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Racconti Cuckold

Monica – Coscientemente schiava della sua troiaggine

By 13 Marzo 2017Dicembre 16th, 2019No Comments

La storia che vi vado a raccontare &egrave vera, i vari personaggi esistono veramente. L’evoluzione dei fatti ha una partenza molto soft ed una evoluzione forse un po’ lenta e non ho la più pallida idea di dove porterà, visto che la storia &egrave in evoluzione. Ma il crescendo sembra inarrestabile. Alcune parti sono state romanzate, semplicemente per rendere il racconto più fluente. Ma, e questo &egrave l’importante, le avventure sessuali della protagonista sono assolutamente reali. Normalmente uno dovrebbe dire che i nomi sono stati cambiati, ma in questo caso ho deciso di non farlo. Monica si chiama veramente Monica, e vive in provincia di Cuneo.
Sono un imprenditore della provincia granda, quarantacinquenne, sovrappeso, ma anche allegro, brillante, laureato e con una buona cultura classica. Sposato, un figlio, ottime possibilità economiche, amici e contatti giusti, membro del consiglio pastorale parrocchiale, impegnato in enti di volontariato. Ma anche vero porco. Buon calibro in mezzo alle mutande, usato spesso e volentieri anche al di fuori del talamo nuziale, con buona conoscenza di pratiche di dominazione e sado maso che mi arrivano da anni di pratica fatti con le diverse amanti e segretarie con le quali ho intrapreso relazioni, ma anche da studi e da corsi.
Ho conosciuto Maurizio, il marito, ad una manifestazione sportiva alla quale partecipavano entrambi i nostri figli. Seduto al bar dell’impianto sportivo con amici, sorseggiavo una bibita e vidi passare una bella signora, sui quarantacinque, con una mini da paura, stivali al ginocchio e con un’andatura di quelle che, diciamo, non ti lasciano indifferenti. Passò davanti al nostro tavolo e, tra la battuta ed il serio, dissi a voce alta “in un culo del genere, chissà come mi frullerebbe bene il fringuello”. I miei amici si misero a ridere, mia moglie con le amiche era sugli spalti per cui mi potevo permettere apprezzamenti pesanti. E mentre ricominciavamo a chiacchierare delle solite cazzate, mi sentii bussare su una spalla da un tizio enorme che non conoscevo e che mi chiese…
M: “Problemi con la signora? Che poi sarebbe mia moglie.”
Cazzo. Ero stato sgamato, anche malamente. Mentre pensavo al fatto che sarebbe finita sicuramente in rissa, cercai di buttarla sulla simpatia e di fare la figura del coglione.
G: “No, assolutamente, anzi, dimostravo ammirazione per la sua camminata. Faccia i complimenti alla sua signora!”
Fiuuuuuuu, schivato l’impeto dell’incazzatura, adesso dovevo cercare di farlo sbollire. Minchia, ma quanto era grosso…
G: “Senta, per farmi perdonare l’impudenza mi permetta di offrirle qualche cosa da bere, tanto qui la giornata diventa lunga. Cosa prende? A proposito, piacere Gianpiero.”
M: “Ma non lo so, faccia lei.”
G: “Una birra per il mio amico.”
M: “Io non sono suo amico”
G: “Per forza, non so neanche il suo nome…”
M: “Maurizio”
E’ fatta, nessuno ti mena se ti conosce, e soprattutto con una birra in mano.
M: “Che cosa stava dicendo su mia moglie?”
G: “Stavo apprezzando la sua camminata, che mi ricorda molto quella della primavera di Botticelli, una andatura elegante e sinuosa che ricorda l’ondeggiare dei papaveri nel celebre dipinto impressionista di Monet che forse ancora meglio di Van Gogh ti lascia una sensazione di estasiato riposo, al termine del soffio del vento”
Che cazzo ho detto?
M: “Che cazzo hai detto?”
Minchia, non se l’&egrave bevuta.
G: “Beh, se vogliamo metterla così… che il culo di tua moglie &egrave una vera opera d’arte. Ma senza secondi fini, eh!”
E mentre i miei amici ridevano a crepapelle, ed io stavo cercando come potermi schivare dal pugno che da li a poco pensavo mia avrebbe raggiunto, vidi il mio nuovo amico ridere di gusto per la mia ennesima stronzata, ma anche, nei suoi occhi, una luce strana, come di eccitazione, dovuta alla mia battuta. No, dovevo essermi sbagliato.
Chiacchierammo ancora del più e del meno, dopo di che raggiungemmo il rispettivo pargolame dove ritrovammo le nostre rispettive signore.
dovessi dire che cosa mi ricordo di quella giornata, non mi ricordo il risultato ottenuto dalla squadra del mio erede, non mi ricordo quasi niente, ma quel sontuoso culo e del fatto che avrei voluto piantarci il mio cazzo senza alcun lubrificante invece rimaneva scolpito nella mia memoria.
Passò qualche giorno e dimenticai il mio nuovo amico e la sua Jessica Rabbit solo un po’ meno appariscente.
Alla successiva manifestazione ci ritrovammo, io, Maurizio e gentile signora. Solo che stavolta io ero fuori in cortile che stavo insultando un mio dipendente che aveva appena combinato una cazzata.
M: “Buongiorno. Guarda che se urli così forte non hai bisogno del telefono”
Miiiiiiiicazzorompiicoglionitipuzzarespirare?
G: “Che c’&egrave? Ah, piacere… sai com’&egrave… certa gente non sa tenere la bocca chiusa…”
Silenzio imbarazzato.
G: “Già, questo lo sai… E Jessica come sta?”
