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Erotici Racconti

A CENA CON LA ZIA

By 4 Novembre 2022One Comment

A CENA CON LA ZIA
di gattone blu.ottobre 2022

Mi sono invaghito di mia zia. Questa affermazione sconcerterà la maggior parte di voi, ne sono
sicuro. Ma vi prego di sentire tutta la storia prima di giudicare. E, soprattutto, datemi prima il
tempo di descrivere la protagonista.
Mia zia si chiama Mimma. Ha 45 anni ma è ancora molto attraente e ne dimostra almeno 10 di
meno. E questo benché lei la sua età non la nasconda affatto, anzi, ci giochi, come tutte le
donne consapevoli della propria bellezza e del proprio fascino.
Le rughe che le si vedono ai bordi degli occhi danno solo più risalto ai suoi occhi verdi e
luminosi. Conserva civettuolamente qualche ciocca argentata in mezzo alla chioma di capelli
corvini che tiene di solito lunghi all’altezza delle spalle. L’età ha donato morbidezza al suo
corpo ma non ha appesantito la sua linea: ha una vita ancora abbastanza piatta e sottile, tanto
da sottolineare un seno abbondante e un paio di fianchi grandi e rotondi, nei quali qualunque
uomo – sì, anche voi che avete fatto una smorfia all’inizio – vorrebbe affondare il viso. E poi ci
sono le sue gambe. Le gambe di zia! Mi chiedo come faccia alla sua età ad avere ancora un
paio di gambe così, lunghe e ben formate, la caviglia affusolata, la curva regolare del
polpaccio, le ginocchia dall’ovale pieno.
Sono loro le responsabili di alcuni dei miei primi turbamenti adolescenziali. Un giorno, ad
esempio, ricordo, nel salotto di casa mia, stavo accovacciato a terra a guardare la tv, mentre
lei leggeva il giornale seduta sul sofà. A un certo punto, distrattamente, lei accavalla le gambe.
La gonna le scivola un po’ indietro e io, per alcuni minuti,ho la possibilità di bearmi della
vista delle sue cosce su, su fino al bordo delle calze.
Perché oltre che una gran figa mia zia è una donna affascinante e di classe e il suo look è un
elemento essenziale del suo fascino. Dopo dieci minuti che si è in sua compagnia, vi assicuro,
ci si dimentica della sua età e si resta stregati dalla sua simpatia e dalla sua intelligenza. è una
donna colta e informata e dotata di senso dell’umorismo, capace di far battute di spirito e
sempre pronta a ridere di tutto, con una risata allegra, che resta impressa, sonora e contagiosa
com’è: la zia la si sente ridere da lontano, con la testa rovesciata all’indietro e il seno che le si
gonfia in questo gesto sotto la camicetta.
Zia è rimasta vedova circa tre anni fa, ma la cosa l’ha tutt’altro che depressa. è rimasta una
persona allegra e aperta di mente, una donna cui piace tenersi informata su tutto e curare il
suo aspetto. Veste in modo sempre classico, gonne dritte al ginocchio o appena sopra, tacchi
alti – sempre – e calze scure velate che sottolineano la linea delle gambe. Il trucco, i gioielli, il
profumo, tutti i dettagli, sempre appropriati anche quando esce per la spesa, contribuiscono al
suo charme.
A questo punto devo dirvi di me. Non pensiate che sono un adolescente foruncoloso, in esubero
di ormoni, che si masturba furiosamente mentre cerca di occheggiare le gambe delle donne di
casa. Sono figlio unico di una famiglia alto-borghese. ben piantato, palestrato, non più vergine
da parecchio. Ho un discreto successo con le ragazze e non ho mai disdegnato le mie coetanee.
Voglio dire che a parte l’episodio che vi ho descritto e qualche altra sbirciatina galeotta ogni
tanto, a cui probabilmente devo l’aver sviluppato un certo feticismo per le gambe femminili

