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Racconti Cuckold

lo scappellio matto

By 11 Marzo 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Ero a casa da sola, la prima aria tiepida primaverile mi aveva spogliato di quei pesanti maglioni su fuson che indossavo in casa, una vecchia t-shirt di Stefano con il collo tagliato che portava fuori la spalla baciando il lembo di pelle che prende il seno cadeva sola sulle mie coulotte in cotone. Stefano era sceso da poco per andare in vineria e mentre guidava gli avevo fatto compagnia al telefono per raccontargli la mia giornata e giocare un po’ con lui. Quanto risi con lui al telefono quella sera, quella sua voce così dolce e morbida da sfiorarmi la pelle che d’un tratto si vellutò e scivolò sul ventre che già tremava al suo
‘ciiiaoooo’..’. Le labbra della mia fica si stendevano sul cotone della coulotte, il clitoride chiamava la sua lingua ma erano solo le sue lettere che scomponendosi dalle sue parole mi toccavano lasciando che i miei umori nitidi e al profumo di grano cadessero sulla mia coulotte bagnandola poco a poco sempre di più. Avevo tanta voglia di fare l’amore con lui, di lucidare il suo manico e sentire la sua carne su di me, dentro me, accanto a me. Mi buttai sul divano, la voglia del suo cazzo da succhiare e leccare, delle sue palle da mordere era così tanta che corsi in cucina e aprii la scatola enorme di chupa chups che Stefano mi aveva comprato conoscendo la mia passione. Lo scartai delicatamente come con le mani si scarta un cazzo ancora barzotto dai boxer e lo si aiuta a venir fuori portando avanti la sua cappella. Iniziai a leccarlo dal basso verso l’alto fino a girare come intorno alle labbra sottili di una cappella bagnaticcia la lingua vorticosamente, lo infilai nella mia bocca e stringendolo tra i denti lo risucchiavo e poi tirando il respiro lo succhiai ancora e di qualche pelle consumata lo lascia uscire con le gocce della mia saliva che gocciolavano su quel fragoloso chupa chups come sperma che scivola lento sulla cappella tra quei goccioloni di sperma che per primi corrono fuori a invadere la mia bocca lasciandosi dietro qualche altra goccia di piacere che esce singhizziante quasi dopo che la mia bocca ha abbandonato un cazzo svenuto libero. Beh, mi stavo succhiando quel chupa chups, anzi no’gli stavo facendo un pompino come se fosse quel cazzo che ora non avevo, di cui avevo fame, sete di quello sperma così setoso e morbido, voglia di mordere e mangiare quel manico caldo e tosto che inspiegabilmente ma meravigliosamente cresce e si intosta fino a diventare duro come il legno appena entra ed esplora e si incastra perfettamente nel mio culo e lì mi sento stesa e mantenuta dritta da lui che si erge orgoglioso e mi sfonda piacevolmente. Sospiravo e intanto sorridevo pensando che in fondo potevo avere ciò che desideravo, una toccata alla mia fica del chupa chups che continuò a consumarsi morso dalla mia fica calda e bagnata e mi alzai frettolosa dal divano, saltando come una ragazzina che deve fare una sorpresa al suo ragazzo all’armadio dove iniziano i problemi. Caddi sul nostro lettone ancora sfatto dal mattino dove io ero uscita presto e Stefano era rimasto fino a tardi mattinata’
‘cosa metto, cosa gli porto di buono, come me lo porto in bagno mentre tutti lavorano” erano le domande che mi facevo intanto che due dita mi toccavano. Il corpetto della parah di mereltto nero e beige, qui e lì trasparente e la coulotte erano perfetti sulle autoreggenti e gli stivaloni neri per una scappellatrice che quella notte doveva dedicarsi alla sua cappella, pomello di un cazzo che volevo solo nella mia bocca. Indossai un semplice jeans a zampa e un maglioncino, qualcosa di semplice e poco ricercato che lasciasse nascondere dall’ingenuità la folle amante di quella notte.
Al bar sotto casa comprai le barrette kinder maxi che lui adorava e in borsa avevo anche il mio cinturone di pelle con i lacci che in genere utilizzavo sugli abiti che indossavo sui leggings e quella sera volevo usare per legare le sue mani.
