarcammo su una di queste città galleggianti, la prima sera la passammo a visitare tutte le possibilità che quella meraviglia offriva. Il giorno dopo, il giorno dell’anniversario del loro matrimonio, mia sorella mi chiese aiuto, non era pratica come diceva lei, ma voleva stupire Daniel, il marito. Lasciammo i maschietti ai diversi sport e a tutte le attività ludiche che la nave offriva. Noi donne passammo la giornata tra la beauty farm, e lo shopping.
Voleva lasciare Daniel letteralmente di stucco e voleva il mio aiuto. Non per vantarmi ma la mia civetteria ‘ imbattibile.
Per prima cosa le feci notare i peli sulla fichetta. Un po’ troppo folti per i nostri tempi. Gli mostrai la mia, rimase piacevolmente colpita. Mi chiese di aiutarla a renderla simile.
La giornata passò in un lampo. Ci preparammo lontano dagli occhi dei nostri ometti. Fissammo l’ora del ritrovo e ci organizzammo per non incontrarci prima. Voleva fargli una sorpresa.
Nel procedere verso il salone dove veniva servita la cena la scrutavo, vederla camminare traballante su quei tacchi per lei vertiginosi, fasciata da un vestitino nero semi trasparente , dove niente era lasciato all’immaginazione, era strano, una trasformazione totale. A completare l’opera, calze autoreggenti, capelli raccolti e un leggero trucco.

Più camminavamo più mi rendevo conto che acquistava sicurezza, raggiunto il tavolo dei nostri uomini, dovettimo raccogliere le loro lingue. Scioccati da quella visione, sentivamo non solo i loro occhi addosso, ma anche tutti quelli degli uomini presenti in sala. Vestite uguali, stesse scarpe, stessa acconciatura. Un irresistibile visione.
La formula del tutto compreso ci portò a bere, a bere di tu tutto e di più. il vino scorreva a fiumi e a fatica riuscimmo a raggiungere le camere. Per fortuna Daniel, da buon germanico, reggeva meglio di noi l’alcool, ci accompagnò di peso in cabina. Mentre mi spogliavo pensavo a mia sorella, a quanto si era preparata per quella notte. Avrei voluto essere una mosca per vedere la reazione Daniel nel vedere la fichetta rasata, anzi ero tentata dall’origliare alla porta della loro camera. Stavo per proporlo a Marco, forse a causa del l’alcool ma l’idea farlo mi sembrava così eccitante. Mi voltai verso di lui, già sdraiato sul letto, nudo con il cazzo in tiro, se lo segava. Capì che il suo programma era ben diverso dall’origliare alla porta. Speravo che l’alcool lo avesse annebbiato, invece ero io quella più a corto di energie. L’idea di fare sesso non mi attirava, ero stanca, mi sarei accontentata di guardare..

Marco era di ben diverso avviso mi tolse le scarpe mi tolse il vestito, mi strappo via lo string e mi trascinò sopra di lui. Vederlo così focoso era bello, mi faceva bene, lo amavo, e vederlo così focoso, mi faceva sentire amata. Non mi diede il tempo di spogliarmi dal reggiseno che già me lo aveva infilato dentro. Cercavo di frenare il suo impeto, appoggiandomi al suo petto, rallentando la sua penetrazione. Avrei avuto il tutto il tempo dopo per spogliarmi completamente. Marco appoggiato con la schiena sulla spalliera del letto non aveva voglia di attendere oltre. Lo sentivo armeggiare coni il gancetto del mio reggiseno.
Incredibile quanto siano imbranati gli uomini quando hanno a che fare con i gancetti dei reggiseni.