inguainate dal nylon, non è che vedessi mia zia come un oggetto sessuale. è vero però che
della famiglia, con lei ho sempre avuto un rapporto speciale.
Sarà che abbiamo in comune un certo atteggiamento positivo per la vita e i suoi piaceri (che
magari ho ereditato proprio da lei), la disponibilità a vedere le cose con le lenti dell’ironia ,fatto
sta che fra noi c’è sempre stata una buona confidenza. Molte volte, durante qualche pranzo di
famiglia lungo e insopportabile mia zia, vicino alla quale devo dire cerco sempre di capitare
seduto, mi ha sussurrato all’orecchio frecciate ironiche nei confronti di questo o quel parente.
Spesso si è informata discretamente sulla mia vita sentimentale, mettendomi in guardia da
quelle che lei chiama “cacciatrici di matrimonio”. E non manca mai di apostrofarmi come il suo
“bel nipote” quando mi presenta a qualche sua amica, facendomi poi arrossire quando mi dice
che ho fatto colpo, che deve tener nascosto il mio numero di cellulare, e così via scherzando.
Io del resto non mi faccio mancare la possibilità di farle un complimento, notando una nuova
acconciatura o un nuovo profumo. E lei mi dice “grazie” sgranando e accendendo i suoi begli
occhi, come se avesse scelto quel taglio o indossato quel capo proprio per farmelo notare e
avere il mio apprezzamento. Zia è il tipo di donna che sa come far sentire un uomo il signore
dell’universo!
Io passo a trovarla a casa sua abbastanza spesso, perché mi piace chiacchierare con lei, anche
confidarmi, sebbene non mi sia mai spinto a rivelarle aspetti intimi delle mie storie con l’altro
sesso. Zia mi accoglie sempre con calore, mi abbraccia, fa quasi sempre qualche
apprezzamento al mio aspetto fisico che riesce ancora a farmi arrossire.
Penso sia stato per questo che, sebbene non sia proprio naturale che un nipote chieda un
appuntamento alla propria zia, nessuno ha fatto particolarmente caso il giorno che l’ho invitata
a uscire con me.
Zia è venuta a trovarci e chiacchiera con mamma. Io entro in salone e dopo averla salutata con
un casto bacio sulle guance mi fermo con loro.
Maggiorenne da qualche mese, ho appena superato gli esami per la patente e fra pochi giorni
mi verrà consegnata una BMW, regalo dei miei. Quando lo viene a sapere, zia manifesta
apprezzamento per la scelta della macchina pronosticando che mi aiuterà a far colpo.
Ridiamo tutti e io, senza pensare, dico: “Allora, quando vuoi ti ci faccio fare un giro”.
“Con me sarebbe sprecata” ride zia di rimando. Ride anche mia mamma che però, distratta
dalla voce della cameriera, si alza e ci lascia soli per un momento.
Non so cosa mi prende, il discorso è bell’e morto lì, il solito scambio di innocue moine che si
fanno in questi casi. “Sul serio, zia – invece insisto – posso portarti fuori a cena, così la
festeggiamo? ” Agisco d’istinto, non sto a pensare a quel che dico. Forse conta il fatto che quel
giorno zia sembra particolarmente sbarazzina. Ha un look molto sportivo: i capelli sono raccolti
in una coda di cavallo, indossa una camicetta abbastanza attillata che porta fuori dalla gonna
scura e quest’ultima ha uno spacco anteriore, non alto, ma sufficiente a darmi una buona
visuale delle sue ginocchia velate da fini calze nere. Il profumo intenso che mi ha invaso le
narici quando mi sono chinato su di lei completa il quadro.
“Forse dovresti inaugurarla con una tua coetanea, la macchina nuova” mi dice zia sorridendo e
guardandomi.
“Le mie amiche le vedo sempre, a te non ti ho mai portato fuori una sera, mi piacerebbe,
perché no? “. Poi aggiungo “a meno che non mi ritieni un ragazzino che non è capace di

accompagnare a cena una signora… o non ti fidi di me come autista?
“No, no, no – ride – d’accordo, accetto l’invito. ”
“Allora, l’hai convinta? ” chiede mia madre che rientra e ha sentito la risposta di zia. “A quanto
pare, avrò questo onore” dice lei e rivolta a me mi sorride ancora. Quando, poi, dopo sta per
andar via, nel salutarmi mi dice “Allora, telefonami quando vuoi, mi terrò libera” e, sporgendosi
a salutarmi con il solito bacio sulla guancia “ci conto” aggiunge.
Nei giorni successivi l’attesa per la consegna della BMW si fonde con una certa emozione per
l’appuntamento preso. Io stesso non riesco a spiegarmi la
mia inquietudine. Si aspetta davvero che la chiami? Bè, certo perché non dovrei? Mi sento
imbarazzato a portare fuori mia zia. Perché, che c’è di strano nel portare al ristorante la propria
madre o una zia o una zia e passare una serata insieme? Tanto più che zia non è certo una
tardona che mi farebbe sfigurare. Come devo comportarmi? Ma come vuoi comportarti, come al
solito, non è mica un appuntamento galante.
Ecco, la verità che non confesso nemmeno a me stesso è che la situazione m’intriga. Mi
stuzzica l’idea di passare una serata con mia zia, quando in altre circostanze il mio obiettivo
sarebbe quello di finire a letto con la ragazza che porto fuori.
Rimuovo questi pensieri e lo stesso giorno che il concessionario mi avverte che l’auto è pronta
da ritirare mi precipito a scegliere il ristorante. Poi telefono a mia zia.
“Mantenuta la promessa, l’auto è arrivata e io sono qui. Allora, sei libera domani sera? ”
Sento il solito risolino dall’altra parte del filo. “Libera per cosa? ”
Zia gioca con me, vuole che faccia le cose formali: “Posso invitarti a cena domani sera?
semprechè tu non abbia impegni e gradisca la mia compagnia” faccio io.
“Mah, non so …” è la risposta.
Dal mio silenzio improvviso deve essersi capita la delusione, così lei si mette a ridere e
prosegue precipitosamente: “Ma sì, ma sì, scherzavo. Anzi aspettavo la tua telefonata. A che
ora vieni a prendermi? ”
“Direi alle otto e mezza, ho prenotato da **** per le nove”
“Ahh, un posto trés chic. Dovrò farmi elegante” sono le sue ultime parole.
L’indomani lo passo con un certo batticuore. Mi accorgo che il piacere di sapere di avere una
BMW nuova fiammante nel mio garage è passato in assoluto secondo piano di fronte alla
prospettiva della serata con Mimma. Ma cosa mi aspetto da questo appuntamento? mi chiedo.
Niente, mi rispondo, solo una serata piacevole in compagnia di una donna affascinante che è la
sorella di mia madre. Zia non è una sfitinzia e non è nemmeno la madre del mio amico Paolo,
una quarantenne sexy che pare non disdegni inviti galanti da parte degli amici di suo figlio.
Devo solo pensare a far bella figura perché zia è una donna di classe e la sto portando in un
ristorante da duecento carte a cranio, non in pizzeria. Occhio alle gaffe.
Quando si fa l’ora mi preparo con sorprendente cura. Abbandono gli abiti sportivi e scelgo un
paio di pantaloni con un blazer blu. Metto anche la cravatta.
Mentre guido verso casa sua un nuovo pensiero mi balena in mente. Come sarà vestita?
Speriamo che non metta i pantaloni. Ma sei scemo? prontamente mi dico, e se anche mettesse
i pantaloni a te che te ne importa? niente, ma sarebbe un peccato, con quelle belle gambe che
ancora sfoggia …
Ormai sono arrivato sotto casa sua. Cosa ha scelto di indossare fra poco lo scoprirò

