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Mio marito: il mio mentore

By 30 Marzo 20242 Comments

Al primo giorno di scuola ( era il terzo anno del corso di Ragioneria) me lo trovai davanti sulla porta dell’aula. Avevo solo 16 anni da compiere il mese successivo , lui uno in più compiuti proprio in quei giorni.
Era un tipetto che non passava inosservato: sobriamente elegante nell’abbigliamento e nei modi accattivanti. Si presentò stringendomi la mano con vigore e sussurrandomi: ” bella”. Qualcosa accadde subito in me, ignara che quel ragazzino avrebbe avuto un ruolo importante nella mia vita: non sapevo ( allora non era stato coniato il detto) che erano farfalle quelle che vorticavano nel mio stomaco. Ma, ricordo, avvertii che le mie mutandine di cotone bianco a coste larghe si inumidirono immediatamente e tanto anche. A 16 anni non posso negare che mi fosse già chiaro che avevo già sperimentato lo sconvolgimento dei sensi. Non sapevo tanto del sesso, allora, ma la sensazione di sentirmi bagnata nel mio ” fiore” ( così mia madre mi aveva abituato a chiamare il mio sesso e che lui , il ragazzo che avevo davanti, in seguito mi avrebbe insegnato a chiamarla “fica” ) mi era già nota. Da piccolissima, durante la prima infanzia, giocavo coi miei compagnetti ( maschi e femmine, chiarisco) ai canonici giochi che tutti hanno sperimentato a quell’età: al
“dottore” ovvero a “mamma e papà”. Puntualmente mi appartavo con un bambino o anche due, a volte anche una bambina, e ogni volta esploravamo i nostri corpi a cominciare dal sesso. Non sapevo , allora, come finalizzare quelle esplorazioni manuali in orgasmo ma ricordo che provavo un piacere immenso, specie se il compagno o la compagna mi toccavano a lungo il
“fiore”. Qualche anno prima , in prima superiore, avevo appena 14 anni, ero stata attratta da un ragazzo più grande di me che mi faceva la corte e, quotidianamente, faceva ritorno a casa con me all’uscita di scuola. Era una sensazione idilliaca, tutto sogni e delicatezza tra noi due. Lui , presto, tralasciò di frequentarmi e corteggiare e non sapevo darmi pace: non mi cercava più e, quando ci incrociavamo, sfuggiva velocemente. Ero convinta che non fossi attraente per i ragazzi: avevo dei seni piccolissimi e ciò, col passare del tempo, mi angosciata vedendo le poppe delle mie coetanee già sviluppate ( alcune esageratamente). Allora il seno era l’attributo femminile più apprezzato dai maschi. In seguito avrei scoperto che avevo delle belle gambe e, soprattutto, un bel sedere che tutte le tettone mi invidiavano.
Lui, proprio il ragazzo che avevo davanti e che mi aveva appena sussurrato ” bella”, mi sorprese nei mesi a seguire facendomi ricredere
(parzialmente, tuttavia) sulla scarsità di seno. Infatti un pomeriggio che ci eravamo rifugiati in un cinema di quartiere, mentre facevamo petting favoriti dell’oscurità e dalla vastità della sala, gli dissi che non ero contenta del mio seno. Lui , con arguzia prematura per l’età, mi disse mentre mi baciava appassionatamente, con una mano a stritolarmi un seno e con l’altra tra le mie cosce in cerca della mia fica,
“preferisco le tue tettine: pensa, con una mano posso contenerne una pienamente; se avessi le tette grosse e debordanti non riuscirei a raccoglierle con una mano e possederle”. Apprezzai molto e quella sera gli regalai il primo pompino della mia breve esperienza erotica. Era da tempo che me lo chiedeva ma io ero sempre stata riluttante per tutti i motivi che potete immaginare. Non mi avvisò quando stava per venirsene e mi riempì viso, bocca e vestito di sperma.
Ormai eravamo puntuali ogni venerdì a rintanarci nel solito cinema a godere del nostro piacere che reciprocamente ci donavamo: lui mi sditalinava a lungo e più volte regalandomi i primi orgasmi clitoridei; io lo masturbavo , prevalentemente, qualche volta glielo prendevo in bocca e lui mi ci sborrava dentro oppure nelle mani. Stavo diventando un’esperta pompinara e, confesso, mi piaceva molto e mi eccitava moltissimo farmi venire in bocca. Quando uscivamo dal cinema, spesso, ero senza mutandine perché amava sfilarmele ( tutte bagnate dal mio lungo piacere) e farmi camminare nuda sotto la gonna. ( al tempo i pantaloni facevano timidamente le prime apparizioni tra l’abbigliamento femminile)