M: “Jessica chi”
Cazzo, &egrave vero, Jessica &egrave il soprannome che le avevo affibbiato, memore della camminata di Jessica Rabbit, non il suo nome. Zitto mai…
G: “Scusa, tua moglie. Sai mi ricorda molto una mia amica di nome Jessica…” speriamo che se la beva…
M: “Ah, si chiama Monica”
G: “Beh, piacere di averti rivisto”
Taglia corto, ce questo vuole attaccare briga…
M: “Piacere”
Mi svicolai con mosse e risposte evasive peggio di Di Maio davanti ad un libro.
Passa qualche tempo. Mio figlio cambia sport, io comincio ad avere frequentazioni intime con la mia cardiologa, ovviamente all’insaputa di mia moglie, mi passa tutto di mente fino a quando uno dei miei famosi compagni di merende di quel giorno mi invia una mail con l’indirizzo di un sito per adulti dove cuckold ed aspiranti tali mettono in mostra i rispettivi desideri e foto dei partner. E con una segnalazione di un nome utente ben particolare e con un laconico “Ti ricorda qualcuno?”.
In un ritaglio di tempo mi collego al sito, mi iscrivo con una mail di comodo, cerco il nome utente e guardo. La faccia oscurata, tanto non sono fisionomista. Ma nuda, in biancheria intima dozzinale, in ambiente casalingo, riconosco quelle due chiappe. Mica male la mammina.
Mando una mail di contatto, complimenti, richiesta di informazioni e poi penso… Figurati se risponde.
E dopo un paio d’ore, invece ecco la risposta che, tradotto in breve, era:
“Io ho voglie cuck e lei non ne vuole sapere”
Man mano la confidenza &egrave aumentata, e sono venuto a sapere molte cose per le quali mi sono fatto il quadro della situazione.
Certamente lei &egrave una bella esibizionista.
Non si &egrave mai tirata indietro di fronte alle richieste del marito di avere foto di lei nuda, neanche mentre succhia il pisello del marito (pisellino, sarebbe meglio dire) o se lo prende in fica. Lui la fa spesso uscire in minigonna e stivali, o con vestiti corti, alle cene con gli amici e soprattutto con i colleghi. E a lei sembra che la cosa non dispiaccia.
Insomma. C’&egrave del potenziale su cui lavorare.
Più che per sfida che per necessità (diviso tra una bella moglie ed una amante che più che una dottoressa sembrava una fotomodella, non &egrave che non sapessi dove farmi una signora scopata), decido di dare una mano al buon Maurizio. Se poi fossi riuscito a sderenare quel culo, tanto meglio.
C’era però quell’intimo dozzinale che mi stava decisamente sui coglioni. Un misto di Calzedonia e biancheria della nonna che faceva molto Bridget Jones. Era come una di quelle pustole bianche sul naso. Non si poteva vedere.
Ordinai una sottoveste di pizzo di buona qualità ed un paio di scarpe con tacco da dieci centimetri, che seppi dopo essere le sue prime decollet&egravee di quella altezza, al quale unii un completino sexy per mia moglie ed un altro per la mia amante. Feci spedire il tutto in ditta, quindi contattai Maurizio, gli dissi senza tanti complimenti di passare da un mio cliente nel centro di Cuneo a ritirare il pacco, di acquistare una rosa rossa a gambo lungo (un minimo di romanticismo non guasta mai), di godersi la serata di San Valentino, quindi di farmi sapere.
Il giorno dopo ricevetti una lunga mail che mi raccontava lo svolgimento della serata, alla quale erano allegate numerose foto.
“Le &egrave piaciuto veramente il tuo regalo. Lo ha scartato, ed ha voluto subito indossarlo con le autoreggenti. E dopo mi ha chiesto lei di farle queste foto. I figli erano fuori, abbiamo cenato e poi siamo andati in camera. Le ho dato la scatola. E’ rimasta molto stupita perché non aveva mai ricevuto regali del genere. Mi ha subito chiesto dove lo avessi preso e, come mi hai detto tu, le ho detto che era un omaggio alla sua bellezza. Mi ha detto di restare fermo, quindi &egrave andata in bagno ed ha indossato la sottoveste, le autoreggenti e le scarpe.
Un po’ barcollando perché non &egrave abituata a scarpe del genere, mi ha chiesto se stava bene ed io a momenti vengo nel vederla. Quindi mi ha chiesto di farle delle foto che ti allego, ed infine abbiamo fatto l’amore. E’ stato liberatorio, sembrava che non ne avesse mai abbastanza, glie l’ho messo dentro con tutta la forza ed alla fine ha voluto che le sborrassi in bocca. E’ stato veramente stupendo.”
Il fatto che la sottoveste le fosse piaciuta non mi sorprese più di tanto. Lo so da solo di avere buon gusto, non c’&egrave bisogno che me lo dicano. Fui piacevolmente sorpreso quando scoprii che quella sera la nostra Monica si era lasciata andare più del solito. Rimasi invece contrariato quando scoprii che la stessa dopo la fellatio, invece di ingoiare, era scappata in bagno a sputare, e che inoltre non voleva praticare l’anale.
C’era molta, ma molta strada da fare, per rendere Monica una vera femmina da letto. Cosa che Maurizio da parte sua voleva e che anche io avrei voluto, per goderne le grazie.
Ma Maurizio si rendeva realmente conto di cosa significava essere un cuckold?
Intercorse un lungo scambio epistolare nel quale gli illustrai tutta una serie di problemi ai quali sarebbe potuto andare incontro nonché di un lungo elenco di pratiche, alcune anche abbastanza estreme, alle quali avrei sottoposto sia Monica che lui.
Si, sono un vero porco.
“Quindi, vuoi proseguire o meno?” chiesi.
“Certo”, fu la risposta.
Il fumo della sigaretta che brucia piano piano sale verso l’alto, verso il soffitto dell’ufficio, mentre l’occhio scorre veloce sullo schermo per leggere la risposta.