direttamente. Ma l’ultimo pensiero prima di citofonare è: chissà se mette qualcosa di speciale
per me?
“Lucio, amore, vieni su che non sono ancora pronta. ”
La porta del suo appartamento è appena accostata. Zia mi chiama dal bagno: “Devo mettere
solo il rossetto. Appena un minuto. ”
Mi avvio verso la sua voce e, arrivato sulla soglia del bagno, la vedo protesa verso lo specchio
mentre si passa il rossetto sulle labbra, così posso osservarla con calma.
Zia ha un vestito nero che la fascia molto, tenuto su da due sottili spalline. Un velo di chiffon
trasparente le copre le braccia e le spalle che altrimenti sarebbero nude. L’orlo del vestito cade
asimmetrico un po’ sotto il ginocchio, il lato più corto animato da uno spacco che, mentre lei è
ferma e in piedi, lascia intravedere la sua coscia. Ai piedi zia porta un paio di eleganti scarpe di
vernice nera con i tacchi a spillo più alti chele abbia mai visto – saranno almeno dieci
centimetri – che slanciano le sue gambe inguainate in seriche calze nere con la riga dietro
(addirittura! ).
Resto qualche secondo rapito a fissarla passarsi il rossetto sulle labbra, finché lei mi guarda con
la coda dell’occhio e le parole mi sgorgano da sole fuori dalla bocca. “Accidenti, zia, sei
splendida”
“Grazie. Non volevo farti sfigurare. Anche tu sei carino. ”
Chiude lo stick del rossetto, lo mette in borsa e passandomi accanto mi precede verso la porta.
“Hai perfino le calze con la riga”, non riesco a trattenermi dal dire. Non è una cosa che si dica a
una signora di una certa età, specie se si tratta di vostra zia. E poi si fa la figura del ragazzetto
che non ha mai visto che collant da supermercato. Ma ormai l’ho detto e vengo infatti
rimproverato mentre lei mi porge la pelliccia per farsi aiutare a indossarla. “Ma che nipote
insolente. Cosa fai? guardi le gambe di tua zia? ”
La pelliccia mi esenta dal dover rispondere ma mi permette di osservarle il décolleté, che le
coppe abbastanza succinte del vestito lasciano aperto e difeso solo dalla trasparenza dello
chiffon.
Quando siamo finalmente per strada zia commenta con un “uau” di ammirazione la linea
filante della BMW. Io apro lo sportello dal suo lato e glielo tengo aperto mentre lei scivola
dentro. “Come sei galante” dice mentre prende posto. Se sapesse invece che io sono
ipnotizzato dal fatto che, complice la pelliccia sbottonata e l’assetto sportivo dei sedili, nel
sedersi il vestito le è scivolato sulle gambe e dalla parte in cui si apre lo spacco ha rivelato il
bordo più scuro delle calze: a questo punto non possono esserci più dubbi, zia ha messo anche
il reggicalze!
In macchina, zia si mette comoda. Durante il tragitto si interessa alle caratteristiche della
macchina, mentre io appena posso mi giro a guardarla e,
con la coda dell’occhio, le sbircio ora le ginocchia ora le caviglie. Una parte di me vorrebbe che
gli amici mi vedessero in compagnia di una così bella donna, l’altra parte di me vuole invece
godersela in piena e beata solitudine.
Al ristorante, seduti a un tavolo appartato, posso finalmente osservarla con comodo. Sono
lusingato nel constatare che si è curata particolarmente per l’appuntamento. è stata dal
parrucchiere, si vede, i capelli sono raccolti dietro la nuca in un complicato chignon che le
mette in risalto la nuca.

