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Erotici Racconti

Carattere e fascino del mattino

By 12 Gennaio 2017Gennaio 31st, 2023No Comments

Era una grandiosa e magnifica mattinata d’ottobre, in quanto il cielo avvolgeva questo vecchio mondo con la sua limpida bellezza e invece no. Vi sarebbe certamente piaciuto così come sarebbe piaciuto a me, perché qui da noi è un cazzo di giornata piuttosto umida come poche. Siamo a fine ottobre e vado ancora con la stessa maglietta che indossavo per Ferragosto, ma dico si può? E’ mai possibile? Questo cielo si copre lentamente con le nuvole lente che s’addensano all’orizzonte d’uno strano generale sapore autunnale, è una guerriglia più che una vera e propria guerra, ma ormai la lealtà è merce rara, perché stupirsi in tal caso se manca pure nei campi di battaglia?

Al momento sono le undici del mattino, sono con l’autovettura di mia zia giù nel garage bloccato da uno dei tanti idioti che ti parcheggiano dinanzi al portone per i soliti tre minuti, ma dico io si può? Grande figlio di buona donna, ma dove ti credi di vivere e d’essere? Non è la tua pista personale, eppure come ti distrai eccoti la carogna e il farabutto di turno. Il mondo potrebbe essere veramente il miglior posto dove vivere, quasi un paradiso, se non fosse per i cosiddetti uomini civilizzati, moderni forse, perché di progredito in realtà hanno unicamente il loro sedere preso a calci tante di quelle volte che ormai provano soltanto piacere.

A proposito di angeli, tu da dove salti fuori? E’ davvero splendida, una graziosa stella ed è lì tutta da sola. Se ci fosse qualcuno accanto mi darebbe del matto, invece so che ci vedo ancora bene, miopia a parte. Vedi com’è la gente? Oggi vanno di moda le anoressiche, quelle che fanno le splendide soltanto perché imitano tra virgolette il mito del momento e poi, vediamo dove sono, sì, eccole lì, sole, completamente sole, paurosamente e spaventosamente isolate, sole e vuote come un bidone dell’immondizia. No, non scherzo. Dove la butta la gente la spazzatura? Dappertutto, però quasi mai nei cassonetti prescelti, giacché la trovi agli angoli delle strade, sul selciato, nascosta sotto gli alberi, che poi pensandoci bene è pure giusto, altrimenti come campano i cani, i gatti e i topi? Sennò il tuo solito escremento non puoi pestarlo facendo l’arrogante e il borioso per strada. Eccoci qui, divisi nella falsità e nella doppiezza del quotidiano, lì a sinistra stormi di vere e proprie nullità, vuote d’una qualsiasi anche minima forma d’umanità, bimbette che di femminile non hanno nulla anche se sfoggiano sicurezza, in quelle pose già viste, sono tutte uguali, buone soltanto a intimorire i maschietti, però appena t’avvicini scappano, perché t’accennano, ti misurano e ti squadrano, poiché mi sento quasi un fanatico, tanto sono inadatte e inadeguate alla comunicazione. E queste qua sarebbero le cosiddette donne moderne, al diavolo. A destra invece lei, normale, una persona qualunque ai più, forse pure disordinata e pasticciona, presumo sia una quarantenne, con il colorito castano chiaro, un metro e settantacinque centimetri circa d’altezza con i tacchi, non altissimi certo, con le sue brave buste della spesa, i capelli raccolti alla meglio tra le mille cose e faccende da pensare in famiglia, le braccia sode così come tutto il resto. Diavolo, una donna coi fiocchi.

Guarda che occhi, è ancora viva nonostante la famiglia, il marito, la TV e le cavolate varie, in quanto ha conservato ancora intatta la sua femminilità, alla faccia di tutto e di tutti. Cazzo, adesso che cosa faccio? E’ così raro vederne una al giorno d’oggi, io non resisto, scendo e anche se mi desse tutte le cinquine di questo mondo, chiami i vigili, pure i carabinieri, dato che tra cinque minuti sarà sparita e addio. Lei mi ha visto, i nostri occhi si sono incontrati, in un attimo mi ha letto molto più di quanto non sia riuscito a fare io con lei. Adesso mi toccherà fare il giro dell’isolato, perfetto, c’è un parcheggio in quanto è già un segno del cielo. Sta’ attento, perché il Signore prima dà e poi riprende, ma con gli interessi. Prenda ciò che vuole, io adesso sono troppo impegnato per vivere. Cavolo, lei ha girato l’angolo, viene verso di me, i suoi occhi mi parlano, lei ora sa, dai, non entrare. M’è andata bene, ha lasciato solo le buste della spesa e richiude a chiave la sua Opel Corsa bianca. Adesso sono fuori in strada a piedi. Eccoti là, in fondo, viene verso di me, ha capito tutto, vorrebbe sorridere, non sa se guardare altrove:

