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Erotici Racconti

Applausi e luci

By 18 Aprile 2017Febbraio 2nd, 2023No Comments

Il teatro a dire il vero m’ha sempre annoiato, perennemente infastidito e perfino nauseato, al disopra di tutto e in special modo quelle sinfonie che tanto incantano e che piacciono in modo categorico a mio padre, però da qualche tempo molti hanno finalmente capito perché tutti la chiamano definendola in ultimo musica da camera. Mio papà difende e spalleggia oltremodo i grandi musicisti austriaci e tedeschi, in fondo in realtà conquistano e piacciono anche me, sennonché tre ore di musica sinfonica a teatro nel bel mezzo della sala sono parecchio impegnative e alquanto pesanti d’assorbire. 

In compenso, io mi sono sempre accorta che non sono la sola e unica a dormire, perché di là seduta più avanti c’è mia madre, qualche fila più in là c’è mio fratello e la solita coppia di personaggi interessanti e persino coinvolti che assiduamente ci accompagnano. Numerosi ascoltatori in conclusione, infatti, al termine dei primi brani hanno già candidamente contratto acquisendo quello che in perfetta espressione di distinzione si chiama indisposizione, malore o talvolta mancamento, perché più in concreto questi signori effettivamente s’addormentano di brutto in un istante, salvo per poi recuperare tentando di riprendersi grossolanamente non appena il bracciolo della poltroncina sfugge sottraendosi da sotto i loro gomiti. Altri, viceversa, crollano e si piegano addirittura all’indietro, però il loro atteggiamento e il loro aspetto fanno sì che si ridestino in breve, sennonché imperterriti si ritrovano dritti di nuovo con le orecchie tese, almeno per i prossimi cinque minuti, perché salvi rimangono soltanto se termina il primo tempo.

Una volta, invero, un signore distinto ed elegante che mio padre s’accaniva sempre di portarsi appresso durante un assolo di violino, seduto proprio di fronte a me e a mio fratello, crollò tanto bruscamente e il relativo ritirarsi all’insù istintivo a modo di molla gli fece cadere il riportino sulle mie gambe, lui non s’accorse e mio fratello la peste come lo definisco io, prese lo scalpo e lo lanciò lontano in mezzo all’uditorio ridendo. Le espressioni d’imbarazzo e di sventura stampate sul viso delle persone alla fine della serata, fecero sì che da quella volta il signore non venne più in platea, ma scelse un tranquillo e lontano palchetto in seconda fila lontano da occhi curiosi e impiccioni. Questa sera abbiamo avuto gli abituali biglietti in omaggio per la prima serata, in sostanza il concerto è di quelli pregevoli e d’ottima fattura, perché io l’ho già ascoltato in un teatro, soltanto che questi sono artisti definiti di ‘seconda classe’, sicché io m’immagino che noia e che palle che saranno, per il fatto che oltre alla musica in sottofondo s’intuiranno e si sentiranno perfino le note di disappunto e di netta insoddisfazione dei seppur pochi presenti intenditori, tant’è che io e il mio fratellino minore siamo riusciti a farci prenotare un palchetto defilato e lontano da occhi invadenti, così almeno dormiremo tranquilli, visto che ci siamo fatti accompagnare perfino da Maurizio il figlio dell’ingegnere amico di nostro padre.

Qualche giorno prima trovai mio fratello beccandolo in camera sua con Maurizio, il suo migliore amico, dal momento che stavano sbirciando riviste di cui intuivo facilmente il significato e la trama: sesso per l’appunto. I ragazzi non ancora maggiorenni e in verità ancora in erba guardavano le riviste elogiandosi con la ‘dotata di turno’, poi appena s’accorsero della mia entrata m’assalirono insultandomi in abbondanza, urlandomi contro e nascondendo subito le riviste. Ormai avendo ben venticinque anni certe cose le conosco anch’io, anche se loro non immaginano né presumono quanto. 

All’interno del teatro quest’oggi si respira un’aria autunnale, s’indossano i primi collant della stagione e gli stivali sotto la gonna corta coperta da un paltò leggero di pelle, qua dentro ci si sveste dopo poche battute, il caldo specialmente nei piani superiori s’avverte subito. Il più grande divertimento cui possiamo aspirare da quassù è guardare le facce insonnolite e intorpidite dei presenti, in fondo sono sempre gli stessi: il notaio con la sua ultima giovane fiamma, il sindaco, sua moglie e la figlia, seguiti a ruota dalla coppia più in voga dei soliti noti, con il figlio che come di frequente cerca di buona lena placandosi e compiendo delle moine alla primogenita del primo cittadino. I due soliti medici in prima linea, le rispettive consorti seguite a ruota dalle abituali amiche delle amiche, e le sorelle dell’usuale statista di turno.

Ogni tanto Roberto e Maurizio si divertono a lanciare palline da tennis da tavolo, rubate nel garage di papà tra la folla; per qualcuno è un risveglio inconsueto, per altri invece è un’insolente e una sgarbata bravata, però ben presto le pallottole terminano e il sonno incomincia ad arrivare. Roberto vede una sua amica dall’altra parte del teatro, un piano più sotto e cerca di raggiungerla, io e Maurizio ci prepariamo per passare un paio d’ore in completo rilassamento. A un tratto, guardando a destra in basso, mentre diligentemente controllo che cosa stia facendo Roberto, su d’un altro palchetto noto una coppia talmente intrecciata che non riesco a capire chi siano, in quell’attimo ridò in modo spavaldo una gomitata a Maurizio. Noi ci divertiamo a guardare per alcuni minuti, poi in un istante mi ritrovo con le mani di Maurizio in mezzo alle gambe, perché in quell’istante mi verrebbe voglia di sgridarlo e d’urlare, ma con un dito sulle labbra mi fa cenno di stare zitta e con un sorriso che ben conosco utilizzato quando fa i dispetti e le ripicche più divertenti insieme a Roberto, giacché s’infila sotto la gonna e scopre dalle calze la mia pelosissima nera fica. 