Armeggiava e scopava, Io mi gustavo quel suo tribulare, quando qualcuno bussò alla porta, anzi picchiò diverse volte, una serie di colpi..all’inizio ci fermammo per capire cosa fosse o chi fosse..si sentiva ridere, riconobbi la voce di Patrizia..L’idea di togliermi dal cazzo di Marco non mi allettava, ci stavo prendendo gusto, ma fuori dalla porta non si davano per vinti. Continui colpi, che al posto di diminuire aumentavano di intensità. Scazzata, mi sfilai con rammarico da Marco che rideva, cercai lo string, ma Marco me l’aveva letteralmente strappato per togliermelo. Mentre andavo verso la porta in calze e reggiseno sentivo Marco sbellicarsi dalle risate..Aprì leggermente la porta preoccupata a non mostrare la mia nudità, mi trovai una bottiglia di Champagne all’altezza del viso e poi sentì spingermi con forza, all’indietro. Patty cadde verso di me, mi sorpresi nel vedermi ancora abbastanza lucida da prendere la bottiglia con una mano e con l’altra il braccio di Patty. A ruota seguì Daniel che avendo perso l’appoggio cadde verso il nostro letto. Ridevano come matti, Patty Daniel e Marco, anzi Daniel e Marco si sbellicavano dalle risate. Io e Patty in piedi entrambe mezze nude, io con la bottiglia in mano in reggiseno senza mutande, Patty con le mutandine abbassate e senza reggiseno. Vedendo le mutandine di Patty, immaginavo che i due sicuramente stavano scopando dietro alla nostra porta. Patty ridendo, praticamente ubriaca, ci disse che volevano condividere lo Champagne che gli organizzatori gli avevano fatto trovare in cabina. Rimanere li in piedi, nuda, davanti a mio cognato, mi imbarazzava. mi sembrava avesse gli occhi solo per guardare la mia fichetta. Passai la bottiglia a Marco, che se la portò alla bocca, rovesciandosi parte del contenuto addosso, scoppiando a ridere. Cercavo qualcosa da mettermi, seccata e imbarazzata, frugavo tra le mie cose, senza riuscire a trovare quello che stavo cercando. Mentre i maschi si passavano la bottiglia mia sorella guardava incantata tra la mia biancheria. Daniel indicandoci chiese di fargli uno spettacolino lesbo, mia sorella rise piegandosi in due, io feci finta di niente. Lo ripropose Marco, insistendo, Dai Nadia fateci vedere come siete brave. Lo fulminai con gli occhi. Si alzò Daniel prese Patty da dietro e me la spinse contro dicendomi ‘Dai Nadia vediamo come riesci a far godere la tua sorellina’. Daniel teneva Patty con le mani dietro alla schiena, io ero appoggiata al porta valigia sentivo Patty aderire al mio corpo, la valigia, bassa non mi permetteva di indietreggiare e opporre una gran resistenza. Se premeva ancora di più, ci sarei cascata dentro. Lo sguardo di Patty, perso, mi sussurrava ‘ti prego Nadia, non rifiutarmi, l’ho sempre sognato di farlo con te, ho sempre sognato la tua bocca su di me’. Avevo le labbra di Patty vicino alle mie, sentivo il suo respiro affannoso. Il viso di Daniel a fianco a Patty con un ghigno di libidine, un espressione che in lui non avevo mai visto. Ora le teneva con una mano la testa e con l’altra, dai sospiri evidenti di Patty, le aveva raggiunto l’intimità. Patty mi baciò, contraccambiai, un bacio accompagnato da un’espressione di giubilo da parte dei maschietti. Daniel si occupò di sfilare completamente le mutandine di mia sorella e trascinandoci per un braccio, ci mise in mostra davanti al letto. Poi con rapidità si portò alle mie spalle e mi sfilò anche il mio reggiseno, facendo bene attenzione di appoggiarsi con il suo membro al mio corpo. Si abbassò all’altezza della nostre fichette e incantato da quella visione esclamò ‘Che bello..due gemelline..’ poi prese posto sul letto a fianco di Marco.
Sapevo che non era giusto, sapevo che non era sano, forse era l’effetto dell’alcool, ma era estremamente eccitante. Mi staccai da Patty, mi appoggiai con un ginocchio sul letto tra i due ometti andandogli in contro a gattona, presi la bottiglia, gli diedi un sorso, cercando di ingoiare il massimo di quel liquido inarcardo al massimo la schiena e lasciai colare lo Champagne sul mio corpo. Penso che una vincita al Superenalotto non gli avrebbe suscitato quella gioia..