‘Mi scusi signora. Mi rendo perfettamente conto di sembrarle un maleducato, se intende chiamare la polizia la capisco. Mi permetta, però non riesco a fare a meno di rivolgerle i miei complimenti più veri, in omaggio alla sua splendida femminilità’.

Ecco, adesso è fatta, ti sei beccata l’impiastro, il rompiscatole. No, chiama i vigili, i vicini, i passanti, la polizia. No, lei sorride, abbassa gli occhi, è imbarazzata, adesso non posso perdere tempo, così le distendo la mano:

‘Io sono Maurizio’ – lei mi tende la sua. L’afferro tra le mie, la bacio, la sfioro, dato che non se l’aspettava e arrossisce. 

‘Rosa’ – la sua voce è incerta, precaria.

‘Rosa?’. 

‘Rosina. Lei fa così con tutte?’.

‘No, è la prima volte che mi accade. L’ho vista giù vicina alla banca, sapevo che non l’avrei più rivista, senz’altro l’avrei rimpianta e così eccomi qui. Non voglio farle perdere del tempo prezioso, se mi vuole concedere il piacere d’un caffè insieme qui al bar vicino, la gioia di conoscerla meglio. Le va?’.

‘No’. Cazzo lo sapevo, stavo già facendo il glorioso e lo splendido.

‘Non qui, però’. Ci vediamo invece al caffè della piazza tra un quarto d’ora, il tempo di fare benzina’.

‘Benissimo, Rosa, t’aspetto in piazza allora’.

‘Se arrivi prima tu, aspettami nella saletta piccola, preferisco’.

‘Certo, nessun problema, sarò lì’. Lei balza di lato e mi scarta con una rapida manovra.

‘Se non m’ha bidonato, la rivedrò tra poco’ – ripeto verso me stesso.

Mi dirigo con calma verso la piazza. Che cosa vorrà dire se arrivi prima tu? Non ho un cazzo da fare per tutta la mattina se non aspettarti. Sì, sì, continuate a fare le donne moderne, emancipate, ma sole, inevitabilmente, ovviamente e tristemente sole. Ecco il bar, situato in un antico palazzo del centro, ha tre sale, nella principale si dialoga di tutto e di tutti, logicamente tutti ci passano, poi una saletta secondaria più riservata, fatta ad arte per leggersi in pace il giornale, la pagina d’un buon libro accompagnato dall’aroma caldo e avvolgente d’una cioccolata fumante e squisita della casa. A quest’ora siamo in quattro persone, tutte e quattro distanziate, il tempo d’accomodarmi ed eccola lì in fondo. Lei entra, mi cerca, m’ha individuato e sorride, non so però quanto di benevolenza né di cordialità. Eccola, nuovamente la mano, il baciamano, le scosto la poltroncina, l’aiuto ad accomodarsi, mentre io mi sistemo di fronte, ed eccoci qui. Sì, va bene, le ordinarie parlantine generiche e comuni sul bar, sul tempo incerto, su quest’umidità relativa che nessuno sa cosa vuol dire esattamente, sì ho capito, devo presentarmi e lo faccio, lo faccio talmente bene che lei è più che lusingata:

‘Che diavolo ci fa uno come me, per giunta parecchio più piccolo, dietro, anzi, di fronte a una semplice casalinga con la quinta elementare?’.

