Skip to main content
Erotici Racconti

Ambizione taciuta

By 9 Ottobre 2016Gennaio 30th, 2023No Comments

Era una giornata afosa e benché fosse soltanto il mese d’aprile c’erano quasi trenta gradi, la metropoli era torrida, oserei dire infuocata, lei indossava un vestito aderente di color nero estivo, però leggero, in quanto il colore biondo dei suoi capelli si combinava magistralmente con la colorazione del vestito rendendola in tal modo ancora più provocante e sensuale. Quest’atteggiamento e questo portamento attiravano e incuriosivano sennonché oltremisura l’attenzione, il coinvolgimento e l’interesse di tutti, per il fatto che numerose persone si fermavano infatti a esaminarla squadrandola con cura, perché lei era al tempo stesso l’immagine della primavera e del rinnovamento del desiderio, giacché lo risvegliava e lo riportava alla luce in tutti.

Lei tutto quest’aspetto in realtà lo percepiva in modo spiccato sentendolo nitidamente dai loro allusivi commenti, nelle loro interpretazioni e nei loro sguardi: a volte rallentava di proposito per goderseli più a lungo, mentre i suoi tacchi riecheggiavano sul selciato come per anticipare il suo arrivo, per poi lasciare un eco ben differenziato e netto del suo passaggio. La primavera per opinione comune è, ed era anche per lei, la stagione dove tutte le sue voglie si risvegliavano, si smuovevano e andavano rapidamente soddisfatte, in quanto oggi più che mai cercava carne fresca, resistente, robusta e vigorosa, perché voleva godere.

In quel preciso momento fu attirata dal vociare d’un gruppo di carpentieri e di muratori che stavano edificando un fabbricato nei pressi del suo ufficio, dal momento che le arrivavano chiari e ben distinti i loro grossolani e pacchiani commenti, tenuto conto che era proprio quello che stava cercando e anche loro erano predisposti al punto giusto, pertanto si diresse sollecitamente verso quegli uomini, mostrando un misto di classe e di sensualità, visto che poteva sentirli manifestamente eccitati anche da quella distanza, scelse quello che le ispirava e le suscitava più erotismo e puntò decisa verso di lui bloccandolo e inchiodandolo con il suo sguardo smanioso e penetrante. Gli altri compagni di lavoro continuavano nel frattempo a conversare facendo battute aggiungendo spiritosaggini sempre più eccessive e sfrenate, lei però volutamente li ignorò non prendendoli in considerazione, infine agguantò per mano la preda di turno portandoselo sul retro d’un gabbiotto poco distante.

Lei lo pretendeva e lo voleva subito, lì, non gl’importava né gl’interessava in nessuna maniera se gli altri avessero potuti vederli o sentirli, dal momento che in quell’istante lei lo sospinse volontariamente contro la parete di quel prefabbricato e lo inchiodò con il suo corpo, in seguito iniziò a baciarlo sulla bocca, sul collo e sulle spalle, perché lui aveva il sapore, l’odore del sale, del sudore e in special modo di vero maschio. Lei in quell’occasione non indossava il reggiseno, mentre i suoi capezzoli eretti si sfregavano contro il suo petto, eppure fu un attimo, perché lei gli afferrò il cazzo tra le mani, se lo strinse forte percorrendolo con le dita per tutta la lunghezza sennonché gradualmente. I suoi erano dapprima gesti lenti e misurati, eseguiti però con abilità e con un’innata maestria in contrapposizione e in contrasto con la foga energica e intensa iniziale dei loro baci e delle mani di lui che le strizzavano precedentemente i seni. Lui, infatti, non era d’origini italiane, però capì ugualmente quando lei mentre gli mordeva la spalla d’improvviso gli sussurrò:

‘Prendimi, sì adesso, dai così, fammelo sentire come si deve’.

Lui prontamente l’afferrò e persino a fondo, eccome, progressivamente la fece girare, in quanto fu lui in quel momento a immobilizzarla acutamente verso la parete acciuffandola e comprimendola senza che lei potesse avere nessuna via di fuga, senza scampo alcuno. In quel momento la penetrò con il suo cazzo affondando e perdendosi dentro di lei, dominando e possedendo totalmente la sua focosa e pelosissima bionda fica, perché in fin dei conti era questo che lei desiderava spasimando, che anelava fortemente, sì, quel desiderio inespresso, omesso e taciuto che da tanto tempo custodiva nutrendo silente dentro sé stessa e che attualmente stava mettendo palpabilmente in pratica. Lei gli artigliò le spalle con le unghie e lui si spinse ancora più a fondo, nel tempo in cui intorno a loro quei gemiti inattesi e impensabili risuonavano ingranditi e amplificati in un cantiere insolitamente silenzioso.

Lei lo morsicò di proposito ancora sulla spalla e lui affondò completamente dentro di lei, successivamente riprese a entrare e a uscire dalla sua fica assestando spinte di continuo più energiche e poderose, seguiti con degli affondi più decisi e totali. Il bordo irregolare del prefabbricato le sfiorava il sedere, la toccava da dietro come le mani complici che l’avvolgevano e la stringevano, lui nel frattempo bisbigliava qualcosa in una lingua che lei non conosceva, ciononostante poteva capirne il concetto e il senso da come le possedeva i seni. Infine accelerarono entrambi i movimenti in un continuo crescendo di desiderio, di piacere e di voglia. Le loro voci ormai erano più simili a urla anziché a semplici gemiti, lei in quel frangente lo addentò ancora, nel tempo in cui l’eccitazione di quella situazione così ardente e così intensa le fece esplodere l’orgasmo nella mente e ulteriormente nel corpo. Lui rispose con altrettanta foga e veemenza, colpo dopo colpo, sbattendola contro la parete a ogni spinta montandola e scuotendola fino alla decisiva sborrata finale, esplodendo e imbrattando quella lanosa e profumata fica con tutto il suo corposo liquido denso di piacere.

In conclusione, rimasero così per alcuni minuti, lui si rivestì e come se niente fosse successo riprese a lavorare. Lei rimase lì, chiedendosi se sarebbe andata via, ovverosia, se sarebbe rimasta per un altro ancora.

{Idraulico anno 1999} 

Leave a Reply