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Erotici Racconti

Delicatezza sconfinata

By 23 Maggio 2016Gennaio 30th, 2023No Comments

 

Quegli occhi chiari e languidi lo osservano in modo ermetico e indecifrabile, perché dentro quelle iridi arde propagandosi un fuoco misterioso, un calore inconsueto che afferra, che ammalia e che conquista ogni pensiero razionale e sensato. Si sente chiaramente avvolgere e inghiottire da quelle pupille come il peccato, preso e trascinato irrimediabilmente a fondo, disorientato e frastornato da quello sguardo che trasmette un’indefinibile e un’indicibile lussuria. Lui vorrebbe tanto lottare, opporsi e resistere a quella forza magnetica, dettare le regole del loro fondersi, malgrado ciò non può puntellare né reggere a quell’intonazione lusinghiera che da quello sguardo spunta e lo guida facendosi notare alla volta del fanatismo delle sensazioni. Quell’occhiata espone, narra, anzi, grida e invoca con una tonalità a tal punto aguzza che gli sembra pressoché inammissibile che gli altri non sentano:

‘Non resistermi’ – perché soltanto lui percepisce quelle due inquietanti parole, ossessivamente ritmate dallo sguardo della donna seduta al tavolo all’angolo in fondo al ristorante.

Ferruccio ascolta distrattamente gli amici, ride delle loro battute senza sentirle, mangia senza sapere che cosa avvicina alle labbra, completamente estraniato e staccato da tutto come se nella sala non vi fosse solamente che lei. Lei che non molla la presa, ha gli occhi inchiodati su di lui, giacché ogni gesto che fa, sembra essere analizzato e studiato per eccitarlo, per attizzarlo abilmente. Lei con studiata perizia avvicina il cibo con una lussuria che lo fa testualmente tremolare: la lingua fuoriesce, dopo lo introduce e lo assapora gustosamente con una cupidigia dissoluta e scostumata, fuori dal comune, come se al posto del cibo vi fosse precisamente lì il suo cazzo. Sì, lui non sta impazzendo, tenuto conto che lei lo sta seducendo con ogni movimento, mettendo anche nel più insignificante gesto un’astuzia e una malizia che rasenta l’impudicizia e l’oscenità. Nel frattempo che posa la forchetta con la punta della lingua raccoglie una briciola immaginaria dall’angolo delle labbra, gli occhi continuano a invitarlo, a parlargli e a provocarlo verso quel banchetto d’altronde inatteso di sesso che si srotola impudico e sfrontato davanti a lui. In questo momento Ferruccio non riesce a capire che cosa gli stia succedendo.

Da quando è entrato nella taverna, da quando il suo sguardo si è posato su di lei come richiamato da una calamita, si trova in uno stato d’eccitazione e d’esaltazione incredibile. Attualmente il suo membro è soffocato, oppresso nei calzoni, è a tal punto sodo da provare dolore, le palle gonfie di gustoso sperma sono serrate come in un pugno, strette dolorosamente dalla morsa di quel desiderio che lo pervade infuocandolo, eppure quella donna non ha nulla d’attrarre né d’invogliare la sua attenzione: non è particolarmente avvenente, bensì è una femmina che non avrebbe mai considerato né notato in un altro contesto: il viso è nettamente graffiato da alcune increspature, il fisico è esageratamente carico per la sua tendenza estetica, gl’indumenti sono per di più scialbi e scoloriti, però mentre il sorriso nasce come d’incanto su quel viso ignoto, lei sennonché gli sembra come la donna ideale da sempre rimpianta e sospirata nei suoi sogni più audaci, spericolati e temerari, giacché ha l’aspetto d’una pantera in attesa, poiché lo tallona con la sua ardimentosa e baldanzosa espressione, una temibile cacciatrice che con lo sguardo acuto, altero e pure geniale scruta la preda prima di sferrare l’attacco fatale, per il fatto che la preda attualmente è lui. Lui tenta di decifrare quel cenno, sedotto da quella graduale movenza delle labbra:

‘Rincorrimi, ti aspetto’. 