Io le spiego che i termini della questione non stanno esattamente così, perché siamo un uomo e una donna, che hanno deciso attraverso la comunicazione verbale d’abbattere con prudenza tutti quei muri che innalziamo quotidianamente per difenderci dalla vita, quasi fosse una malattia. La mia teoria le piace, mi parla d’una famiglia e d’una quotidianità davvero troppo abituale e ordinaria, cazzo pensavo che non esistessero più cose del genere, anzi, ormai devo convincermi che questa è davvero la norma. Poi ritorno su questo pianeta, nella saletta del bar per la precisione, la seguo per un altro po’ e tutte le laureate che conosco non sanno parlare così né porsi pubblicamente e socialmente meglio di lei. Glielo dico, lei finge di non crederci, le porgo il mio biglietto da visita, affinché mi chiami quando vorrà. Lei lo ripone in una tasca interna della borsa e sparisce, letteralmente così com’è apparsa scompare. Io rimango lì una buona mezz’ora per rivedere il tutto, nel frattempo ricevo un messaggio sul telefonino:

‘Domani alle undici e trenta, in via dei Faggi al numero quindici. Fa’ uno squillo prima, portone sinistro, entra subito’.

Il Padreterno benedica le donne, io m’alzo, vado per pagare e torno a casa, giacché m’aspetta un pomeriggio anonimo e poi le prove della nuova commedia in serata. Sono le ore undici e venti e sono in perfetto orario. Vediamo, via della Salvia, via del Pioppo, via del Leccio. Qui è l’inizio della via, mi pianto sotto casa sua ed entro subito, mi veda chi vuole. Io vedo il numero, sì eccola, un muretto basso con la ringhiera verde scura, un piccolo giardino, tre scale, la porta d’ingresso blindata, i vicini tutti al lavoro, il parcheggio lungo, sembra una via tutto sommato tranquilla. Sì, ho capito tutto, lo squillo, perché il portoncino dovrebbe essere aperto, liscio, tutto aperto e lei frattanto m’annuncia:

‘Ce l’hai fatta vedo’.

‘Sì, non è stato difficile trovare la casa, il paese è piccolo e le zone sono facilmente individuabili’.

Io mi guardo intorno, cerco di distrarmi, lei è bellissima. Indossa in quella circostanza una gonna scura, candida la camicia, i capelli appena asciugati le mangiano quello splendido viso ovale alquanto tondeggiante diciamo, incantevole il magico balconcino di pizzo nero a contrasto, che le mette in rilievo un seno ancora più da paura con quella carnagione simile al latte. 

‘E’ piacevole come hai arredato l’appartamento. Semplice, ma perfetto nel tempo stesso, ogni cosa al posto giusto. Belli quei cristalli, mi sarebbe piaciuto averli, però sono soltanto per i collezionisti’.

‘Guarda, che io non sono una collezionista, magari. Li ho presi di seconda mano da un’amica’.

Bastano pochi complimenti sulla casa, perché adesso mi fa vedere il salotto. Le foto del resto della famiglia, con il marito a Torino, la figlia e il figlio, i bimbi, la mamma. M’invita ad accomodarmi, quella pelle è di seta, saranno pure mani da casalinga, però il resto parla da solo. Io non posso andar via, la punto, lei se n’è accorta e tace, distoglie lo sguardo, però non lo abbassa. Guarda te che tipo di femmina è questa.

‘Ieri hai passato bene la giornata? Spero di non avertela scombussolata troppo’.

‘Se devo essere sincera sì, perché cose del genere non mi erano mai successe prima. Tu pensa, che mio marito per conoscermi ha usato mio cugino che stava a sua volta con una sua vicina di casa. Nessuno prima d’ora m’ha in nessun caso fermato né abbordato, forse io infondo paura o provoco spavento. Mi vedi incuto timore ai più’.

‘A molti, però non a tutti. E’ vero, un’idea simile è venuta anche a me, eppure gli angeli si trovano così raramente in giro al giorno d’oggi, e quando se ne vede uno a costo di fare una figuraccia, uno si spinge avanti se no lo perdi per sempre’.

Lei finge d’essere lusingata, mentre una caffettiera è già sul fuoco, infine s’accomoda anche lei di fronte a me, il tavolo sembra di ciliegio di quelli allungabili, dato che tra noi due ci sarà poco meno d’un metro, poiché se la voglio devo allungarmi un poco e lo faccio, in tal modo le afferro le mani nelle mie, la guardo negli occhi, magari. Lei abbassa un poco la testa, i capelli la proteggono, le sue mani iniziano a vibrare, eppure non tremano, che donna. Il caffè è pronto, colloca due tazzine nel vassoio, le riempie e viene dal mio lato:

‘Quanto zucchero?’.

‘Due grazie, anche tre, io lo prendo amaro’ – nel frattempo mi scosto per lasciare che s’avvicini meglio.