Poi me le restituiva ampiamente sborrate perché mi confessava che vi si masturbava dopo averle annusare e leccate. In pochi mesi eravamo intimamente complici sessualmente e, ogni giorno di più, scoprivo in lui il mio mentore : trovavo naturale seguirlo nelle sue fantasie sempre più audaci e sorprendenti. Un pomeriggio, al solito cinema ed immersi nella più ovattata intimità di due sedili abbastanza lontani da altri occupati da altra gente, stavamo eseguendo il solito petting che sarebbe sfociato nel d’olio orgasmo differito: prima io con le gambe tremanti gli partecipavo il mio sontuoso orgasmo clitorideo poi ricambiavo facendolo sborrare tra le mie mani o dentro la mia bocca se le condizioni ambientali erano favorevoli all’esecuzione di tale pratica. Ormai avevo accettato di ingoiare il suo sperma che mi depositata in bocca. Quel pomeriggio, dicevo, appena spente le luci, avevamo inziato a toccarci e baciarci con crescente voluttà: avevamo il nostro piccolo mondo erotico/sessuale nelle due poltrone in posizione defilata , lateralmente vicino ai tendoni che nascondevano l’ingresso dei bagni. Eravamo così eccitati che nulla che poteva capitarci attorno avrebbe potuto esservi palese. Ad un tratto il mio ragazzo mentre stava portandomi al terzo orgasmo del pomeriggio mi alitò nell’orecchio che fin lì aveva coperto di saliva: ” c’è il gelataio che ci sta guardando. Tranquilla, lo tengo io a bada; tu lasciati andare e goditi l’orgasmo.”. Ero presa dal piacere finale di un prolungato, sapiente ditalino che non mi allarmai più di tanto , tranquillizzata ( si fa per dire) da lui. Il ditalino durò ancora di più per portarmi all’orgasmo data l’interruzione e mentre gli sussurravo che “stavo godendo come una pazza” liberando il mio irresistibile piacere avvertii che accanto a me, dall’ altro lato, un uomo s’era seduto. Gli urlai all’orecchio piacere e terrore e lui mi strinse ancora più forte tranquillizzandomi ed invitandomi a godermi il piacere che stava travolgendomi. Appena potei , con la coda dell’occhio, sbirciai verso il mio vicino e riconobbi il venditore di gelati. Stetti immobile tra il terrore incombente ed il piacere declinante.
L’uomo, sorprendendomi per audacia e faccia tosta, si avvicinò al mio viso e mi disse , con voce eccitata, ” mi ha chiesto il tuo ragazzo a sedermi vicino a te. Sono eccitato perché ho osservato come ti ha toccato la fica e le tette per tutto il tempo: ho il cazzo fuori dai pantaloni e voglio che mi tocchi fino a sborrare nelle tue mani…dai…inizia…guarda quanto è grosso e duro…”.
Appena fatto questo invito, mi prese la mano e la portò al cazzo. Le tempie mi pulsavano vertiginosamente e , stringendo la mia mano attorno al suo pulsante membro, mi costrinse a masturbarlo. Dapprima esitante per la sorpresa e l’audacia della sua iniziativa, terrorizzata per le conseguenze che potevano sortire se mi fossi rifiutata, timidamente mossi la mano su quella carne dura e vigorosa per le pulsazioni che emetteva ed in men che non si dica iniziai a masturbarlo come avrei fatto col cazzo del mio ragazzo. Ringalluzzito per la mia promettente cedevolezza, si fece più audace; si fece scivolare sul sedile per favorire la mia azione e mi incitò con parole che obnubilarono il cervello. Mi arresi e , involontariamente, scostai le cosce divaricandole . Stese la mano sinistra cercando la mia fica già abbondantemente bagnata per l’orgasmo poco prima provato e cominciò a sditalinarmi sapendo bene dove agire: la mia clitoride era fra le sue due dita e ben presto cominciai godere. In poco tempo avvertii che l’uomo si irrigidiva, farfugliando parole incomprensibili. Ebbi il tempo per sentirlo mugolare :
“sto sborrando” e subito dopo , nell’oscurità interrotta dai bagliori provenienti dallo schermo, vidi zampillare due, tre schizzi di sperma che si infransero nello schienale del sedile davanti a lui. Dopo mi sborrò il residuo nella mano. Mentre anche io mi abbandonavo all’orgasmo mi sussurrò di asciugare la mano con la lingua e di piegarmi sul suo ventre per pulire il suo cazzo dal residuo di sperma che ancora fluida. Come un automa eseguii e mi trovai il cazzo in bocca di quello sconosciuto. Si alzò senza dire una parola e si allontanò.

-continua

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