Hai voglia a dire che non si può fumare in ufficio, ma davanti a certe risposte ti viene sempre voglia di fermare a riflettere.
Già, perché molti mariti desiderano una moglie libertina, disinibita, ma quanti sono realmente pronti a vivere una relazione cuckold?
E quanti sono disposti ad impegnarsi a cancellare anni di convenzioni, educazione e condizionamenti sociali per spingere la propria moglie ad un comportamento che i più, in pubblico, trovano riprovevole, salvo poi eccitarsi in privato?
Si tratta di un discorso lungo, delicato, da affrontare senza strappi e senza forzature ma, che se affrontato con decisione, porta sicuramente a dei risultati. Quanto piacevoli dipende. E quali risultati, anche qui dipende da dove si vuole arrivare.
Nel novanta per cento dei racconti che ho letto sembra quasi che ci sia un interruttore che una volta schiacciato trasformi una donna da brava madre di famiglia in una troia da bordello. Una sorta di riedizione del fumetto “Il gioco” di Manara alla maniera “denoantri”, e per questo non mi sono mai sembrati troppo credibili, a meno che una lo faccia per vendetta. Ma anche in questo caso si tratta di reazioni momentanee a situazioni che, per quanto &egrave mia esperienza, sono destinate a non finire in maniera positiva né tantomeno piacevole.
Con Monica ci sono voluti più di tre anni per passare “alla fase successiva”. Ripeto. Tre anni.
Tre anni in cui sono stati sostituiti i concetti di “una brava moglie &egrave una moglie fedele e morigerata” a “una brava moglie &egrave una moglie che eccita il marito e che si fa ammirare” per finire con “una brava moglie soddisfa tutte le proprie voglie condividendole con il marito”.
Gutta cavat lapidem, dicevano i latini. A forza di insistere, con il tempo, la goccia scava la pietra.
Ma qual &egrave la goccia con la quale si può, nel tempo, scardinare il modo di essere di una donna?
La risposta &egrave semplice. L’autostima. Ogni donna ha bisogno di sentirsi ammirata, di sapere che il proprio uomo la desidera, la vuole.
Se il proprio marito non la ammira, e se non &egrave completamente sciatta o non si nutre di telenovelas, troverà sicuramente qualche uomo che le farà i complimenti e, magari la smutanderà alla faccia sua, ma senza farglielo sapere.
Ma non &egrave questo quello che il cuckold vuole. Il cuck vuole una moglie bellissima, curata. Per lei, ma anche per se stesso.
Nel tempo, con Maurizio, abbiamo insistito molto nel lavoro di coppia, stuzzicando l’ego di Monica a spingersi sempre più avanti nel vestire e nel comportarsi. Il guardaroba della signora man mano si &egrave arricchito di capi molto più eleganti, senza essere sfacciati. Le autoreggenti hanno nel tempo sostituito almeno nella metà degli outfit i collant, i tacchi si sono alzati dalle ballerine ad una buona altezza, le gonne si sono accorciate al ginocchio, spacchi e trasparenze hanno finalmente fatto la loro comparsa.
Cambiamenti minimali se presi uno per uno, piccoli passi di un lungo percorso, fatto quasi senza che lei se ne accorgesse.
Maurizio &egrave stato veramente ammirevole, non si &egrave mai scoraggiato. Per almeno due anni gli ho tassativamente proibito di parlare di corna ma di insistere per continuare a solleticare la vena esibizionista di Monica e lui ha eseguito alla lettera.
Nel tempo lui se l’&egrave scopata sul camper mentre c’era gente che poteva vederlo, si &egrave fatto spompinare nel bagno di un ristorante durante una comunione di un parente, hanno fatto shopping esibizionista. Insomma, se la sono spassata piacevolmente almeno per un paio d’anni.
Quando il momento mi sembrava propizio ho cercato un approccio diretto con Monica, che non conoscevo di persona, non avendole mai parlato.
La decisione &egrave stata piuttosto critica per il legame che si era creato con il buon Maurizio. Quasi di amicizia. Quasi perché un amico non tenta di concupirti la moglie, né di lasciarti a casa a segarti.
La incontrai casualmente mentre stavo visitando un cliente. A volte, nella vita ci vuole anche un po’ di culo.
Se hai una faccia di bronzo come la mia non &egrave difficile riuscire ad attaccare discorso. Soprattutto se indietreggiando finisci per sbattere molto casualmente contro la persona con la quale cerchi l’approccio.
Io: “Ops. Mi scusi, non l’avevo vista”
M: “Non c’&egrave problema”
Io: “Ma non si &egrave fatta male?”
M: “No, assolutamente”
Io: “Mi scusi per la goffaggine, stavo cercando un regalo per mia moglie. Solo che sono molto indeciso. Se le chiedo un consiglio e poi le offro un caff&egrave?”
Il tutto mentre incenerisci con lo sguardo il cliente come per dire “Fatti una palata di stracazzi tuoi. Se profferisci verbo ti riduco in 25 sacchi di macinato e ti spargo per tutti i cassonetti della provincia, quindi Ocio!”
Per farla breve, mia moglie quel giorno aveva la stessa taglia di Monica (il mio cliente, che conosce mia moglie, ha chiaramente intuito dove andavo a parare e mi ha retto il gioco, anche se ha sghignazzato tutto il tempo per la quantità industriale di cazzate che uscivano dalla mia bocca) e, con non poca insistenza, sono riuscito ad utilizzarle Monica come modella. Alla fine uscii dal negozio con un paio di buste contenenti un vestito ed un completo per la mia signora. Entrambi firmati. Il tutto per una cifra corrispondente allo stipendio medio di una segretaria.