Arrivai in vineria, solo la matita leggera sotto gli occhi, una linea sottile di eye liner nero e i capelli sciolti, lui mi sorrise vedendomi entrare e forse la sorpresa lo imbarazzò perché mi diede a malapena un bacio e continuò a lavorare. Presi posto davanti al bancone porgendogli il mio seno e iniziai a giocare con gli sguardi e a parlare per farlo eccitare; per qualche minuto restammo soli, lui uscì dal bancone e facendo finta di dirigersi verso un tavolo mi passò la mano tra le gambe e vidi la cerniera dei suoi pantaloni farsi avanti per un cazzo che cresceva e la spingeva. Non potevo dargli subito un antipasto, mi piaceva l’idea di farlo impazzire e soffrire ancora un po’ per poi vederlo sputare sperma nel giro di minuti nella mia bocca e sul mio viso. un’ora di sguardi, di toccate fugaci lontani da occhi indiscreti, di qualche passo qui e lì per mostrargli il mio culo e poi con una scusa lo tirai nel bagno di servizio, chiusi a chiave, gli passai le dita sulle labbra perché restasse in silenzio, gli sbottonai il jeans e tirai fuori quel cazzo enorme. Avevo bisogno che si bagnasse, che sapesse di sesso, di me che ormai ero bagnata più che mai e mentre la mia mano lo smanicava e lasciava che la cappella rossa e umidiccia mi sfiorasse il palmo, mi abbassai anche io il jeans e mi misi il suo cazzo tra le labbra della fica che lo abbracciavano e lo lucidavano. Era tosto, era umido, era pronto per essere spompinato ma sapevo che potevo ottenere di più così mi abbassai a tosatura d’agnello e gli chiesi di mettermelo nel culo dove lui poteva ergersi orgoglioso e sempre più duro così duro che la mia bocca doveva essere riempita. Sbattendolo alla porta mi scopai il suo cazzo per qualche minuto con il mio culo che sfondato lo mangiava senza lasciare traccia di pelle all’esterno, sentivo le sue palle sbattere tra le mie natiche, le sue dita che violentemente mi masturbavano la fica, quei baci sul collo, quella lingua che mi mordeva, la sua mano che raccoglieva il mio seno. Con altrettanta violenza mi staccai dal suo cazzo per farlo entrare nella mia fica e dopo qualche minuto venni; potevo dedicarmi a lui, scappellarlo, fargli un pompino esagerato rilassata come non mai ancora vogliosa di avere voglia.
Mi inginocchiai a lui e iniziai a mordergli la cappella che usciva fuori da quel cazzo che le mie mani stavano smaniando e la mia lingua stava leccando, la morsi, la leccai, la baciai, fino a impazzire dalla voglia di sentirmi quasi soffocare per quel cazzo completamente infilato nella mia bocca che entrava e usciva con movimenti cadenzati, sbattendo in gola e dandomi in faccia il suo ventre e le sue palle che di tanto in tanto mordevo per ascoltare quel gemito di piacere misto a dolore, per vedere quanto fossero piene di sperma che avrebbe inondato la mia bocca e il mio viso e le fila dei capelli tirati e lasciati cadere sul collo da lui che stava impazzendo e continuava a dirmi quasi ridendo’
‘vai puttana mia, sbattinimi sto cazzo per bene come sai fare tu grande pompinara’. Continuavo, non riuscivo a fermarmi, rallentavo quando mi sussurrava gemendo
‘vai piano che non voglio ancora venire’
ma non riuscivo a fermarmi, non potevo fermarmi anzi volevo che fosse ancora più forte, che andasse ancora più giù la mia bocca quel cazzo che tanto amo così lasciai che si sedesse per terra e mi stesi su di lui con la testa perfettamente tra le sue gambe e il suo manico che dava la cappella alla mia bocca esplorandone l’intimità e sbattendola. Le mani non riuscivano a essere ferme, in mancanza di un’altra lingua che lo leccassero, le dita si bagnavano dei miei umori e lo sfioravano per poi passare alle sue natiche per giocare con il suo buchino. Stefano iniziò ad afferrarmi per i capelli, a tremare e a guidare il movimento della mia testa sul suo cazzo fino a inondarmi la bocca di sperma per poi uscire, finire di tenerlo tra le mani, sbattermi a terra e donarmi gli ultimi spruzzi che la cappella pioveva sul viso.
