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Erotici Racconti

Annebbiato da quell’euforia

By 2 Gennaio 2017Gennaio 31st, 2023No Comments

Parecchie volte t’incrocio mentre sto andando a lavorare, dalla fisionomia dimostri suppergiù quaranta o al massimo quarantacinque anni d’età, sei allettante ma non sfacciata, poiché è una bellezza decisa, irresistibile e vivace, tipica delle donne che hanno quando non sono più giovincelle. Tu porti i capelli scuri sulle spalle, il passo è affrettato ma non scomposto, con lo sguardo concentrato di chi sta pensando alla giornata che t’attende. Ormai ho ben impresso nella mente ogni dettaglio di te, in tal modo m’avvicino da dietro con la mia auto, rallento e alla fine ti sorpasso.

Oggi il semaforo inaspettatamente segna rosso, che fortuna, cosicché attendo in coda. Tu arrivi, così io ti spio attentamente dallo specchietto retrovisore: ecco, adesso mi stai superando, allora giro la testa dalla tua parte per esaminarti, perché in quel momento mi batte forte il cuore nel petto. Tu procedi spedita verso la fermata dell’autobus, io anelo che un giorno tu possa girarti verso di me e accorgerti in tal modo che io ti guardo, forse tu lo sai già, e pensi che anch’io lo sappia, giacché vuoi continuare a giocare, chissà. Attualmente sei nei paraggi, considerato che seguo con lo sguardo il tuo profilo squadrandoti per bene: accidenti, già molto presto sono imbottigliato nell’andirivieni di numerosi autoveicoli, però sento il desiderio che si espande dentro di me e il cuore che risuona inesorabile tambureggiando per l’emozione.

In verità è da parecchio tempo che voglio fermarti, perché bramo di conoscerti e di parlarti, eppure non mi sono seriosamente giammai deciso: maledetta timidezza e ingrata goffaggine. Si può giungere alla mia età e avere ancora quest’emozione? Solamente con le donne che mi piacciono ovviamente, con tutte le altre sono un istrione perfetto e poi sono sposato e non sarebbe proprio una faccenda carina abbordare la prima che passa. Non ce la faccio più, nella vita ci sono cose che si devono provare oltre ogni ragionevolezza etica o morale: sono il senso stesso dell’esistenza e tu sei una di queste, il resto amen. Con i pensieri leggermente offuscati dall’ebbrezza, con il cuore in gola e con l’eccitazione caratteristica d’un fanciullo accosto la macchina alla banchina, inserisco i lampeggianti e scendo alla svelta. Io non mi rendo neanche seriamente conto di quello che sto facendo e in un attimo ti raggiungo: 

‘Chiedo scusa, mi sente?’.

Tu ti volti, in quel frangente avverto manifestamente un sussulto attraverso la spina dorsale e in modo inatteso avvampo, ciononostante spero che tu non te ne accorga, io incrocio lo sguardo dei tuoi occhi neri peraltro incantevoli con quel taglio vagamente orientale:

‘Sì, buongiorno, dica pure’. Tu hai una bocca perfetta e un’espressione forse un po’ malinconica.

‘Mi scusi, credo d’essermi perso. Mi può indicare dov’è la via Voltaire?’. Io dico la prima strada che mi è venuta in mente vista poco fa su d’un cartello. 

‘E’ anche fortunato, è qui dietro, a pochi passi’. Tu hai una voce appassionata, piena e sensuale.

‘Molto bene. Sa, io non sono di queste parti, non mi so orientare’ – fingendo spudoratamente.

Tu mi squadri in un lampo offrendomi un sorriso leggero ma assai amabile, che però si estingue rapidamente nel tempo in cui noti la tua corriera che nel frattempo s’avvia.

‘Accidenti, stavolta l’ho proprio persa. Non importa, tanto oggi non avevo troppa voglia d’andare a lavorare’ – aggiungi tu sorridendo. 

‘Se vuole l’accompagno io, abito lì vicino’.

‘Molto gentile, tuttavia non si deve indisporre’.

‘Altroché, nessun incomodo, in tal modo mi dà persino un passaggio’.

‘Se è così, in tal caso più che con gioia’.

Utilizziamo l’automobile e tu m’indichi rapidamente il percorso. Io sono eccitatissimo, sono inebriato da quello che sto vivendo, l’emozione e l’euforia m’afferrano per la gola. L’autovettura si riempie in modo diffuso del tuo caratteristico profumo, che esprime svelando la dolcezza e la sensualità della tua pelle:

‘Ecco, ci siamo, la via è questa. A quale numero deve andare?’.