Sotto il mento la pelle le trema un poco, alla base del collo la pelle non è più fresca e mostra le
rughe, ma chissenefrega. Un rossetto carminio le rende le labbra più piene del solito. Un
ombretto blu e il mascara le evidenziano gli occhi verdi.
Zia è proprio al top del suo charme, stasera. Io ordino il vino dandomi arie da intenditore. Lei lo
nota e mi stuzzica prendendomi in giro. Non mi tratta come il nipotino ma proprio come se fossi
il suo cavaliere. La conversazione si fa intima, sensuale. Mentre aspettiamo le portate, le
ammiro sfacciatamente la scollatura intrigante tra le trasparenze dello chiffon. Mi racconta le
sue giornate, piene di occasioni mondane, vernissage di mostre, beneficenza e altre cose del
genere cui si dedicano le signore benestanti e sole. Azzardo qualche lieve complimento
ipotizzando che ha modo di conoscere molti corteggiatori. Lei si schernisce, chiedendomi di
rimando chi, secondo me, dovrebbe corteggiarla. La risposta mi muore in gola, per improvvisa
timidezza (vorrei rispondere: io, io ti corteggerei se non fossi tuo nipote! ).
In quel momento – complice il silenzio caduto improvvisamente – colgo il fruscio del nylon,
provocato dalle gambe che lei evidentemente ha accavallato sotto il tavolo. Questo dolce soffio
si ripete più volte, zia accavalla e scavalla le gambe e ogni volta lo strofinio delle sue calze
colpisce i miei sensi all’erta. Il pensiero che lei ha indossato, stasera, per uscire con me, un
reggicalze mi si pianta nel cervello e mi fa osare. A un certo punto, all’ennesimo movimento di
gambe, provo il trucco più vecchio. Lascio cadere il tovagliolo sotto il tavolo e mi chino a
raccoglierlo. La mia audacia è ricompensata: in quel momento zia tiene le gambe accavallate
con classe, il mio sguardo sale dal tacco lungo la caviglia al ginocchio e, poi, su per la coscia
che lo spacco del vestito lascia scoperta, fino alla larga fascia scura che borda la calza e, oltre,
fino alla porzione di coscia nuda su cui spicca il reggicalze.
Quando riemergo la tensione che per tutta la sera ho avvertito dietro la patta dei pantaloni si è
trasformata in una esplicita e poderosa erezione e io prego di non dovermi alzare in quel
momento per non sputtanarmi davanti a tutti. è Mimma che invece mi chiede: “Scusa, ti lascio
un attimo per andare alla toilette a rinfrescarmi il rossetto. ” Io deglutisco senza rispondere e
mi affretto a bere un sorso di vino per nascondere l’emozione. Lei si alza sinuosa dal tavolo e
mentre si allontana posso osservarle il magnifico culo che il vestito le disegna.
Quando torna mi racconta ridendo che un’altra donna, nella toilette, le ha sorriso
maliziosamente. “Secondo me ci ha notato – è l’interpretazione di mia zia – e pensa che tu sia
un gigolo o qualcosa del genere. ”
“Allora, ti fa un torto. Una donna piacente come te non avrebbe certo bisogno di pagare, ”
replico, sollevando il bicchiere verso di lei
“Touchè” risponde portando a sua volta il bicchiere alle labbra e mentre si rilassa sullo
schienale della sedia sento, ancora, una volta il suono delle gambe che si strofinano fra di loro,
solo che questa volta il suo ginocchio sfiora il mio trasmettendomi un’autentica scarica
elettrica.
Quando usciamo dal locale la guido verso la macchina poggiandole una mano intorno alla vita.
Sento quasi dei brividi. L’aria fresca della sera mi snebbia un po’ la mente ma il rientro mi
riserva nuove emozioni. Una volta in macchina, infatti, zia si allunga languidamente sui sedili.
Le sue ginocchia finiscono a pochi centimetri dalla leva del cambio e quindi della mia mano.
Non contenta, accavalla nuovamente le gambe. Adesso ogni volta che cambio marcia, non è
difficile che il dorso della mano sfiori la superficie serica del ginocchio. Lei non fa nulla per

scostarsi. Non ho mai usato tanto la quinta guidando in città.
Quando arriviamo sotto casa, parcheggio, ed è l’ora dei saluti. è lei a rompere il silenzio: “è
stata proprio una splendida serata, grazie caro” mi dice raddrizzandosi sul sedile.
“Sono felice di sentirtelo dire. Anch’io sono stato molto bene con te”. E poi aggiungo con aria
spiritosa: “Se non fossi mia zia, ti chiederei di farmi salire a bere ancora qualcosa…” Questa
frase me la sono preparata durante il percorso di ritorno. Voglio fare il disinvolto a ogni costo.
Non so cosa mi attendo in risposta, ma naturalmente, ho sottovalutato zia: “Davvero, allora,
visto che sono tua zia non ti invito a salire come stavo per fare …”
Eccomi qui rimesso al mio posto. Ho perso un’occasione per tacere. Zia comprende la mia
umiliazione, mi sorride con il sorriso forse più caldo della serata, poi si piega verso di me e
dopo aver sfiorato senza toccare le mie labbra con le sue depone un bacio quasi all’angolo
della mia bocca. Poi dice ancora qualcosa a proposito della bella serata e mi lascia lì, intontito
dalla miscela tra eccitazione e dabbenaggine che ho esibito.
Tornato a casa non mi vergogno a confessare che – per allentare la tensione – mi sparo una
bella sega, pensando a Mimma, al suo corpo maturo, alle sue gambe mozzafiato. Poi sono
assalito dai sensi di colpa.
Sensi di colpa che durano ancora i giorni seguenti, durante i quali per quanto mi sforzi di non
pensarci la testa torna agli episodi di quella sera.
D’accordo è ancora una bella donna ma questo lo sapevi già, no? Sì, il reggicalze, i tacchi alti,
lo spacco, ma zia veste sempre con gusto e ricercatezza: sapeva di andare in un posto
elegante e si è messa in tiro, il reggicalze per una signora della sua età è normale, non significa
nulla. Ma cosa vuoi che significhi? E il bacio sulla bocca? Guarda che non è stato un bacio
“sulla” bocca, ma vicino la bocca: era un normalissimo bacetto di buonanotte sulla guancia,
tutto qui, tu eri fermo come un salame e lei ha sbagliato mira ….
Fatto sta che a questo punto sono infoiato da urlo e non dormo la notte. Per sfogarmi, visto che
in questo periodo non ho legami fissi, mi metto alla ricerca di qualche tipa della comitiva che ci
stia. Dopo qualche telefonata combino per il venerdi sera: dovrò portare anche lei al ristorante
e sarà una grossa caduta di tono, ma i suoi sono fuori per il weekend e la casa è libera. Così mi
toglierò zia dalla testa.
E invece è lei, che dopo una settimana di silenzio, si fa viva al telefono. “Non ti sei fatto più
sentire – esordisce, costringendomi subito sulla difensiva: io? ma se non ho fatto che pensare a