I due si avvicinaro ai miei seni leccandomi via lo Champagne. Quando Daniel approfittò della situazione, per allungare la mano tra le mie gambe per raccogliere anche le ultime gocce di quel prelibato succo, mi resi conto di aver esagerato. Scesi immediatamente dal letto, combattuta, in preda a mille dubbi. Ci pensò mia sorella che mi riprese e mi baciò, mi rilassai, e grazie all’aiuto dell’ultimo sorso di Champagne, cercai di vivere al massimo quell’emozione. Cercai di fare quello che Laura aveva fatto a me. Da brava allieva applicavo gli insegnamenti. Le baciavo il contorno delle labbra, piccoli morsetti seguiti dai bacetti leggeri, piccoli contatti con la mia lingua sempre senza mani baciarla profondamente. Si stava sciogliendo, me lo disse, ‘mi fai morire.. continua mi fai morire di voglia’. Allungò le mani sulla mia passerina, la bloccai, me le portai sui seni, e nello stesso tempo le divaricai le gambe e cominciai a torturarla anche li sotto. Era fradicia, con la fichetta arrossata per la depilazione, colava di umori come una fontana. Alzai le mani mostrandoli ai nostri uomini. Aprivo e chiudevo le dita mostrando loro la quantità e l’appiccicosità di quel nettare. Mi divertivo a guardarli, sbavare davanti al nostro spettacolino. Mi dedicavo alla sua bocca e ai suoi capezzoli, mordicchiandoli, succhiandoli mentre con le dita la sditalinavo sempre più in profondità. Studiavo le sue reazioni, cercavo di capire cose le procurasse più piacere, La mia mente era offuscata dallo Champagne. La sentivo gemere tra le mie mani. Una sensazione unica , l’orgasmo stava prendendo il suo sopravvento. a stento si teneva in equilibrio, un orgasmo dolce, quello della mia sorellina mi stava regalando, quasi pudico, intimo. La sentivo vibrare, sentivo i suoi sussurri, e quegli ancora ancora.. accompagnati da delle strette che mi dava nei punti dove si teneva aggrappata. Mai volgare, delicata, composta, come la sua personalità. Senza quasi accorgermene i due erano in piedi al nostro fianco. Daniel mi sembrava un invasato. Vedere la sua donna godere gli aveva aumentato l’eccitazione. Marco mi sembrava più ubriaco che eccitato. Daniel si piazzò tra me e Patty, mi prese le mano e se la portò in bocca. Poi baciò Patty profondamente, potevo immaginare la sua lingua nella bocca di mia sorella, vedendola premere sulle guance. Io, in piedi, appoggiata con il culo contro un mobile basso, alla mia destra Patty e Daniel slinguazzavano accarezzandosi ovunque. Marco mi raggiunse con il suo cazzo ritto, si posizionò davanti a me, mi posò la mano sulla testa spingendomi verso il basso. Capì al volo la sua voglia, mi inginocchiai sul suo cazzo. Lo sbocchinavo, lo leccavo, dalle palle alla cappella, cercando di mettermi in mostra, come per impressionare Daniel. Non riuscivo a non guardargli il suo membro, ero attirata dalla curiosità. Nell’imbarazzo della situazione avevo sempre cercato di non guardaglielo. Ora l’avevo a pochi centimetri dal mio viso. Potevo notare le differenze con quello di Marco. Daniel aveva un cazzo leggermente più corto rispetto Marco ma decisamente più largo, era più tozzo. Con una cappella più larga, più simile ad un fungo.
All’improvviso Daniel girò Patty di schiena le fece appoggiare la gamba destra sul comò, strofinandogli la cappella sulle labbra della fichetta. Ero ipnotizzata da quella visione, leccavo con meno impeto, le mie attenzioni erano catturate da quella prossima penetrazione. Guardando dal basso verso l’alto incrociai lo sguardo di Daniel, rimase fisso a guardammi con il cazzo di Marco in bocca. Poi esclamò ‘scopatela tu la mia mogliettina, che io mi ripasso la tua’ nel dire ciò posizionò Marco dietro a Patty. Rimasi un attimo frastornata, in un secondo il cazzo di Marco era stato sostituito da quello di Daniel. Non avevo intenzione di prenderglielo in bocca, ma neanche lui ambiva farlo. Mi prese per un braccio, mi aiutò ad alzarmi, e con forza mi sollevò appoggiandomi con il culo sul comò. Ero scomoda, il mobile su cui ero seduta era poco profondo, lo specchio alla parete era gelido e al contatto con la mia schiena mi provocata i brividi. Al mio fianco vedevo il viso di Patty vedevo le smorfie tipiche di una penetrazione, vedevo Marco concentrato con gli occhi rivolti verso il basso intento a spingerlo nella cognatina. Patty appena aperto gli occhi, si avvicinò e baciandomi mi disse ‘il tuo uomo è fantastico, mi sta facendo godere, lo sento entrare dentro di me..godo Nadia..grazie..’. Sentirli così vicini a me, sentire il loro piacere mi inebriava. Daniel invece si occupava di togliermi le calze autoreggenti. Io mi lasciavo fare imbambolata dallo spettacolo al mio fianco, Patty mi baciava, sbuffava, gemeva. Anche lei non era molto comoda, la poca profondità del mobile ci costringeva e rimane in posizione verticale, entrambe aggrappate allo spigolo, io per non cadere e lei per non sbattere il viso contro la parete.
All’improvviso Daniel mi solleva prima una, poi l’altra gamba, facendomi mettere prima i talloni sullo spigolo, immediatamente dopo mi sentì presa sotto le ginocchia e divaricata all’impossibile. Un attimo di vergogna, per quell’esposizione di parti intime, mi assalì. Patty, baciandomi, mi impediva di vedere cosa stesse succedendo, poi capì. Daniel si era portato con il viso davanti alla mia fichetta e cominciava a slinguazzarmi nell’intimità. Ogni tocco, ogni colpetto di lingua raggiungeva il mio cervello, come una scossa. Sentivo la sua lingua percorrere la mia fessura, allargarmi le labbra, lo sentivo penetrarmi.