‘Al quattro’ – rispondo io a caso. Tu mi guardi decisamente perplessa e abbozzi un sorriso.

‘Perfetto, io abito al due’ – aggiungi. Io fermo la macchina e scendiamo.

‘Allora grazie’ – dico tendendoti la mano.

‘A proposito, io sono Armando’ – tu ricambi il saluto indugiando con la tua mano morbida dentro la mia:

‘Piacere, io sono Assunta’.

Dev’essere un segno divino, penso io elettrizzante per ciò che mi sta accadendo. La mia vita è stata costellata da donne con il nome di Assunta: donne sensuali e amanti appassionate, sono felice e anche un po’ orgoglioso del risultato del mio adescamento improvvisato. Il primo passo è fatto, adesso le chiederò il telefono. In quel momento t’allontani piano verso casa, io fatico a distogliere lo sguardo da te, perché ho la netta sensazione d’averti conosciuto da sempre, poi cercando una scusa per estorcerti la sospirata informazione m’avvicino al fatale numero quattro e di colpo impallidisco. La casa è completamente diroccata e puntellata, disperatamente disabitata da anni. Di sottecchi, fingendo disinvoltura, io cerco di vedere se sei già entrata in casa, invece no: tu sei là che mi guardi e ridi. Che figura meschina di merda, adesso sono proprio spacciato, allora m’avvicino imbarazzatissimo: 

‘Scusi Assunta, non volevo, non vorrei che lei pensasse male’.

Tu mi squadri analizzandomi così come unicamente le donne sanno fare, quando scrutano un cucciolo allocco e bietolone, sennonché mi sorridi apertamente scoprendo una splendida collezione di denti:

‘Non preoccuparti Armando, questa è la cosa più divertente, simpatica e spassosa che mi sia capitata recentemente, poi avevo proprio bisogno di ridere’.

Io balbetto qualche altra parola di scuse, però tu incalzi mettendomi a mio agio:

‘Ti va di sorseggiare un caffè o un tè da me?’.

Io sono ancora disorientato e in subbuglio per quella dappoco, grossolana e scadente apparenza, aderisco sennonché con estremo piacere e ti seguo. La tua casa t’assomiglia, perché è avvolgente, bella e confortevole, tu appoggi la borsa, ti sfili la giacca e ti dirigi in cucina: 

‘Accomodati pure dove ti va più a genio’.

Io mi guardo intorno e poi scelgo il divano, in giro c’è un leggero profumo di vaniglia e l’arredamento è vagamente provenzale. Tu mi porgi il caffè e sei vestita con un comodo indumento, che se da una parte maschera nascondendo le tue sinuosità, dall’altra lasciano intravedere in modo netto generosamente le tue fattezze. In quell’istante t’accomodi accanto a me, ancora la mia eccitazione torna a salire:

‘Assunta, io non ambisco che tu possa meditare in modo avverso e per di più in negativo su di me’ – debutto, mentre tu istantaneamente ribatti:

‘Tu mi hai però accostato per strada e hai iniziato, non ricordi?’ – mi fai notare la faccenda incalzando seduta stante:

‘Esatto, non era tuttavia nelle mie intenzioni’ – sostengo io amaramente e infelicemente. Tu mi guardi con un sorriso malizioso e scaltro, infine sorridendo aggiungi:

‘Dai, non dire cavolate. Era esattamente quello che volevi fare e che dopo hai messo in pratica’.

La tua espressione tradisce ciononostante una velata soddisfazione, un evidente e un indiscutibile stato d’animo di mal celata ma ammiccante e inattesa connivenza:

‘Sì, in realtà è davvero un po’ così’ – borbotto io immediatamente nel frattempo, però mi condanno e mi maledico al tempo stesso per aver accettato quel caffè: 

‘Adesso lascia stare, dai non scusarti più, in fondo è stata una sfumatura attenta e vezzosa per certi aspetti. Certo è però, che io non avrei minimamente pensato che un uomo distinto come te, potesse mettere in atto un metodo così talmente fuori moda per avvicinarmi. Per un attimo ho pensato che ti fossi confuso e smarrito seriamente’ – continui tu a raccontare sorridendo.