te …. – Volevo ringraziarti per la bella serata ricambiando. Hai impegni per domani sera? ” “N-
no” rispondo già pensando alla scusa con cui scaricherò la tipa, quando ancora non so cosa

voglia propormi mia zia. “Allora, ti invito a cena, ti va? ”
“Sì, certo, volentieri. ” “Però non al ristorante, troppa folla, troppo complicato. Vieni da me,
d’accordo? Guarda che sono una buona cuoca, non te ne pentirai. ” “Va bene. ” “Perfetto.
Domani sera alle nove. Da me. Quando l’indomani sera mi presento sotto casa sua, il cuore – per quanti sforzi faccia- non la
vuole smettere di pompare più forte. è ridicolo che sia emozionato all’idea di andare a casa di
zia dove sono stato centinaia di volte. Ma per quanto me lo ripeta da tutto il pomeriggio, non
c’è verso di placare una certa ansiosa inquietudine che mi ha invaso. Non mi aiutano alcuni
gesti incomprensibili che compio. Come presentarmi con un mazzo di rose.
I fiori ci stavano bene. Ma rose, e rosse. Faccio la figura del deficiente, ma cosa mi ha preso?

E infatti appena offro le rose a mia zia il suo commento, dopo avermi ringraziato, è: “Rose
rosse! ma se porti rose rosse a tua zia alla tua ragazza che porti? ” Però le annusa con piacere
e corre a metterle in vaso. Mentre armeggia con il mazzo la guardo. Per mio sollievo niente
trasparenze e spacchi da urlo: un vestito lungo, di un tessuto un po’ elasticizzato che lo rende
aderente nei punti giusti, con una fila di bottoni davanti e uno scollo a V profondo ma non
troppo largo. Ma quando lo sguardo si abbassa non posso fare a meno di notare che indossa
calze nere quasi lucide e un paio di scarpe décolleté dai tacchi ancora più alti di quelli dell’altra
sera. Saranno almeno 15 centimetri e la rendono addirittura più alta di me. Il trucco è curato
come sempre, i capelli, una novità, tirati con il gel dietro la nuca, in un’acconciatura che la
ingiovanilisce. Glielo dico e lei mi ringrazia: “Grazie, sei sempre un tesoro. Meno male che tu
non sei un tipo avaro di complimenti. I complimenti alle donne fanno sempre piacere. ”
Ha apparecchiato nella sua ampia cucina-tinello. Sul ripiano di cristallo vedo tovagliette di
fiandra e candele accese.
L’atmosfera è subito intima e rilassante. Con zia scherziamo e chiaccheriamo di tutto
liberamente. Come la sera precedente la sua compagnia è meravigliosa e il tempo vola. I miei
sensi si stanno acquietando: è una normale cena tra zia e nipote, resa appena diversa dal solito
dal fatto che la zia in questione è proprio una bella figa. Ooops, non dovevo pensarlo questo.
“Che hai? Qualcosa non va? Ti sei perso improvvisamente. ” Figuriamoci se non se ne
accorgeva. “Niente, pensavo. ” “A cosa, ti annoio? ” “Ma cosa dici! chissà quanti uomini
vorrebbero essere al mio posto…” La mia vocazione a mettermi nei guai…. “Bisogna vedere se
sono io a volere altri al posto tuo…Tu sei il mio nipote preferito, ma anche se non lo fossi, ti
assicuro che fa molto bene al cuore di una vecchia signora come me essere guardata come mi
guardavi tu l’altra sera. O, per meglio dire, essere spogliata con lo sguardo…”
Lascia la frase in sospeso e mi lancia un’occhiata maliziosa. Sento il rossore imporporarmi le
guance. Maledizione, odio arrossire. D’altra parte zia si è messa a ridere. Sto allo scherzo: “La
colpa è anche tua sei così … (sto per dire seducente, poi ripiego su un più generico)
affascinante che è impossibile non ammirarti. ” “Ah! è per ammirazione che sei stato tutta la
sera a buttar l’occhio dentro la mia scollatura o sotto il vestito? ” Adesso la mia disinvoltura è
definitivamente andata a farsi benedire. Mi sento un idiota perché non so cosa rispondere,
perché mia zia dice queste cose sempre con un mezzo sorrisetto che non si capisce se è
incazzata o scherza, perché, infine, il cuore ha ripreso a bussare con forza e, anche in mezzo
alle gambe, qualcosa si è svegliato.
Ma lei continua, implacabile: “Guarda che non sono una ragazzina inesperta come quelle che
frequenti tu. Alla mia età un trucco come quello del tovagliolo non sfugge mica, sai? Mi sono
accorta quando l’hai lasciato cadere per guardarmi le gambe sotto il tavolo. ”
Sono imbarazzato come un bambino. Non riesco a far altro che ad abbassare gli occhi e