Lei glielo ribadisce parecchie volte, un’invocazione martellante poco prima d’allontanarsi, giacché procede pacatamente insistendo nell’osservarlo, per scomparire in ultimo lanciandogli una chiarissima e inequivocabile guardata verso una porta situata in fondo al locale. Lui non è pienamente certo d’aver interpretato giustamente il cenno, tuttavia una forza sconosciuta e nuova lo guida istruendolo, così senza pensarci s’alza e la segue, apre la porta e si trova davanti a una ripida scala che scende verso un lungo corridoio. Sente distintamente in lontananza dei passi che risuonano e li segue anelante e smanioso di raggiungerla, dopo una curva il corridoio diventa oscuro e stretto, le pareti intonacate lasciano il posto alla pietra viva a faccia vista e percepisce un leggero odore di muffa aleggiarvi. Molto probabilmente sfocia alle cantine del vecchio palazzo adibito oggigiorno a ristorante, lui ne ha la piena certezza quando dopo un’altra curva il corridoio s’apre in uno spazio enorme con le pareti imbottite da svariate inferriate colme di bottiglie impolverate d’ottimo vino di lunga annata disposte in maniera accurata. In quell’attimo per terra vede alcuni indumenti, poiché sembrano i vestiti che lei indossava, li segue come un novello e tenero Pollicino, mentre il fiato s’incunea fra i denti per l’eccitazione.

La cantina a ben vedere, è un labirinto di grandi botti costruite con del legno antico e pregiato, collocate su dei vecchi cavalletti; velocemente lui le aggira e finalmente la vede: al presente lei è lì, totalmente indifesa e disadorna che lo attende con le gambe lievemente allargate: lei lo aspetta con lo sguardo fiero accompagnato da un sorriso beffardo e schernevole negli occhi, giacché si vede spiccatamente il mistero e l’oscurità. Il chiarore velato le culla la cute magnificandone la morbida compattezza, i capezzoli sono rigonfi, il ventre è leggermente arrotondato, i fianchi sono morbidi e levigati. Adagiate sul grembo le mani grandi e affusolate coprono in parte il cespuglio ben nutrito da quei folti riccioli scuri, dal suo sguardo luminoso scaturiscono bagliori accesi dal momento che conversa, per il fatto che la tonalità delle sue parole vibrano, in quanto sembrano suoni squillanti che incantano:

‘Su coraggio, dacci dentro, denudati per me mio adorato commesso. Adesso abbassa pacatamente la chiusura lampo dei calzoni, e che quella mano diventi la trappola sul cazzo teso e porga alla mia ingordigia e alla mia libidine inespressa lo splendore della tua cappella gonfia e tirata a lucido. Io voglio foraggiare e sfamare per bene i miei occhi della sua ardita, fiera, superba e valorosa magnificenza’.

Il cuore di Ferruccio al momento vacilla per quelle parole, perché sembra un antico e sorpassato incantesimo quella frase invereconda e oscena, giacché spogliarsi in quel momento gli pare la cosa più logica e sensata del mondo, dato che slaccia i calzoni con gli occhi incatenati a lei, sentendo la pelle diventare pulsante e viva d’attesa nel farlo. La cerniera scende e i calzoni cadono per terra, la mano si contrae e s’immerge sull’erezione, affinché senza esitazioni estrae la mano piena della sua verga dura, famelica e pulsante. Le labbra della donna hanno un fremito, mentre le dita s’arcuano sul pube in una contrazione istintiva. Senza parlare s’avvicina, non lo tocca, si ferma a pochi centimetri da lui e lo invade con il suo odore di femmina, con il calore che emana dal suo corpo, con la carezza del suo respiro che si posa bruciante sul suo petto. Lui allunga istintivamente la mano, il palmo sul viso in una carezza esitante prima di farsi audace e nutrirsi delle sue tette. Quel gusto lo inebria, le pelli s’incollano e i brividi si mischiano mentre invasate da una fame primitiva le bocche si divorano e le mani s’impossessano di carne fremente. In seguito scivolano per terra abbracciati, le labbra si staccano soltanto per ritrovare il respiro mentre gli occhi restano legati, la voce di nuovo emerge e rovente di passione lo guida ancora nella sacrale danza sessuale.

‘Divora il mio organismo, degusta la mia energia, domami, imbrigliami e prosciugami se ne sei capace’.