In quell’attimo ti chini per appoggiare la tazzina sul tavolino e la scollatura s’apre lasciandomi intravedere il tuo seno ben modellato, tu noti la faccenda e mi guardi per vedere se me ne sono accorto. Io distolgo lo sguardo per non imbarazzarti, anzi, sento crescere un’erezione inarrestabile, che inevitabilmente segna i miei pantaloni tradendomi. Tu mi guardi negli occhi, io faccio lo stesso nei tuoi, afferri la chicchera e l’appoggi sul tavolino, t’avvicini e amabilmente fai slittare la tua mano sulla mia gamba, frattanto il mio cazzo diventa più visibile che mai. Tu socchiudi le labbra, io t’accarezzo il viso, poi ti sposto la mano sul mio pene che pulsa di desiderio, tu con dovizia percorri lentamente più volte tutta la sua lunghezza, come se volessi farti un’idea delle sue dimensioni e poi cominci ad accarezzarlo con tutto il movimento del palmo della mano.

La mia eccitazione al presente è fortissima, con un gesto rapido io mi slaccio la cintura e m’allento i pantaloni, tu t’avvicini ancora e liberi la mia verga dalla costrizione degli slip. Adesso il mio cazzo è eretto in tutta la sua estensione, tu lo squadri con curiosità e con una camuffata ammirazione: non è proprio un arnese da poco, anzi, a quel punto insinui una mano tra i testicoli accarezzandoli e con l’altra ne esplori delicatamente le tortuosità. Il tuo tocco mi fa sussultare e il tuo sguardo sembra chiedermi di poter godere di quel momento, io passo una mano dietro la tua nuca e raccolgo una grossa ciocca di capelli, poi lentamente tenendoti saldamente t’abbasso la testa verso il mio cazzo così rigido che ormai quasi mi duole. Allora t’avvicini con la bocca, lo percorri un po’ con la lingua, lo baci tutto intorno e allora io ti spingo più giù. 

Il mio cazzo affonda inesorabilmente nella tua bocca, io avverto la tua lingua che lo accarezza dappertutto. Ti risollevo un attimo e ti riabbasso per due o tre volte, tu lo fai uscire e rientrare succhiandolo amabilmente. Io spingo più giù, tu m’assecondi e lo fai entrare ancora di più, anzi, adesso sei tu che spingi la tua faccia con forza contro il mio ventre per sentirti penetrare fino in fondo, fino alla gola. Il piacere che provo vedendomi completamente scomparso nella tua bocca umida è davvero indicibile e sbalorditivo. Con gli occhi socchiusi dal desiderio ti senti affrancata e libera, ti disponi in ginocchio davanti a me e inizi la tua arte amatoria sul mio glande manifestamente infuocato così come più ti piace, alternando la lingua alle labbra e ai baci, facendolo sparire e riapparire dalla tua bocca ancora per diversi minuti. Sei bravissima, io non ce la faccio più. Tu te ne accorgi, perché per quanto inverosimile, un attimo prima dell’orgasmo il mio cazzo riesce a ingrossarsi ulteriormente, tu lo capti chiaramente, in tal modo lo immergi più in fondo che puoi nella gola sforzandoti di rimanere ferma in quella posizione, io ti riagguanto la capigliatura premendo la testa contro di me:

‘Eccolo che arriva, sì, sborro, ecco sì, bevilo tutto’ – annuncio io quasi in delirio sragionando per il piacere che provo. 

Il mio gemito soffocato accompagna le scariche di sperma che a intermittenza riverso dentro di te, mentre il tuo corpo sussulta a ogni getto che riceve: una due, tre scariche, è stupendo, una meraviglia. Io sento che il mio seme ti cola giù per la gola e tu fai il possibile per inghiottirlo senza tossire, dopo ti sollevo un po’ la testa per farti deglutire soltanto per qualche istante. Tu alzi gli occhi e mi guardi, in quanto sei eccitata più di me. Io non ho ancora finito, dato che ti spingo nuovamente la testa contro di me in modo che tu possa raccogliere anche le mie ultime gocce. Tu sussulti ancora, io insieme a te, sì, ecco, ho finito, in seguito m’appoggio esausto allo schienale del divano, tu lasci che io riprenda fiato, t’alzi, t’avvicini e mi sussurri:

‘E’ stato davvero bellissimo, un vero incanto. Adesso io vado in bagno’. 

