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Erotici Racconti

Compiacimento totale

By 18 Settembre 2016Gennaio 30th, 2023No Comments

Cristiana sedeva in cucina con la sua tazza di tè caldo in mano, avvolgente, dolce, ma enormemente asprigno insieme come solamente a lei piaceva berlo. Lei ci spremeva dentro un limone intero e poi tanto zucchero, una sorta d’intruglio che ricordava alla lontana l’antico rituale del tè dei Tuareg del Sahara, che prevede vari bicchieri dalle diverse sfumature di gusto, il primo è generalmente amaro e deciso come la morte e talvolta la vita, fino ad arrivare all’ultimo, dolcissimo, leggero e delizioso come l’amore. Pareva che ogni volta che bevesse la sua stessa essenza, una forma di dualità che da sempre giaceva in lei, ne avesse man mano adattato e modellato il carattere e il temperamento, per il fatto che una sembianza era composta da un’estrema dolcezza, mentre l’altra era aggressiva e dura, dal momento che risultava un’adorabile e soave ribelle agli occhi d’un attento maestro.

Lei se ne stava lì in silenzio come ogni pomeriggio d’inverno, in un piccolo angolo di ristoro tutto per sé che si ritagliava per coccolarsi un po’. Il suo sguardo si posava leggero sul fondo della tazza, per poi spiccare di netto negli occhi del sacro di Birmania, uno stupendo gatto accovacciato su di una sedia più avanti. Quel momento durava sempre poco, c’era da preparare la cena, dato che entro sera sarebbe rientrato Enzo dal lavoro, in quanto era abituato fin troppo bene per accontentarsi di quattro cose messe insieme. Abituato a girare mezzo mondo fra alberghi di classe e piacevoli diversivi, era un esperto e un intenditore della buona tavola e di tutto ciò che risvegliava in lui la sua naturale indole di cacciatore. S’erano infatti conosciuti all’aeroporto, dove Cristiana lavorava come commessa in un negozio di abbigliamento maschile, uno dei tanti lavori precari e mal pagati che era stata costretta ad accettare pur di racimolare qualcosa a fine mese, non che non le piacesse, però a più di trent’anni d’età l’idea dell’irrealizzabile e glorioso posto fisso, rimane ancora un’ambizione profonda in una ragazza di quell’età.

L’aeroporto è di norma una zona franca, visto che sei in un paese e al contempo non sei in nessun luogo. Tutto questo era fantastico per Cristiana ritrovarsi lì ogni giorno, lei che da sempre sfuggiva alla vita pur desiderandola mordere ardentemente in ogni sua parte, ed ecco di nuovo che tornava in lei la costante e invariata dualità, il giorno e la notte, calda e fredda, timida e travolgente! Quando entrò Enzo per comprare una cravatta, l’aveva subito colpita il suo modo di fare, così educato, gentile e ordinato, il tutto spalmato su di un metro e ottanta d’altezza, un fisico atletico e dei profondi occhi verdi, semplicemente perfetto. Poche battute e subito l’occhio che correva veloce all’anulare sinistro, era libero.

Lui era un individuo attraente, eloquente e intraprendente, uno che conosceva bene le donne, visto che ne aveva avute parecchie. Erano state però tutte storie superficiali, vuote, senza concretezze, tutte grandi scopate senza senso, perché quando hai trent’anni la vita te la godi più che puoi, ed è soltanto dopo che pensi che forse ci sia dell’altro, che la vita non può essere unicamente un grande e immenso buco, dove ficcare i tuoi grattacapi, la tua noia e la tua voglia d’indipendenza e di libertà.

L’atteggiamento un po’ buffo e comico di Cristiana lo aveva fatto immediatamente sorridere, dato aveva tirato fuori un sacco di scatole e inciampato, mischiato e Dio soltanto sa che cos’altro, pur d’offrire un servizio completo e veloce, ciononostante si vedeva lontano un miglio che quello non era il suo ordinario lavoro, che a dire il vero non lo aveva mai fatto prima in vita sua. E fu lì, in quel preciso istante, mentre era girata che poté osservare le sue splendide curve, dove lui capì che oltre a essere una commessa totalmente inesperta e principiante, era anche una bella ragazza. Lui aveva sempre avuto belle donne, perché non cercava per forza la bellezza esasperata delle modelle, di solito gli bastava un dettaglio, un qualcosa che facesse scattare in lui la molla del piacere e in Cristiana lo aveva trovato.

Cristiana non era la classica scopata incasinata del venerdì sera fra amici, alcolici e locali mondani, no, lei era diventata con il tempo molto di più di tutto questo, poiché dopo un anno l’aveva sposata, era diventata finalmente sua, il suo centro di gravità ottimale, il suo punto di non ritorno, perché così doveva essere. Erano quasi le nove di sera, quando l’inconfondibile suono della serratura fece eco nell’ingresso, lui era tornato a casa, l’elegante cappotto grigio scuro risaltava sull’attaccapanni disposto come sempre con cura, così come anche la sciarpa e la valigetta. Lui era sempre stato un uomo molto curato e ben vestito:

‘Il primo impatto è fondamentale, così offri subito alla gente una buona impressione di te, perché è quello che vedrà per tutto il resto della tua vita’ – poneva l’accento, visto che per un manager di una grande società, si sa l’aspetto e l’immagine è tutto.