Ma, ed &egrave questa la cosa interessante, con la dolce mammina al mio fianco, con la quale divisi ancora un paio d’ore del mio tempo.
Quella mattina riuscii a sputtanarmi gli appuntamenti di una settimana, ma almeno intavolai un discorso. Cosa dissi? Tutto e niente. Eviterò la falsa modestia. Fui veramente bravo a mantenere il contatto visivo, ed a spostare tempestivamente il discorso tempestandola di domande ed ascoltando attentamente le risposte. E rimediai anche il numero di telefono. Lasciandole il mio, ovviamente.
Evitai di parlarne con Maurizio. Anzi, evitai di parlarne con chiunque, e mi guardai bene dal richiamare Monica per le successive due settimane. Ero piuttosto indeciso su cosa fare, quando, nell’ora di pranzo ricevetti una telefonata dalla mammina.
M: “Ciao, sono Monica, non so se ti ricordi…”
Io: “Un momento, fammi fare mente locale, in questo momento non mi sovviene…” Balla gigantesca.
M: “Ehm, niente, scusa, sono quella che hai tamponato nel negozio di Cuneo” traduzione: credevo di aver fatto colpo, invece quello non si ricorda neanche chi sono.
Io: “Ah, ciaoooo, scusaaaaa, si, mi ricordo perfettamente, ero sovrappensiero”
M: “senti, mi dispiace disturbarti ma se passi da Cuneo ti chiederei di restituirmi il favore per la maglia di mio marito”. E questa mi puzza di balla. Troppi tentennamenti.
Io: “Guarda, non sarò a Cuneo per questa settimana ma se ti fa piacere ci sarò giovedì prossimo alle 15. Se vuoi possiamo vederci al bar Dante”
M: “Ma alle 15 lavoro”
Io: “Se riesci a prenderti un paio d’ore di permesso così facciamo le cose con calma”
M: “Mah, guarda, non so se &egrave il caso”
Io: “Come vuoi però sono di corsa, quindi non so se riesco. Facciamo così. Pensaci, po’ e poi mandami un messaggio.”
Era chiaramente una minchiata. Voleva solo approfondire la conoscenza e sfogarsi un po’ con un estraneo. Già. Sfogarsi perché avevo detto a Maurizio di ricominciare a martellarla con le sue proposte cuck.
Cosa che, dopo due anni di voglia repressa, aveva ricominciato a fare alla grande.
Lasciai che le cose succedessero senza forzature. Lei confermò ed io la richiamai solo il giorno dell’ appuntamento esclusivamente per avvisarla di un mio ritardo che tatticamente avevo accumulato e che mi avrebbe fatto arrivare alle 15:10.
La sentii con il cuore in gola, ed il ritardo ne aumentava l’ansia, mentre lei era stata, ovviamente, puntualissima.
Appena la vidi notai che si era particolarmente curata nell’ aspetto. I capelli dovevano essere stati fatti da pochissimo, il trucco curato. Era uno splendore.
Le feci un mucchio di complimenti e ci sedemmo a parlare davanti a qualcosa da bere. Mi raccontò dell’ andamento scolastico dei figli, del lavoro, delle solite cazzate… fino a quando i scoprì e finimmo a parlare della vita sessuale.
Bella disinibita, la Monica, per raccontare i cazzi tuoi ad uno che conosci da poco, o almeno così credi.
Insomma, a lei questa storia pesava non poco.
Combinazione combinata, mentre chiacchieravamo e lei si serviva da bere, il suo bicchiere versò parte del contenuto sui miei pantaloni.
Proprio sfortuna che lei si servisse da bere sporgendosi e rovesciando il tavolino. Proprio sfortuna, o forse dovrei dire proprio sfortuna il fatto che il mio piede spostasse il tavolino proprio in quel momento proprio per combinare quel disastro.
Chi legge potrebbe avere l’impressione che io sia un gran bastardo calcolatore. Posso garantire che non &egrave solo un’impressione.
In breve, la dolce Monica, vergognata per il disastro, si offrì di darmi una mano a ripulire, finendo per prendere un tovagliolo e tamponare i calzoni subito sotto la cerniera.
Non feci in tempo a dissuadere il suo spirito da crocerossina che si ritrovò con la mano appoggiata al mio pacco, in una grandiosa erezione. Era probabilmente la prima volta che la mammina teneva in mano un cazzo di un uomo che non fosse suo marito, e la differenza doveva essere notevole. Rossa in viso, si mise a farfugliare scuse, mentre io ridevo come un pazzo.
Decisi di non infierire quel giorno, per cui, messi a posto alla bell’e meglio i pantaloni, ci salutammo ed io mi recai agli appuntamenti che avevo. Ah, casualmente, avevo in macchina un intero cambio di vestiti.
Lasciai che passasse una settimana e le telefonai con la scusa di avere dei problemi con la mia cardiologa e di non sapere con chi sfogarmi. Le proposi di trovarci per pranzo… ma azzardai l’invito in un alloggio di Cuneo, di proprietà di un mio amico, che saltuariamente utilizzo come scannatoio.
La mia fu un’interpretazione memorabile. Il cucciolo ferito. Avrei tranquillamente meritato un Oscar.
Ci avvicinammo finché partì un bacio.
Lungo.
Alla francese.
In breve ci ritrovammo in intimo.
Avrei voluto prenderla in braccio e portarla sul letto ma, per timore che ci ripensasse, non le lasciai respiro.
Partendo dalle labbra scesi baciando dolcemente ogni centimetro del suo petto, passando per l’ombelico. Quindi risalii sul seno sinistro per morderle in capezzolo. Scesi nuovamente con la lingua sull’ombelico e poi sul monte di venere, fino ad arrivare alla fica.
Trovandola fradicia.
Distesa sul letto cominciai a passare la parte interna del mio labbro inferiore sulle sue grandi labbra e sul clitoride.
