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Erotici Racconti

Aria di felicità

By 24 Novembre 2016Gennaio 30th, 2023No Comments

Una fresca brezza le accarezzava vistosamente i capelli accompagnata da dei piccoli brividi lungo la schiena, per il fatto che si sentiva pizzicare il viso e il braccio su cui poggiava il capo, nel frattempo un bagliore rovente picchiava sulla sua faccia imponendole una certa fatica nell’aprire gli occhi e quando ci riuscì s’accorse notando d’essere nuda sdraiata sulla paglia di quel vecchio fienile. L’odore scottante del fieno le riempiva le narici, nel tempo in cui si chiedeva che cosa stesse facendo lì in quelle condizioni, ben presto si sedette su quel morbido giaciglio disordinato guardandosi intorno: il suo vestito si trovava scagliato non molto lontano su d’una trave, la biancheria dissolta nel nulla, così come l’uomo che l’aveva lasciata lì, discinta, essenziale e inerme.

Adesso lentamente ricordava, in quanto la memoria iniziava a galoppare indietro fintanto che la luce flemmaticamente le illuminava il corpo. Lei si sollevò e senti l’odore di quell’uomo alzarsi con lei, sul suo corpo, dal suo corpo. Era tornata due sere prima al paese dove aveva trascorso tutta la sua infanzia, poiché la zia l’aveva invitata tante volte per trascorrere un po’ di tempo nella sua fattoria, sennonché la vita affannata e indaffarata della città non le concedeva mai un periodo di sosta. Poi quel periodo difficile, incerto e tormentato, i problemi sul lavoro, il nervosismo alle stelle, i grattacapi con l’autovettura, l’affaticamento progressivo, dal momento che aveva il bisogno e l’esigenza fisica d’allontanarsi separandosi da quel covo di matti.

Lei aveva raggiunto la fattoria solamente di sera, i campi gialli di grano e rossi dei papaveri le avevano fatto da cornice intanto che arrivava, giacché iniziava a sentirsi veramente a casa. Aveva raggiunto le scale di pietra che portavano dentro la casa e aprendo quella pesante porta di legno proprio lì lo aveva incontrato, o meglio urtato. Lui era alto e imponente, con indosso solamente una canottiera sopra i jeans, quel tipico abbigliamento della fattoria alternato con un camiciotto in cotone a quadri. Al presente non aveva la più lontana idea di chi fosse, ma quegli occhi, sì quegli gli occhi le ricordavano qualcosa d’amichevole e di familiare, sennonché zia Rosa arrivò per abbracciarla senza dare il tempo ai due di scusarsi per lo scontro. Lui non disse una parola, agguantò le valige e s’avviò verso il piano superiore lasciandola nelle braccia e tra le parole insieme agli urli di festosità e di gioia della zia. Chi era? Chi era quel ragazzo stupendo che sembrava uscito da una pubblicità di profumi? E perché i suoi occhi erano così affabili e familiari? Era sicura di non aver mai visto un tale aggraziato e ganzo in tutta la sua vita, nonostante di uomini ne avesse visto tanti lavorandoci quotidianamente, eppure continuava a pensare rimuginando queste cose mentre la zia le parlava, finché a un certo punto si sentì dire:

‘Hai visto com’è cambiato? Eh sì che lo hai visto, me ne sono accorta sai, perché non smetti di fissare la direzione e guardi fin dov’è sparito’ – seguita dalla risata contadinesca e rustica della zia Rosa, sennonché arrossendo lei si sforzò chiedendo incuriosita e visibilmente attratta chi fosse quel ragazzo:

‘Davvero non ti ricordi di lui? E’ Renato, hai presente quando giocavate sempre insieme da piccoli, sempre lì in perfetta unione, concordi e compatti in tutto, anche per fare il bagno nel fiume, visto che non riuscivamo mai e poi mai a dividervi. Attualmente lui lavora qui da me, perché sai, da quando è mancato lo zio io non riesco né arrivo più a fare tutti i lavori da sola, perché l’età avanza accompagnata sempre da continui acciacchi e da malesseri vari’. Intanto che la zia continuava introducendole la lista infinita di dolori e dei problemi che l’affliggevano, lei non faceva altro che pensare a quel nome, il suo Renato, in quanto erano stati come fratelli, finché lui era dovuto partire per la città con i genitori all’età di dodici anni e da allora non si erano più visti né sentiti.