‘Ciao amore’.

Dalla cucina lo accoglieva la voce indaffarata di sua moglie, occupata ai fornelli, perché gli piaceva vederla lì, darsi tanto da fare soltanto per lui, per il suo piccolo cucciolo stanco; è veramente gradevole avere qualcuno che s’occupa di te. S’avvicinò sorridente e un abbraccio da dietro la fece sciogliere più di mille massaggi, lui era sempre così tenero e romantico all’inizio. Dolci baci languidi le inumidivano il collo e poi più giù sulle spalle, mentre la sua stretta le serrava la vita quasi a volerla bloccare lì. In quel punto preciso della stanza a volerla in quella posizione, china sul tavolo, senza guardarlo negli occhi, ma sentendo solamente le sue mani premergli il ventre contro il suo corpo reso ormai teso e formoso da un’eccitazione dirompente.

‘Dai Enzo, è già tardi, devo girare l’insalata’. Neanche una parola da quando era arrivato era uscita dalla bocca del suo uomo, non gli interessava parlare, lui aveva voglia d’altro.

‘Dai no, non adesso, ti prego’.

Con il braccio cercava di fermarlo, quando lui dapprima docile e tranquillo, adesso non l’ascoltava nemmeno, cosicché la spinse contro il tavolo con maggior fermezza, mentre sempre da dietro aveva iniziato a slacciargli i jeans. Come un serpente, una mano era strisciata vorace dentro gli slip di seta nera, dove aveva accarezzato il delizioso monte di Venere di cui già s’inebriava la pelle, mentre Cristiana ebbe un sussulto:

‘Sta’ ferma così’ – la schernì lui.

‘Ti amo’ – fece eco lei, intanto che diceva queste parole due dita si erano già abilmente intrufolate dentro di lei, pesanti e torbide, quelle oscene dita che rapivano il suo clitoride innocente per restituirlo ormai gonfio e colante di piacere.

Con le gambe divaricate e la schiena inarcata come una gatta maliarda, sentiva scariche d’adrenalina scorrerle lungo tutta la spina dorsale, fino alle sue natiche, dove il cazzo eretto di Enzo si sfregava contro, carico e voglioso di quelle pulsioni maledette che lo costringevano ogni volta a desistere dal suo intento.

‘Lo sai, che lì non voglio’ – gli aveva detto più volte lei, sottolineandolo nei loro amplessi amorosi.

L’ultima porta del suo corpo era rimasta ancora inviolata e lui mirava a essere quello speciale e unico pettirosso in grado d’entrare nel suo giardino segreto, non era ancora quello il momento però non ancora, non così. Con tutte le altre era stato più facile, più comodo, senza pensieri né senz’inutili lagne né solfe psicologiche, ma lei era sua moglie, la perla preziosa e rara della sua collezione più bella, come poteva sfilarla dalla collana in modo tanto brusco e rude? Fece scorrere le dita intrise delle sue fantasie più perverse lungo tutto il perineo fino all’ano, dove si limitò solamente a passarle sopra; in quell’istante avrebbe voluto sfondarle l’anima, però si trattenne ancora una volta. La girò davanti a sé per baciarla sulle labbra e poi ancora più giù, fino ad arrivare al suo tenero fiore che si schiudeva lentamente nella sua bocca: era dolce e profumato, perché aveva la fragranza della vaniglia e di crema di latte, mentre mani focose e irruente gli carezzavano il capo e lo spingevano sempre di più in quella folle corsa senza più alcun freno.

Era d’improvviso emersa la sua parte animale, quella più vera, quella del cacciatore di taglie che punta dritto alla sua preda, allestito e pronto a combattere la sua intima guerra, così come un guerriero che affonda la sua lancia nel petto del suo più acerrimo nemico, così Enzo affondava il suo cazzo nel corpo stravolto di Cristiana. Colpi violenti la pervasero, quel misto di conquista, di devozione e di sottomissione avevano fatto riemergere in lui antichi ricordi, dove l’immagine accademica, esagerata e retorica della puttana si sposa con quell’immacolata e incolpevole della santa, un contrasto e un dualismo perfetto che lo avevano da sempre eccitato, elettrizzato e sconvolto straordinariamente. Se soltanto avesse potuto girarla di nuovo di schiena, avrebbe finalmente compiuto l’atto sacro per risparmiarla definitivamente al cospetto del suo maestro e sarebbe stata totalmente sua come una vergine sacrificale, al momento però non poteva.

Lui eiaculò in un gemito soffocato tutto il suo candido e intimo nettare di vita, liberando e sgombrando tutto il suo essere, che si ritirava appiccicoso e umido, con quella voglia non ancora del tutto enunciata né espressa, Cristiana si rialzò, lo bacio affettuosamente e teneramente come sempre le bisbigliò:

‘Ti amo tanto anch’io, amore mio’ – gli mormorò piano all’orecchio, mentre si rivestiva velocemente, certa e senza dubbio d’averlo appagato e gratificato del tutto.

{Idraulico anno 1999} 

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