farfugliare qualche parola di scusa.
“Ma non ho detto che mi ha dato fastidio” aggiunge lei e mi guarda, fisso negli occhi. Per un
istante il silenzio tra noi si può tagliare con il coltello. Poi, con gesto volutamente plateale,
prende un tovagliolo e lo lascia cadere. “Guarda, mi è caduto il tovagliolo. Me lo raccoglieresti
per favore, Lucio? In queste circostanze non pensi, non puoi pensare. Mi chino e vedo il tovagliolo, più o meno a metà strada fra me e Mimma. Ma vedo anche qualcos’altro: il vestito di zia è adesso un po’sbottonato e lascia scoperte le gambe fino alle ginocchia. Allungo la mano per prendere il
tovagliolo ma zia allunga improvvisamente una gamba, arpiona il tovagliolo con il tacco
chilometrico e con un colpo nervoso della caviglia lo fa scivolare sotto la sua sedia. Adesso per
prenderlo devo mettermi proprio in ginocchio sotto il tavolo e far passare la mano fra le sue
gambe che adesso si sono schiuse e hanno fatto risalire così i lembi del vestito sulle cosce. Ci
sono quasi. Allungo la mano, il mio viso è a così pochi centimetri dalle gambe velate di nero di
zia che di certo sente sulla pelle, attraverso le calze, il mio respiro affannoso, quando lei
accavalla di scatto una coscia sull’altra.
Adesso davanti me vedo in tutta la sua lunghezza la gamba di zia inguainata nella calza, ne
posso osservare la trama sottile, il bordo più scuro ricamato, il bottoncino del reggicalze che la
sostiene, la pelle nuda della coscia scoperta. La mia mano è a pochi millimetri da tutto questo.
Mi basterebbe sollevarla appena per accarezzare la gambe di zia attraverso la seta che le
avvolge. Invece l’abbasso, afferro il tovagliolo e rimergo, letteralmente in apnea.
Zia mi ringrazia e mi dice di accomodarmi sul divano del salone mentre lei prepara il caffè.
Eseguo quasi come un automa, ma lieto di poter restare un attimo da solo a pensare a quel che
è successo. Il gioco di gambe messo in scena a mio uso e consumo è stato intenzionale.
Perché? Vuole torturarmi per prendermi in giro? è offesa dai miei maneggi e mi ripaga della
stessa moneta? Vuole punirmi ridicolizzandomi? Intanto il cuore nel mio petto e la punta del
mio uccello rigido come un palo pulsano violentemente.
Zia entra con il vassoio del caffè in mano. Lo depone e si china a versarlo nelle tazzine. Non mi
guarda nemmeno. Poi prende la sua e si siede sulla poltrona davanti a me. E ora posso vedere
che ha slacciato la fila dei bottoni sul vestito fino alla vita. E la mia vista è totalmente libera
sulle sue cosce profilate dal reggicalze. Non solo: le accavalla, facendo frusciare le calze, ben in
alto, che posso perfino intravedere mutandine di pizzo, e poi non contenta strofina ancora le
gambe e l’elettricità che produce si trasmette all’aria della stanza e da lì ai miei nervi e poi al
mio cazzo che freme in risposta.+++++++
Zia mi sta provocando sfacciatamente e io non sono più in grado di reagire.
“Sai l’unica cosa che è mancata l’altra sera? ” domanda quando ha finito di sorseggiare il caffè.
“Non mi hai portato a ballare. Mi sarebbe piaciuto. ”
Non aspetta nemmeno una risposta che non può venire. Si alza e va a mettere un cd sullo
stereo. è un lento. Mi si avvicina e mi prende le mani: “Devo invitarti io a ballare? “.
Mi alzo e le metto le mani intorno la vita mentre lei le allaccia dietro le mie spalle. “Cos’è sta
roba? tu un lento lo balli a un metro di distanza? ”
“No, è che …” balbetto. ” …. è che ti vergogni di fare capire a tua zia che la desideri? ” Mi attira
a se con decisione facendomi aderire al suo corpo.
“Guarda che di cazzi duri ne ho già sentiti parecchi. E il tuo non mi disturba. Anzi sono
lusingata di riuscire ancora a farlo venire duro a un bel giovane come te.
Ormai perdo ogni ritegno. Le schiaccio il pacco sempre più grosso che ho dentro i pantaloni
contro la coscia. Poggio le labbra sul suo collo che comincio a baciare avidamente. “Zia, sei così
sexy” riesco a dire. Lei, per risposta, mi prende una mano e la fa scivolare sul suo culo. Sotto le
dita adesso sento, attraverso il vestito, il reggicalze.
Il lento è finito. Lei si scosta da me e, senza parlare, ma guardandomi dritto negli occhi si va a