Avrei voluto prenderlo per i capelli, ma dovevo fare attenzione a non cadere. Subire passiva era comunque stimolante, lo Champagne faceva il resto. La lingua di Daniel, si soffermava sul mio clitoride gonfio, i baci di Patty, tra un gemito e l’altro, si occupavano dei miei capezzoli. Il sentirmi succhiata dai due, mi stava facendo crescente la voglia di godere. Impazzivo , sentivo le loro lingue su di me, le loro attenzioni, mi sentivo in balia di quella coppia, una situazione incestuosa, ma così eccitante. Volevo incitare Daniel, ma non me la sentivo. Lo sguardo di Marco mi bloccava, volevo di più ma mi vergognavo a chiederlo. Non avrei retto molto a quella tortura. Non avrei retto ancora molto con quell’eccitazione dentro. Ci pensò Daniel, che alzandosi, mollò la presa sulle ginocchia e misi le sue mani sopra le mie così da farmi appoggiare le gambe sulle sue braccia. Si trovava davanti a me, non riuscivo a mettere a fuoco tutto il suo viso, mi fissava con quel ghigno di soddisfazione, non riuscì a reggerlo a lungo, abbassai lo sguardo , soffermandomi sulle labbra, carnose. Non le avevo mai notate, non da così vicino. Ci penso il suo cazzo a farmi tornare a guardarlo negli occhi. Me lo stava sfregando contro la passerina, mimando una penetrazione. Lo sentivo sfregare sul clitoride, lo sentivo scorrere per tutta la sua lunghezza, premendomelo contro. Mi fissava, come per leggere il mio piacere. Cercavo di controllarmi al massimo, lo Champagne non mi agevolava in questo. non volevo dargli anche quella soddisfazione e poi trovarmi li tra le sue braccia per assurdo m’imbarazzava ancora. Cominciò a chiedermi se lo volessi dentro, se lo desideravo, se mi piaceva. Mi bombardava di domande, me le sussurrava nell’orecchio. Non rispondevo , mi sforzavo a non rispondere, ma il mio corpo no, il corpo gliele gridava le risposte, il mio respiro affannoso gridava la mia approvazione. Ero combattuta, avrei voluto rispondergli incitandolo, avrei voluto gridarglielo di scoparmi, non ce la facevo più a resistere a quella tortura. Non lo feci, ma iniziai spingergliela contro il suo cazzo, cercando muoverla in direzione opposta alle sue spinte. Mi dovetti sollevare leggermente sulle braccia. Capì, ora le sue espressioni non erano domande, era affermazioni,’ ti piace eh..lo so che lo vuoi dentro..lo so che vuoi che ti scopi.. ‘
Mi trattenevo a stento. Ormai non capivo più niente, non volevo altro che il suo cazzo. Una pazzia, ma la voglia di trasgredire rendeva mi aveva invaso e per niente al mondo avrei rinunciato a quel rapporto.
Ci prendeva gusto Daniel, nel vedermi così smaniosa, non voleva decidersi a penetrarmi, continuava il suo su e giù, voleva sentirselo dire, voleva sentirmi implorare. Mi sentivo vibrare, sentivo il bisogno del mio corpo di essere soddisfatta, troppo sollecitata, muovevo la testa da una parte all’altra, mi mordicchiavo le labbra, la testa mi esplodeva, me la stava strappando la risposta. Cedetti mi scappò uno ‘scopami ti prego.. voglio godere’. Non perse tempo, immediatamente dopo la mia richiesta sentì la sua cappella spingersi in me, grossa, la sentivo invadermi, la spingeva e la ritraeva, gustandosi ogni centimetro di quella conquista, come piaceva a me. Senza la fretta, tipica maschile, di aprirti come una cozza. Mi prendeva dolcemente, mi incitava a prenderlo , era divino, io in estasi. Non potevo resistere dal volerlo baciare, adoro regalare quelle emozioni che provo nel primo momento della penetrazione. Allungavo il collo verso di lui. Lui lentamente avvicinava le labbra alle mie, come lentamente si faceva spazio dentro di me. Lo baciai , accompagnandolo con dei piccoli gemiti, lo accoglievo con tutta la dolcezza e la disponibilità che una donna sa dare. Gli stavo donando me stessa, la mia intimità, la mia anima, mi concedevo a lui, al suo membro. Lo baciavo baciavo mio marito, lo sentivo in me, sentivo le pareti interne divaricarsi, lentamente con dolcezza, mi sentivo aprire. Un momento sublime, come quello dell’orgasmo, mai abbastanza apprezzato dagli uomini, fissati con il ficcartelo dentro in un colpo, pensando di farti provare la stessa loro soddisfazione nel prenderlo. Dani, invece invadeva il mio corpo con una sensibilità inaspettata, si gustava la mia strettezza, la