All’epoca lei aveva pianto smisuratamente, perché lasciarsi e in ultimo partire era stato amaro, doloroso e alquanto desolante triste come in un film, come due bambini che vengono bruscamente sradicati dal reciproco abbraccio con le infinite lacrime agli occhi. Il suo Renato, quel bimbo che tutti prendevano in giro, piccolo e mingherlino con gli occhiali, delicato e fragile, che non poteva fare sforzi per la salute sempre in bilico. Gli altri maschi del paese lo prendevano sempre in giro, gli facevano degli scherzi e non lo volevano mai con loro per giocare, cosi lui si era unito a questa bimbetta vicina di casa, da sempre paladina e sostenitrice dei maltrattati e dei tartassati. Renato, sei proprio tu, continuava lei a chiedersi ostinata con il cuore che batteva a mille, mentre rievocava questi pensieri eccolo spuntare dalla cima delle scale ancora con quell’aria dura che di colpo si tramutò in un grande sorriso sciogliendo quella che non era freddezza né insensibilità, bensì emozione e imbarazzo, in tal modo le venne incontro e senza dire una parola l’abbracciò forte a sé:

‘Finalmente ci ritroviamo, che bello’ – le sussurrò lui felice e spensierato all’orecchio.

Lei non riusciva a parlare, era felice, tuttavia le mancava il respiro, poi quando lui le baciò una guancia si sentì avvampare mancandole la terra da sotto i piedi. Lui se ne andò promettendo alla zia di tornare il giorno seguente per sbrigare dei lavori nel fienile. La prima notte Serena la passò prima pensando a quell’incontro che era arrivato direttamente dal passato, alle impressioni e alle sensazioni che aveva sperimentato nel sentirlo vicino, nel rivederlo e nello stupore per il cambiamento che aveva fatto nel corso degli anni, poi crollò, stanca per il viaggio e per il duro periodo che aveva alle spalle, come non le succedeva da mesi nella tranquillità dell’alto lettone con i grilli che cantavano fuori dalla finestra si perse placidamente tra le braccia di Morfeo.

Lì iniziò il sogno, giacché si rivide bambina con Renato al fiume, come la prima volta che ci andò insieme senza parenti appresso, ormai erano grandi abbastanza e potevano allontanarsi per giocare da soli, in quanto avevano appreso tutti i pericoli da considerare. Erano lì che giocavano nell’acqua con i loro costumi e a un certo punto Renato le aveva chiesto se potesse vedere com’era fatta senza costume. Entrambi erano come fratelli per cui non ci vide nulla di male, rapidamente se lo tolse a patto che anche lui avesse fatto la stessa cosa, e così era successo. Erano rimasti nudi con l’acqua del fiume che arrivava a metà delle cosce, immobili a osservarsi da una certa distanza, arrossendo dopo un po’ per un certo imbarazzo, tenuto conto che iniziavano a percepire per la prima volta nella loro vita quella tangibile diversità, in ultimo guardandosi intorno guardinghi, perché capivano che se qualcuno li avesse beccati sarebbero stati nei guai. In seguito si erano rivestiti e avevano continuato a giocare, però a questo punto il sogno ebbe un effetto di dissolvenza che portò le immagini di loro due nudi nel fiume così com’erano quindici anni prima nudi in quest’istante.

Serena s’agitava nel letto pensando a Renato in piedi nel fiume che s’avvicinava, che le sussurrava parole all’orecchio e che le baciava una guancia come aveva fatto quella sera. Lei si svegliò di colpo, con il gallo che le dava il buongiorno, le guance rosse, il respiro affannato, le cosce umide e quel pensiero fisso e stabile nella mente: Renato. La mattinata passò tranquilla in giro con la zia per campi e per trovare vecchie amicizie, dopo pranzo sentì bussare alla porta e Renato finalmente arrivò per chiederle un bicchiere d’acqua. Lui era accaldato, tutto abbronzato e concretamente bello, giacché entrando poggiò davanti a Serena un mazzolino variopinto di fiori di campo:

‘Ricordo che una volta ti piacevano tanto’ – le disse con quel sorriso armonioso da perfetto bambino che rammentava tutto.