Risalii piano piano fino ad arrivare al collo e poi di nuovo giù, a leccarle e a mordicchiarle il clitoride.
E ancora.
E ancora.
E ancora.
Fino a quando al quarto trattamento di questo tipo non la sentii esplodere in un orgasmo liberatorio che la lasciò senza fiato.
Mentre lei era ancora in fase post orgasmica fui quasi paterno.
La strinsi tra le mie braccia mentre i sensi di colpa cominciavano a venirle.
Le ricordai che in fin dei conti “tecnicamente” non aveva tradito suo marito.
Le dissi che comunque non c’era niente di male.
Che eravamo due adulti consenzienti.
E che comunque era una cosa che non avremmo ripetuto, a meno che non lo avessimo voluto entrambi.
Mentre si rivestiva le arrivai dietro, la strinsi tra le braccia leccandole il collo. Quindi, a tradimento, resi il telefonino e mentre eravamo rivolti verso lo specchio scattai un selfie.
Rimase stupita.
Le dissi che era per ricordare un giorno speciale, anche perché il flash impediva di vedere i nostri visi.
Appena se ne andò per ritornare al lavoro, sul cellulare di Maurizio whatsapp avvertiva che era arrivata una nuova immagine. In un certo senso ero riuscito a portare a compimento il compito che mi ero imposto.
Ero riuscito a rendere cornuto Maurizio, ero riuscito a minare la fedeltà di una bella mammina.
Il tutto senza in realtà combinare un gran che. Sono un freddo manipolatore e calcolatore.
Ma non ero intenzionato a rovinare una famiglia.
Per cui, finita la Chesterfield, inviai a Monica l’ SMS più stronzo che potessi.
“Ciao. Oggi &egrave stato bellissimo ma credo che sia stato un errore. Conserverò per sempre il ricordo dei momenti passato con te”
Praticamente “Conserve-Zoned”.
Quindi un SMS a Maurizio con scritto… “E adesso, questa sera, fatti valere”
Ripulii ed andai ad occuparmi delle mie faccende.
Passò qualche giorno, nel quale tutto il mio tempo venne assorbito dal lavoro e dagli impegni famigliari.
Aprii la mail e trovai un messaggio da Maurizio che mi descrisse una serata di sesso in cui sua moglie sembrava insaziabile e non averne mai abbastanza, cosa che si ripeté per un paio di giorni successivi.
Ero tutto sommato contento. Avevo messo del piacevole pepe nella loro vita coniugale.
Sembrava tutto finito fino a quando non ricevetti un SMS dalla mammina
“Si. Hai ragione.”
Mi guardai bene dal risponderle e ritornai al mio solito tran-tran.
Me la ritrovai pochi giorni dopo all’uscita da un cliente. Capii subito che non era un incontro casuale perché era veramente in tiro.
Minigonna e stivali al polpaccio, con sopra una maglia parecchio scollata.
Senza tanti giri di parole mi disse:
“Ho bisogno di parlarti”
Seduti al tavolino di un bar dei dintorni ordinai da bere per entrambi, mentre la Monica stava seduta di fronte a me, gambe strette, schiena ritta, mani in sfregamento parossistico mentre si mordeva le labbra.
Non parlava, ma mi scrutava con sguardo furioso.
Io: “Dimmi…”
Ebbe un sussulto, la tensione in lei stava salendo.
Io: “Guarda che non ho mai mangiato nessuno…”
Lei, un fiume in piena: “Si, senti, insomma, quello che &egrave successo tra noi &egrave un vero errore, uno sbaglio, non doveva succedere, &egrave stata colpa mia perché sto attraversando un momento non facile della mia vita, ma &egrave anche colpa tua perché hai approfittato di un mio momento di debolezza però &egrave sbagliato, e mi sento una merda, e mio marito non si merita tutto questo, se lo sapessero i miei figli chissà cosa penserebbero”.
Visto che era così agitata avvicinai la mia mano destra aperta alla sua bocca e la misi sulle labbra per zittirla.
Io: “Adesso calmati. Non c’&egrave assolutamente niente da essere così agitata. Guarda che proprio non c’&egrave problema. Siamo adulti consenzienti, quello che abbiamo fatto abbiamo fatto. Adesso voltiamo pagina perché tu non mi devi niente, neanche una spiegazione.”
Rimase un po’ interdetta dalle mie parole ma, facendosi animo afferrò la mia mano piegò medio, anulare e mignolo e si mise in bocca il mio indice iniziando a succhiarlo. Quindi si alzò velocemente, appoggiò il suo ginocchio destro tra le mie gambe ed appoggiò la sua mano sul mio pacco, che si ridestò immediatamente.
L’irruenza fu tale che se fossi stato a malapena più minuto mi sarei ribaltato con effetti piuttosto ridicoli. Invece rimasi fermo ed un attimo interdetto.
Mi alzai di scatto e l’allontanai.
M, in palese iperventilazione: “Scusa. Non so quello che mi sia preso.”
Avvicinandomi le sussurrai all’orecchio: “Adesso vai a rinfrescarti e nel mentre ti dai una calmata”
Mi guardò negli occhi, poi, tremante, si diresse al bagno.
A quanto pare avevamo dato spettacolo visto che molti spettatori presenti mormoravano con aria di disapprovazione.
Aspettai un paio di minuti, ma di Monica nessuna traccia.
Presi la sua borsa, passai veloce alla cassa dove mollai un ventone dicendo “tenga il resto” e mi diressi verso i bagni.
Sentii un singhiozzo.
Io: “Monica, apri.”