Lei sorride e mi guarda dall’alto, io le cingo i fianchi e mi sollevo senza perdere i suoi occhi, sono castani come i miei però troppo profondi per vederne la fine. Lei crolla, mi stringe le braccia con le sue mani poco più in basso del tricipite, io le carezzo appena, m’avvicino per baciarla, però lei si stringe a me con la sua testa sul mio petto, accidenti stringe più di me, non lo avrei mai detto. Io la mollo un attimo per guardarla nuovamente in viso, la bacio sugli occhi, ciononostante lei li lascia chiusi, sta sognando, in quanto il primo bacio le arriva puntuale delicatamente sulle labbra, inizialmente il labbro superiore, poi quello inferiore, insieme, piano, delicatamente prima per crescere in passione poi, giacché non so quanto sia durato, ma tanto di certo. Un bacio ancora e un altro, poi sul viso, lentamente sul collo, le orecchie e i lobi: lei fa come me soltanto con più istinto, mi lecca, mi morde, perché dove passa lascia il segno. La camicetta gliela sbottono appena, lascio scivolare le mie labbra sul suo splendido seno, candido, immenso e morbidamente armonioso, infine la spingo adagio contro il tavolo, però lei mi tira su il viso gentilmente quasi fossi il suo bimbo:

‘Non qui’ – mi bisbiglia lei.

Dopo m’agguanta per mano e mi conduce al piano superiore, nella camera degli ospiti credo. No, è la sua camera, è tutta in radica, con i colori chiari nei tendaggi spingendomi frettolosamente sul letto, poi mi gattona sopra aprendomi la camicia, mi regala una leccata che parte dallo sterno per finire al mio orecchio sinistro. Al presente la mia testa è nelle sue mani, il busto tra le sue cosce, non riesco a muovermi troppo, diciamo per niente. Lei continua con quel suo modo selvaggio di baciarmi le guance, le labbra e il naso quasi mordendomi, io le stringo la testa, le mie mani le digradano lungo la schiena fino a riempirle le sue natiche, i suoi fianchi ondeggiano vogliosi su di me, se non rovescio alla svelta la situazione questa qua mi sopprime. Faccio sennonché appello alle mie forze, la tiro forte per i capelli, lei comprende e si lascia rovesciare, diciamo che più o meno è seduta su di me, io quasi adagiato ma almeno respiro, continuo a baciarle il décolleté, frattanto che che le sbottono la camicia lei la toglie, tiro giù una spallina del reggiseno, prima la destra e bacio la spalla ormai libera intanto che tiro giù anche l’altra e le coppe, lei preferisce però toglierlo completamente. I suoi seni sono adesso tra le mie mani percorsi dalle mie labbra, me li sbatte in faccia, mi spinge contro, mi sembra quasi di soffocare, cavolo sono troppo grandi. Dopo questo mio breve viaggio mi butta giù, si solleva, si sfila le scarpe, la gonna, le calze e le mutande bianchissime. Il salva slip ha assolto il suo compito finché ha potuto, poi ha rimesso le armi, i foltissimi e nerissimi peli pubici sono pieni del suo naturale fluido, io esamino una fica dalle splendide labbra piene divinamente appetitosa e invitante. Io tento invano d’alzarmi, però lei mi rimette giù, perché vuole fare tutto lei, giù i jeans, via con tutte le scarpe, le calze, i boxer, giacché rimango soltanto con la camicia semiaperta.

Lei afferra con maestria il mio cazzo sveglio da parecchio, non so dire con esattezza s’erano le sue mani, i denti o la lingua. Non lo so e onestamente nemmeno m’interessa capirlo più di tanto, eppure vengo avvolto da tutta il suo diletto e dalla sua grazia, dalla voglia racchiusa nella sua bocca e nelle sue mani sempre più giù. La sua lingua insidia il mio perineo, stende la mano, afferra un cuscino e me lo piazza sotto il sedere, mi percorre dall’ano alla punta del sesso e viceversa. Successivamente mi ritorna sopra, le sue labbra ritrovano il sentiero iniziale, soltanto che adesso avverto il calore della sua fica vicino al mio cazzo, percepisco il suo miele che mi gocciola addosso sempre più traboccante. Io tiro su le natiche lasciando che me lo carezzi, perché deciderà da sé quando prenderselo, quando sarà pronta, dal momento che vedo che è già pronta. Il suo corpo danza sul mio, i suoi seni enormi e compressi tra le mie mani sono baciati, leccati e succhiati. L’abbraccio, la piglio per i capelli, la mordo piano sul collo e la faccio scivolare di lato, adesso in conclusione è lei a stare di sotto. La stringo stretta a me con passione, lei avverte che il mio cazzo la penetra possedendola sempre più in fondo a ogni colpo, ogni movimento è come un urlo in cui le grido che la voglio, mia, sempre più mia:

‘Sei bellissima, splendida. Sei mia, godi con me, ti voglio’. Il suo piacere m’inonda riempiendomi:

‘Voltati, adesso ti voglio montare per bene. Voglio farti sentire mia sino in fondo, perché sei la mia femmina’.

Lei si piega subito, le mie mani schiudono le sue natiche, la sua fica fa bella mostra di se, bagnatissima e pelosissima, che spettacolo. La prendo, i suoi fianchi sono saldamente tra le mie mani e la sbatto forte, le mollo i fianchi per i seni e la stringo forte, ma è poco fruttuoso. Le apro bene le natiche, la fica è spalancata, imprimo dei colpi sempre più forti, sempre più in fondo facendole percepire tutta l’estensione del mio cazzo, non facendola smettere mai di godere, successivamente poggio una mano sul fianco sinistro, con la destra le afferro i capelli e li tiro inarcandola più che posso e la sbatto forte:

‘Sì, dai così, magnifica e lussuriosa femmina, sei mia, fino in fondo’. 

Mi sento di tirare le cuoia, continuo a montarla con sempre maggior passione, fino a sentirla venire di nuovo, dopo estraggo fuori il cazzo mollandole la testa: 

‘Vieni qui, ti voglio prendere in bocca’ – la sbatto forte in bocca a due mani, lei insiste in modo tale che resti così, perché non vuole interrompere in nessuna maniera quella magnifica e intima opera, perché vuole accogliere tutta la mia appiccicosa e densa linfa vitale facendomi uscire di senno, cosicché resisto fino a quando non né posso più ed eiaculo in modo focoso anch’io. 

Lei beve in seguito tutto, mi lecca il cazzo in lungo e in largo, poi m’abbraccia forte, mi rovescia sul letto, posa la sua testa sul mio petto e sorride esultante e felice, io frattanto le accarezzo i capelli e la spalla:

‘Sono davvero felice, sei una donna splendida, notevole, la mia amabile bimba’.

Lei si stringe forte a me, poi solleva la testa, mi guarda negli occhi e mi bacia sdolcinatamente in modo lezioso:

‘Sì, sono la tua bimba, sono solamente tua’. Io la guardo in modo interrogativo e piuttosto incredulo le riferisco:

‘Tesoro mio è bellissimo ciò che mi dici, però tu non sei soltanto mia’. Lei bruscamente m’interrompe annunciandomi:

‘E invece sì, perché se te lo dico io credici. Mio marito mi prende, prova a sbattermi, fa quello che gli pare, però non lo fa con me. Lui ha un oggetto tra le sue mai, perché non riesce a trasmettermi nulla, dopo io mi sento usata, sempre, adoperata nel letto, in casa e in famiglia’. Io la zittisco con un bacio:

‘Mi stai facendo uno dei più bei doni della vita. Hai scelto di donarmi la tua unicità, la parte più sensibile e più vera di te. La vera Rosina è stata mia’. Lei nel frattempo mi corregge alla svelta precisando:

‘E’ tua, è mia, e lo sarà finché vorrai ripetere la gioia di questo dono. Tu sei davvero una splendida donna, la bimba mia più deliziosa’ – stringendosi nuovamente a me:

‘Maurizio, non lasciarmi mai’.

‘Io ci sarò, fino a quando tu mi vorrai, sta’ tranquilla’. Lei rincuorata da queste insperate parole mi riferisce:

‘Grazie cucciolo mio. Adesso lasciami stare un altro po’ così, perché voglio sentire il tuo cuore che batte, tra un poco ci alzeremo e so che tu andrai via, ma presto riceverai un altro messaggio’.

‘Va bene piccola mia, però tu adesso distenditi e tranquillizzati, chiudi gli occhi e vivi con me appieno tutta la bellezza, l’incanto e la spensieratezza di questa mattinata’.

{Idraulico anno 1999} 

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