Forse quindi minuti, forse qual cosina in più erano passati, non mi importava’Stefano torno a lavorare con un sorriso gigante come direbbe lui, sazio e soddisfatto ma certo non appagato e non sapeva che la sua troia gli aveva riservato altro per il fine serata.
In attesa che la serata finisse, iniziai a immaginare, a impazzire, di tanto in tanto mi toccavo per il piacere dei suoi occhi e quando tutti furono andati via
chiusi la porta principale e spensi tutte le luci lasciando solo una piccola lampada accesa e lo stereo che girava qualche pezzo di compagnia che riempiva quel silenzio che solo i suoi ansiti e il mio respiro affannato sul suo cazzo avrebbero rotto. Lo presi per mano e lasciai che si sedesse sul bancone appoggiato con le spalle alla colonna dietro di lui, lasciai che le sue braccia fosse poggiate sulle sue natiche e le legai con il cinturone che avevo portato facendo un ultimo giro intorno alla colonna. Lui sorrideva e mi chiedeva quale porcata stavo per fare’
‘voglio farti impazzire, voglio vedere il tuo uccello danzare e serpeggiare mentre si alza e si fa duro e voglio godere all’idea che non puoi muoverti e devo fare tutto da me, soprattutto quando lo decido io’sai amore mio, stasera sono scesa proprio con una voglia matta di scappellarti il cazzo e farti venire almeno due volte così’la terza a casa, sotto la doccia dove sarà passato abbastanza tempo perché tu riesca a fare pipì e la faccia addosso a me che mi metto a pecora e mi prendo tuuttooo di te’.’.
Stefano sorrideva e aspettava solo che io iniziassi, mi abbassai i jeans, mi sedetti a cosce aperte sullo sgabello accanto a lui, iniziai a masturbarmi violentemente come piaceva a lui, facendogli leccare le mie dita che giocavo a strappargli di bocca quando sul più bello lui stava godendo dei miei umori. Quando la mia fica fu bagnava e il mio ventre lo sentii tremare, presi le kinder maxi che avevo comprato e gli dissi:
‘tesò ti và un kinder?’
con quella mia aria da maliziosa ingenua troia che lui adorava’
‘ceertooo”fu la sua risposta.
Scartai lentamente le barrette, tre per la precisione, le leccai prima con la lingua, poi lasciai che penetrassero una alla volta la mia fica sbattuta lì davanti ai suoi occhi e rossa di fuoco che pian piano si colorava di cioccolato che si fondeva al calore delle sue pareti bollenti e bagnate. Mi masturbai con quelle barrette, lasciando che la mano libera pian piano aprisse le porte del mio culo e infilasse un dito sporco di umori al cioccolato in quel buchino che lui tanto amava vedere masturbarsi. Era come avere la sua lingua vellutata e morbida buttata nella fica con il naso che sbatte contro il clitoride e immaginare di sentire il suo cazzo nel mio culo che spinge contro il ventre incontrando la lingua. Stavo impazzendo ma ciò che mi faceva impazzire ancora di più erano i suoi occhi su di me, quel cazzo che stava lì eretto e dritto come una bandiera, tosto come quella colonna di legno a cui lui era appoggiato e legato.
‘Basta Giulia’TI VOGLIO!!! è un ordine troiona mia, vieni qui subito e slegami, adesso’.sto impazzendo’
Ecco Stefano aveva superato la sua pazienza, ma prima di slegarlo ad uno ad uno tirai fuori quel che era rimasto delle barrette con il cioccolato che goccialava sulla fica e scendeva nell’inguine dolcemente, le portai alla sua bocca perché le leccasse, le mangiasse per mangiare i miei umori e sentisse dalla scioglievolezza il calore della mia fica. Stefano divorò quei kinder, lo slegai e mi afferrò subito per le braccia, si mise al centro del bancone, mi prese per i capelli e mi buttò il suo cazzo in bocca
‘ho troppa voglia di venirti nel culo, scusami se ora non penso a lei’dopo’dopo a casa”e sentii la sua voce scendere, le sue mani allentare la presa e il suo cazzo che si lasciava scopare e scappellare ma non resistette a lungo; mi afferrò, mi mise con la faccia al muro e me lo sbattè nel culo fino a invadermelo come un bignè.
Ecco, eravamo sfatti’lui sfinito e sorridente, scappammo a casa dove una doccia mi diede la mia porzione di orgasmo e il suo cazzo si svutò di tutti i liquidi che custodiva.

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