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Erotici Racconti

Contenta e raggiante

By 25 Agosto 2017Febbraio 4th, 2023No Comments

Oggi è il mio compleanno, tu vuoi portarmi fuori per cena in un locale che entrambi amiamo, dove ascolteremo l’anima e lo spirito della musica giacché balleremo per tutta la notte. Per l’occasione io già approntato un vestito nuovo di colore bianco, una bazzecola di tessuto leggero che fa però risaltare la mia pelle distinguendola, perché esso è scollato e corto, i seni e le gambe sono bene in mostra, perché conosco lo strano, indefinibile e inspiegabile piacere che tu provi quando gli altri uomini mi guardano, con evidente e innegabile desiderio. Allora fai la ruota come un pavone in amore. Per questo calzo i sandali con il tacco alto, quelli che fanno sembrare e mostrare ancora più lunghe le mie gambe, infine curo particolarmente il trucco.

Sarai visibilmente sorpreso, ne sono sicura, perché dopo aver passato gli ultimi dieci giorni a fare l’amore correndo per spiagge incantate, seminudi o vestiti di magliette strappate e jeans vecchi, alla fine spunterò in maniera inattesa apparendoti davvero vestita a festa. Io t’ho convinto a una delle mie vacanze fai da te con lo zaino in spalla, sfruttando e approfittando a maggior ragione dei mezzi di fortuna: una specie d’avventura azzarderei affermare, per fermarci infine dove più ci piace, dove mi sento davvero bene. Il caldo, aumentato dall’umidità, attualmente s’accanisce in quest’afoso mese d’agosto, anche se abbiamo l’abbraccio verde della vegetazione alle spalle che ci protegge. Tu indossi una maglietta bianca che fa risaltare il colore della tua pelle bruna dal sole e i pantaloni con tante tasche, gli unici ancora puliti penso ridendo tra me. Tu sei attraentissimo, gli occhi ti ridono splendendo prima delle labbra, senza dire né indicare nulla mi guardi gli occhi, ecco perché sei voluto uscire mentre mi preparavo. In quel frangente m’avvicino a te e immergo il viso tra i petali, li assaggio, ne sbriciolo un pezzettino per sentirne il sapore, dunque sempre in silenzio tu m’allontani guardandomi a lungo dalla testa ai piedi. Io conosco quello sguardo, è quello del desiderio glissato, della smania taciuta, allorquando i tuoi occhi diventano accigliati come se fossero assenti:

‘Entriamo’ – mormori tu, poi appena chiusa la porta mi spingi verso il talamo.

Non so precisamente che cosa ti passi per la mente, comunque sono sicura che sarà una gaia e gioiosa sorpresa, in tal modo trattengo il respiro per ritardare di proposito l’eccitazione:

‘Ora spogliati, fallo però lentamente, perché voglio gustarmi lo spettacolo’ – stabilisci tu con la voce bassa piena d’aspirazione e di cupidigia.

Io eseguo facendo scivolare adagio il vestito ai miei piedi, per rimanere di fronte a te con uno slip bianco di pizzo sottile come un velo, faccio altresì in modo d’abbassarlo, malgrado ciò tu lestamente me lo proibisci:

‘No, aspetta, lascialo così, adesso stenditi’.

Io ubbidisco adeguandomi, guardandoti negli occhi, perché sono davvero incuriosita e pienamente intrigata, tu t’inginocchi al mio fianco, afferri un ramo e inizi a sfiorarmi con quella bianca setosa meraviglia il collo, da una parte e dall’altra, per risalire al viso, agli occhi e alle labbra. In modo inatteso cade un petalo proprio sulla mia bocca socchiusa, tu cominci a baciarmi e le nostre labbra lo divorano, dopo ti stacchi da me e ricominci ad accarezzarmi con i fiori, arrivi in conclusione ai capezzoli che frattanto sono diventati come delle piccole frecce. Tu li sfiori, prima l’uno e poi l’altro, li premi leggermente con i rami, mentre le onde selvagge e inesplorate di desiderio m’attraversano il corpo fino al ventre in uno spasmo continuato. Cade un altro petalo: tu ti chini e lo soffi via, leggermente con insistenza, io sono impaziente, tento d’abbassare gli slip, eppure tu mi fermi. La carezza dei fiori continua intorno all’ombelico e poi sui fianchi concludendosi sul ventre. La fantasia galoppa, adesso vedo il mio sesso come una grande orchidea spalancata con il cuore dei pistilli pulsante, comincio a gemere, ti voglio e te lo dico pregandoti e invocandoti, quasi come se fosse una grazia, una concessione da esaudire: 

‘Non ancora, attendi, non ancora’ – tu rispondi in modo placido.

Io rivolgo la faccia verso il tuo grembo e ingerisco con fatica quello che scruto, perché t’intravedo chiaramente eccitato: ecco, il ramo d’orchidea è arrivato all’orlo degli slip, s’infila di sotto, nel tempo in cui con una mano lentamente fai scendere quel velo di pizzo lungo le gambe. In un secondo tempo m’allarghi prudentemente le cosce e la carezza dei fiori riprende sulle labbra del sesso, dentro e sempre più in fondo, toccando anche i nascondigli più distanti, sfiorandomi appena, in quell’istante cade un altro petalo, ma al presente è la tua lingua che si sostituisce subentrando prontamente per un attimo al posto dei fiori, procurandomi brividi d’eccitazione e di totale frenesia giammai provata prima d’ora. Io sono manifestamente tesa, indiscutibilmente confusa, mi lamento, reclamo adagio, mentre sotto le palpebre abbassate vedo solamente onde di bianco ingigantirsi sempre di più per arrivare al sole. Quando tu ritorni con i fiori, verso quel bottoncino di carne gonfio, per sfiorarlo e premerlo con insistenza un lampo di pensiero m’assale e bruscamente esordisco: 

‘Così si rovineranno però i petali’ – prima che un orgasmo violento arrivi, in quanto mi scompiglia, tenuto conto che subito dopo mi rabbonisce tranquillizzandomi definitivamente le membra.

Al momento sono qui, abbandonata, pigra e soddisfatta mentre tu ridacchi posandomi i rami candidi sui seni. Io ti spalanco le braccia e tu precipiti addosso al mio corpo, senza spogliarti mi penetri con foga mordendomi il collo, mi succhi i capezzoli con violenza, incolli le tue labbra alle mie. Io incrocio le caviglie sulla tua schiena avviluppandomi per permetterti di entrare più a fondo, poi concludi l’atto dentro di strepitando il tuo vigoroso orgasmo: 

‘Non t’ho mai sentito intensamente mio, così come in questo momento’.

Nello stesso tempo che m’asciughi il sudore con il lenzuolo, io guardo i rami di fiori un po’ malconci, chiaramente danneggiati e sciupati abbandonati al nostro fianco, per il fatto che momentaneamente sorrido indiscutibilmente appagata e soddisfatta per quanto vissuto.

Il fiore, il meglio di tutti gli amori, passati, presenti e futuri.

{Idraulico anno 1999} 

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