Nessuna risposta
Io: “Monica, dai, apri”
Silenzio
Io: “Sentimi bene. Finiscila di fare la sedicenne idiota che ne ho già i coglioni pieni. O apri sta porta o la butto giù”
Aspettai una decina di secondi e mentre mi stavo preparando a tirare un calcio per risolvere ogni problema, la porta si aprì piano piano.
Seduta sulla tazza, singhiozzante, trucco sfatto. Una puzza di piscio tremenda completava il quadro romantico.
Io: “Si può sapere che cazzo ti &egrave preso?”
M: “E’ che pensavo che tu… che io… non lo so, &egrave che, vedi, l’altro giorno mi hai fatto godere come una pazza e non hai neanche voluto niente in cambio. E poi sono tornata a casa e quel coglione di mio marito mi ha dato quattro botte e via senza pensare al fatto che io ero eccitatissima e volevo godere. Ha goduto e poi si &egrave girato dall’altra parte e si &egrave messo a dormire.”
Io, sospirando: “Tutto sto casino per una leccata di fica? E se ti scopavo, allora, che combinavi?”
Monica mi guardò negli occhi, poi il suo sguardo scese sul mio pacco. Avvicinò le mani e cominciò a carezzarlo lungo tutta la sua lunghezza, che immediatamente dette segni di vita. Quindi cominciò ad abbassare la zip del pantaloni per cercare di estrarlo.
Richiusi la porta del bagno dietro di me, quindi mi sbottonai la patta e tirai fuori il mio cazzo.
Si morse il labbro, segno che lo spettacolo era di suo gradimento.
Voleva succhiarlo ma avevo decisamente voglia di punirla per tutte queste manfrine.
La alzai prendendola per i capelli, quindi l’avvicinai a me, la girai, le scostai, la piegai facendole mettere le mani sulla tazza, quindi le scostai le mutandine e la penetrai a secco. Fregandomene dei peli, del fatto che potesse non essere eccitata o lubrificata, del fatto che potesse non essere abituata alle dimensioni.
Ed entrò. Diedi una spinta tale che a momenti rischiò di finire con la testa nel cesso. Cacciò un urlo.
Io: “Brutta stronza. Volevi il mio cazzo, eh, Adesso eccotelo. Ti apro in due. Ti rimando a casa da tuo marito rotta che se te lo mette dentro non lo senti più”
Non rispose. Credo che dopo un primo istante in cui il dolore l’abbia a dir poco sfiancata si sia presto abituata alla situazione e la trovasse di suo godimento. Al ritmo delle mie spinte pelviche rispondeva solo più con una nenia “aaaaaa”.
Continuai senza diminuire o accelerare con movimenti ampi e fluidi. A sentire da quanto era lubrificata sembrava che la cosa le piacesse molto. In una posizione del genere credevo si sarebbe stancata presto e mi avrebbe chiesto di smettere invece sembrava non rendersi più conto né di chi era, né di dov’era, ed ogni fibra del suo corpo sembrava vibrare fino a quando, dopo cinque minuti, esplose in un orgasmo liberatorio, seguito da un urlo che soffocai mettendole una mano sulla bocca.
Eccitato per la situazione, continuai imperterrito a stantuffarla senza pietà. Come segno di ulteriore sfregio mi sputai su una mano, quindi, senza smettere la mia opera trapanatoria, scostai ulteriormente gli slip e cominciai a lubrificare l’ano. Sentii irrigidirsi le chiappe, con il risultato che anche i suoi muscoli pelvici si contrassero, con l’effetto di aumentare l’attrito con il mio uccello.
Come riflesso condizionato rilassò completamente la parte ed il mio dito entrò nell’ano.
Dovette bruciarle parecchio perché tornò a contrarre i muscoli pelvici senza più rilassarli, cosa che, unita al mio incessante movimento, le provocò un secondo orgasmo, se possibile ancora più devastante del primo, che la lasciò sfiancata facendola accasciare esausta sulla tazza.
Dopo 20 minuti di movimento, in un lago di sudore, oramai ero piuttosto vicino all’orgasmo.
Le sollevai la testa, prendendola malamente per i capelli, quindi la trascinai vicino al mio cazzo.
Io: “Apri la bocca”
Lei non capì immediatamente. Incurante del fatto che lei avesse capito o meno le eruttai il mio piacere colpendola sul viso e sui capelli
con tre abbondanti schizzate. Rimase sorpresa e ad occhi aperti.
Il trucco, già rovinato dalle lacrime, adesso colava slavato dalla sborra. Il rossetto sbavato, i capelli con una striscia lattiginosa ed i vestiti bagnati di liquido indefinibile e con un odore nauseabondo completavano il quadretto degno della peggior puttana da bordello.
Trassi tre quadratini di carta igienica dal rotolo appeso al muro, mi pulii la cappella, mi ricomposi, quindi buttai la carta nella tazza e tirai l’acqua.
La guardai e, trovando la scena profondamente ridicola, sghignazzando le dissi: “Vedi di darti un’aggiustata che fai veramente schifo!”.
Girai sui tacchi e me ne andai.
Uscendo dal bar trovai la cameriera che mi guardava con aria contrariata ed incazzata, e mentre stava per aprire bocca misi l’indice davanti alle labbra per dirle “Zitta”.
Aprii il portafoglio, presi due centoni, glie li piazzai in mano.
Mi guardò negli occhi, chiuse la mano e si girò, mentre io uscivo dal locale.
Così &egrave stato il primo vero tradimento di Monica.
Presa brutalmente alla pecorina, in un posto lurido, usata come sborratoio e ridotta a puzzare peggio di una latrina.
Mi sarebbe piaciuto vedere la sua faccia, ma pensavo che, rendendo la cosa così sgradevole e comportandomi così da bastardo, me la sarei tolta definitivamente dai coglioni. Andai allo scannatoio per farmi una doccia e cambiarmi.