sedere nuovamente sul divano. Il vestito si apre di nuovo e lei strofina le cosce l’una contro
l’altra sollevandole leggermente. L’invito è chiaro. Praticamente in trance vado verso di lei e
cado in ginocchio. Le prendo il piede e con delicatezza lo sollevo cominciando a baciarle la
caviglia. Baciandole e leccandole le calze risalgo al ginocchio e poi alla coscia. Lei mi passa le
dita fra i capelli e mi schiaccia il viso contro la sua gamba. La sento insinuare l’altro piede in
mezzo al cavallo dei miei pantaloni e poi strofinarmi la caviglia contro la patta gonfia al punto
di scoppiare. Poi mi prende il viso fra le mani, lo solleva verso di sé piegandosi e mi bacia sulla
bocca. Sento la sua lingua che si fa forza tra i miei denti, che afferra e gioca con la mia e poi mi
solletica il palato e l’interno delle guance.
“Vieni – mi fa a questo punto – vieni in camera da letto che staremo più comodi. ”
Mi prende per mano e io la seguo obbediente, con la patta deformata da un cazzo diventato
enorme che ancora non è stato liberato. Nella sua camera mi fa sedere sul letto e, poi, in due
mosse si libera del vestito. Resta con un corsetto che le strizza le tette e gliele scopre a metà,
mutandine nere di pizzo, reggicalze nero e le calze, luccicanti nei punti ancora sporchi della
mia saliva. Zia mi viene vicino, poggia il piede sulla sponda del letto e presami la testa fra le
mani me la torce un poco così da potermi baciare di nuovo. E mentre la sua lingua rotea dentro
la mia bocca, per non cadere all’indietro le mia mani abbrancano le sue cosce
accarezzandogliele.
A questo punto zia mi lascia all’improvviso e si va a sedere comodamente su una poltrona che
sta in un angolo: “Vuoi restare vestito tutta la sera? – mi chiede maliziosamente.
Io a questo punto forse dovrei chiedermi come una dolce zietta, attraente sì ma che non avrei
mai sospettato essere così porca, si sia trasformata in una femmina assatanata dopo aver
tirato scemo il nipote. Ma io, semplicemente, non sono in grado di formulare un solo pensiero
razionale. Mi spoglio e resto nudo davanti a lei, il cazzo oscenamente orizzontale. Lei sorride,
sembra gradire. Con l’indice mi fa segno di avvicinarmi e quando sono a tiro solleva il piede
calzato di seta e comincia un lento massaggio prima dello scroto e poi del pene. Io sento brividi
di piacere che si irradiano per tutto il corpo. Ho come una nebbia davanti agli occhi. Attraverso
di essa vedo davanti a me, mia zia che mi sta oscenamente manipolando, con gli occhi lucidi
da quanto è eccitata.
“Ti piaccio? ” Non riesco nemmeno a rispondere se non con un gemito sordo che sta per sì.
“L’ho capito da un po’ che ti facevi delle idee sconce su tua zia …. ” Il piede adesso mi
accarezza la coscia. “… ma anche io mi sono fatta delle idee su questo bel nipote, cosa
credi…”.
Il suo piede è risalito lungo il mio fianco, disegna circoli sul mio petto, le dita mi stuzzicano
perfino i capezzoli. A questo punto lei può fare di me quello che vuole. E infatti con voce roca
sento che mi dice: “Vieni qui, Lucio, amore mio, qui fra le mie cosce. ” Non me lo faccio
ripetere. Quando sono in ginocchio con il viso fra le sue cosce, lei mi dà un’altra istruzione:
“Toglimi le mutandine”. Faccio per allungare le mani ma lei mi ferma:
“No, fallo con la bocca. ” M’ingegno a tirarle giù le mutandine afferrandone la stoffa con i denti.
Nel farlo le mordicchio la figa e questo le strappa mugolii di piacere. Quando finalmente le
mutandine scivolano lungo le sue gambe lei mi afferra la nuca e ordina: “Ora lecca la tua zia. ”
La sua figa ha i peli rasati, appena più folti sul monte di venere poi diradano. Con le dita si
spalanca le labbra, mostrando una figa rossa e umida. Un odore forte mi afferra le narici.