mia difficoltà nell’accoglierlo, si godeva ogni mio respiro, ogni mio lamento, ogni sensazione che gli potevo trasmettere, una penetrazione inimmaginabile in quella situazione. Sentivo lui avanzare e io cedere, mi sentivo invadere, così inerme, arroccata su quel mobile, in quella posizione così dolorosa per il mio culetto. Abbandonai la presa dallo spigolo e lo presi con entrambe le mani per accarezzargli la nuca. Lo stavo amando, quella sua dolcezza, mi stava aiutando ad abituarmi a lui, a quel suo membro che inesorabilmente, sprofondava sempre più facilmente in me. Anche lui cambiò posizione delle mani, le mise dietro al mio culo. Questa operazione mi fece alzare ulteriormente le mie gambe. Lo spingeva dentro fino alla radice, sentivo i suoi coglioni sbattermi sulla pelle. Sentivo il rumore che questo sbattere creava, sentivo il rumore osceno dei miei umori. Bello, bello, lo baciavo mentre lui mi scopava, non era lungo come quello di Marco ne tantomeno come quello di Vittorio, ma ne aveva lo stesso diametro o forse alla base anche di più. Per farmelo assaporare meglio, accennava un movimento rotatorio. Lo accompagnavo gemendo. Lo sentivo premere prima da un lato penetrando e poi dall’altro estraendolo. Mi sentivo allargata, oscenamente disposta a lasciarsi sfondare. Ora alle sue domande rispondevo subito , gli sussurravo all’orecchio le risposte, leccandogli i lobi. Ero persa in quelle sensazioni, felice di concedermi a lui. Tenendomi stretta per le chiappe, cominciava ad affondare dei colpi secchi, delle stoccate micidiali, incessanti, un ritmo non veloce , regolare, profondo. Inutile dire che quello sfregamento, accentuato dal movimento rotatorio dava i suoi frutti, lo avvisai che stavo per godere. Mi incitava, spingendo con sempre maggior impeto ‘godi..godi cognatina..forza lasciati andare Nadia..dai godi..godi..Le sue parole mi esplodevano in testa, Cercavo di baciarlo, ma stranamente ora mi opponeva resistenza, come se volesse gustarsi il mio orgasmo, leggerlo sul mio viso. Lo accontentai, i suoi godi godi, li accompagnai con i miei, ‘godo..godo..dio quanto mi fai godere..sto venendo Dani.. sto venendo..’, mi inarcavo al massimo, mi offrivo a lui, letteralmente sconquassata, mi sentivo letteralmente attraversata dagli spasmi di piacere. Finalmente mi gustavo il piacere assoluto , insensibile alle conseguenze del godere tra le braccia di mio cognato, anzi questo aumentava la mia lussuria, volevo che continuasse, lo incitavo ancoro ‘godo Dani..godo..ti prego continua a scopami..godi..vienimi dentro..ti prego..’ , i suoi colpi secchi, ormai le percepivo come frustate, l’orgasmo era scemato, la posizione scomoda, l’impossibilità di sottrarmi a quell’assalto diventato così doloroso, mi rendeva impossibile continuare. Volevo farlo godere, volevo resistere per lui, lo volevo ripagare, volevo regalargli il mio corpo per soddisfarsi, ma la sensazione di dolore copriva ogni altra volontà..Stringevo i denti mi sentivo lacerare. Speravo di sentire nuovamente montare il piacere, come mi succedeva alcune volte, lo speravo con tutta me stessa, ma non fu così, contro la mia volontà dovetti cedere..Glielo dissi con le lacrime agli occhi, dal dolore ‘ Ti prego.. Dani fermati..mi fai troppo male..lasciami riprendere ..ti prego ho bisogno una tregua..ti prego Dani..’ Come tutti gli uomini che avevo conosciuto in vista del loro traguardo finale non ascoltano preghiere e Daniel non fu un eccezione, mi prese entrambe le mani me le sollevò e me le schiacciò contro lo specchio, alle mie spalle, tenendole ben ferme. Voleva godere, me lo disse. Lo estraeva quasi tutto facendomi sentire la sua grossa cappella vicina all’uscita per infilarla di colpo fino in fondo. Un movimento lento durante l’estrazione e violento nella penetrazione, accompagnato da un movimento del suo bacino per cercare di strofinare il suo ventre contro il mio pube. Un movimento armonioso in continuo aumento. Cercavo di tenermi attaccata a lui con le gambe, gli premevo i talloni contro , per impedirgli quella penetrazione così violenta e dolorosa. In una smorfia di dolore lo pregavo di smettere, avevo le lacrime agli occhi, in risposta mi baciò, per tutto il tempo del suo orgasmo rimase appiccicato alla mia bocca. Sentivo il suo seme