Finito l’effetto dell’adrenalina mi resi conto della cazzata che avevo appena combinato.
Cominciai a dare di stomaco.
Oltretutto, dopo essere uscita dal bagno in simili condizioni, se mi avesse denunciato, mi avrebbero sicuramente condannato per violenza sessuale.
In mutande, seduto accanto alla tazza, stavo veramente di merda.
Quanto la realtà &egrave diversa dai racconti. Nei racconti chi scopa le mogli altrui non si pone certi problemi. Sempre a cazzo duro, a trapanare ogni buco impietosamente. Ed io qui come un coglione, pensando al fatto che con una scopata potevo aver appena buttato in merda un’intera vita. Anzi due. Mi misi a ridere istericamente mentre piangevo.
Sentii il telefonino suonare. Lessi il numero, anche se sapevo che non poteva essere che lei.
Attivai la conversazione, ma non dissi niente.
“Sei un bastardo. Un pezzo di merda. Hai visto come mi hai ridotto? E adesso come cazzo ci vado a casa. Ma ti rendi conto? Sono una madre di famiglia. Chissà cosa penserà mio marito. Sono una persona rispettabile, ho la mia dignità e tu mi hai trattato come una troia. Ti odio! Stronzo!”, seguita da singhiozzi. Non chiuse.
La sua analisi impietosa mi aveva fatto male. Ma non c’era una cosa che non fosse assolutamente vera.
Sommessamente dissi “Scusami. Non so cosa mi sia preso”.
Cominciò a piangere a dirotto e ad insultarmi, mentre io, che mi sentivo sempre più una merda, stavo sempre in silenzio.
Andammo avanti per un paio di minuti, fino a che, dopo una serie interminabile di improperi nei miei confronti fino a che disse…
“E mio marito mi sbatterà fuori di casa. E la cosa peggiore &egrave che non ho mai goduto tanto in vita mia”. Quindi chiuse la telefonata.
Restai basito.
Mi diedi una sistemata. Sembravo uno straccio, ma ero presentabile, e chiusi la giornata lavorativa limitando i danni.
Nel tratto di strada che mi riportava a casa mi fermai in aperta campagna a fumarmi una sigaretta.
Presi il telefono spento, lo posai per terra, quindi gli diedi un calcio con gli stivali per romperlo. Passai ancora sopra con la macchina giusto per tagliare di netto ogni rapporto con Monica, ma anche ogni rapporto con una parte oscura del mio carattere, che non conoscevo e che mi faceva particolarmente paura.
Quindi presi l’iphone e chiamai mia moglie, dicendole che sarei giunto a casa a breve.
Piccola parentesi.
Non &egrave una contraddizione. Consiglio a chi intrattiene relazioni extraconiugali di non dare il numero di telefonino “ufficiale” all’ amante, onde evitare spiacevoli intromissioni. Evitare accuratamente i dual sim, perché comunque eventuali messaggi finiscono nel calderone, ed aprire un telefonino e sbobinare i messaggi o le chat &egrave una cosa semplicissima.
100 euro di smartphone e 10 euro di ricaricabile, 30 euro di caricatore da auto e power bank, il tutto tenuto al di fuori della portata del partner e non si lasciano tracce.
Per chi se lo sta chiedendo, di telefonini “ufficiosi” ne ho almeno una decina. Uno via l’altro.
Fine parentesi.
Passarono un paio di settimane. La mia vita sentimentale accanto alla principessa di ghiaccio procedeva con la solita calma piatta mentre con l’affascinante dottoressa proseguiva in maniera decisamente più piacevole.
Era un Martedì sera, dopo cena. Mi squillò l’iphone, lessi il numero e sbiancai. Era Monica. Come cazzo aveva avuto il mio numero, quello vero? Con mia moglie che mi guardava con aria indagatoria seduta di fronte, risposi in maniera sintetica:
Io: “Ciao, dimmi”
M: “Devo vederti. Dobbiamo parlare”
Sospirai.
Io: “Mi sembrava che avessimo chiarito il… discorso e che non ci fosse più niente da dire in merito”
M: “Chiarito un cazzo. Devo vederti punto e basta”
Io: “La cosa &egrave decisamente fuori questione, visto cosa &egrave successo l’ultima volta, per cui…”
M: “Sentimi bene. E’ proprio per quello che &egrave successo che ti devo vedere. Se non mi dici di si lo chiedo a tua moglie.”
Io: “Ok. Chiarimento al bar…”
Non riuscii a finire la frase che ribatté:
M: “Bar un cazzo. Ci vediamo nell’appartamento. Domani alle 17. E non trovare scuse se no faccio un casino”
Io: “Va bene, ok..”
Mise giù senza lasciarmi finire, lasciandomi sospeso nei miei pensieri.
Io: “Un rompiballe del lavoro. Domani sera alle 17 ho un appuntamento. Spero che non sia una cosa troppo lunga”.
La nottata trascorse in maniera agitata.
Arrivai puntuale. Mentre parcheggiavo la moto la vidi che scendeva dalla sua auto e mi corse incontro.
Mi scrutava negli occhi con aria incazzata. Senza aprire bocca. Salimmo in casa restando in silenzio.
Mi feci dare lo spolverino, e la invitai a sedersi ma rimase in piedi, in silenzio.
Camicia, maglione e jeans. Pantofole da ginnastica ai piedi.
Mi avvicinai e le chiesi: “Che cosa vuoi da me? Mi hai fatto venire fino a qui per rimanere in silenzio?”
Sottovoce mi rispose: “Scopami!” e mi si avvinghiò per baciarmi.
La sollevai di peso rispondendo al suo bacio e la portai nella camera da letto.
L’adagiai sul letto, le sollevai il maglione, dopo di che presi i lembi della camicetta e strattonai con forza, facendo saltare i bottoni.