Io ti seguo con lo sguardo, tu sei ancora più bella così, segnata dallo sforzo e dal piacere che m’hai regalato. Io guardo il vestito che ondeggia sui tuoi fianchi e che lascia immaginare dei glutei stupendi, di nuovo l’eccitazione m’assale, ti raggiungo in bagno mentre stai sistemandoti i capelli davanti a uno specchio largo che riflette tutta la tua sensuale bellezza. Io passo dietro di te, m’avvicino e con le labbra ti sfioro delicatamente il collo, sento che un brivido ti scuote, ti sfilo il vestito che cade ai tuoi piedi e lascia scoperte le candide spalle e i fianchi torniti, dopo scorro con le dita i seni fino ad arrivare ai capezzoli rigonfi. 

Tu socchiudi gli occhi, io scendo lentamente sfiorandoti con la lingua dalla base della nuca verso il tuo splendido fondo schiena. M’inginocchio, ho davanti agli occhi le tue natiche e il segreto che nascondono, mentre ti abbasso gli slip fradici dei tuoi fluidi. Delicatamente con i pollici gli scosto e tu t’irrigidisci un attimo, però poi ti rilassi e t’inclini in avanti, perché io possa più facilmente accedere alla tua intimità. La mia lingua adesso la esplora, ma è ancora contrastata dai tuoi muscoli serrati come per proteggerne e per ripararne l’accesso, le secrezioni stanno colando, ora riesco a penetrarti con la punta della lingua, prima un po’ faticosamente, poi sempre con più facilità: anzi, al momento stai gemendo sommessamente, io mi rendo conto che sei opportunamente pronta.

Io mi rialzo, visto che anche il mio pene ha ritrovato un’erezione superba, guardandolo penso che ti farà forse un po’ male all’inizio, però poi riagguanto saldamente la ciocca e ti faccio chinare un po’ di più. In seguito ti sollevi sulla punta dei piedi: sei perfetta. Io ti penetro adagio, con delicatezza, per aprirti lentamente e poi arretro, tu ti contrai un attimo, ma poi ti rilassi e allarghi le gambe per essere più accessibile, io riaffondo dentro di te stavolta con più energia e trattenendoti per i capelli spingo più forte. A quel punto sobbalzi, la mia erezione è poderosa, il desiderio è diventato incontenibile, frattanto tu emetti un tangibile grido di piacere accompagnato da un po’ di dolore, sicché t’inarchi contorcendoti nello spasimo del desiderio, io proseguo penetrandoti ritmicamente e accarezzandoti nel contempo il clitoride. I miei polpastrelli gocciolano dei tuoi fluidi io ne approfitto in tal modo per farteli tastare facendoli scomparire nella tua bocca che golosamente li succhia, il mio cazzo è in fiamme e il tuo corpo vibra a ogni affondo che riceve. 

Io percepisco il tuo respiro che diventa affannoso e i tuoi gemiti sono sempre più frequenti. L’orgasmo che monta ti fa inarcare la schiena, i tuoi muscoli si serrano strangolandomi il pene come in una morsa fatale. Nonostante la costrizione provocata dai tuoi spasmi, lo sento ingigantirsi ancora di più e il mio sperma irrompere prepotentemente dentro di te. Una volta, due volte, tu strilli un primo sì e poi un altro. Io ti lascio i capelli e t’afferro i seni stringendo saldamente i capezzoli. A ogni scarica che subisci tu sussulti, io sto godendo del mio e del tuo piacere, dato che affondo il più possibile dentro di te. Ti contorci spingendoti contro il mio ventre, ma la mia presa sui seni e i capezzoli si fa sempre più forte, giacché non ti lascia scampo, in quel preciso istante tu hai un altro poderoso orgasmo e poi un altro ancora.

Tu vieni svariate volte, successivamente t’accasci esausta sul lavandino, mentre io rimango dentro di te per assaporarmi il tuo appassionato calore e il tuo naturale profumo, frattanto t’accarezzo la schiena, in seguito ti risollevi e attenta per non sfilarmi dalla tua splendida custodia, ti giri sorridendo verso di me per baciarmi, finalmente per la prima volta. 

Dietro di me suonano, per il fatto che un sonoro colpo di clacson mi rammenta in maniera spiccata suggerendomi di ripartire, perché il semaforo è ritornato di colore verde. Io mi riprendo dal sogno, riparto e ti lancio un ultimo sguardo, poi mi compari in lontananza. 

A domattina nuovamente, confido e spero. 

{Idraulico anno 1999}  

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