spargersi i me, sentivo le sue contrazioni scemare, finalmente il suo assalto svolgeva al termine. Un attimo dopo cominciavo già a sentire quella sensazione di disagio, quella sensazione di aver nuovamente esagerato, quella sensazione di sentirsi sporca. Ora Daniel sfinito mi aveva mollato la presa dalle mani, appoggiava la fronte contro il muro a fianco della mia. Ora potevo vedere mia sorella a smorza candela su Marco. Potevo vedere i suoi movimenti, ora potevo sentire i loro sospiri, noncuranti di quello che io e Marco avevamo appena condiviso. Loro scopavamo indisturbati, come se non ci fossimo stati. Provando un senso di gelosia inaspettato, vederli così insensibili, così presi uno dell’altro , la cosa mi deluse. Daniel se ne stava in piedi davanti a me, Scolandosi la bottiglia gi Champagne, come un assetato nel deserto, deglutiva una quantità di alcool impressionante, come se fosse acqua. Lo guardavo con aria schifata da quel gesto. Lui, ricambiava con aria di sfida e guardandomi la fichetta, mi disse te l’ho riempita per benino. Trattenni un vaffanculo. Passai dall’amarlo all’odiarlo in pochi minuti, potere dell’eccitazione forse. Ora l’immagine di mia sorella su Marco mi infastidiva, mi aveva colpito quell’estraneità. Vederli ancora sdraiati , comodi a godere uno dell’altro e io essere stata scopata in posizione scomoda e così rudemente mi faceva crescere una rabbia dentro. Insopportabile, volevo scappare via, dove non sapevo , ma lontano da quei corpi nudi. Via da quella sporca immorale situazione. Daniel non era di quell’avviso però . Assente presa solo da miei pensieri l’avevo ignorato. Mi prese per il braccio e mi disse stai tranquilla che ne ho ancora di sborra nei coglioni per darti un’altra ripassata. Una volgarità, squallida fuori posto, accentuata da quella mia situazione di malessere, di gelosia. Non ero nello stato di accettarla. Lo mandai a farsi fottere indirizzandomi verso il bagno, non ci arrivai, Daniel mi prese per un braccio e mi riportò verso il comò. Questa volta di spalle, davanti allo specchio, me teneva entrambe le mani appoggiate sullo mobile parlandomi attraverso lo specchio mi disse ‘qui se ce ne una da fottere.. sei tu bella.. e adesso apri bene le gambine che non ho ancora finito di scoparti..’ Così lontano dal comportamento di prima, forse l’alcool gli stava dando alla testa. Notai un cambiamento in lui, più volgare, non lo avevo mai sentito parlare così, non era da lui sembrava un altro, non quello che alcuni minuti prima penetrava in me con infinita dolcezza. Non riuscivo a capacitarmi, forse anche lui dava fastidio vedere i nostri partner così presi. Gli dissi che non avevo più voglia, che non mi sentivo di continuare. Forse offeso, forse colpito nell’orgoglio, reagì duramente, sempre rivolgendomi a me attraverso lo specchio ‘non me ne frega un cazzo se tu non c’hai voglia..apri ste cazzo gambe che ho voglia di mettertelo nel culo fino ai coglioni’. Rimasi pietrificata dalla cattiveria e dal tono con cui parlò, cercai solidarietà nei due alle miei spalle, cercavo una loro reazione, Daniel mi sembrava fuori di testa, un invasato e temevo il peggio. Forse sempre più sotto l’effetto dell’alcool. Sentivo la sua erezione crescere tra le mie chiappe e le sue ginocchia che cercavano di allargarmi le gambe. Le teneva premute con il comò per non permettermi di chiudere le gambe, dovevo assecondarlo non avevo scelta. Muovendo il bacino me lo struscicava contro, Con un’abilità che in quello stato, era meglio definire culo, riuscì a piazzarmi la sua cappella contro le mie labbra. Non feci a tempo a pregarlo di non farlo che già stava entrando in me. Forse aiutato dalla precedente scopata, forse aiutato dagli umori e dalla sborra che colava dalla mia fichetta, comunque Daniel mi stava nuovamente, come diceva lui ripassando. All’inizio cercai di divincolarmi, di alzarmi sulle punte dei piedi per sfuggire a quel membro. Ma mi rassegnai , presto. I gemiti alle mie spalle erano eloquenti. I due erano del tutto indifferenti. La rabbia, la delusione, il dolore che la gelosia mi stava creando, mi tolse l’energia, l’idea di continuare a resistere svanì, rassegnata, opporre resistenza avrebbe solo peggiorato le cose, avrebbe aumentato solo la cattiveria di Daniel.