Cominciai a baciarla dappertutto, con foga ma con lentezza. La lingua percorse ogni centimetro di pelle dal collo all’ombelico, soffermandosi su quest’ultimo, mentre goffamente aprivo i jeans e tentavo di sfilarli.
Quando questi furono alle gambe le abbassai anche gli slip, quindi mi staccai da lei e le tolsi tutto.
Rimase sdraiata sul letto nuda, con solo un paio di calzini di spugna ai piedi.
Mi tolsi il gilet in pelle e la camicia, mi abbassai i jeans rimanendo con i pantaloni in fondo ai piedi, quindi tirai fuori dal boxer il pisello e mi avvicinai.
Eccitata mi disse: “Dammelo subito!”
Le risposi. “Zitta. Qui comando io. Se non ti sta bene smetto e te ne vai fuori dai coglioni”. Mi abbassai e cominciai a leccarle la fica con studiata lentezza.
Sembrò gradire il trattamento, fin troppo perché il suo respiro si fece molto affannoso. Misi allora una mano sul suo seno destro e, preso il capezzolo tra pollice ed indice e le intimai “Vedi di non venire che se no ti faccio male sul serio”, mentre lei si trovava in un limbo di sensazioni miste, tra il piacere della mia lingua che lavorava il suo sesso ed il dolore al seno.
La sua fica era oramai lubrificata a dovere, e presala per il bacino, la avvicinai al mio. Era sdraiata, e le alzai le gambe verso la sua testa e tenendole larghe. Quindi le appoggiai il membro sulla passera ed iniziai a massaggiarle le grandi labbra con la cappella. Inarcò la schiena spingendo la testa all’indietro, mentre chiudeva gli occhi.
Il trattamento doveva piacerle molto, ma era tempo di ricordarle sensazioni più profonde, per cui, con un movimento secco del bacino la penetrai.
Urlò.
Rimasi fermo per circa dieci secondi e poi cominciai a fotterla impietosamente. Rispetto alla volta precedente, stavolta assestavo spinte secche alternate a trazioni molto lente per quasi tutta la lunghezza del cazzo.
Mi piaceva sentirla mugolare. Vedevo il suo corpo contrarsi e rilassarsi in sintonia perfetta con la mia danza pelvica. Mi chinai verso di lei per baciarla. Rispose al mio bacio appassionatamente, cacciando la sua lingua nel mio cavo orale. Allontanai le sue labbra dalle mie iniziando a succhiare la sua lingua in una specie di pompino alla lingua, in alto ed in basso, perfettamente in ritmo con i movimento del mio basso ventre.
Mi spostai a baciarla dietro all’orecchio destro, leccandola e mordendole il lobo, e le sussurrai…
“Era questo quello che volevi?”
Il suo respiro era ormai affannato, non rispondeva ed allora glie lo urlai: “Era questo che volevi da me?”
Lei venne urlando “Siiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii…”. Il suo corpo si contrasse, quindi si rilassò.
Eccitato dalla situazione e massaggiato dalla contrazione dei muscoli della sua vagina, venni anche io subito dopo, inondando il suo sesso con quattro abbondanti fiotti di sperma. Le ero clamorosamente venuto dentro.
Nonostante il climax lasciai il mio membro dentro di lei e mi avvicinai per baciarla.
La presi tra le braccia per farle sentire il calore del mio corpo e per farla sentire protetta.
Passarono dieci minuti e poi iniziò a ridere e piangere.
Io: “Che hai?”
M: “Fino all’altro giorno ero una moglie fedele e adesso invece sono venuta a farmi sbattere come una troia. Dovrei essere vergognata ed invece sono felice perché ho goduto come una pazza. Sto provando sensazioni a cinquant’anni che non credevo possibili. Ma che cazzo mi sta succedendo?”
Io: “Credo che stai solamente prendendo coscienza di quanto tu possa godere”
M: “Se questo &egrave il paradiso voglio andarci subito”
Io: “Questo non &egrave il paradiso. E’ la vita reale. Che purtroppo &egrave già abbastanza incasinata. Almeno la mia. Ti rendi conto che quesa cosa può solo finire male?”
Monica si rabbuiò in viso. Mi guardò negli occhi.
M: “Sono arrivata a casa in uno stato pietoso e lui non se n’&egrave neanche accorto. Non ho voluto saperne di avere rapporti con lui per una settimana e poi dopo siamo ritornati al solito tran tran. Non ho avuto neanche un orgasmo. L’unico che ho avuto &egrave stato ripensando all’altro giorno nel bagno, mentre mi masturbavo. Eppure lo amo.”
Io: “E quindi?”
M: “Ho voluto rivederti per convincermi che era tutto uno sbaglio. Che era solo una convinzione momentanea. Ed invece oggi ho goduto come non mai e sento che voglio godere sempre così”.
Io: “Che cosa hai intenzione di fare quindi?”
M: “Non lo so. Non so come la metterò con mio marito. In compenso so quello che farò adesso.”
Sorrise, mi guardò negli occhi, quindi prese con la mano il mio membro ed iniziò un lento massaggio. Avvicinò la bocca, quindi, partendo dalla cappella leccò il cazzo, che man mano stava riacquistando la sua consistenza, lungo tutto la sua lunghezza fino ad arrivare ai coglioni. Voleva gustarsi il misto dei nostri sapori.
Quindi mi venne vicino e mi baciò in bocca, facendomi assaporare quel misto inebriante sapore del nostro amplesso.
Dopo una rapida doccia se ne andò, senza mutandine e con la camicetta senza praticamente un bottone.
Sentii l’iphone vibrare.
Un whatsapp diceva “Settimana prossima?”
Presi un nuovo telefonino e le risposi
“Stesso posto e stessa ora”

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