Lei ebbe un fremito e bruscamente arrossì. Serena non conosceva né sapeva nulla di lui, magari era già fidanzato, chissà, forse addirittura sposato e con dei figli, poiché si sentì mancare. Lei lo voleva come mai l’era capitato fino ad allora con un uomo, intanto che rimuginava queste cose avvampò nuovamente. Lui sorrise come se le stesse leggendo nel pensiero e le passò un biglietto sotto il mazzo di fiori, naturalmente nascosto dallo sguardo curioso della zia, successivamente trovò una scusa per andare in bagno e si portò dietro il biglietto lo apri e vi lesse:

‘Sono così tanti anni che t’aspettavo, adesso sono tornato qui con la speranza di trovarti e invece eri nella mia stessa città. Quando ieri t’ho visto mi sono sentito che deliravo, perché avevo solamente voglia di stringerti per la felicità, eppure non riuscivo nemmeno a parlare. Io vorrei stare con te come un tempo. Vieni da me nel fienile stasera alle dieci, perché mi sei mancata parecchio’.

I suoi sogni si stavano concretizzando? Stare con te come un tempo, eppure da adulti non si può fare come i bambini, poi di sera giocare a calcio o a nascondino non era il massimo, che lui intendesse proprio giocare? Serena iniziò a sentirsi agitatissima ed eccitata, visto che non sapeva come vestirsi per un incontro in un fienile, dal momento che non aveva con sé la biancheria per certe occasioni. E se invece lui avesse voluto soltanto parlarle? Sarebbe stato bello, sapere tutto quello che aveva fatto in quegli anni.

Serena smise di pensarci e cerco di comportarsi normalmente per il resto della sera e per la cena, dopo andò in camera per rinfrescarsi e per prepararsi: la biancheria semplice, un vestito color panna a fiori abbottonato sul davanti e dei sandali. Lei era alquanto agitata e non sapeva se andarci oppure no, ciononostante quel fuoco al basso ventre le impediva di tornar sui suoi passi. S’avvicinò alla stalla cercando di fare il minor rumore possibile per non svegliare la zia che ormai era a letto, proprio lì fu inebriata da un forte odore di fieno mischiato a quello del muschio, aprì piano la porta e s’affacciò rimanendo incantata da quello che le apparve davanti agli occhi: una lunga scia di petali di fiori di campo con delle rose, che segnavano un percorso che portava al piano superiore del fienile. Lei come incantata li seguì, sali la scala a pioli e si trovo davanti Renato, sdraiato sul fieno a guardare le stelle da un’apertura che aveva creato nel tetto, mentre le si fermò il respiro nel guardarlo. Dopo un po’ lui s’accorse della sua presenza e scattò in piedi per venirle incontro: 

‘Ti confesso che ho avuto il timore che non saresti più venuta’.

Lui le agguantò saldamente le mani nelle sue e rimasero lì immobili a guardarsi con i respiri affannati, poi fu un susseguirsi d’emozioni: si presero, si travolsero, i corpi che si cercavano, le labbra unite come se fossero state disegnate per fondersi e finalmente l’incontro dei sessi, un meraviglioso e sublime ravvicinarsi per poi perdersi l’uno nell’altra, fino al raggiungimento del culmine completo dei sensi. Si ritrovarono abbracciati con gli occhi lucidi e felici, persi gli uni negli altri, perché si erano perduti, rimasero smarriti e infine si erano ritrovati. Un amore che era nato avventato e prematuro, però che non era mai scomparso né dissolto. Serena era felice come non si sentiva da tanto tempo, lo baciò e s’addormentò tra quelle braccia forti che la stringevano e la coccolavano. 

In questo momento era lì, seduta tra il fieno, però da sola, poiché si sentiva sciocca e stupida per quello che era successo, perché aveva paura d’intuire percependo in conclusione che sarebbe stata la rituale fregatura, un altro uomo che la usa per poi abbandonarla, Serena stava per piangere mentre si mordeva le labbra quando sentì un rumore, corse, protese la faccia verso il basso e vide Renato che guardò verso di lei sorridendole, gli corse incontro salendo per le scale, s’avvicinò mentre lei lo guardava con un’aria di felicità mescolata allo sbalordimento allo stupore e alla paura. Lei si sentì di nuovo al settimo cielo e pensò d’essere una sciocca per aver dubitato temendo e diffidando in modo spropositato per il suo amato Renato:

‘Ero sceso per rimediare qualcosa per la colazione. Là di sotto ho preparato tutto. Dai vestiti bellezza, ora dovrai abituarti, perché ogni mattina d’ora in poi sarà così’.

Le salì rapidamente un nodo alla gola e con un filo di voce Serena riuscì allegramente e scherzosamente a ribattere: 

‘Volesse il cielo. Sai, svegliarsi in un letto risulterebbe molto più comodo, ormai sono diventata una ragazza di città’.

{Idraulico anno 1999} 

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