Ferruccio sente montare dentro distintamente un desiderio d’inaudita potenza nell’udirla. Femmina di pantera che lo istiga e lo sfida, perché la sua frase preme e spinge sull’interruttore della follia, lo pervade con odori inebrianti cui non vuole resistere. La risposta diventa una folata violenta di vento che avvolge e percuote, il desiderio di farle di tutto gl’invade ogni briciolo di sostanza. C’è la voglia di perdersi in ogni piega del suo corpo, d’accarezzare, di mangiare, di succhiare, di penetrare e di toccare. Quello è un desiderio insopprimibile, è un delirio, è un furore che scava la pelle solcandola di lussuria. E’ la voglia di possederla con furia, d’avventarsi sulla sua carne con le unghie e con i denti, infettandola e inquinandola della sua stessa bramosia. E lei lo guarda avventarsi sul suo corpo con occhi luminosi che gl’incendiano ancora di più il cervello, perché in quello sguardo c’è amore, c’è tormento, c’e il mondo intero mentre gli si offre, distesa sul pavimento sconnesso con la pelle percorsa dai tremiti della passione. In quel momento lei è la donna più bella che Ferruccio abbia mai visto:

‘Appagami, accontentami e saziami come si deve la fame, ti prego Ferruccio’ – è l’invito della donna. Appena un sussurro, un’affranta carezza che le esce dall’anima e con cui lo travolge.

Lui a quel punto affonda fra le sue gambe e si nutre smanioso del suo saporito miele, s’arrampica leccandole il ventre, lavandole la pelle mischiata al suo nettare. S’alza ancora e stringe le tette fra le mani prima di chinare la bocca e succhiarne ingordo il capezzolo. Lei però è una pantera, una femmina disubbidiente, indisciplinata e ribelle che vuole la battaglia prima della resa. A quel punto d’improvviso gli rotola via, lo avvolge, lo bacia, lo graffia, lo morde e lo succhia, infine lo conduce parecchie volte vicino all’esplosione per poi allontanarsi scansandosi per ricominciare daccapo.

Lui ribatte colpo su colpo, in un’insistente e spietata guerra dei sensi che non contempla né tiene conto di alcuna resa. Il tempo desiste, smette di camminare scrutandoli incantato, perché allungati su quel basamento di roccia naturale incarnano la sintesi i due belve ribelli e selvagge, esaltando e potenziando in maniera primitiva la veemenza animale ormai diventata incontenibile e trascinante, poi, improvvisa giunge la quiete, quell’inerzia, quell’inaspettato arcobaleno dopo l’uragano. Lei si rilassa sennonché sotto il suo corpo, allarga le gambe e muove il pube sul cazzo teso in un’offerta assoluta, dittatoriale, totale. Ferruccio ha il respiro spezzato, gli occhi lucidi e la testa vuota mentre con un movimento deciso affonda in quel paradiso, apprezzando e gustando pienamente la smorfia estatica del suo viso nel sentirsi colma.

La foga e lo slancio con cui si sono cercati al presente è svanita, sostituito adesso da una dolcezza indefinibile, indicibile e immensa, visto che si muovono allo stesso ritmo, un dondolio flemmatico, torpido, di pelvi senza nessun’urgenza gustando cupidamente ogni sfumatura del loro amarsi, gli occhi si sorridono mentre s’avvicinano assieme all’orgasmo. Quando Ferruccio sborra non è un’esplosione, bensì è un graduale e progressivo fluire di sperma, un colmarla continuo e comodo che sembra non terminare mai. Lei si morde le labbra al primo getto, poi s’inarca premendosi ancora più su di lui e un gemito dolcissimo le sfugge, mentre si lascia trasportare dall’estasi. Ferruccio se la porta sopra al corpo, la tiene stretta con tenerezza fra le braccia, ascoltando il suo respiro placarsi sul suo cuore e provando un incredibile e un inverosimile senso di felicità.

Dopo un tempo indefinito, quando il gelo del pavimento lo riporta alla realtà Ferruccio rincorre un ricordo inseguendo di capire che cosa cerca d’emergere dall’oblio della sua mente: sì, ecco, lei lo ha chiamato per nome, eppure non si conoscono. E’ certo però d’averla sentita sussurrare proprio il suo nome, lui la guarda ancora rannicchiata fra le sue braccia con gli occhi chiusi, indifesa e sguarnita come una cucciola, allora glielo chiede con un bacio sussurrandoglielo sulle labbra dischiuse:

‘Chi sei?’.

Lei apre gli occhi, il suo sorriso sembra quello d’una bimba, dal momento che la dolcezza e l’indulgenza ha sostituito l’inflessibilità e il rigore del desiderio. Lei lo guarda squadrandolo con un’amorevolezza e un’indulgenza infinita:

‘Io sono la tua amabile e ogni volta per te bendisposta e gentile fattucchiera’.

{Idraulico anno 1999} 

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