Cominciai ad assecondare i suoi movimenti con il bacino, poi accarezzandolo con la mia guancia, sentivo la sua barba ruvida pungermi. Cercai, con le espressioni del mio viso, di mostrargli, attraverso lo specchio, il piacere che mi stava provocando. La mossa fu azzeccata, sentivo Daniel meno contratto, più dolce, più piacevole da sopportare. Quella facilità di passare da duro a dolce, m’impressionava, forse sarà stato l’effetto dell’alcool. Mi liberai facilmente la mano e la portai sulla sua nuca, inarcandomi per facilitargli la penetrazione, per reazione mi mise entrambe le mani sul seno. Il riflesso di me davanti allo specchio era sconvolgente, dovevo arrivare a quasi 40 anni per scoprirlo. Vedere come mi spremeva le tette, come mi stringeva i capezzoli mi faceva impazzire. Vedevo la mia eccitazione sul viso, le mie smorfie di piacere. Come in un film. Lo specchio riusciva ad amplificare le mie sensazioni, aggiungere anche la vista del mio corpo, sollecitato da Daniel, accresceva la mia lussuria. Appoggiai anche una gamba sul mobile per agevolarlo, in questo modo le sue spinte risultavano più profonde, mi dimostrò di apprezzare la posizione, con delle pacche sul culo. Le avrei evitate, l’idea di portare i segni sul corpo di una nottata di sesso non mi allettava. Lui invece ci prendeva sempre più gusto, a sculacciarmi, anche perché io in reazione contraevo i muscoli, attorno al suo cazzo. Troppa la voglia di godere nuovamente, troppo stimolante vedermi allo specchio, mi dimenavo, m’inarcavo, gli andavo in contro, gemevo sempre con maggior enfasi.
Come mi aveva anticipato il suo obiettivo era un altro, il mio buchetto, non la mia fica. Mi disse ‘questa la conosco bene, adesso vorrei fare altre conoscenze’, con il mio disappunto lo estrasse, noncurante del mio stato, lo pregai, continuare così mi avrebbe portato ad un altro orgasmo.
Orami nella sua testa l’idea di fare il culo alla cognatina non gliela levava più nessuno. Come per tanti uomini, infliggere quest’umiliazione ad una donna è un sogno, l’idea di poterla realizzare con la propria cognata per Daniel doveva essere una libidine.
Lo sentì sputare sul mio culo, una sensazione sgradevole, poi il suo pollice sprofondò in me strappandomi un urletto. Lui in paradiso, ‘guarda come penetra bene, si vede che ti piace prenderlo nel culo.. non come tua sorella che non me lo vuole dare’.
Si abbassò e mi sputò dentro nuovamente. Che schifo, mi sentivo umiliata. Ero stata inculata diverse volte, ma nessuno si era permesso tanto. Reclamai, inutilmente ripassò la cappella sulla fichetta per inumidirla e deciso puntò sul buchetto. Lo aiutai spingendo, ormai ero pratica a prenderlo, sembrava un ossessione nei maschi, appena si accorgevano che una non faceva storie, diventava il loro obbiettivo.
Daniel fece fatica ad entrare, fu estremamente doloroso per me, nonostante fossi abituata, e nonostante l’aiuto nel tenermi le chiappe ben divaricate. La forma della sua cappella non mi aiutava. I primi centimetri mi provocarono le lacrime, volevo urlare, ma non volevo svegliare mezza nave. Entrò, e come entrò, centimetro dopo centimetro, sempre più in profondità, fino alla radice, non si accontentò di mettermelo dentro, voleva farmelo sentire tutto. Devastante, paralizzata dal dolore. Daniel mi teneva per i capelli e mi tirava a se, cercando di raccogliere l’umore della fica per spalmarlo sulla sua asta. Ci misi un tempo interminabile ad abituarmi. Lui, impassibile, continuava il suo dentro e fuori. Entrava e usciva con noncuranza, aumentando il ritmo ad ogni ciclo. Io, cercavo con la mano di evitare che andasse troppo in profondità, tenendolo a distanza. Si stava gasando, sentivo il ritmo crescere, come il dolore. Lo pregai di farlo con più dolcezza. Gli dissi che mi spaccava con quel cazzo, lui orgoglioso dell’idea farlo e delle mie lamentele, Si specchiava di continuo, con quel ghigno sadico che intravedevo quando il dolore mi permetteva di tenere aperto gli occhi.