Entrambi nudi ci siamo osservati innumerevoli volte a casa nostra, precisamente sin da piccoli quando giocavamo a fare i dottori, anche se ormai da un bel po’ d’anni abbiamo smesso di scoprirci e di toccarci per confrontare le due nostre più evidenti diversità. Adesso però è totalmente dissonante e pure alquanto diverso: quelle differenze le conosciamo bene, perché la curiosità e l’interesse è sapientemente sostituito dalla compostezza e dal pudore, giacché si sa, tenuto conto che non si fanno vedere certe cose ai maschi, in quanto glielo hanno inculcato e insegnato durante la pubertà, dopo che tutti vagamente ci hanno accarezzato, guardato e baciato, con il pretesto e con la tipica scusante che sei una bella figliola. Lui scosta le mutandine con un dito, delicatamente, la sua lingua mi esplora facendomi sussultare, io gli afferro i capelli, arrossisco e mi vergogno, perché mi sembra d’avvertire colarmi giù qualcosa, dopo sbircio un secondo là di sotto e vedo quei due individui che si baciano, allora lo tiro prontamente su e m’appiccico subito alla sua bocca.

Questo non è il mio primo bacio, eppure ci rimango malissimo quando m’infila la sua lingua dentro la bocca e la gira, io mi scosto, lui m’insegue riprendendomi di nuovo in quell’atto che mi sembra così intimo, però francamente un poco sgradito e spiacevole. Mentre mi bacia sento che con la mano si sfila i pantaloni e appoggia il suo cazzo dritto e duro come una carota appena raccolta addosso alla mia pelosissima e odorosa fica, lei è già tutta umida come mai l’avevo vista prima, io ho un convulso e irrefrenabile istinto, giacché è come se mi spingesse da dietro per poterlo prendere, però la ragione inespressa e i timori latenti lo rimettono indietro appena la sua testa inizia a infilarsi. Maurizio a quel punto ci rimane male e mi chiede il perché, però non insiste visto che riprende a baciarmi con foga, questa volta quei capezzoli sono divenuti duri come due chiodi, dopo mi gira, mi strizza i seni e di nuovo spinge il suo cazzo contro di me, anzi, questa volta in mezzo alle natiche. Per un attimo lo lascio fare, perché la voglia di farmi penetrare con quel cazzo è tanta, però al primo colpo e al conseguente dolore io mi ritraggo, dal momento che mi scappa persino un lamento. Io mi riassesto aggiustandomi in tutta fretta per la vergogna, Maurizio continua a guardarmi come un avvoltoio su d’una carcassa, che ancora si muove aspettando il momento buono mentre tiene ancora il cazzo tra le mani. Io m’accerto che la porta sia ben chiusa e quanto tempo ancora durerà quella sinfonia, ancora venti minuti, dunque m’avvicino a lui seduto sulla sedia m’inginocchio e dopo averlo guardato negli occhi appoggio la mia mano sulla sua. Lentamente allargo le sue dita avvolte attorno a quel bellissimo gioco, in quanto m’accorgo di non aver ancora affrontato né superato l’invidia del pene, tolgo la sua mano e l’appoggio sulla mia testa, in seguito l’invito a spingermi verso il membro, lui non si fa invitare più volte e me lo infila completamente in bocca.

Questa volta sono io che uso la lingua e come la coda mozzata d’una lucertola la dimeno scuotendola sulla sua cappella e appresso intorno a quel monolite, io lo sento fremere, mi lascio andare a una pratica orale disinvolta e spregiudicata, pur senza molta esperienza. Sento però che sto eseguendo un buon lavoro e il risultato non tarderà ad arrivare, infatti, poco dopo mi sento riempire interamente la bocca da un sentito e intenso fiotto del suo aromatico e denso sperma. In quell’attimo credo di volerlo sputare, però guardo il viso beato, estasiato e felice di quel compagno di giochi e rimango lì ingoiando completamente quella spessa sostanza. D’improvviso s’accendono le luci, quasi non mi ero neppure accorta che non c’era più la musica, ma soltanto gli applausi e le lodi, in quel momento mi ritiro su immediatamente e ci aggiustiamo i vestiti. Appena in tempo però, dato che riusciamo ad affacciarci e a salutare in ultimo Roberto giù in basso, visto che anche l’altra coppia è già sparita.

All’uscita ci mettiamo da un lato per attendere mio fratello e i miei genitori, non parliamo, poiché loro stanno arrivando. Ci guardiamo soltanto negli occhi con un premuroso, rispettoso e tenero sorriso, Maurizio tira fuori il suo fazzoletto dal taschino e mi pulisce la guancia facendomi l’occhiolino.

‘Com’è stato il concerto? Dormito come al solito pure questa volta, eh ragazzi, non è vero?’ – sentiamo noi di consueto ribattere. 

{Idraulico anno 1999} 

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