Affondo la bocca e le ficco dentro la lingua cominciando a leccarla e a succhiare il suo grosso
clitoride. “Sì, sì, sei bravo, amore mio” lei mi dice come incoraggiamento, mentre la sento
contorcersi sotto le mie carezze e mi spinge il pube contro il viso per farmi aderire sempre più.
A un certo punto getta un grido di piacere più forte degli altri e puntando i piedi contro le mie
spalle mi respinge. Io vado lungo disteso mentre lei geme con le cosce aperte e le labbra della
figa oscenamente spalancate. Dopo pochi secondi apre gli occhi e vedendomi disteso per terra,
nudo, il cazzo ancora formidabilmente eretto e duro e il viso impiastricciato dei suoi umori, mi
sorride: “Povero, forse è il caso di occuparmi di te.Sali sul letto che zia ti raggiunge subito. ”
Mi sdraio sul letto e lei viene vicino a me, mi passa le braccia intorno al collo e dice: “Non le
tolgo le calze, al mio nipotino piace zia con le calze, vero? ” Ci baciamo e con la mano mi
afferra il cazzo e lo dirige lei stessa dentro la sua figa. Finalmente. Comincio a pistonare come
un ossesso.
La sua vulva è un lago come non ne ho mai sentito prima d’ora. Lei scivola sotto il mio corpo e
con una mano mi abbranca una natica. Poi mi stuzzica l’ano con le dita. Io le esplodo dentro la
più grande quantità di sperma che credo di aver mai prodotto. Poi crollo su di lei.
Non so quanti minuti ci vogliano prima di riprendermi. Mi rotolo sul letto a pancia su. “Zia, è
stata la più bella …. ” “Spero che non sia vero, a giudicare da quanto sei durato”.
L’imbarazzo mi sommerge. Mi giro sul fianco verso di lei e farfuglio: “M-mi dispiace…” “No,
amore, non preoccuparti, ” Mi accarezza i capelli e mi bacia l’orecchio. ” Lo dicevo per te, non
per me. Ti ho provocato così tanto che era il minimo che potesse accadere. Lo immaginavo che
saresti venuto subito, per questo ti ho fatto lavorare fra le mie cosce. ” Sorride. “Del resto il
vantaggio di farsi un maschio giovane è che magari viene presto ma dopo un po’ è di nuovo
pronto, no? ” E nel dire questo comincia stuzzicarmi con il piede il cazzo che effettivamente
torna subito in tiro. Allora zia mi fa mettere a pancia in su e dicendomi “Dai molte soddisfazioni,
caro Lucio” mi viene sopra. Si impala sul mio cazzo. Anche la sua figa è ancora bagnata e lei
comincia a muoversi su e giù, poi rotea il bacino, facendosi accarezzare dalla punta del mio
pene tutti gli angoli della vulva. Il corpetto le è scivolato scoprendole i seni. Lei mi afferra le
mani e me le porta sulle tette, invitandomi a schiacciarle i capezzoli. Poi me ne offre addirittura
uno da succhiare, piegandosi su si me, mentre continua a far fare al mio cazzo su e giù.
Stavolta ci metto di più ma alla fine vengo di nuovo, riempiendola abbondantemente. Da come
geme credo che anche lei sia venuta insieme a me.
Resta ancora qualche istante su di me, il mio cazzo prigioniero dentro di lei. Lei mi sovrasta e ci
guardiamo. Adesso che è seminuda perché il corsetto le si è sganciato e arrotolato sulla pancia,
si vedono le pieghe della carne e le tette che da sole su non ci stanno più. Ma io sento il mio
cazzo massaggiato dalle pareti della sua vulva che ancora pulsano e le sue belle cosce che mi
stringono i fianchi. E le dico: “Ti amo, zia”. Lei si china e mi bacia con passione, ficcandomi la
lingua in bocca. Il suo bacio e la sensazione della sua figa che stringe ancora il mio pene mi
producono un principio di nuova erezione. Lei se ne accorge, sorride e mi sussurra all’orecchio:
“Ancora? ma sei tu che sei arrapato o io ti faccio così tanto effetto? ”
Anche il fatto di sentirla parlare in questo modo mi fa venire i brividi. “Sei tu – faccio, cercando
di risponderle a tono – non pensavo di avere una zia così … porca. ” “Non ti dispiace che io sia
tua zia e sia così vecchia? ” “Anzi, l’idea di essere venuto a letto con te mi eccita ancora di più”.
Zia sorride, adesso è scivolata accanto a me, sdraiata su un fianco, con la mano mi accarezza il

viso e i capelli. “Confessione per confessione, anche io era da un po’ che avevo voglia di
portarti a letto. ” Cosa? penso fra me e me, cioè era tutto preparato? Zia continua ” Aspettavo
solo l’occasione.
L’altra sera stavo per metterti le mani addosso in macchina. ” “Così stasera mi hai invitato per
sedurmi…” Zia sorride: “Bè, non potevo certo fare il gioco del tovagliolo sotto il tavolo a un
pranzo di famiglia. ”
La mano di Mimma scivola lungo il mio corpo, accarezzando il torace, pizzicandomi i capezzoli.
Poi va giù fino al basso ventre e comincia ad accarezzarmi di nuovo il pene. Io la guardo
accanto a me, con addosso solo le calze tenute su dal reggicalze, i grossi seni dai capezzoli
grossi e duri, e il sorriso di chi ha voglia ancora di sesso.
“Zia, non so se…” comincio debolmente. Ma lei si china su di me, mi lecca le labbra e mi dice:
“Non preoccuparti, dolcezza, di lingua o di cazzo ti farò trovare il modo di far contenta tua
zia…”
Sento che le mie visite a casa di zia saranno sempre più frequenti, dopo questa notte.

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