Non cedeva, non aveva l’intenzione di venire tanto presto, si gustava appieno la sodomia, mi sculacciava a più riprese, sentivo le chiappe in fiamme. Appena cercavo di sottrarmi ai suoi affondi , m’immobilizzava le mani. Non vedevo vie d’uscita, da quella situazione, o forse è meglio dire, non le volevo vedere. Cercai di masturbarmi per procurarmi piacere, per sopportare meglio il dolore. Lui mi teneva con una mano per i capelli e con l’altra teneva, la mia gamba sollevata, fissa sul comò. Io mi trovavo, con un braccio appoggiato sullo specchio e la fronte appoggiata su di esso e con l’altra mano nell’intimità, per cercare di rendere piacevole quella violenta inculata.
Ci riuscì, in fondo essere sottomessa mi piaceva, mi piaceva sentirmi piena, sentire gli uomini procurarmi dolore. Vedere i loro visi soddisfatti, vogliosi, sentire la loro forza, la loro violenza nel possedermi. Prenderlo nel culo accresceva il mio piacere, un piacere celebrale una sensazione di completa sottomissione. Provavo un piacere viscerale nel subire quel trattamento, fitte di dolore che mi esplodevano nel cervello, lasciandomi immobile, in quello stato d’ impotenza.
Daniel spingeva come un forsennato, lo sentivo aumentare il ritmo, lo sentivo prendermi con forza, il suo lato violento stava crescendo. Tenendomi sempre con una mano per i capelli mi avvicinava la bocca all’orecchio, parlava, con un’espressione sadica in viso, mi guardava nello specchio e mi sussurrava all’orecchio un’infinità di offese, insulti, volgarità , una elenco infinito, parlava a ruota libera.
Quasi in trance non riuscivo a seguire tutto quello che diceva, alcune cose mi sembravano senza senso, fuori di testa. Non sapevo chi sarebbe venuto per primo, il mio orgasmo lo sentivo in gola, lo sentivo crescere dentro di me, come delle vampate, sempre più forti, Un continuo di dolore e piacere, scandiva il diffondersi di queste ondate di piacere, prima di esplodermi nel cervello. Anche quelle parole, mi sconvolsero, mi trapassavano, rimbombavano nella mia testa, forse a causa dell’alcool, ricordo a malapena certi titoli, mi definì una baldracca, un troia da monta, una cagna in calore, e poi ti spacco..e poi godi troia, poi rivolgendosi a Marco e Patty gli gridava ‘guardate come gode questa troia a prenderlo nel culo..’ Arrivò per primo il suo di orgasmo, accompagnato da tremendi strattoni ai miei capelli. A ruota scoppiò anche in me l’orgasmo, per effetto di quella violenza, di quella volgarità, sentirlo esplodere nelle mie viscere, mi diede il colpo di grazia..Venni con gli occhi chiusi, le contrazioni erano troppo forti, un piacere troppo intenso per riuscire a guardarmi allo specchio, sconvolta riuscivo a respirare a fatica. Sentivo Daniel, come in lontananza, ancora fuori di testa, sempre più ubriaco..gridava a Marco ‘la tua puttana sta godendo, la sento vibrare sul mio cazzo..’ e a me ‘Ti sborro nel culo fino a fartela uscire dalla bocca..troia..’. Un incredibile serie di volgarità, ma io non riuscivo a a dargli peso, le sentivo così lontane da me, il piacere che provavo mi occupava tutti i sensi. Daniel sbraitava, e io mi sentivo assente, su alcune cose.. forse aveva ragione, erano comunque vere, ancora completamente immerso in me, potevo sentire le mie contrazioni premere su quel membro ingombrante, come le sentivo io, sicuramente le poteva sentire anche lui. Godevo, godevo dei suoi insulti, mi sentivo una puttana, una troia, pensarlo mi eccitava da morire. In fondo mi stavo comportando così.

Mi accasciai a terra esausta, senza forze, prima la vergogna, poi mi assalì il sonno, non mi rialzai fino a tarda mattina, quando mi svegliai. Marco e Patrizia dormivano sul letto, vederla rannicchiata accanto a lui, mi provocò una fitta di gelosia.
Daniel seduto contro un muro con la bottiglia di Champagne ancora tra le gambe russava a tutto spiano.
Tutta anchilosata, per aver dormito per terra, e per il trattamento subito da Daniel, andai sotto la doccia, cosciente che il resto della crociera l’avrei passato con quel senso di malessere e di sporco che ormai sembrava non lasciarmi più.
Non volevo pensare. Mi rivestì di corsa e in silenzio sgattaiolai fuori dalla cabina, mi rifugiai nello SPA della nave in cerca di attenzioni, di relax.
Avevo bisogno di coccole, di un bel massaggio, di cure, per ritrovare il mio equilibrio e la forza per affrontare il resto di quella crociera assieme.

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